La sentenza del Tribunale di Varese spiega efficacemente e con chiarezza esemplare i principi che regolano le controversie tipiche dei giudizi di separazione personale l’inammissibilità delle domande diverse da quelle relative al giudizio di separazione, l’assegnazione delle casa coniugale, l’assegno di mantenimento e l’addebito di colpa.
La fattispecie. Il Tribunale di Varese si è pronunciato sulle domande tipiche del giudizio di separazione facendo nel contempo un bellissimo e chiaro riepilogo di tutti i principi che regolano la materia. Nel caso di specie entrambi i coniugi chiedevano la separazione personale con addebito di colpa in capo all’altro coniuge. Il marito faceva altresì istanza per l’assegnazione della casa coniugale di esclusiva proprietà della moglie in favore a quest’ultima sino al termine della convivenza con la figlia, chiedeva un personale contributo al mantenimento e di porre a carico della consorte il mantenimento della prole. Reclamava infine la restituzione della quota a lui spettante dei beni investiti e disinvestiti dalla moglie durante il matrimonio, un canone di locazione per la casa coniugale e una condanna di risarcimento dei danni patrimoniali e non conseguenti all’infedeltà della moglie. Il Tribunale si pronunciava dichiarando inammissibili tutte le domande non direttamente connesse alla materia del contendere, ovvero alla separazione personale, non potendo coesistere la trattazione cumulata delle cause sottoposte a riti diversi. Pertanto venivano dichiarate inammissibili tutte le domande risarcitorie, di locazione, di divisione dei beni disinvestiti dalla moglie e di restituzione di quanto anticipato dal marito per il mantenimento della figlia negli anni pregressi. Mentre, sulle domande tipiche della separazione, il Collegio si pronunciava rigettando entrambe le domande di addebito, di somministrazione dell’assegno di mantenimento e di assegnazione della casa familiare, il tutto sulla base dei principi, ormai consolidati in giurisprudenza, che andremo a riassumere in seguito. «L’addebito di colpa, il mantenimento e l’assegnazione della casa coniugale». I l’assegnazione della casa coniugale. E’ ormai noto che l’ambiente domestico deve essere considerato il centro di affetti, interessi e consuetudini di vita familiare, che contribuisce in maniera determinate alla formazione armonica della personalità della prole. Tanto premesso, considerato il rilievo costituzionale e l’intangibilità dei diritti dei minori, l’assegnazione della casa coniugale è connessa esclusivamente alla loro esigenza di tutela e, pertanto, l’istituto stesso della proprietà mobiliare viene plasmato, o come chiaramente definito dalla sentenza, ‘funzionalizzato’ alle esigenze di crescita e di sviluppo dei minori. Da quanto sopra ne deriva che, non può essere disposta l’assegnazione della casa coniugale al coniuge non affidatario, che non conviva con i figli maggiorenni non autosufficienti, o in assenza di prole e ciò nemmeno quale componente dell’assegno di mantenimento o per sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole. Pertanto, in carenza dei presupposti dell’assegnazione, la situazione dominicale rimane regolata dalle norme comuni sul diritto di proprietà. Infine, in merito all’assegnazione è bene ricordare altre due interessanti considerazioni fatte nella sentenza, cioè la disponibilità della casa coniugale ha comunque un rilievo economico che deve essere considerato nella determinazione del mantenimento in ragione del fatto che, in tal caso, occorre considerare la complessiva situazione economica dei coniugi e non esclusivamente il loro reddito. L’altra considerazione riguarda invece l’abbandono spontaneo della casa coniugale. L’abbandono di questa preclude la sua rilevanza quale vantaggio economico poiché, trattandosi di un evento spontaneo, il comportamento di abbandono lascia intendere che si tratti di elemento calcolato nell’economia personale. II l’addebito della separazione. Innumerevoli volte la Cassazione ha precisato che ai fini dell’addebitabilità della separazione personale è necessario che vi sia un riscontro tra il comportamento consapevolmente contrario ai doveri del matrimonio e la lacerazione della relazione sentimentale. E’ indispensabile, quindi, che tale comportamento sia causalmente ricollegabile alla situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza, in una valutazione globale e comparativa dei comportamenti di ciascun coniuge. III mantenimento del coniuge debole. Secondo il disposto dell’articolo 156 c.c., al coniuge cui non sia addebitabile la separazione spetta un assegno tendenzialmente idoneo ad assicurargli un tenore di vita analogo a quello che aveva prima della separazione, sempre che non fruisca di redditi propri tali da fargli mantenere una simile condizione e che sussista una differenza di reddito tra i coniugi. La determinazione dell’assegno, come anticipato al punto primo sull’assegnazione della casa coniugale, deve tenere in considerazione tutte le circostanze apprezzabili in termini economici, anche quelle diverse dal reddito, ma in grado di incidere sulle condizioni economiche delle parti. Quindi, occorre prima accertare il tenore di vita in costanza di matrimonio, verificare se, indipendentemente dall’assegno, il coniuge possa mantenere un tenore analogo e, infine, in caso di esito negativo, procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione. Tutto ciò premesso, il Collegio ha però anche, finalmente, palesato che, pur essendo vero che lo scopo dell’assegno è quello di garantire il tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, tale obiettivo è solo tendenziale, dovendosi necessariamente tenere conto degli effetti disgreganti e di impoverimento che inevitabilmente crea la separazione personale quindi, non bisogna tenere conto solo dell’astratto tenore di vita precedente, ma anche della concreta erosione della capacità economica che subisce la coppia separandosi.
Tribunale di Varese, sez. I Civile, sentenza 4 gennaio 2012 Presidente Paganini – Estensore Buffone Ragioni di fatto e di diritto 1 Il Tribunale di Varese, con sentenza non definitiva del giudizio numero 1274 del 10 - 12 dicembre 2009, ha provveduto a dichiarare la separazione personale dei coniugi, i quali hanno contratto matrimonio civile in Varese , il 14 settembre 1991, con atto trascritto nei registri comunali al numero Dall'unione è nata la figlia A, in data 1979, quindi maggiorenne. Depositata la decisione parziale passata in giudicato , la lite ha avuto corso per le ulteriori questioni del processo, in funzione delle quali è opportuna una breve e sintetica ricostruzione dei fatti procedimentali Con il ricorso introduttivo del giudizio depositato in data 7 dicembre 2004 , il ricorrente di professione geometra chiedeva dichiararsi la separazione trai coniugi, con a stessa alla moglie assegnarsi la casa coniugale alla C, finché convivente con la figlia maggiorenne porsi a carico della moglie, il mantenimento della figlia e un mantenimento in favore del marito, per euro 1.000,00 oltre euro 1.000,00 per il canone locativo dell'immobile, ex casa coniugale condannarsi la moglie ad accreditare al marito la metà di quanto ricavato dalla cessione delle azioni e degli altri fondi d investimento. L'addebito era giustificato per la condotta della convenuta che, secondo la prospettazione attorea, aveva violato il dovere di fedeltà matrimoniale, rifiutato la vita coniugale con il marito e tenuto comportamenti di scredito della persona del S. fino al punto da scacciarlo da casa. La C. di professione commercialista si costituiva in cancelleria in data 9 giugno 2005, con comparsa depositata dal procuratore originario - Avv. M - poi deceduto in corso di processo e a cui subentrato l'Avv. A. La convenuta, costituendosi, contestava le deduzioni della parte attrice e riferiva che il matrimonio era finito per l'assenza di ogni affettività del marito. Quanto alla casa coniugale, segnalava come questa fosse di proprietà esclusiva della moglie e costruita su suolo di esclusiva proprietà di questa, contestando che alla costruzione dell'immobile avesse contribuito il marito con suo denaro personale. Contestava che il marito avesse bisogno di mantenimento, ricavandosi dalla dichiarazione del redditi un imponibile annuo di Euro 28.000,00 più che sufficiente per mantenere solo questi. Concludeva chiedendo che la separazione fosse addebitata al marito, che la casa fosse assegnata alla moglie, reietta ogni altra domanda introdotta in lite dal ricorrente. 1. Inammissibilità domande diverse da quelle relative al giudizio Va preliminarmente rilevato come entrambe le partì abbiano introdotto in giudizio peraltro, in parte la C, solo nella memoria difensiva del 2007 per la prima volta domande non direttamente connesse alla materia del contendere separazione personale e come tali da dichiarare inammissibili, non potendo coesistere, nel caso di specie, la trattazione cumulata delle cause sottoposte a riti diversi. Come anche di recente ha affermato la giurisprudenza del Tribunale di Milano, condivisa da questo giudice v. Tribunale di Milano, Sez. IX civ., 20 marzo 2009, numero 3862 Tribunale di Milano, Sez. LX civ., 11 marzo 2009, numero 3318 è inammissibile la domanda proposta nel procedimento di separazione personale, volta a ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale o patrimoniale la divisione di beni la restituzione di somme o denaro etc. Invero l'articolo 40 c.p.c. stabilisce la possibilità del cumulo nello stesso processo di domande connesse soggette a riti diversi solo in presenza di ipotesi qualificate di connessione. In particolare il comma 3 della richiamata norma disciplina la trattazione congiunta nei casi previsti dagli articolo 31, 32, 34, 35 e 36 e prevede la trattazione con rito ordinario, salva l'applicazione del rito speciale in caso di controversia di lavoro o previdenziale. È pertanto esclusa la proposizione di domande connesse soggettivamente ex articolo 33 o ai sensi degli articolo 103 e 104 c.p.c. e soggette a riti diversi ed è di conseguenza esclusa la possibilità di un sìmultaneus processus nell'ambito dell'azione di separazione - soggetta al rito speciale - con quella di scioglimento della comunione, restituzione di beni, pagamento di somme o risarcimento del danno - soggetta al rito ordinario, trattandosi di domande non legate dal vincolo della connessione, ma del tutto autonome e distinte dalla domanda principale v. anche Tribunale di Milano, Sez. IX civ., 10 febbraio 2009, numero 1767 . Vanno, consequenzialmente, dichiarate inammissibili le domande relative all'accredito della metà del valore ottenuto dalla convenuta per la presunta cessione dei fondi e titoli al versamento delle somme ritenute spettanti per la costruzione della casa coniugale alla corresponsione della metà delle somme spese dalla convenuta tra il 2002 e il 2006 per il mantenimento della figlia maggiorenne tutte le altre richieste non connesse per i motivi sopra illustrati, non sono state reiterate nella precisazione delle conclusioni e, dunque, sono da ritenersi abbandonate comunque, sarebbero inammissibili per quanto sin qui osservato . 2. Assegnazione della casa familiare L'ambiente domestico va considerato quale centro di affetti, interessi e consuetudini di vita, che contribuisce in misura fondamentale alla formazione armonica della personalità della prole Corte Cost., sentenza 308/2008 . Venendo in rilievo diritti fondamentali dei minori, presidiati a livello costituzionale v. articolo 29, 30 e 31 Cost. , si giustifica una temporanea funzionalizzazione dell'istituto della proprietà immobiliare alle esigenze di crescita e sviluppo dei figli, potendo così essere la casa familiare assegnata al genitore con cui convivono i figli. Ne discende, però, conseguentemente, che l'assegnazione della casa familiare, malgrado abbia anche riflessi economici, essendo finalizzata alla esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, non può essere disposta a favore di uno dei coniugi in assenza di prole nemmeno a titolo di componente degli assegni rispettivamente previsti dall'articolo 156 cod. civ. e dalla L. numero 898 del 1970, articolo 5 allo scopo di sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole . In questi termini si pronuncia in modo conforme la giurisprudenza della Suprema Corte v. Cass. Civ. , sez. I, sentenza 5 settembre 2008 , numero 22394 e con specifico riferimento all'assegnazione della casa familiare nell'ipotesi di separazione personale, Cass. 2000 numero 9073 1998 numero 4727 1997 numero 7770 1997 numero 6557 1996 numero 2235 1996 numero 652 1995 numero 3251 1994 numero 8426 1994 numero 2574 1993 numero 4108 1991 numero 5125 1990 numero 11787 1990 numero 6774 1990 numero 5384 1990 numero 9010. Di recente, inoltre, v. Cass. civ., sez. II, sentenza 12 aprile 2011, numero 8361, Pres. Schettino, Rei. Falaschi la ratio avallata dall'assegnazione della casa familiare è quella di proteggere i figli, minorenni o comunque non ancora economicamente autonomi, consentendo agli stessi di conservare l'habitat domestico. Una eguale tutela non è quindi applicabile al coniuge che non sia affidatario o che non conviva con figli maggiorenni non autosufficienti . Orbene, nel caso di specie, è pacifico che la figlia della coppia è maggiorenne ed autosufficiente la figlia maggiorenne ha lasciato la ex casa coniugale la casa coniugale è di proprietà della moglie. Non può esservi, pertanto, alcuna assegnazione in favore dell'attore, restando la situazione dominicale regolata dalle norme comuni sul diritto di proprietà e dovendo restare, allo stato e per l'effetto, la ex casa coniugale nella piena ed esclusiva disponibilità della convenuta. La disponibilità della casa, peraltro, non rimane elemento indifferente nella regolamentazione dei rapporti patrimoniali successivi alla crisi familiare in quanto, secondo la Suprema Corte v. Cass. civ., sez. I, 22 luglio 2011, numero 16126 , in tema di separazione personale dei coniugi, ai fini dell'accertamento del diritto all'assegno di mantenimento e della sua determinazione, occorre considerare la complessiva situazione di ciascuno dei coniugi e, quindi, tener conto, oltre che dei redditi in denaro, di ogni altra utilità economicamente valutabile, ivi compresa la disponibilità della casa coniugale Cass. civ., sez. I, sentenza numero 19291/2005 . Un altro elemento, però, in parte neutralizza tale incidenza diretta e in parte corrobora la impossibilità dell'assegnazione. Il teste F, infatti, all'udienza del 25 marzo 2010, ha riferito, per conoscenza diretta e personale, che il S non fu scacciato da casa ma la lasciò spontaneamente, tant'è che andò a vivere in altro immobile dei genitori della moglie quello che egli stesso ammette di avere in comodato . Ebbene, da un lato, non può farsi luogo alla assegnazione della casa volontariamente abbandonata dal coniuge Cass. civ., 5 maggio 2011 numero 9942 dall'altro, il fatto che si sia trattato di un evento spontaneo, lascia intendere che si tratti di elemento calcolato nell'economia personale dell'agente. 3. Addebito della separazione Entrambe l parti hanno presentato domanda giudiziale di addebito della separazione. Ai fini dell'addebitabilità della separazione personale, il giudice deve procedere non solo al riscontro del comportamento del coniuge consapevolmente contrario ai doveri derivanti dal matrimonio, ma anche all'accertamento che a tale comportamento sia causalmente ricollegabile la situazione di intolleranza della prosecuzione della convivenza, giustificativa della separazione medesima e ciò in una valutazione globale e comparativa dei comportamenti di ciascun coniuge per verificare se quello tenuto da uno di essi fosse causa dell'intollerabilità della convivenza ovvero un effetto dì questa v. Cass. civ., sent. numero 193 del 22.04.89 - conformi Cass. civ., sent. numero 12130 del 28.09.2001 . La dichiarazione di addebito della separazione implica, quindi,la prova che la irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovvero che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell'intollerabilità della ulteriore convivenza pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza addebito v. Cass. civ., sez. I, sent. numero 14840 del 27.06.2006 . La pronuncia di addebito della separazione richiesta dalla parte non può quindi essere accolta poiché non è stato provato che la causa del venir meno della comunione coniugale sia imputabile ad uno dei due coniugi e non ricorrendo, peraltro, una palese e grave violazione di diritti fondamentali su cui, v. Corte di Cassazione,sez. I Civile, sentenza 16 marzo - 14 aprile 2011, numero 8548 . Nel solco tracciato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, si colloca anche il trend pretorile della Corte di Appello di Milano, la quale afferma che, ai finì dell'addebito, deve sussistere un nesso di causalità diretta tra comportamenti addebitabili e intollerabilità della convivenza, con conseguente irrilevanza di una condotta posta in essere quando ormai era venuta meno la comunione materiale spirituale tra i coniugi e, dunque, era già diventata impossibile la prosecuzione del loro rapporto v. Corte Appello Milano, sez. V civ., sentenza 25 marzo 2011, Pres. Serra, est. Marini . Ebbene, nel caso di specie, i risultati dell'interrogatorio formale e dell'escussione dei testi, non hanno provato le violazioni dei doveri del matrimonio, come esposte dalla ricorrente e dalla resistente, ma soprattutto non hanno offerto prova del legame causale tra le suddette presunte violazioni e la crisi della famiglia, così difettando il supporto probatorio di uno degli elementi costitutivi della pronuncia di addebito. Quanto, in particolare, alle deposizioni dei testi v. ad es. teste B , si tratta di dichiarazioni rese sulla base dello stesso dichiarato di una delle parti del giudizio la B, ad esempio, espressamente parla delle confidenze della C udienza dell' 1 luglio 2009 stesso riferisce il teste F, quanto alle circostanze apprese per stessa rivelazione del S . Peraltro, gli stessi testi, interrogati sul punto, precisano di non avere conoscenza direità v. udienza dell'I luglio 2009 . Orbene, come noto, i testimoni de relato ex parte actorìs depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che è parte del giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte del giudizio e non sul fatto oggetto dell'accertamento, che costituisce il fondamento storico della pretesa. Una sola eccezione va ravvisata là dove i suddetti testi possono concorrere a determinare il convincimento del giudice, ove valutate in relazione ad altre circostanze o risultanze probatorie, vadano a suffragarne il contenuto come quanto la testimonianza verta su comportamenti intimi e riservati delle parti, insuscettibili di percezione diretta dai testimoni o di indagine tecnica, v. Cass. civ. 8 febbraio 2006 numero 2815 Cass. civ. 14 febbraio 2008 numero 3709 . Altre circostanze sono state, invece, smentite. Ad esempio, il teste FF udienza del 25 marzo 2010 riferisce, per conoscenza diretta e personale, che il S non fu scacciato da casa ma la lasciò spontaneamente, tant'è che andò a vivere in altro immobile dei genitori della moglie quello che egli stesso ammette di avere in comodato . D'altro canto, ricorda, però, che il S era presente alle feste natalizie, non essendo vero, dunque, che vi era stata una completa disaffezione dello stesso verso la famiglia. In difetto di solida prova sugli elementi costitutivi dell'addebito - dall'uno o dall'altro Iato - le reciproche domande vanno rigettate. 4. Mantenimento del coniuge debole Al coniuge cui non sia addebitabile la separazione spetta, ai sensi del suddetto articolo 156 c.c., un assegno tendenzialmente idoneo ad assicurargli un tenore di vita analogo a quello che aveva prima della separazione, sempre che non fruisca di redditi propri tali da fargli mantenere una simile condizione e che sussista una differenza di reddito tra i coniugi. La quantificazione dell'assegno deve tener conto delle circostanze ai sensi del comma 2 del citato articolo 156 , consistenti in quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell'onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni economiche delle parti cf. Cassazione civile , sez. I, 27 giugno 2006, numero 14840 . Al fine di quantificare l'ammontare dell'assegno di mantenimento, si impone dunque l'accertamento del tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, per poi verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge richiedente gli permettano di conservarlo indipendentemente dalla percezione di detto assegno e, in caso di esito negativo di questo esame, deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione. Nel caso di specie, muovendo dalle dichiarazioni della stessa parte attrice allineate alle deduzioni della controparte , si ricava che il ricorrente percepisce un reddito mensile netto pensione di Euro 1.250,00 e gode di una abitazione concessa in comodato gratuito senza, dunque, alcun canone di locazione. Si ricava, pure, che - godendo di queste entrate - il ricorrente, almeno nel 2004, era in grado di versare in favore della figlia maggiorenne Euro 250,00 mensili v. verbale di udienza presidenziale, del 30 giugno 2005 . La resistente, in corso di processo, ha manifestato, quanto agli accertamenti sul reddito, un contegno non allineato all'obbligo di collaborazione così imponendo la necessità di accertamenti tributari, per i quali qui si richiamano e confermano i contenuti dell'ordinanza istruttoria del 29 settembre 2010. Le fotografie dei redditi dichiarati non sono state ritenute sufficienti per l'accertamento giudiziale, alla luce degli elementi anomali emersi v. udienza del 24 settembre 2010 . Al riguardo, giova ricordare così Cass. Civ., Sez. I, sentenza 17 febbraio 2011 numero 3905 che è corretto attribuire valore solo indiziario e non esaustivo alle risultanze delle dichiarazioni reddituali potendo, dunque, il giudice accertare aliunde la capacità economica dei coniugi. Quanto alle risultanze diligentemente svolte dalla Guardia di Finanza, trattasi di accertamenti passati attraverso un contraddittorio orale e scritto e quindi di documenti che possono essere utilizzati per il processo. Le censure e richieste delle partì vengono respinte, ritenendo questo giudice i risultati degli agenti delegati, più che sufficienti per la decisione finale. Elementi emersi all'esito della delega tributaria, che assumono rilevanza, sono i seguenti 1 effettivamente è vero che la convenuta non svolge più alcuna attività lavorativa, né regolare, né in nero v. relazione, pag. I . E' anche vero che la figlia A ha lasciato la casa familiare dal 7 maggio 2007 e che questa è indipendente e autonoma con un reddito mensile nel 2009 , di Euro 20.761,00. 2 E' vero che Fattività professionale della convenuta è cessata nell'anno 2004 e non è quindi vero, come affermato dall'attore, che la convenuta ha continuato l'attività pur dopo la formale chiusura. 3 In data 26 ottobre 2009, la convenuta ha acquistato un immobile del valore di Euro 120.000,00 non gravato da mutui o ipoteche. Trattasi di atto che denota una certa capacità economica ma che non consente di ipotizzare una consistenza generale patrimoniale della convenuta come sostenuta dall'attore. Si scopre, infatti, che la C. ha ceduto la sua attività a titolo oneroso per euro 102.678,00 e, dunque, ben può ritenersi che l'immobile sia stato acquistato con il reimpiego di questo capitale. 4 Le proprietà immobiliari della convenuta, le spese mensili della stessa gas ed elettricità non rivelano una attuale condizione economica tale da doversi ritenere migliore rispetto a quella del marito. La deduzione per cui la convenuta non avrebbe potuto mantenere la figlia se non con altri introiti è smentita dagli accertamenti sin dal 2006, A aveva già per sé un reddito annuale sui 20.000,00 Euro. Le altre possibilità attuali, infine, vanno valutate in relazione anche alle possibilità economiche del nuovo compagno che, come noto, arricchiscono il partner ad es., perché è questi che sostiene il costo di un viaggio, etc. . In conclusione, alla luce del raffronto tra le rispettive posizioni economiche ed alla luce delle circostanze sopra segnalate, a nessuna delle parti spetta un assegno di mantenimento e nemmeno spettano contributi indiretti per altre finalità es. mutuo, etc , posto che i coniugi godono, allo stato, di una disponibilità personale economica tale da assicurar loro un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. Sul punto, però, va precisato quanto segue. E' vero che lo scopo dell'assegno è quello di garantire il tenore di vita mantenuto dal coniuge debole in costanza di matrimonio è anche vero, però, che l'acquisizione contemporanea della giurisprudenza è che la conservazione del precedente tenore di vita coniugale costituisca un obiettivo solo tendenziale v. Cass. civ., 18 agosto 2006 numero 18200 , dovendosi tenere conto degli effetti della disgregazione familiare, in primis 1* impoverimento dei partners. Per effetto della separazione, infatti, marito e moglie si trovano ad affrontare più spese vive e viene meno la possibilità di sopportare, in comune, i costi fissi. Questo dato non può essere ignorato in quanto deve essere consentito al coniuge di tenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto prima della separazione Cass. civ., 17 giugno 2009 numero 14081 . In realtà, è un dato oramai da definirsi notorio , perché oggetto di studi approfonditi resi pubblici anche mediante gli organi di stampa e d'informazione2, il fatto che la separazione impoverisca i membri famiglia, non solo affettivamente ma soprattutto economicamente . La letteratura di settore, infatti, consente di appurare - come acutamente si è scritto - che la separazione determina un impatto sulla macroeconomia domestica familiare con l'effetto che un diverso declinarsi delle due vite da single in due microeconomie personali non potrà consentire tutte quelle sinergie di risparmi prima possibili . E, allora, nella determinazione del nuovo ménage familiare, successivo al disgregarsi del rapporto di coniugio, si deve necessariamente tenere conto non solo dell'astratto dato del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ma anche della concreta erosione della capacità economica che subisce la coppia frammentandosi. Si pensi, a titolo di esempio, a tutte quelle spese che la coppia di ieri marito e moglie divideva casa, spese mensili, alimentazione, etc. e che i singles di oggi ex coniugi devono sostenere autonomamente. Ebbene, filtrando questo ulteriore dato nell'indagine sin qui condotta, in cui convergono anche redditi, capacità economiche e case disponibili per l'abitazione, si trae quale conclusione che nessuno dei coniugi abbia diritto al mantenimento. 5. Altre richieste Entrambe le parti chiedono di essere autorizzate al rilascio di carta di identità e passaporto. Ai sensi dell'articolo 1 della legge 21 novembre 1967, numero 1185, ogni cittadino è libero, salvi gli obblighi di legge, di uscire dal territorio della Repubblica, valendosi di passaporto o di documento equipollente. Trattasi di una libertà - quella di circolazione -amplificata dall'entrata in vigore del Trattato istitutivo dell'Unione Europea, come risultante dalle modifiche introdotte dalla Convenzione di Lisbona entrata in vigore l'1 dicembre 2009 . Nel caso di specie, non avendo più i litiganti prole minore di età, non vi è alcuna necessità autorizzatoria per i titoli validi per l'espatrio ne discende che le reciproche richieste sono inammissibili per difetto di interesse. 6. Spese di lite Le spese di lite vanno integralmente compensate. Come ha affermato la giurisprudenza di merito Trib. Lamezia Terme, ordinanza 12 luglio 2010, Pres. Fontanazza, est. G. Danise la compensazione ricorre in ipotesi di istruttoria particolarmente problematica caratterizzata dalla sovrapposizione ed incompatibilità tra elementi fattuali in parte favorevoli ad una parte ed in parte all'altra ed. complessità in fatto ovvero in ipotesi di controversia specialmente complessa perché vertente in materia interessata da ius superveniens oppure oggetto di oscillanti orientamenti giurisprudenziali ed. complessità in diritto . Anche le Sezioni Unite della Suprema Corte v. Cass. civ., Sez. Unumero , 3 settembre 2008, numero 20598 hanno indicato quali sino le ipotesi nelle quali l'istituto della compensazione può trovare spazio nella sentenza del giudice e, tra di essi, rientrano 1 la presenza di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva 2 la presenza di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti 3 la presenza di una palese sproporzione tra l'interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste 4 la presenza di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali. Ebbene, nell'ipotesi di specie, il giudizio ha respinto, in diversa ma pari misura, vuoi le richieste dell'attrice, vuoi le richieste della convenuta, e l'accertamento è stato complesso e caratterizzato, effettivamente, da elementi contraddittori tali da ingenerare, nell'una e nell'altra parte almeno quanto all'addebito , l'idea della ragione verso l'altrui torto. P.Q.M. visti gli arti. 151, 155-quater, 156 cod. civ. il Tribunale di Varese, prima sezione civile, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nel giudizio civile avente ad oggetto il procedimento civile iscritto al numero 5689 dell'anno 2004, disattesa ogni ulteriore istanza, eccezione e difesa, richiamata la decisione parziale già resa nel giudizio di separazione dei coniugi, così provvede visto l'articolo 40 cod. civ. Dichiara inammissibile 1 la domanda dell'attore relativa all'accredito della metà del valore ottenuto dalla convenuta per la presunta cessione dei fondi e titoli 2 la domanda dell'attore relativa alla condanna della convenuta al versamento delle somme ritenute spettanti per la costruzione della casa coniugale 3 la domanda della convenuta relativa alla corresponsione, da parte dell'attore, della metà delle somme spese dalla C. tra il 2002 e il 2006 per il mantenimento della figlia maggiorenne 4 entrambe le domande delle parti per esser autorizzate al rilascio di carta di identità e passaporto. Visto l'articolo 151, comma II c.c. Rigetta le domande delle parti di addebito della separazione, come proposte nel giudizio visto l'articolo 156, comma I, cod. civ. Rigetta le domande delle parti di somministrazione di un assegno di mantenimento da parte dell'uno verso l'atro coniuge, come proposte nel giudizio visto l'articolo 155-quater cod. civ. Rigetta la richiesta dell'attore di assegnazione della casa familiare visti gli articolo 91, 92 c.p.c. Compensa integralmente tra le parti le spese di lite visto l'articolo 133 c.p.c. Manda alla cancelleria per quanto di competenza Note 1 All'odierno giudizio è applicabile l'articolo 58, comma II, legge 18 giugno 2009 numero 69 e, per l'effetto, la stesura della sentenza segue l'articolo 132 c.p.c. come modificato dall'articolo 45, comma 17, della legge 69/09. 2 Sulla più recente concezione del fatto notorio , di cui all'articolo 115, comma II, c.p.c, giova richiamare la giurisprudenza della Suprema Corte, da ultimo espressa nella decisione Cass. Civ., Sez. II, sent. 19 agosto 2010 numero 18748 Pres. Schettino, rei. Atnpaldi . Nell'arresto in esame, il Collegio afferma che il notorio oggi ricorre quando una persona di ordinario livello intellettivo e culturale vivente in quel contesto storico ed ambientale, può avere agevole conoscenza del fatto ritenuto noto, anche tramite elementi che possono essere tratti dalle correnti informazioni frequentemente diffuse da organi di stampa o radiotelevisivi, al la cui opera informativa e divulgativa va ormai riconosciuto, agli effetti dell'articolo 115 c.p.c, comma 2, l'innalzamento della soglia del ed. notorio , costituente l'ordinario patrimonio di conoscenza dell'uomo medio, rispetto a precedenti epoche, caratterizzate da un più' basso livello socio - culturale generale della popolazione e da minore capacità diffusiva dei mezzi d'informazione di massa