Il funzionario onorario vuole più soldi per l'indennità di carica: a decidere è il giudice amministrativo

Il vicepresidente di un Istituto pretende il raddoppio dell'indennità, ma la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, trattandosi di interesse legittimo e non di vero e proprio diritto soggettivo.

di Attilio IevolellaPrima la nomina a vicepresidente dell'Istituto autonomo case popolari, poi la richiesta di un raddoppio dell'indennità di carica, infine - di fronte al niet ricevuto - la scelta di adire le vie legali. Ma il percorso compiuto è errato, perché, alla fine, la competenza spetta al giudice amministrativo. E, difatti, l'ultima parola della Corte di Cassazione è stata quella di rimettere le carte al Tar competente per territorio. Con l'aggiunta della condanna dell'ex vicepresidente al pagamento delle spese di lite.Più soldi. Ma a chi spetta decidere? La richiesta dell'ex vicepresidente dell'Iacp era chiara vedersi raddoppiata l'indennità di carica, così come riconosciuto dall'Istituto. E su questa richiesta il Tribunale di Lecce aveva concordato. Ma una volta arrivata la decisione, sfavorevole all'Istituto, è nata la questione principale, trascinatasi fino a Roma a chi spettava la competenza giurisdizionale? Per l'Iacp la controversia rientrava nel novero di quelle devolute alla cognizione del giudice amministrativo . Vero o falso? Vero, per la Corte d'Appello. Falso, per l'ex vicepresidente, che si è rivolto infine alla Cassazione.Il pomo della discordia. Tutta la vicenda ruota, alla fine, attorno a questo nodo competenza del giudice ordinario o competenza del giudice amministrativo? Per l'ex vicepresidente, alla luce del dettato normativo e del riconoscimento effettuato dall'Iacp, era scontata la giurisdizione ordinaria. E, naturalmente, era legittimo il riconoscimento delle somme ancora dovute come raddoppio dell'indennità di carica.E la valutazione dei giudici di piazza Cavour? Per questi ultimi, innanzitutto, quando si parla di controversie relative ai funzionari onorari, come in questo caso, non si applicano le norme in tema di pubblico impiego, sicché la giurisdizione su di esse va ripartita fra giudice ordinario ed amministrativo in conseguenza della natura della posizione giuridica fatta valere in giudizio, attribuendosi al primo le cause aventi ad oggetto un diritto soggettivo ed al secondo quelle riguardanti un interesse legittimo .Entrando ancora più nel dettaglio, si richiama una deliberazione del consiglio regionale della Puglia, con l'indicazione dell'indennità massima da attribuire ai presidenti e ai vicepresidenti dell'Iacp, proporzionata su quella delle amministrazioni provinciali. Di conseguenza, i compensi, chiariscono i giudici, derivano da una determinazione discrezionale dell'istituto, sia per l'indennità base che per quella aggiuntiva . Che, peraltro, non consiste affatto nel puro e semplice raddoppio dell'indennità base , come invece richiesto dall'ex vicepresidente. Spetta al consiglio d'amministrazione dell'Istituto stabilire gli importi, tenendo presenti fattori diversi, come, ad esempio, le dimensioni della struttura.Noblesse oblige. A cosa porta il complesso ragionamento dei giudici di piazza Cavour? A ciò che l'ex vicepresidente non auspicava di certo. In sostanza, quella del presidente o quella del vicepresidente dell'Iacp, per ciò che concerne anche l'indennità di carica, non è una posizione di vero e proprio diritto soggettivo, ma piuttosto di semplice interesse legittimo a che l'amministrazione proceda alla determinazione dell'indennità secondo logica e diritto .Quindi, noblesse oblige, l'ultima parola spetta al Tar competente, perché la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, alla luce della richiesta avanzata dall'ex vicepresidente dell'Iacp.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 14 giugno - 7 luglio 2011, numero 14954Presidente Elefante - Relatore TirelliSvolgimento del processoCon atto notificato il 21/7/2009, I.V.G. ha proposto ricorso contro la sentenza in epigrafe indicata, chiedendone la cassazione con ogni consequenziale statuizione.L'Istituto Autonomo Case Popolari IACP per la Provincia di Lecce ha resistito con controricorso e la controversia è stata decisa all'esito della pubblica udienza del 14/6/2001.Motivi della decisioneDalla lettura della sentenza impugnata, del ricorso e del controricorso emerge in fatto che avendo svolto le funzioni di vice presidente dello IACP per la Provincia di Lecce, I.V.G. ha chiesto ed ottenuto dal presidente del Tribunale di Lecce decreto ingiuntivo per il pagamento di L. 63.183.280, asseritamente dovute a titolo di raddoppio dell'indennità di carica, che lo stesso Istituto gli aveva, del resto, già riconosciuto sia pure con decorrenza soltanto dall'8/11/1994, anziché dall'1/1/1992.L'Istituto ha proposto opposizione, sostenendo che la legge regionale di riferimento si era limitata a fissare un tetto massimo dell'indennità, la cui concreta determinazione dipendeva perciò da un provvedimento discrezionale dell'Amministrazione, a fronte del quale il destinatario non poteva vantare nessun diritto, ma unicamente un interesse legittimo tutelabile davanti al giudice amministrativo.L'I. si è costituito replicando che il diritto al raddoppio gli derivava, invece, direttamente dalla legge ed era stato, comunque, già cristallizzato dal Consiglio di Amministrazione dell'Istituto con la delibera numero 112 del 1996.Dato atto di quanto sopra, il Tribunale adito ha ritenuto la propria giurisdizione, rigettando nel merito l'opposizione dello IACP, che si è gravato alla Corte di appello insistendo, con il primo motivo, sulla riconducibilità della controversia nel novero di quelle devolute alla congnizione del giudice amministrativo.L'I. ha contestato la fondatezza dell'assunto avverso, impugnando a sua volta il capo relativo al rigetto della domanda riconvenzionale da lui proposta per ottenere il pagamento delle somme che, per difetto della necessaria prova scritta, non aveva potuto richiedere in via monitoria.Con la sentenza in epigrafe richiamata, la Corte di appello ha però declinato la giurisdizione, dichiarando assorbito l'appello dell'I. , che ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo con il primo motivo che il giudice a quo avrebbe dovuto confermare l'esistenza della giurisdizione dell'AGO alla luce del chiaro dettato normativo ed, in ogni caso, del riconoscimento effettuato dallo IACP con la delibera numero 112/1996.Con il secondo motivo, il ricorrente ha poi sostenuto che la Corte di appello avrebbe dovuto accogliere il suo gravame incidentale, condannando per l'effetto l'Istituto al pagamento delle ulteriori somme ancora dovute.Così riassunte le doglianze dell'I. , cui lo IACP ha resistito con controricorso e premesso, altresì, che il ricorso contiene tutte le indicazioni e gli altri requisiti prescritti dalla legge a pena d'inammissibilità, osserva il Collegio che alle controversi relative ai funzionari onorari, quel'è stato, per l'appunto, l'I. , non si applicano le norme in tema di pubblico impiego, cosicché la giurisdizione su di esse va ripartita fra giudice ordinario ed amministrativo in conseguenza della natura della posizione giuridica fatta valere in giudizio, attribuendosi al primo le cause aventi ad oggetto un diritto soggettivo ed al secondo quelle riguardanti un interesse legittimo C. Cass. 1231 del 2004, 10961 del 2005, 9160 del 2008 e 1631 del 2010 .Ciò posto, occorre considerare che per quanto interessa in questa sede, l'articolo 6 della legge 27/12/1985, numero 816, ha stabilito che ai presidenti delle amministrazioni provinciali è corrisposta un'indennità mensile di carica entro i limiti di quella prevista nella tabella b allegata alla presente legge.All'assessore anziano delle amministrazioni provinciali è corrisposta un'indennità mensile di carica entro i limiti del 75 per cento di quella prevista per il presidente limiti di cui ai precedenti commi sono raddoppiati per gli amministratori provinciali che non siano lavoratori dipendenti o che siano collocati in aspettativa non retribuita .A sua volta, il Consiglio Regionale della Puglia ha emanato la deliberazione numero 311 del 23/9/1986, con la quale ha conferito ai Consigli di Amministrazione degli IACP del territorio la facoltà di attribuire ai presidenti un'indennità massima mensile non superiore all'85% di quella prevista per i presidenti delle amministrazioni provinciali ed ai vice presidenti un'indennità mensile di carica non superiore all'85% di quella prevista per gli assessori anziani.Ne risulta un sistema in cui la misura del compenso dovuto al presidente od al vice presidente dello IACP non discende direttamente dalla legge, ma da una determinazione discrezionale dell'Istituto sia per qual che concerne l'indennità base che per quanto riguarda quella aggiuntiva.Non vi è, cioè, nessun automatismo nemmeno per quest'ultima, perché la stessa non consiste affatto nel puro e semplice raddoppio dell'indennità base, ma nella somma che il Consiglio di Amministrazione dello IACP deciderà di stabilire con riguardo a tutte le particolarità del caso concreto quali, per esempio, le dimensioni della struttura, la quantità e qualità del lavoro conseguentemente richiesto ai suoi dirigenti ed il tempo che i medesimi dovranno perciò destinarvi a scapito delle loro diverse attività.In una prospettiva del genere, quella del presidente o del vice presidente non può essere quindi configurata come una posizione di vero e proprio diritto soggettivo, ma di semplice interesse legittimo a che l'Amministrazione proceda alla determinazione dell'indennità secondo logica e diritto.Tenuto conto di quanto sopra nonché della mancata contestazione dell'I. in ordine al fatto che la delibera numero 112/1996 non ha stabilito nulla per il periodo di cui si discute, ma soltanto per quello ad esso successivo va, di conseguenza, ribadita la devoluzione della presente causa al giudice amministrativo, davanti al quale si rimettono le parti.Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi Euro 3.200,00, 200,00 dei quali per esborsi, oltre gli accessori di legge.P.Q.M.La Corte, a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, rigetta il ricorso, rimette le parti davanti al TAR competente per territorio e condanna l'I. al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, 200,00 dei quali per esborsi, oltre gli accessori di legge.