Come cambia il “patrimonio” condominiale

Il legislatore apre alle fattispecie di elaborazione giurisprudenziale, alle mutate tecniche costruttive e alle nuove tecnologie. In particolare, la riforma interviene sull’articolo 1117 c.c , che rappresenta una norma fondamentale nella identificazione dell’istituto e nella determinazione del contenuto del regime condominiale medesimi in quanto da una lato riconduce espressamente i beni ivi individuati alla proprietà comune, dall’altro contiene un’elencazione dei beni che di detta proprietà comune costituiscono, appunto, l’oggetto.

Elenco aperto. Va peraltro subito chiarito che tale elenco è da considerarsi non tassativo ma meramente esemplificativo. Non a caso la Cassazione, più volte, ha rilevato che «in tema di condominio negli edifici, l’articolo 1117 c.c. esprime un principio di carattere generale, a termini del quale, ove un bene del complesso immobiliare, su cui insiste il condominio, comunque risponda a requisiti di destinazione oggettiva e funzionale al godimento o al servizio della collettività dei partecipanti, ancorché non rientrante nella elencazione normativa, si presume di proprietà comune, a meno che il contrario non risulti con chiarezza dal titolo» Cass. civ., 4 maggio 2012, numero 6781. In senso analogo, Cass. civ., 8 febbraio 2012, numero 1806 . I nuovi manufatti. Facendo un rapido raffronto tra il vecchio testo ed il nuovo si nota che sono stati inseriti, al numero 1 dell’articolo dei nuovi manufatti i pilastri e le travi portanti mentre al numero 2 vengono introdotti «sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune». Tali manufatti devono essere strutturalmente e funzionalmente destinate all'uso comune formula giurisprudenziale ricorrente . A precisare ulteriormente la portata della «presunzione», la norma fa salve le risultanze contrarie di un titolo. Per cui non solo i muri maestri sono elementi necessari «per l'esistenza stessa del fabbricato e, quindi, per l'esistenza dei piani o delle porzioni di piano appartenenti in proprietà esclusiva agli altri partecipanti» ma anche i pilastri, le travi portanti, i tetti, i lastrici solari, perché per loro struttura e funzione concorrono, in modo indissolubile, a formare le unità abitative e da queste materialmente sono inscindibili in quanto senza tali elementi «gli appartamenti e gli altri locali non sussisterebbero» Cass., 29 maggio 1995, numero 6036 . Ovviamente in tale fattispecie rientrano anche gli architravi che costituiscono parte organica ed essenziale dell'intero immobile Cass., 7 marzo 1992, numero 2773 . Un discorso a parte va fatto per i sottotetti. Sul piano strutturale va rilevato che il sottotetto, a seconda dell’altezza, praticabilità, modalità di accesso ed esistenza o meno di finestre, si distingue in camera d’aria o palco morto soffitta o sottotetto abitabile. Negli anni precedenti vi è stato un contenzioso, abbastanza accesso, sulla individuazione della proprietà del sottotetto nasceva dal fatto che l'articolo 1117 c.c. non annoverava tra le parti dell'edificio il sottotetto per cui, vigeva una presunzione legale di proprietà comune del manufatto, stando la natura meramente esemplificativa dell'elenco di cui all'articolo 1117 c.c. Alla mancanza di tale esplicita previsione normativa ha sopperito, in primis, la giurisprudenza con l'enunciazione di criteri per l'individuazione della natura e della conseguente attribuzione della titolarità del diritto di proprietà del locale di cui trattasi. Il Riformatore, con questa modifica, ha inteso recepire un orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui la natura del sottotetto di un edificio può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali oggettivamente destinato anche solo potenzialmente all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune Cass., 23 luglio 2012, numero 12840 Cass., 12 agosto 2011, numero 17249 Cass., 29 dicembre 2004, numero 24147 Cass., 19 dicembre 2002, numero 18091 . Nell’espressione «singole unità immobiliari dell’edificio» l’adeguamento alle nuove realtà edilizie. Fra le modifiche introdotte vi è, in primo luogo, l’impiego, in apertura, della formula «singole unità immobiliari dell’edificio», in sostituzione della precedente espressione «diversi piani o porzioni di piani di un edificio» è da ritenere che il legislatore, oltre a voler impiegare un linguaggio di più immediata comprensione – cosa che peraltro giustificherebbe anche le lievi modifiche apportate al tenore letterale del vecchio testo «se non risulta il contrario dal titolo» anziché «se il contrario non risulta dal titolo» –, abbia accolto una definizione più generica nell’intento di confermare sin da subito il superamento della tradizionale concezione del condominio, finora considerato come uno stabile a sviluppo verticale dotato di parti comuni, e di ricomprendere, definitivamente, nella nozione di condominio quelle fattispecie cd. atipiche, frutto dell’elaborazione giurisprudenziale, quali il supercondominio o il condominio orizzontale Detto indirizzo trova ora piena espressione nel nuovo articolo 1117 bis, che sarà qui oggetto di un prossimo autonomo approfondimento . Una più netta delineazione dei beni comuni. Rispetto alla formulazione sin qui vigente, la norma novellata pone invece una definizione di maggior dettaglio della nozione di «parti comuni» dell’edificio, oggetto di proprietà comune, inserendovi espressamente, anche i pilastri e le travi portanti inserimento, questo, operato con modifica approvata dalla Camera , le facciate degli edifici, i parcheggi, i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune, nonché gli impianti centralizzati per la ricezione radio TV e per l’accesso ad ogni genere di flusso informativo, anche satellitare o via cavo, nell’evidente intento, in quest’ultimo caso, di aggiornare la disposizione civilistica alle nuove tecnologie. Il testo riformato contiene altresì le nuove diciture di «impianti idrici e fognari» e di «sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria», che, rispetto al testo vigente, definiscono diversamente impianti che ricadono tra le parti comuni. Si specifica, inoltre, che, in caso di impianti unitari, si dovrà far rientrare l’impianto tra le parti comuni fino al punto di utenza, salve le normative di settore in materia di reti pubbliche. Il godimento periodico un riferimento superfluo? Si segnala altresì, in riferimento ai «proprietari delle singole unità immobiliari», l’introduzione della specificazione «anche se aventi diritto a godimento periodico». Al riguardo si rileva invero che se detta precisazione mira, implicitamente, a ricomprendere in detto novero le ipotesi di multiproprietà immobiliare, che, si rammenta, si verifica quando ciascun partecipante acquista, dall’impresa costruttrice o dal proprietario dell’intero complesso, una quota di una o più unità immobiliari – e su di essa il diritto di goderne per un determinato periodo dell’anno – e una quota delle parti comuni, tuttavia non si tratterebbe di una specificazione particolarmente significativa in giurisprudenza, infatti, trova già costante affermazione il principio secondo il quale soltanto la destinazione oggettiva del bene è in grado di determinarne la proprietà, e non anche fattori diversi, quali potrebbero essere, ad esempio, le modalità di concreta utilizzazione del bene, sia essa periodica o meno «La presunzione legale di condominialità stabilita per i beni elencati nell’articolo 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, deriva sia dall’attitudine oggettiva del bene al godimento comune sia dalla concreta destinazione del medesimo al servizio comune. Da ciò consegue che chi voglia vincere tale presunzione ha l’onere di fornire la prova della proprietà esclusiva, non potendo essere determinanti, a questo proposito, né le risultanze dell’eventuale regolamento di condominio, né l’eventuale inclusione del bene nelle tabelle millesimali, come proprietà esclusiva del singolo condomino» Cass. civ., 23 agosto 2007, numero 17928 . L’ulteriore destinazione d’uso rimossa la sanzione di nullità in caso di silenzio del titolo. Si osserva infine che nel testo di riforma licenziato dal Senato in data 26 gennaio 2011 in testa al nuovo articolo 1117 c.c. era stato inserito un inciso, ai sensi del quale i beni elencati nel predetto articolo si presumevano di proprietà comune se non risultava il contrario dal titolo «che a pena di nullità deve indicarne l’ulteriore destinazione d’uso» ebbene, la previsione che il titolo recante la non appartenenza alle parti comuni di talune parti dell’edificio dovesse esplicitamente riportare, a pena di nullità, l’ulteriore destinazione d’uso, è stata espunta durante l’esame alla Camera e non compare quindi nel testo definitivamente approvato. Sin dall’inizio, sanzionare con la nullità la mancata previsione della diversa destinazione era peraltro apparso superfluo, dal momento che, nel silenzio del titolo, è evidente che il bene debba considerarsi di proprietà comune tra tutti i condomini e solo nell’ipotesi di diversa espressa previsione esso potrà sottrarsi a tale destinazione. La contraddittorietà del legislatore nell’elencazione delle parti comuni. In conclusione, preme rilevare che se è degno di rilievo l’avere anticipato l’espressione «tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune » all’elencazione delle parti comuni di cui all’articolo – mentre nel testo previgente detta espressione concludeva il punto 1, allo stesso modo in cui l’espressione «nonché i locali per i servizi in comune» è stata collocata all’inizio dell’elencazione di cui al punto 2, piuttosto che in chiusura –, poiché, per tale via, si ribadisce il carattere esemplificativo e non esaustivo dell’elencazione stessa, la quale può trovare quindi maggiore e più dettagliata esplicazione nei singoli regolamenti di condominio, tuttavia non si comprende poi la scelta di dettagliare l’elenco dei beni presunti comuni detto ampliamento appare infatti ripetitivo, oltre che idoneo a facilitare l’insorgenza di maggiori controversie tra i condomini. Il vincolo di destinazione informa la fisionomia del condominio. Ad ogni modo, sembra potersi convenire che l’articolo 1117 c.c. si adegui meglio, nel testo novellato, al pacifico orientamento secondo il quale «Qualora un’area sia oggetto di uso esclusivo da parte di alcuni comproprietari e tuttavia, pur non rientrando fra la parti elencate dall’articolo 1117 c.c., sia altresì idonea – per le sue caratteristiche strutturali e funzionali – a soddisfare interessi comuni, questi ultimi prevalgono, dovendo il bene ritenersi di proprietà comune in virtù della presunzione che, in base alla norma citata, opera se non è superata dal titolo contrario nell’ipotesi in cui, invece, il bene serva soltanto all’uso e al godimento di una parte dell’immobile, oggetto di proprietà esclusiva, l’area non può rientrare nel novero delle cose comuni» Cass. civ., 14 febbraio 2006, numero 3159 . La quinta essenza della condominialità. Le parti comuni sono infatti considerate beni strumentali rispetto al condominio, al godimento delle singole porzioni immobiliari ed in proporzione al valore di ognuna di esse, ed è proprio in questo, del resto, che risiede l’essenza stessa della condominialità, ossia la coesistenza in capo a ciascun singolo condomino di diritti di proprietà esclusiva con diritti pro quota sulle cose comuni «La specifica fisionomia giuridica del condominio negli edifici – la tipicità, che distingue l’istituto della comunione di proprietà in generale e dalle altre formazioni sociali di tipo associativo – si fonda sulla relazione che, nel fabbricato, lega i beni propri e comuni, riflettendosi sui diritti, dei quali i beni formano oggetto la proprietà esclusiva e il condominio . Le norme dettate dagli articolo 1117-1139 c.c. si applicano all’edificio, nel quale più piani o porzioni di piano [ora singole unità immobiliari dell’edificio] appartengono in proprietà solitaria a persone diverse e un certo numero di cose, impianti e servizi di uso comune sono legati alle unità abitative dalla relazione di accessorietà» Cass. civ., sez. unumero , 31 gennaio 2006, numero 2046 . articolo 1117 c.c. Vecchio testo Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio, se il contrario non risulta dal titolo 1 il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e in genere tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune 2 i locali per la portineria e per l’alloggio del portiere, per la lavanderia, per il riscaldamento centrale, per gli stenditoi e per altri simili servizi in comune 3 le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere che servono all’uso e al godimento comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti e inoltre le fognature e i canali di scarico, gli impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e simili fino al punto di diramazione degli impianti ai locali di proprietà esclusiva dei singoli condomini Nuovo testo Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto e godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo 1 tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e l facciate 2 le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come l portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune 3 le opere, le installazioni, manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e per il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche. Cari lettori non perdete la prossima puntata sulla riforma del condominio. Mercoledì verrà analizzato l’articolo 1117-bis ed il suo ambito di applicazione. Buona lettura!