L'eterno ritorno del danno morale, tra tabelle «omnibus» e cancellazioni annunciate

di Andrea Ferrario

di Andrea Ferrario *Il danno non patrimoniale un cantiere ancora aperto. Non sembrano voler ancora cessare le periodiche scosse di assestamento che di tanto in tanto investono l'edificio del nuovo danno non patrimoniale, tuttora alla ricerca di un proprio assetto stabile e definitivo.Anche di recente la Corte di Cassazione - sentenza numero 18641 del 12 settembre -, è stata infatti richiamata a pronunciarsi circa la più volte dibattuta questione della riconoscibilità di un danno morale, quale voce autonoma e distinta dal danno biologico, entro il più ampio genus del pregiudizio non patrimoniale. La vicenda. Nel caso di specie si trattava di scrutinare il ricorso promosso da un medico ginecologo avverso una decisione della Corte d'Appello di Genova che, in esito ad accertato errore del professionista causativo di un'invalidità permanente totale a carico di un bambino, morto poi all'età di 11 anni , aveva appunto ritenuto di liquidare, oltre al danno biologico - anche - il pregiudizio morale.Pure in questa occasione i giudici della Terza Sezione della S. C. hanno assestato un altro duro colpo alle residue speranze di coloro che, all'indomani dei quattro arresti gemelli di legittimità di San Martino 2008, si erano affrettati ad annunciare la definitiva cacciata del danno morale dal tempio del 'nuovo' danno non patrimoniale, proclamando fino ai giorni nostri l'incrollabile validità di tale teoria.Ricorderemo peraltro che analoga sorte, sempre secondo lo stesso filone interpretativo, sarebbe nel contempo toccata all'ancora più controverso danno esistenziale , pur'esso apparentemente travolto dalla draconiana reductio ad unum operata dalla Corte regolatrice del 2008. Sappiamo tuttavia com'è andata anche su quel versante, con la progressiva, quanto incontenibile riemersione a nuova vita della tanto vituperata voce di pregiudizio. Di danno esistenziale si può dunque ora tornare serenamente a discorrere e tanto peraltro fa anche la sentenza in commento , come pure - appunto - di danno morale.Il danno morale esiste, anche oltre le tabelle. E invero, intervenendo su tale ultima questione, i giudici della decisione in esame ribadiscono autorevolmente v. anche, in non dissimili termini, la precedente sentenza 10 marzo 2010, numero 5770 come il profilo morale del danno non patrimoniale, sorretto da una propria specifica ratio, viva indiscutibilmente di vita propria ed autonoma, escludendo altresì a chiare lettere di poterne predicare l'auspicata scomparsa 'per assorbimento' all'interno del più ampio e omnicomprensivo contenitore del danno biologico tabellato. Benchè nel solco di una opzione interpretativa tutt'altro che inedita, il dictum in commento, successivo alla recente ascesa delle tabelle milanesi per la liquidazione del danno biologico al rango di gold standard per i Tribunali dell'intera Penisola cfr. sul punto Cass. 12408/11 e Cass. 14402/11 , si connota per aver rimarcato - in particolare - la piena compatibilità tra l'adozione del nuovo criterio tabellare universalizzato e l'autonoma liquidazione di un danno morale.Secondo gli ermellini neppure le tabelle ambrosiane del 2009, ora valide su tutto il territorio nazionale, avrebbero insomma mai cancellato la fattispecie del danno morale intesa come 'voce' integrante la più ampia categoria del danno non patrimoniale . Il danno morale non vuole morire e la Legge è dalla sua parte. E ciò del resto, aggiunge tranchante la Corte a chiusura dell'argomento, neppure avrebbero potuto fare. A tacere della precedente opera ermeneutica della stessa Cassazione, anche svariati e univoci indici legislativi si tratta, segnatamente, dei DPR numero 37 e 191 del 2009 , relativi a fonti successive al poker di sentenze del novembre del 2008, starebbero infatti lì a dimostrarlo. A dimostrare cioè l'esistenza di un'inequivoca voluntas legis manifestamente incompatibile con l'auspicato assorbimento del danno morale all'interno di un danno non patrimoniale biologicizzato .Il problema delle duplicazioni risarcitorie. Né il Legislatore, né il diritto di creazione giurisprudenziale, dunque, hanno mai in alcun modo, cancellato, assorbito il danno morale ed esistenziale , negandogli autonomo diritto di cittadinanza accanto a quello biologico. Il problema, non mancano di ricordarlo i supremi giudici, non è dunque quello - forse ormai superato - di individuare una specifica ragion d'essere di questa voce di danno. La questione è invece ancora una volta quella sottesa all'alto monito delle Sezione Unite di San Martino la necessità di sconfiggere lo spettro dell'overcompensation e delle duplicazioni risarcitorie. Il timore cioè che sotto le più varie etichette definitorie e grazie ad esse venga poi contrabbandato nelle liquidazioni il doppio quando non il triplo ristoro del medesimo pregiudizio. In vista di ciò la giurisprudenza di legittimità, a partire dalle sentenze gemelle 2008 e il Legislatore hanno in questi anni ormai ampiamente chiarito le differenze di principio e di funzione tra le varie voci di danno. Le coordinate teoriche dunque esistono, sicchè la palla non può dunque ora che passare al singolo interprete al quale in definitiva, come ricorda la decisione commentata, competerà il non sempre agevole compito - tutto concreto - di evitare, attraverso una rigorosa analisi dell'evidenza probatoria, duplicazioni risarcitorie .* AvvocatoTi potrebbe anche interessare - Per il risarcimento del danno non patrimoniale Milano sempre più nazionale, di Renato Savoia, DirittoeGiustizi@ 2 luglio 2011- Risarcimento danni tabelle milanesi erga omnes, di Giampaolo Di Marco, DirittoeGiustizi@ 11 giugno 2011