Avvocati che si fingono malati per far rinviare le udienze? Legittimo il sequestro del pc

2 avvocati presentano certificati falsi per far spostare l’udienza, ma pare che in quel giorno abbiano svolto regolarmente altra attività professionale è legittimo il sequestro dei computer.

Il caso. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35269 depositata il 21 agosto 2013, ha confermato il sequestro di 2 computer, di proprietà di 2 avvocati, disposto dai giudici di merito. Certificati medici falsi per spostare l’udienza. In tali computer, infatti, sono contenuti i files , ritenuti rilevanti ai fini dell’accertamento dell’attendibilità delle certificazioni mediche, utilizzate dai legali per ottenere il differimento di udienze penali per impedimento, sebbene fosse poi risultato che in quello stesso giorno i predetti avevano svolto regolarmente altra attività professionale . Nessuna violazione del diritto di difesa. In pratica – secondo gli Ermellini – è evidente la pertinenzialità tra beni in sequestro e reati . E poi – viene precisato – visto che ad essere indagati sono i 2 professionisti, non possono essere invocate le garanzie di cui all’art. 103 c.p.p., secondo cui è obbligatorio comunicare la perquisizione presso lo studio legale al Consiglio dell’Ordine professionale e la presenza, in tale frangente, dello stesso giudice o del pm. Segreto professionale non opponibile. Allo stesso modo – conclude la S.C. - non è opponibile il segreto professionale per 2 ragioni. In primis perché l’oggetto e la finalità del sequestro sono limitati ai files concernenti non l’attività professionale svolta dagli indagati, ma il se e il dove tale attività sia stata svolta, nei giorni in cui risultava uno stato patologico incompatibile con l’esercizio della professione nelle udienze differite . E, comunque sia, il provvedimento coercitivo reale non riguarda comunicazioni o messaggi di posta elettronica tra i legali e i loro assistiti. Il ricorso, quindi, viene rigettato in toto .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 aprile – 21 agosto 2013, n. 35269 Presidente Marasca – Relatore Bevere Fatto e diritto Con ordinanza 16.10.12, il tribunale di Siena ha rigettato la richiesta di riesame e ha confermato il decreto di sequestro, emesso il 25.9.2012 dal P.M., a norma dell'articolo 252 c.p.p., di due computer, posti nello studio degli avvocati D.B.G. e D.B.S. . In tali computer erano contenuti i files , ritenuti rilevanti, ai fini dell'accertamento dell'attendibilità delle certificazioni mediche, utilizzate dai legali, per ottenere il differimento di udienze penali, per impedimento, sebbene fosse poi risultato che in quello stesso giorno i predetti avevano svolto regolarmente altra attività professionale. Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi 1.violazione di legge in riferimento all'articolo 103 co. 3 e 4 cpp vizio di motivazione le garanzie previste dalle norme sono applicabili anche nel caso in cui gli avvocati siano indagati, in quanto esse vanno osservate in tutti i casi in cui la perquisizione e il sequestro vengano effettuati nello studio in un professionista iscritto nell'albo degli avvocati, a causa del riflesso dell'inviolabilità del diritto di difesa, come diritto fondamentale, ex articolo 24 Cost. L'obbligo del rispetto delle garanzie va osservato specialmente quando perquisizione e sequestro siano effettuati in uno studio professionale, intestato ad altro avvocato, non coinvolto nelle indagini 2. violazione di legge in riferimento agli artt. 200,253, 256 cpp mancanza di nesso di pertinenzialità con alcuni dei beni sequestrati e violazione delle norme a tutela del segreto professionale il tribunale si è posto il problema del segreto professionale, che è opponibile dal testimone e non dall'indagato ma l'articolo 200 cpp indica le categorie di soggetti tra cui gli avvocati che non possono deporre su quanto è a loro conoscenza in ragione della propria professione e l'articolo 256 cpp, nel disciplinare l'acquisizione di atti e documenti nella disponibilità di particolari categorie, potenzialmente tutelate dal segreto professionale, richiama le persone indicate nell'articolo 200 cpp questo richiamo è naturalmente a persone,in qualità di esercenti di alcune professioni e non certo a persone nella qualità di testimoni . Una diversa interpretazione condurrebbe a svuotare di contenuto il segreto professionale, attraverso l'espediente di iscrivere il titolare del segreto professionale non come testimone, ma come indiziato. È invece evidente che l'avvocato può opporre il segreto professionale, anche se indagato, specie nel caso in esame, in cui il sequestro non riguarda cose pertinenti al reato, ma atti relativi a rapporti con la propria clientela 3. quanto al nesso di pertinenzialità tra i beni in sequestro e il reato oggetto di indagini, il tribunale si è limitato,in termini ipotetici, a rilevare la necessità di futuri, complessi accertamenti tecnici sui computer in sequestro. Il ricorso non è fondato. L'ordinanza ricostruisce e valuta le emergenze delle indagini in corso, nei confronti di due avvocati che hanno ottenuto il rinvio di udienze penali, producendo un certificato del medesimo medico curante, attestante impedimento dovuto a ragioni salute, impedimento che è invece risultato inesistente. Il sequestro dei due computer contenenti documenti afferenti alla loro attività è stato effettuato con lo scopo esplicitato nel decreto di coercizione reale di individuare i files rilevanti per accertare se i due legali, nei giorni in cui hanno prodotto i certificati attestanti l'impossibilità di svolgere attività lavorativa nelle udienze di cui hanno ottenuto il differimento per assoluto impedimento di presenziare, abbiano altrove svolto regolarmente attività lavorativa. Di qui l'evidente pertinenzialità tra beni in sequestro e i reati che sono oggetto delle indagini in corso. Da questo non contestato esame del provvedimento di sequestro, emerge a l'impossibilità di riconoscere agli avvocati D.B. le invocate garanzie di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 103 cpp, essendo essi interessati nelle indagini non nella qualità di difensori di altri cittadini indagati, ma nella qualità di cittadini essi stessi indagati e, come tali, non meritevoli di privilegiata posizione difensionale le guarentigie previste dall'articolo 103 cod. proc. pen., non introducendo un principio immunitario di chiunque eserciti la professione legale, sono applicabili unicamente se devono essere tutelate la funzione difensiva o l'oggetto della difesa sez. 2 n. 32909 del 16.5.2012,rv 253263 . Ugualmente non è opponibile il segreto professionale, in quanto a oggetto e finalità del sequestro sono limitati ai files concernenti non il merito dell'attività professionale svolta dagli indagati, ma il se e il dove tale attività sia stata svolta, nei giorni in cui risultava uno stato patologico incompatibile con l'esercizio delle professione nelle udienze differite per questa causa b il provvedimento coercitivo reale non riguarda comunicazioni o messaggi di posta elettronica tra i legali e i loro assistiti, che potrebbero trovarsi nei computer. Comunque non può porsi il problema del divieto di sequestro della corrispondenza fra difensore e assistito, poiché tale divieto riguarda solamente quei mezzi di comunicazione che siano riconoscibili,grazie ai contrassegni specificati dall’articolo 35 disp. att. cpp Il ricorso va quindi rigettato con condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.