Cani in fuga dal cortile, morsi ad un ciclista: proprietaria condannata per lesioni

Nessun dubbio sulle responsabilità della donna, che, pur tenendo gli animali all’interno del proprio cortile, avrebbe dovuto rispettare elementari regole di prudenza. Necessario, ad esempio, il ricorso a museruola e guinzaglio.

Prudenza, prima di tutto! E, stavolta, non in strada, ma nella ‘gestione’ dei propri animali domestici. Anche perché abbassare la guardia significa mettere a rischio non solo le altre persone, ma anche sé stessi Cassazione, sent. numero 3835/2013, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Assalto. Brutti momenti, quelli vissuti da un ciclista, ritrovatosi circondato da tre cani e preso poi letteralmente d’assalto dagli animali, tutto ciò mentre «percorreva, in sella alla propria mountain bike, una strada adiacente» a un casolare. Passata la paura, però, per fortuna, le conseguenze sono lievi «ferite superficiali alla gamba sinistra, giudicate guaribili in 6 giorni». Resta, tuttavia, da capire da dove sono arrivati quei tre cani E quando si scopre che essi sono ‘scappati’ dal casolare, allora a finire sotto accusa è la donna che lì abita e che è proprietaria degli animali. Per il Giudice di pace, poi, non vi sono dubbi la donna è da condannare - a una multa e al risarcimento dei danni a favore del ciclista - per il reato di lesioni colpose «per non avere adeguatamente custodito» i tre cani, che erano «lasciati liberi nel cortile dell’abitazione». Omesso controllo. E l’attribuzione della responsabilità, per l’episodio, alla donna non viene messo in discussione neanche in Cassazione, laddove la condanna viene riconfermata. Per i giudici, difatti, è evidente la violazione, compiuta quale proprietaria e custode dei cani, delle «elementari regole di prudenza nella custodia degli animali». Assolutamente chiaro il quadro «i tre cani, di media taglia, giravano liberi nel cortile del casolare, senza recinzione e cartello, ed erano privi di museruola e di guinzaglio, così evidentemente lasciati in condizioni di portarsi fuori dell’area domestica senza le debite cautele». Lapalissiane, quindi, le omissioni, in materia di controllo, compiute dalla donna, che deve assumersi quindi le proprie responsabilità anche a livello penale.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 novembre 2012 – 24 gennaio 2013, numero 3835 Presidente Sirena – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto Il Giudice di pace di Pistola ha condannato G.E. alla pena di euro 260,00 di multa per il reato di lesioni colpose ex articolo 590 c.p. , per non avere adeguatamente custodito tre cani, che, lasciati liberi nel cortile della propria abitazione, senza recinzione, cagionavano a V.G., che percorreva in sella alla propria mountain bike una strada adiacente al predette casolare, lesioni consistite in ferite superficiali alla gamba sinistra, giudicate guaribili in giorni sei. Il giudicante ha altresì accolto la domanda di risarcimento dei danni, determinati in complessivi euro 2.800,00 ed ha condannato l’imputata a rifondere alla parte civile le spese di costituzione determinate in complessivi euro 1.900,00 per diritti ed onorari ed altri oneri fiscali. Contro la sentenza la G. ha proposto ricorso per cassazione deducendo - l’omessa citazione rituale per il giudizio di primo grado - la carenza di motivazione sul giudizio di responsabilità - l’assenza di motivazione con riferimento alla liquidazione dei danni alla parte offesa ed alle spese di costituzione. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. In via preliminare osserva il Collegio che il ricorso “per saltum” in cassazione, previsto dall’articolo 569 c.p.p., trova applicazione anche nel procedimento davanti al giudice di pace per effetto del richiamo generale alle disposizioni del codice di procedura penale contenuto nell’articolo 2 d.lgs. 28 agosto 2000, numero 274, risultando del tutto compatibile con il sistema delle impugnazioni del modello processuale onorario. Il ricorso in esame deve essere convertito in appello v. in tal senso Sez. IV, 29 ottobre 2003, P.M. in proc. Fabris . Ciò premesso, il ricorso è manifestamente infondato, essendo chiaramente insussistenti le denunciate violazioni di norme di legge e risolvendosi in una censura di merito afferente la valutazione dei mezzi di prova che sfugge al sindacato di legittimità, in quanto la motivazione in proposito fornita dal giudice di merito appare logica e congruamente articolata. Nessuna delle censure in diritto è infatti sussistente. Con riferimento all’omessa l’omessa citazione rituale per il giudizio di primo grado va rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, dagli atti processuali, la cui consultazione è consentita in ragione della natura della censura, risulta che la G. ha ricevuto rituale notifica del decreto di citazione a giudizio in data 14 settembre 2009. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo con il quale si censura, sotto il profilo di carenza di motivazione, il giudizio di responsabilità, fondato, invece, con logiche argomentazioni, sull’accertata violazione da parte dell’imputata, quale custode e proprietaria dei cani, delle elementari regole di prudenza nella custodia degli animali. Il giudicante ha messo coerentemente in evidenza che i tre cani, di media taglia, giravano liberi nel cortile del casolare, senza recinzione e cartello, ed erano privi di museruola e di guinzaglio, così evidentemente lasciati in condizioni di portarsi fuori dell’area domestica senza le debite cautele tra queste, la museruola . Il terzo motivo è infondato, giacché la doglianza è generica con riferimento alla liquidazione dei danni e delle spese, che appaiono liquidate in misura contenuta, tenuto conto della natura delle lesioni. Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa della ricorrente Corte Cost., sent. 7-13 giugno 2000, numero 186 , consegue la condanna del ricorrente medesimo al pagamento delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in mille euro, in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile costituita, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile V.G., liquidate in complessivi euro 2.000,00, oltre IVA e CPA.