Figlio gravemente malato a casa, madre obbligata a lavorare: niente ‘domiciliari’ per il papà detenuto

Situazione familiare precaria, certo, ma non così complessa da rendere impossibile alla donna la normale assistenza nei confronti del figlio. Consequenziale il niet alla richiesta dell’uomo di ottenere i domiciliari’ per stare vicino al figlio malato.

Figlio piccolo e gravemente malato a casa, e madre obbligata a lavorare a pieno ritmo, soprattutto considerando l’assenza obbligata’ del padre, rinchiuso in carcere. Situazione familiare precaria, è evidente, e che, però, non rende plausibile la scelta della misura cautelare meno dura, ossia gli arresti domiciliari, a favore dell’uomo. Cassazione, sentenza n. 38664, Seconda sezione Penale, depositata oggi Niente domiciliari’. Acclarata la responsabilità di un uomo, condannato per il reato di rapina, per lui si aprono, ovviamente, le porte del carcere. Lì dovrà scontare la propria pena. E su questo punto non transigono né il Giudice delle indagini preliminari né i giudici del Tribunale respinta, difatti, la richiesta dell’uomo di ottenere gli arresti domiciliari presso la propria abitazione , richiesta fondata sulla precaria situazione familiare, con un figlio gravemente malato a casa, e spesso privo della presenza fisica della madre, impegnata a lavoro. Quadro, quello delineato dall’uomo, ritenuto irrilevante. Eppure riproposto ancora dinanzi ai giudici della Cassazione a questi ultimi vien fatto presente che il figlio del detenuto, dell’età di 9 anni , è gravemente malato e privo di assistenza morale e materiale, perché la madre è continuativamente impegnata nell’attività lavorativa di banconista’ presso un esercizio commerciale , e, allo stesso tempo, viene chiarito che non vi è alcuna possibilità di ricorrere ad aiuti esterni al nucleo familiare per prestare assistenza al bambino. Nessun dubbio, riconoscono i giudici, sulla precarietà della situazione familiare, partendo dalla gravità delle condizioni di salute del minore , ma, aggiungono, il semplice richiamo alla esigenza lavorativa della donna non può legittimare la scelta della misura cautelare meno dura dei domiciliari’. Tale valutazione, spiegano i giudici, è fondata anche sulla considerazione che, oggi più che in passato, la situazione socio-economica ha reso normale il fatto che uno od entrambi i genitori, nel corso della giornata, siano impegnati in attività lavorative , ma ciò non rappresenta un impedimento alla cura della prole .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 giugno 19 settembre 2013, n. 38664 Presidente Petti Relatore Crescienzo Motivi della decisione T.G., indagato per la violazione degli artt. 110, 628 commi 1 e 3 n. 1 c.p., ricorre per Cassazione avverso la ordinanza 10.1.2013 con la quale il Tribunale di Palermo ha rigettato l'appello proposto avverso il provvedimento con il quale il Giudice delle indagini preliminari ha rigettato la richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari presso l'abitazione familiare. La difesa richiede l'annullamento del provvedimento impugnato deducendo 1. ex art. 606 I^ comma lett. e cpp la violazione di legge e il vizio di motivazione, perché il Tribunale avrebbe assunto la decisione impugnata attraverso una motivazione priva di agganci motivazionali specifici ed idonei a confutare le argomentazioni sviluppate dalla difesa con l'atto di appello. La difesa segnala che l'ordinanza impugnata si caratterizza per il costante richiamo a precedenti giurisprudenziali che sono risalenti nel tempo e che dimostrano un'applicazione formalistica dell'art. 275 IV comma cpp, senza tenere conto della peculiare situazione del ricorrente. La difesa fa presente che l'imputato, detenuto in carcere, è padre di un minore di anni nove gravemente malato e privo di assistenza morale e materiale, perché la madre è continuativamente impegnata nell'attività lavorativa di banconista presso un esercizio commerciale. La difesa censura la motivazione del provvedimento impugnato nel punto in cui afferma che il ricorrente non avrebbe dato specifiche indicazione circa la entità e la regolarità dell'impegno lavorativo della madre, senza valutare adeguatamente le opinioni della dott.ssa T circa le oggettive esigenze del minore e i rischi conseguenti alla totale assenza del padre. Da ultimo la difesa mette in evidenza che il T. aveva già fatto presente la concreta impossibilità di ricorrere ad aiuti esterni al nucleo familiare per assistere il minore. Ritenuto in diritto Il Tribunale del riesame, non mettendo in discussione la natura e la gravità delle condizioni di salute del minore T., ha approfonditamente esaminato la questione dell'applicabilità, al caso di specie, dell'art. 275 IV comma cpp. Il Tribunale ha rilevato come la situazione del ricorrente presenti caratteri difformi rispetto ai presupposti di legge, ponendo in particolare evidenza, con motivazione pienamente condivisibile, il carattere di norma eccezionale dell'art. 275 IV comma cpp, con la conseguenza che non è consentita una applicazione della suddetta norma attraverso una interpretazione estensiva derogativa dei limiti in essa previsti il Tribunale ha messo infine in rilievo, con giudizio nel merito non manifestamente illogico che l'indagato, non ha comunque dimostrato adeguatamente l'assoluto impedimento del coniuge di poter dare assistenza al minore malato. Il Tribunale nell'esaminare la questione, ha preso in considerazione il contenuto della relazione psicodiagnostica relativa al minore espressamente richiamata in atti con indicazione delle pagine ritenute in rilievo nota 7 di pag. 4 dell'ordinanza , pervenendo però alla conclusione che comunque l'art. 275 IV comma cpp, la fattispecie concreta non rientrava in quella prevista dalla disposizione in esame. La decisione del Tribunale in punto di diritto è corretta. L'art. 275 IV comma cpp, presenta il carattere di norma eccezionale e pertanto non è applicabile ad ipotesi diverse da quelle in essa contemplate. Nel caso in esame presentano caratteri di difformità rispetto al dettato normativo l'età del minore anni nove , e la mancanza della prova di una assoluta impossibilità della madre di prestare la propria assistenza al figlio. Con motivazione condivisibile, il Tribunale ha posto in evidenza che l'esigenza lavorativa del genitore non indagato non può essere ex se causa di assoluto impedimento che giustifichi l'applicazione dell'art. 275 IV comma cpp infatti è del tutto normale, nel nostro ambito socio-economico il fatto che uno od entrambi i genitori nel corso della giornata sia impegnati in attività lavorative, le quali, di per sé non possono essere considerate causa di impedimento alla cura della prole rilevante ai fini previsti dall'art. 275 IV comma. Va infine osservato che l'impedimento alla cura della prole previsto dall'art. 275 IV comma cpp, deve avere carattere assoluto, nel senso che il minore non può fruire di alcun sostegno o mantenimento dalla madre, o perchè essa è deceduta o perché è assolutamente impossibilitata . Questa seconda espressione, adoperata dal legislatore, descrivendo una situazione di fatto alternativa alla morte, denota il carattere proprio dell'impedimento che deve essere ricondotto a situazioni nelle quali la madre non è nelle condizioni di prestare in nessun momento della giornata alcuna assistenza al minore. La decisione del Tribunale è corretta in diritto e non è suscettibile di un improponibile sindacato di merito tenuto conto che la disposizione in esame proprio per il suo carattere di norma eccezionale non è suscettibile di applicazione a casi diversi da quelli in essa contemplati. Per le suddette ragioni il ricorso va rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali si manda alla cancelleria per le comunicazioni previste dall'art. 94 disp. Att. Cpp. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell'art. 94 disp. Att. Cpp.