La colpa del perito del giudice rientra nell’ipotesi di responsabilità extracontrattuale e non ex articolo 2236 c.c., in quanto i compiti gli sono affidati quale ausiliario del giudice.
Il caso. La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un caso di responsabilità ex articolo 2043 c.c. di un perito del tribunale. In particolare, i ricorrenti avevano proposto l’azione nei confronti del professionista che, incaricato della stima di un immobile pignorato da parte del giudice, ne aveva affermato la libertà da vincoli verso terzi, tanto che i ricorrenti si erano determinati all’acquisto credendolo libero, per poi scoprire che invece esisteva un contratto d’affitto registrato da diversi anni. Il perito avrebbe svolto l’incarico affidatogli con estrema negligenza, malgrado non si trattasse di un incarico implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. Responsabilità aquiliana e onere della prova. Secondo i ricorrenti, la valutazione della colpa, giudicata non grave ma lieve, si sarebbe dovuta compiere ai sensi dell’articolo 2236 c.c. rubricato «responsabilità del prestatore d’opera» che non prevede la colpa lieve solo per escluderla e quindi ricadere nella responsabilità extracontrattuale. La Suprema Corte, ritenendo incongruo e contraddittorio questo ragionamento, ha rigettato il ricorso sia perché chiaramente non si verte nell’ipotesi di responsabilità contrattuale in quanto compiti affidati al perito sono in qualità di ausiliare del giudice sia perché la limitazione dell’articolo 2236 c.c. riguarda l’imperizia, e non la violazione della diligenza professionale. Dunque, giustamente in Appello la domanda è stata ritenuta infondata per essere mancata la prova della colpa, anche lieve del danneggiante, l’onere della quale Corte ha ritenuto gravare, ai sensi dell’articolo 2043 c.c., sugli appellanti, secondo i principi che governano l’onere della prova in tema di responsabilità aquiliana.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile-3, ordinanza 20 marzo - 17 aprile 2012, numero 6014 Presidente Preden – Relatore Barreca Premesso in fatto È stata depositata in cancelleria la seguente relazione “1.- Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata rigettata la domanda proposta dagli odierni ricorrenti nei confronti dell'ing. Z. ai sensi dell'articolo 2043 cod. civ. L'azione era stata rivolta contro il professionista, incaricato della stima di un immobile pignorato da parte del giudice dell'esecuzione del Tribunale di Asti, perché l'ing. Z. , in tale sua qualità, ne aveva affermato la libertà da vincoli verso terzi, in modo tale che i C. si sarebbero determinati all'acquisto credendolo libero, per poi scoprire che, invece, esisteva un contratto di affitto registrato in data 18 luglio 1997. 2.- Col primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., degli articolo 2236 e 2043 cod. civ., nonché dell'articolo 64 cod. proc. civ., per non avere il giudice d'appello, in applicazione dell'articolo 2236 cod. civ., escluso che nel caso di specie la prestazione implicasse soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà e non avere quindi reputato l'ing. Z. responsabile per colpa lieve sostengono, in proposito, i ricorrenti che il professionista avrebbe svolto con estrema negligenza ed imperizia l'incarico affidatogli dal Tribunale di Asti, malgrado non si trattasse di un incarico implicante la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. 2.1.- Col secondo motivo di ricorso è dedotto il vizio di motivazione per avere il giudice d'appello errato nell'interpretare il quesito rivolto al CTU dal giudice dell'esecuzione e, di conseguenza, avere affermato, con motivazione contorta e contraddittoria, che il CTU non aveva obbligo alcuno di verificare l'esistenza o meno di contratti di locazione gravanti sull'immobile, laddove invece il quesito avrebbe dovuto indurre a conclusione contraria ciò, che, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto escludere, contrariamente a quanto invece affermato dal giudice del merito, che l'ing. Z. avesse svolto correttamente il proprio mandato con l'ulteriore conseguenza che non si sarebbe potuto ascrivere a colpa dei signori C. , come invece fatto dal giudice del merito, il mancato accertamento dell'esistenza di un contratto di locazione. 3.- Nessuno dei due motivi è meritevole di accoglimento. Il primo non coglie nel segno poiché la Corte d'Appello ha fatto applicazione della norma dell'articolo 2043 cod. civ., ritenendo che nel caso di specie ricorresse un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale questa statuizione - peraltro corretta in diritto, in quanto il professionista era stato chiamato in giudizio per la violazione dei compiti affidatigli quale ausiliario del giudice quindi avrebbe dovuto rispondere ex articolo 64, co. 2, ultima parte, cod. proc. civ. norma, quest'ultima che prevede un'ipotesi specifica di responsabilità aquiliana cfr. Cass. numero 11474/92, nonché numero 2359/10 - non è oggetto di censura e, d'altronde, risulta dagli atti che furono proprio gli attori ad avere dichiaratamente fondato la propria azione sull'articolo 2043 cod. civ Piuttosto, i ricorrenti sembrano assumere che la valutazione sulla colpa si sarebbe dovuta compiere ai sensi dell'articolo 2236 cod. civ., ma soltanto al fine di escluderne l'applicazione nel caso concreto, in quanto si sarebbe dovuta ritenere la responsabilità dell'ing. Z. per colpa lieve la censura, oltre che contraddittoria, è infondata in diritto, sia perché non si verte in ipotesi di responsabilità contrattuale, sia perché la limitazione dell'articolo 2236 cod. civ. riguarda l'imperizia, non la violazione del dovere di diligenza professionale cfr., da ultimo, Cass. numero 22398/11 comunque, trattasi di censura non pertinente poiché la Corte d'Appello non ha affatto escluso la responsabilità dell'appellato perché non avrebbe riscontrato, nel caso di specie, la colpa grave. Al contrario, la domanda degli appellanti è stata ritenuta infondata per essere mancata la prova della colpa, anche lieve, del danneggiante, l'onere della pale la Corte ha ritenuto gravare — ai sensi del richiamato articolo 2043 cod. civ. - sugli appellanti, secondo i principi che governano l'onere della prova in tema di responsabilità aquiliana. 3.1.- Il secondo motivo di ricorso riguarda l'apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito relativamente agli elementi addotti in giudizio al fine di dimostrare la sussistenza della colpa del preteso danneggiante. La motivazione fornita dalla Corte d'Appello è congrua e logica, oltreché completa, poiché basata, non soltanto sull'interpretazione del quesito formulato dal giudice dell'esecuzione nei riguardi del proprio ausiliario - secondo quanto sostenuto dai ricorrenti - ma anche sulle risultanze concernenti la condotta tenuta dal consulente tecnico nello svolgimento dell'incarico sia quanto all'accesso ed alla verifica dello stato dei luoghi sia, in particolare, quanto agli accertamenti che avrebbero dovuto essere compiuti presso l'Ufficio del Registro di Nizza Monferrato . Il motivo di ricorso è inammissibile poiché finisce per sollecitare questa Corte ad un nuovo esame di tali risultanze - senza peraltro nemmeno censurare la motivazione riguardo al secondo dei profili appena esposti, basata sul certificato rilasciato dal citato Ufficio del Registro in data 12 maggio 2006, attestante che, in tale ultima data, non fosse possibile avere contezza di un contratto registrato a nome dell'esecutato al quale i ricorrenti non fanno cenno alcuno ”. La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti. Non sono state presentate conclusioni scritte. I ricorrenti hanno depositato memoria. Ritenuto in diritto A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. Tali motivi non risultano superati dagli argomenti esposti nella memoria depositata dai ricorrenti in particolare, quanto al titolo della responsabilità, va ribadito che il giudice di merito ha ritenuto che non fosse stata provata nemmeno la colpa lieve dell'ing. Z. , sicché non risultano pertinenti i rilievi svolti con riferimento all'articolo 2236 cod. civ. quanto al secondo motivo di ricorso, la memoria riprende le ragioni poste a fondamento del ricorso, già confutate con la su riportata relazione. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in favore del resistente nella somma di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.