Il Gip non può fare un “copia e incolla” della richiesta cautelare presentata dal pm. Infatti, se l’ordinanza del giudice non contiene adeguati ragionamenti, il Riesame non può supplire alle carenze evidenti.
La fattispecie. Il giudice per le indagini preliminari disponeva la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di due imputati accusati di traffico di sostanze stupefacenti. Nulla di strano, è una cosa che nella carriera di un Gip succede quotidianamente o quasi. Ma nel caso di specie, ciò che viene rilevato dal Tribunale è che il magistrato aveva fatto riferimento ad una serie di circostanze del tutto estranee alla vicenda giudiziaria in esame. In più, nell’ordinanza da lui emessa, si era limitato a riprodurre «integralmente e senza virgolettature» il contenuto della richiesta cautelare del pm. Perciò, il tribunale del Riesame annullava l’ordinanza del Gip per mancanza dei requisiti richiesti articolo 292 c.p.p. . Il Gip ha fatto un copia e incolla della richiesta cautelare del pm. È il Procuratore Generale che presenta ricorso deducendo violazione di legge per avere il Collegio erroneamente dichiarato la nullità del provvedimento oggetto di riesame, disattendendo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che consente al Giudice di trasfondere integralmente e alla lettera le richieste del pm. Il Riesame può integrare le carenze dell’ordinanza del Gip? Non è dello stesso parere la Corte di Cassazione la quale – con la sentenza numero 22327/2012 depositata l’8 giugno – precisa che «l’ordinanza che dispone la misura cautelare deve contenere l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l’indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali assumono rilevanza, nonché la valutazione degli elementi a carico dell’indagato». Non è riconoscibile un adeguato percorso argomentativo nelle motivazioni del Gip. La S.C. conferma che il provvedimento di restrizione della libertà personale e l’ordinanza che decide sul riesame sono tra loro strettamente legati e complementari. In sostanza, il Riesame può integrare e completare le eventuali carenze di quella del Gip, tuttavia - chiarisce la S.C. - ciò è possibile quando la motivazione è insufficiente, incongrua o inesatta e non quando, come nella fattispecie, non sia riconoscibile nemmeno un adeguato percorso argomentativo. Insomma, il sistema del “copia e incolla” informatico utilizzato dal Gip, non permette l’integrazione da parte del Riesame.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 maggio – 8 giugno 2012, numero 22327 Presidente Garribba – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Napoli, adito ai sensi dell'articolo 309 cod. proc. penumero , annullava il provvedimento del 16/11/2011 con il quale il Giudice per le indagini preliminari di quel Tribunale aveva disposto l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di D.S.G. e F P. in relazione ai reati di cui agli articolo 74, comma 1, 2 e 3, d.P.R. numero 309 del 1990 capo A , 81, cpv., e 110 cod. pen, 73 commi 1 e 3. d.P.R. numero 309 del 1990, 3 e 4 legge numero 146 del 2006 capi C e seguenti . Rilevava il Tribunale come il primo Giudice, dopo aver trascritto i capi d'imputazione ed avere, nella parte iniziale del suo provvedimento, effettuato alcune valutazioni generali e generiche sull'utilizzabilità delle intercettazioni e sulla configurabilità del contestato delitto associativo, aveva fatto riferimento ad una serie di circostanze del tutto estranee alla vicenda giudiziaria in esame inoltre, da pag. 21 a pag. 300 di quella ordinanza si era limitato a riprodurre integralmente e senza virgolettature il contenuto della richiesta cautelare del P.M., pure riproponendo la stessa nomenclatura dei paragrafi infine, nelle pagine finali aveva proposto una lunga motivazione in ordine alle esigenze di cautela ed ai criteri di scelta della misura cautelare, ancora una volta, però, con il richiamo sia a circostanze fattuali estranee ai fatti oggetto di contestazione, che a norme giuridiche inapplicabili nella fattispecie. Reputava, pertanto, il Tribunale come l'ordinanza oggetto di riesame dovesse essere annullata per mancanza dei requisiti richiesti, a pena di nullità, dall'articolo 292 cod. proc. penumero , in particolare per difetto di motivazione, avendo il Giudice per le indagini preliminari proposto una parte motiva solo apparente, carente di qualsivoglia indicazione delle ragioni di adesione alla istanza della pubblica accusa, anzi dimostrando di non avere neppure preso cognizione del contenuto di quella richiesta, il cui tenore era stato acriticamente trasferito nel corpo del provvedimento genetico della misura cautelare. 2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli il quale, con un unico motivo, ha dedotto la violazione di legge processuale, per avere quel Collegio erroneamente dichiarato la nullità del provvedimento oggetto di riesame, disattendendo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che, in siffatte ipotesi, per un verso consente che, nell'ordinanza applicativa di una misura cautelare personale, il giudice possa trasfondere integralmente ed alla lettera la richiesta del P.M., laddove abbia comunque preso cognizione del contenuto delle ragioni dell'atto richiamato, ritenendole coerenti alla sua decisione per altro verso, permette al tribunale del riesame, in presenza di una piena e trasparente instaurazione del contraddittorio delle parti, di integrare l'apparato argomentativo, eventualmente lacunoso, del provvedimento impugnato. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso sia infondato. 2. L'articolo 292, commi 2 e 2 bis, cod. proc. penumero , prevede che l'ordinanza che dispone la misura cautelare debba contenere, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio, “l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali assumono rilevanza , nonché la valutazione degli elementi a carico dell'indagato. Tale norma, anche dopo la riscrittura operata con dalla legge numero 332 del 1995, viene pacificamente interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte nel senso che il provvedimento restrittivo della libertà personale e l'ordinanza che decide sul riesame sono tra loro strettamente collegati e complementari, con la conseguenza che la motivazione dell'ordinanza del tribunale della libertà ben possa integrare e completare le eventuali carenze di quella del G.i.p., a condizione, però, che si faccia solo questione della sufficienza, congruità ed esattezza delle indicazioni presenti nel provvedimento cautelare concernenti gli indizi e le esigenze cautelari così, tra le tante, Sez. 5, numero 16587 del 24/03/2010, Di Lorenzo, Rv. 246875 . Il tribunale adito ai sensi del l'articolo 309 cod. proc. penumero , dunque, non essendo giudice di mera legittimità bensì anche del merito, pure in ragione dell'effetto interamente devolutivo di tale specifica forma di gravame, non deve dichiarare la nullità di un provvedimento applicativo della misura laddove lo stesso contenga una motivazione insufficiente, incongrua o inesatta, dovendo operare una integrazione dell'ordinanza stessa, che va annullata solo in casi di extrema ratio così Sez. 2, numero 39383 del 08/10/2008, D'Amore, Rv. 241868 . E, tuttavia, perché il tribunale del riesame possa e debba compiere quest'opera di supplenza, integrando la motivazione del primo giudice, occorre che una motivazione vi sia, vale a dire che sia riconoscibile un adeguato percorso argomentativo che permetta di rilevare che quel giudice ha compiuto un effettivo vaglio degli elementi di fatto allegati, spiegando quale valenza dimostrativa essi posseggano e, perciò, quale sia la loro rilevanza ai fini dell'affermazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari con riferimento alla posizione di ciascun indagato destinatario della misura. Ciò è conforme al consolidato orientamento di questa Corte che ha negato che di presenza di una motivazione del giudice si possa parlare, non solamente nelle ipotesi in cui la motivazione sia mancante in senso grafico, ma anche quando il giudice, operando un rinvio al contenuto di altro atto del procedimento ovvero recependone integralmente il contenuto tale equiparazione è stabilita espressamente da Sez. 2, numero 39383 del 08/10/2008, D'Amore, cit. , si sia limitato all'impiego di mere clausole di stile o all'uso di frasi apodittiche, senza dare contezza alcuna delle ragioni per cui abbia fatto proprio il contenuto dell'atto richiamato ovvero lo abbia considerato coerente rispetto alle sue decisioni così, ex pluribus, oltre a quelle innanzi citate, Sez. 3, Sentenza n, 33753 del 15/07/2010, Lteri Lulzim, Rv. 249148 Sez. 4, numero 4181 del 14/11/2007, Benincasa, Rv. 238674 Sez. 3, Sentenza numero 41569 del 11/10/2007, Verdesan, Rv. 237903 Sez. 4, numero 45847 del 08/07/2004, Chisari, Rv. 230415 . La situazione patologica appena descritta va riconosciuta anche laddove, a fronte di articolate e complesse risultanze delle investigazioni condotte dalla polizia giudiziaria, il G.i.p. - come nella fattispecie è accaduto - si sia limitato a riprodurre integralmente nel corpo della propria ordinanza, verosimilmente mediante il sistema del copia ed incolla informatico, il testo della richiesta cautelare del P.M., senza dare dimostrazione di averne valutato criticamente il contenuto e di averne recepito il tenore perché funzionale alle proprie determinazioni. 3. Di tali principi di diritto il Tribunale di Napoli ha fatto, nel caso di specie, buon governo, dal momento che ha evidenziato come il Giudice per le indagini preliminari, che aveva disposto l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, dopo una generica premessa sulla utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, si fosse impegnato a sostenere l'esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine al delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, evidentemente ricopiando , in maniera disattenta quanto maldestra, il passo motivazionale di altro provvedimento emesso in un diverso procedimento penale - come si evince dal riferimento, tra l'altro, alla presenza di numerosi spacciatori identificati nel corso delle indagini , alla invariabilità del focus commissi delicti , al capillare controllo del territorio nel quale si svolge l'attività illecita con continue perlustrazioni delle strade circostanti a piedi e/o a bordo di moto per prevenire interventi delle forze dell'ordine , nonché alla commercializzazione di sostanze stupefacenti di diverso tipo - benché l'associazione per delinquere oggetto del procedimento de quo fosse stata contestata in relazione ad un ipotizzato sodalizio attivo nel traffico internazionale di grossi quantitativi di un unico tipo di droga, la cocaina, importata dalla Spagna e ceduta in diverse località campane, dunque con una palese variabilità dei loci commissi delicti, senza interessarsi di alcuna capillare distribuzione dello stupefacente attraverso piccoli spacciatori, dei quali giammai era stata effettuata la identificazione. La conferma che, nel caso di specie, il Giudice per le indagini preliminari si fosse limitato ad una poca accorta opera di copia ed incolla informatica, lo si desume anche dalla lettura della parte finale del provvedimento genetico delle misure cautelari rubricato come capitolo 7 , nel quale - come argutamente sottolineato dal Tribunale del riesame nell'ordinanza oggetto dell'odierno ricorso - erano state proposte le ragioni inerenti all'affermazione della sussistenza delle esigenze cautelari, lì dove si legge di una organizzazione qualificata dalla detenzione di armi , dal traffico di cospicue quantità di sostanze stupefacenti anche di diversa qualità e dal pieno coinvolgimento di ciascuno nelle realizzazione delle finalità dell'associazione camorristica laddove il procedimento in questione aveva avuto ad oggetto, come si è anticipato, un sodalizio criminale dedito al traffico internazionale di un unico tipo di stupefacente, senza la contestazione di alcuna disponibilità di armi e senza l'addebito di alcuna fattispecie associativa ex articolo 416 bis cod. penumero ovvero di altri reati eventualmente aggravati ai sensi dell'articolo 7 legge numero 203 del 1991. Ed allora, completo, congruo e logicamente corretto è l'apparato argomentativo della ordinanza del Tribunale di Napoli, nella parte in cui è stato evidenziato il mancato rispetto, da parte del primo Giudice, dei requisiti previsti per la tipologia di motivazione consistente nel rinvio o nella materiale ricezione di altro atto procedimentale, quale la richiesta cautelare del P.M Ciò tenuto conto che quel Giudice, lungi dal dare dimostrazione di aver compiuto un'autonoma valutazione degli specifici elementi indiziari emersi nel corso delle indagini, si era limitato a ad effettuare una malcelata opera di collage, per un verso copiando parti di motivazione di ordinanze cautelari emesse nell'ambito di differenti vicende giudiziarie per altro verso copiando integralmente il contenuto della richiesta formulata dal rappresentante della pubblica accusa, senza alcuna virgolettatura e riportando persino frasi quali la presente richiesta , si richiede la cattura oppure le schede personali di ciascuno degli indagati . parte integrante della presente richiesta inequivocabilmente riferibili alla parte pubblica che aveva avanzato l'istanza e non anche al giudice che quelle argomentazioni aveva solo formalmente fatte proprie, del tutto acriticamente inserendole in un proprio provvedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso.