Sì alla confisca dei beni sociali acquistati con i frutti di attività illecita

Sono confiscabili i beni nella disponibilità del prevenuto, o del coniuge dello stesso, che costituiscono il reimpiego del frutto di attività ritenuta illecita, limitatamente alla quota di incremento del patrimonio sociale corrispondente.

Il caso. Con ordinanza del Tribunale di Brindisi veniva disposta, nell’ambito di un procedimento di prevenzione a carico dell’amministratore di una S.r.l., la confisca di nove terreni intestati alla società, con riferimento alle quote detenute dalla moglie del prevenuto. Il medesimo Tribunale respingeva l’opposizione presentata dall’interessato, che adiva quindi la Cassazione sostenendo la violazione degli articolo 2 bis e 2 ter della l. numero 575/65. Da dove viene il denaro? In primo luogo il ricorrente lamenta che i beni confiscati, facendo parte del patrimonio di una società di capitali, non possono ritenersi detenuti dai soci in base alla quota della loro partecipazione sociale. Fermo restando che la moglie del ricorrente aveva finanziato l’acquisto dei terreni, non sarebbe possibile confiscare il bene in sé, casomai il credito derivante dalla diritto alla restituzione dell’importo anticipato alla società. La Suprema Corte ritiene corretta la decisione impugnata. Infatti, risulta che il denaro utilizzato per l’acquisto dei terreni, anticipato dalla moglie del ricorrente alla società, provenisse dalle attività illecite svolte dal marito. Ne consegue la liceità dell’applicazione della l. numero 575/65, che consente di procedere al sequestro e poi alla confisca dei beni nella disponibilità del prevenuto, ma anche di quelli che costituiscono il reimpiego del frutto dell’attività illecita. Frutti dell’attività illecita. Rientrando i terreni oggetto del provvedimento ablativo in quest’ultima ampia categoria ed essendo la confisca limitata alla quota corrispondente all’incremento dovuto all’immissione di capitale di non chiarita provenienza, il giudice della prevenzione ha correttamente agito disponendo la confisca della quota della partecipazione della moglie del ricorrente riferibile all’incremento del patrimonio sociale derivante dall’utilizzo di denaro di provenienza illecita.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 maggio – 28 giugno 2012, numero 25464 Presidente Bardovagni - Relatore Bardovagni Ritenuto in fatto 1. La S.r.l. ‘Eurosport Brindisi’, in persona dell'amministratore G N. , in qualità di terza estranea al giudizio sollevò incidente avverso decreto del Tribunale di Brindisi in data 18.10.2006, emesso in procedimento di prevenzione a carico di G N. , con il quale per quanto ancora rileva in questa sede fu disposta la confisca di nove terreni intestati alla società, ‘con riferimento alle quote detenute’ da A S., coniuge dei prevenuto. Il Tribunale, con provvedimento del 5.10.2010, ha respinto in parte qua l'istanza decisione ribadita a seguito di opposizione il 14.1.2011. 2. Ricorre per cassazione il difensore della società, in forza di procura allegata, denunziando violazione degli articolo 2 bis e 2 ter della legge 31 maggio 1965, numero 575, “difetto assoluto e manifesta Illogicità della motivazione . Osserva che gli immobili confiscati fanno parte del patrimonio di una società di capitali, persona giuridica distinta dai soci, e non possono ritenersi da costoro detenuti pro quota, neppure de facto, non essendo rilevate situazioni di dominio dei soci sull'ente societario o di interposizione fittizia di quest'ultimo a vantaggio del prevenuto e della consorte. La S. aveva bensì finanziato, insieme agli altri soci e in proporzione alla quota 27% , l'acquisto dei terreni confiscati, ma da ciò derivava unicamente un diritto alla restituzione dell'importo anticipato alla società Euro 15.059,88 , credito che, semmai, poteva costituire l'unico legittimo oggetto del provvedimento ablativo. Ciò anche senza considerare che la socia disponeva, negli anni anteriori al 1994, di un reddito lecito da lavoro di lire 1.400,000 mensili, che non poteva ritenersi assorbito dal mantenimento della famiglia perché il marito, pur non titolare di entrate lecite, era abile al lavoro e tenuto a provvedere al mantenimento proprio e concorrere a quello dei figli minori. Tali argomentazioni sono sviluppate con memoria difensiva, in replica alta requisitoria del P.G. che ritiene il ricorso infondato. 2.1 La deliberazione, fissata per il 16.5.2012, è stata differita al giorno successivo ai sensi dell'articolo 615, comma 1, cod. proc. penumero , per il carico dell'udienza e la rilevanza della questione sollevata all'esito, assegnata a sé dal Presidente la stesura della sentenza, il collegio decideva come da dispositivo. Considerato in diritto 3. Va premesso - invertendo l'ordine delle argomentazioni del gravame - che il provvedimento impugnato ha dato congrua giustificazione della ritenuta inesistenza di lecite risorse capaci di giustificare la partecipazione della S. al finanziamento dell'acquisto dei terreni mancanza, da parte sua e del marito, di dichiarazioni dei redditi nel periodo considerato, del resto coincidente o immediatamente successivo alla partecipazione, assodata da giudicato, di G N.ad associazione dedita a narcotraffico e contrabbando emersione tardiva, dopo l'irrevocabilità della confisca nei confronti della S. conseguente alla pronuncia di questa Corte, Sez. II, numero 24872 del 20.3.2009 , di un non comprovato rapporto di lavoro subordinato con retribuzione complessiva, per gli anni 1991 - 1994, di lire 60.540.038, in ogni caso inadeguata, una volta soddisfatte le esigenze del nucleo familiare comprendenti la disponibilità di autovetture e motocicli ad accantonare la provvista necessaria per versare, nel giugno 1994, la quota di spettanza del prezzo di acquisto degli immobili dichiarato dai contraenti in lire 108.000.000, oltre accessori, con valore imponibile di 150.000.000 . In proposito il ricorso si risolve, inammissibilmente, in censure non pertinenti in punto di fatto. 3.1 Passando al punto centrale del gravame, va ancora chiarito che, come si desume dal provvedimento impugnato, da quelli presupposti e dallo stesso ricorso, il patrimonio originario della Eurosport Brindisi non risulta inquinato da capitali illeciti, né lo era, all'origine, la partecipazione della S. invece, il denaro anticipato da lei alla società per l'acquisto dei terreni è ritenuto, per le ragioni sopra esposte, proveniente dalle illecite attività del marito. Ora, il sequestro e la successiva confisca previsti dall'articolo 2 ter della legge numero 575 del 1965 colpiscono sia i beni nella disponibilità del prevenuto anche tramite soggetto interposto che si abbia motivo di ritenere - per ingiustificata provenienza o in forza elementi positivamente dimostrativi - frutto di attività illecita, sia quelli che ne costituiscano il reimpiego . Quest'ultimo termine, di ampio significato, vale a indicare qualsiasi forma di investimento dei capitali sospetti, non esclusa una partecipazione anche minorità ria in comunioni o società di persone o di capitali in tal caso, è la quota spettante, con i diritti che ne discendono, a formare oggetto del provvedimento ablativo. Inoltre, può verificarsi l'ipotesi dell'immissione dei proventi di attività illecite in altre, già nella disponibilità del soggetto o di terzi in forza di anteriore e legittimo titolo giustificativo, che vengono in tal modo accresciute o migliorate. Nella detta situazione, poiché l'articolo 2 ter della legge numero 575 del 1965 non colpisce indiscriminatamente tutti i beni comunque riferibili a chi è sottoposto a misura di prevenzione, ma soltanto gli investimenti di origine ingiustificata, il provvedimento ablativo non può coinvolgere il bene inquinato nel suo complesso, ma, nell'indispensabile contemperamento delle esigenze di prevenzione e difesa sociale con quelle private di garanzia della proprietà tutelabile articolo 42 Cost. , deve limitarsi alla quota ideale corrispondente all'incremento di valore dovuto all'immissione di capitale di non chiarita provenienza Cass., Sez. I, numero 33479 dei 4.7.2007, Richichi numero 21079 del 13.5.2010, Gentile Sez. VI numero 30131 del 28.3.2007, Frangiamore . 3.2 Nel caso di specie il giudice della prevenzione ha fatto corretta applicazione di tali principi, disponendo la confisca non dell'intera partecipazione della S., ma soltanto dell'aliquota a lei riferibile dell'incremento del patrimonio sociale, dovuto al reimpiego di denaro di ritenuta provenienza illecita mediante finanziamento degli acquisti effettuati dalla società in tal senso è da interpretare, alla luce delle motivazioni, il riferimento alle quote detenute . 3.3 Il ricorso va perciò respinto consegue la condanna al pagamento delle spese della procedura. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.