In materia di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali anche il decreto di citazione a giudizio può essere idoneo a garantire il diritto della parte ad usufruire della possibilità di definire l’illecito nei termini previsti dal D.l. numero 463/1983.
Spetta al giudice di merito verificare se, in concreto, il provvedimento contenga gli elementi essenziali del relativo avviso. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 3437/13, depositata il 23 gennaio. Il caso. Un GUP dichiara il non doversi procedere nei confronti di un indagato per omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, avendo rinvenuto un difetto di notificazione della contestazione amministrativa e la conseguente carenza di una condizione di procedibilità dell’azione. Ricorre allora per cassazione il PG, evidenziando che nel caso di specie la PA si sia legittimamente avvalsa della comunicazione tramite lettera raccomandata. Occorre verificare il contenuto dell’atto. A giudizio degli Ermellini il ricorso va accolto il provvedimento contestato, infatti, non è in linea con il dettato della recente pronuncia a Sezioni Unite sentenza numero 1855/2012 , il quale ha chiarito le condizioni che consentono di ritenere garantito il diritto della parte ad usufruire della possibilità di definire l’illecito nei termini previsti dal D.l. numero 463/1983. Il giudice di merito, infatti, non avrebbe dovuto limitarsi a rilevare i vizi della notificazione dell’atto amministrativo, ma avrebbe dovuto anche verificare se il decreto di citazione a giudizio contenesse gli elementi essenziali della predetta contestazione, ossia l’indicazione del periodo di omesso versamento e dell’importo, l’indicazione della sede presso la quale effettuare il versamento entro tre mesi e l’avviso che tale pagamento consente di fruire della causa di non punibilità. Per questo motivo la Cassazione annulla con rinvio la sentenza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 novembre 2012 – 23 gennaio 2013, numero 3437 Presidente Gentile – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14/6/2011 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Cosenza ha disposto non doversi procedere nei confronti del sig. E. in ordine al reato previsto dall'art.2, comma I-bis, del d.l. 12 settembre 1983, numero 463, convertito in legge 11 novembre 1983, numero 638 per difetto di notificazione della contestazione amministrativa e conseguente carenza di una condizione di procedibilità dell'azione. 2. Avverso tale decisione propone ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro, lamentando errata applicazione della legge. Richiamata la giurisprudenza di questa Corte in tema di equipollenza dell'atto di citazione a giudizio rispetto alla contestazione amministrativa, il ricorrente chiede che la sentenza venga annullata, evidenziando che risulta pacifico che lo strumento della comunicazione a mezzo lettera raccomandata sia stato legittimamente utilizzato dalla pubblica amministrazione. Considerato in diritto 1. La Corte ritiene che il ricorso meriti accoglimento. Il tema della valutazione del decreto di citazione giudizio quale provvedimento che possa tenere luogo della notificazione della contestazione amministrativa è stato affrontato e risolto sul piano interpretativo dalle Sezioni Unite di questa Corte, che con la sentenza numero 1855 del 2012 udienza 24/11/2011 hanno superato il contrasto esistente in giurisprudenza e individuato le condizioni che consentono di ritenere garantito il diritto della parte ad usufruire delle possibilità di definizione dell'illecito nei termini previsti dal d.l. numero 463 del 1983 e successiva legge di conversione. 2. Ora, non vi è dubbio che la sentenza in esame non si pone in linea con detta interpretazione, nel senso che il giudice di merito avrebbe dovuto non limitarsi a rilevare i vizi della notificazione dell'atto amministrativo, ma procedere a verificare se il contenuto del decreto di citazione a giudizio risponda in concreto ai presupposti individuati dalla citata sentenza delle Sezioni Unite e cioè se la comunicazione effettuata in sede penale contenga gli elementi essenziali del predetto avviso, costituiti dall'indicazione del periodo di omesso versamento e dell'importo, la indicazione della sede dell'ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e l'avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità . Si è in presenza di valutazione che coinvolge l'esame del materiale documentale in atti e che deve essere rimessa al giudice di merito, con conseguente annullamento della sentenza con rinvio ai sensi dell'art.623 cod. proc. penumero . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza.