Non denunciare tempestivamente all’assicurazione il ritrovamento del veicolo rubato non è truffa

Intasca la liquidazione del danno, ma non denuncia all’assicurazione il ritrovamento dell’auto rubata non si tratta di truffa, ma di appropriazione indebita.

Con la pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione Sezione Seconda Penale ha annullato con rinvio la decisione della Corte di Appello di Napoli, sul punto concernente la qualificazione giuridica dell’imputazione contestata ai ricorrenti, ritenendo che il fatto di specie, consistente nel non aver denunciato all’assicurazione il ritrovamento da parte dell’assicurato dell’autoveicolo rubato, ove sia stata già effettuata la liquidazione del danno, non poteva integrare il reato di truffa, ma, più propriamente, quello di appropriazione indebita. Da qui il rinvio ad altra sezione della Corte d’appello al fine della rideterminazione della pena. Auto ritrovata e premio intascato Nei gradi di merito, essendo indubbia la prova sull’addebito, gli imputati erano stati riconosciuti colpevoli di truffa consumata ai danni della compagnia assicuratrice, come già accennato, per non averle tempestivamente comunicato di essere ritornati in possesso dell’autovettura in precedenza indebitamente sottratta, avendo comunque percepito una somma pari a € 23.000 a titolo di ristoro. La Suprema Corte giunge a tale conclusione, rifacendosi espressamente agli insegnamenti delle Sezioni Unite Cass. Penumero , sent. numero 1/1999 ritenendo che «mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l’elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l’effetto di produrre – mediante la “cooperazioni artificiosa della vittima” - la perdita definitiva del bene da parte della stessa». ma non c’è alcuna «cooperazione artificiosa della vittima». Nel caso di specie, non risultava alcuna “cooperazione artificiosa della vittima”, poiché la violazione dell’obbligo di avvisare la Compagnia assicuratrice del ritrovamento del veicolo era ed è evidentemente un comportamento unilaterale, e neppure alcuna perdita definitiva del bene, di cui tale Ente era nel mentre divenuto proprietario ai sensi del contratto assicurativo, avendo liquidato il danno. Ma se così è, prosegue la Corte di legittimità, ciò non toglie che vi sia comunque una responsabilità penale nel caso di specie, ben potendo il tutto essere sussunto sub specie dell’articolo 646 c.p. e, dunque, essere qualificato come appropriazione indebita. L’interversione del possesso, infatti, non poteva essere in alcun modo negata, poiché l’Assicurazione era riuscita a recuperare l’auto solo dopo un sequestro, preceduto da una inutile intimazione con la quale veniva richiesta la riconsegna del mezzo ritrovato. Applicato il principio di legalità. La sentenza in oggetto merita di essere segnalata per il sano rigore con il quale si è fatta applicazione del principio di legalità e della migliore giurisprudenza di legittimità in tema di truffa. Inoltre, seppure si sia escluso che la violazione dell’obbligo di avvertire la Compagnia assicuratrice rilevi esclusivamente sul piano civilistico, come pure aveva sostenuto la difesa degli imputati, si è avuta l’accortezza di verificare la sussistenza, anche sotto il profilo del dolo, della interversio possessionis . Da quanto sopra emerge che la semplice dimenticanza o il mero ritardo sul punto di per sé non costituiscono reato, specie se contenuti in un lasso di tempo ragionevoli. Certo è, però, che la maliziosa e furba ostilità a restituire al legittimo proprietario il bene non giova penalmente al possessore di turno, poiché – a tutto concedere – oltre alla violazione di obblighi contrattuali, con tale condotta si esercitano arbitrariamente facoltà che spettano solo a chi ha un legittimo diritto d’uso sulla res . In definitiva, in sé e per sé considerata, la pronuncia de qua appare ad un tempo equilibrata e corretta sotto il profilo squisitamente tecnico-giuridico.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 31 gennaio – 7 marzo 2012, numero 8927 Presidente Esposito – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 7 gennaio 2011, la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria C.V., Sezione distaccata di Aversa, in data 6/2/2007, che aveva condannato G D. e C V. alla pena di anni uno, mesi dieci di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il reato di truffa in danno della società assicuratrice Unione Assicurazione. 3. Avverso tale sentenza propongono ricorso entrambi gli imputato per mezzo dei loro difensori con due separati atti, a firma dell'avvocato Paolo Caterino e dell'avv. Fabio Foglia Manzillo. 3.1 L'avv. Caterino solleva quattro motivi di gravame con i quali deduce - Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli articolo 192 cod. proc. penumero e 110 e 640 cod. penumero . - Mancata assunzione di una prova decisiva con riferimento alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per assumere le due testimonianze richieste - Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata assoluzione di C V. - Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla dosimetria della pena ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche. 3.2 L'avv. Foglia Manzillo solleva cinque motivi di gravame con i quali deduce - Violazione di legge in relazione all'articolo 640 cod. penumero per difetto dei requisiti della condotta punibile in astratto si sarebbe potuta configurare l'ipotesi di cui all'articolo 646 c.p. caratterizzato dal comportarsi quale proprietario di un bene cui si era semplicemente possessore. - Mancata assunzione di una prova decisiva con riferimento alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per assumere le due testimonianze richieste - Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche - Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata sospensione condizionale della pena - Violazione di legge in relazione alla mancata concessione dell'indulto. Chiedono, pertanto, l'annullamento della impugnata sentenza. Considerato in diritto La prospettazione difensiva secondo cui, nel caso di specie, la condotta contestata non integra gli estremi dei reato di truffa, è fondata solo in termini di qualificazione giuridica della condotta medesima, nel senso che, se essa non integra gli estremi del delitto di truffa, configura sicuramente la fattispecie del reato di appropriazione indebita e non può certamente risolversi, così come vorrebbe la difesa, nell'ambito degli inadempimenti di natura civilistica. Si premette che, secondo l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, nel delitto di truffa, mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l'elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre - mediante la cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall'inganno ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione - la perdita definitiva del bene da parte della stessa Cass. Sez. U. Sentenza numero 1/1999, Ud. del 16/12/1998, Rv. 212080, Cellammare . Ciò premesso, si osserva che, nel caso di specie, la condotta illecita contestata agli imputati consiste nel non aver tempestivamente comunicato alla loro Compagnia assicuratrice il ritrovamento dell'autovettura BMW tg. XXXXXXX, di cui avevano subito il furto, percependo dall'assicurazione, per tale sinistro, la somma di Euro 23.000,00. Orbene, tale condotta integra gli estremi del delitto di cui all'articolo 646 c.p Invero, l'obbligo di immediata comunicazione del ritrovamento del veicolo sottratto, deriva dalla circostanza che, in virtù delle clausole generali del contratto di assicurazione, la compagnia assicuratrice, dopo aver liquidato il danno derivante dal furto, acquista la proprietà dell'autoveicolo. Pertanto, in caso di recupero del veicolo rubato, l'assicurato deve comunicare tempestivamente il ritrovamento e mettere l'autovettura a disposizione della compagnia assicuratrice che ne è divenuta proprietaria. È del tutto evidente che la mancata comunicazione alla società assicuratrice, che ne era divenuta proprietaria, dell'avvenuto recupero dell'autovettura, nell'aprile 2005 , non presume alcuna cooperazione artificiosa della vittima e non comporta alcuna perdita definitiva del bene da parte della società proprietaria, risolvendosi tale condotta degli imputati in una mera appropriazione indebita ratione temporis del veicolo che l'assicurato, al momento stesso del ritrovamento, 16/4/2005 , avrebbe dovuto consegnare alla propria compagnia di assicurazione. Tale Società - cui i CC. comunicarono, in data 5/8/2005, che il D. aveva denunziato loro, nell'aprile del 2005, il ritrovamento dell'auto - riuscì a rientrare nel possesso della stessa solo forzosamente e solo il 18/01/2006, per l'intervento dell'A.G. che - su querela presentata dalla compagnia assicuratrice il 23/09/2005 - procedette il 29/10/2005 a disporre il sequestro del veicolo dopo che la Società in questione aveva inutilmente intimato, fin dall'agosto 2005, all'assicurato la riconsegna del mezzo ritrovato. Non vi è, quindi, alcun dubbio - attese le surrichiamate risultanze processuali, tutte emergenti dalle sentenze di I e II grado sulla interversio possessionis posta in essere dagli imputati, sicché il fatto deve essere qualificato come reato ex articolo 646 c.p. e la sentenza impugnata - fermo restando il giudizio di colpevolezza di entrambi gli imputati - deve essere annullata con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio inflitto agli imputati, che deve essere riportato nell'alveo della sanzione di cui alla norma anzidetta. Gli ulteriori motivi relativi alla pena e al beneficio della sospensione condizionale della stessa, alla concessione delle attenuanti generiche restano assorbiti dovendo far parte del nuovo giudizio sulla commisurazione della pena e dei relativi benefici, mentre il motivo concernente l'indulto, se non applicato in secondo grado, dovrà essere fatto valere dinanzi al Giudice dell'esecuzione. Le spese di costituzione e difesa della parte civile devono essere liquidate all'esito definitivo del giudizio. P.Q.M. Qualificato il fatto come reato ex articolo 646 cod. penumero , annulla con rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e dispone trasmettersi gli atti ad altra Sezione della Corte d'appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto. Spese al definitivo.