Costi dei diritti televisivi 'gonfiati’ ad arte: ecco perché Berlusconi è colpevole

Ricostruito in dettaglio il sistema creato per aumentare fittiziamente i prezzi dei diritti televisivi. A gestire il 'giro dei diritti persone di fiducia del proprietario di Mediaset quest'ultimo le aveva indicate e a quest'ultimo rispondevano direttamente. Per i giudici, quindi, è Berlusconi ad aver creato il sistema, traendone vantaggi diretti.

Cancellate nomi e cognomi, sostituiteli con identificativi di fantasia, leggete l'intero 'romanzo - oltre duecento pagine, quelle 'firmate in Cassazione, a cui vanno aggiunte almeno altre trecento pagine tra primo e secondo grado di giudizio - e il quadro sarà chiaro, netto, senza spazio alcuno per interpretazioni. Se invece utilizzate nomi e cognomi reali, ecco scattare la diatriba, la polemica, lo scontro e, dulcis in fundo, addirittura il richiamo a una giustizia giusta! Ma queste 'sovrastrutture’, alimentate ad hoc da media e politici, sono solo cornice, rispetto a una vicenda che i giudici - in terzo, come in secondo, come in primo grado - hanno delineato in maniera assolutamente lineare Cassazione, sentenza n. 35729, sezione feriale, depositata il 29 agosto 2013 . Vecchia storia Profonde, e aggrovigliate, le radici, che affondano addirittura nell'Italia degli anni '80, quella degli 'yuppies' e della 'Milano da bere. Su questo sfondo si staglia la figura di un imprenditore che pensa l'impensabile, ossia creare una società televisiva privata, mandare in onda ben tre canali - sull'assegnazione delle frequenze, beh, andrebbe aperto un capitolo a parte - e 'sconvolgerè l'Italia colla televisione commerciale e colla concorrenza a 'mamma Rai’. Per perseguire questo obiettivo, la strategia da adottare è aggressiva tout court, tanto da spingere l'imprenditore - chiamiamolo col suo nome, finalmente Silvio Berlusconi - a operare personalmente nel settore dell'acquisto dei diritti di film e serie tv made in Usa. Saranno anche questi prodotti a rendere accattivanti quei canali, soprattutto per i giovani Fin qui nulla quaestio. Ma alcuni movimenti di denaro sospetti, a cavallo tra gli anni '80 e '90, portano a ipotizzare la costituzione, da parte dell'allora Fininvest, di un sistema di società off-shore , e passaggio successivo è il dubbio che le transazioni bancarie apparentemente ricollegate all'acquisto di diritti , compiute attraverso società off-shore, fossero in realtà dirette a creare delle riserve extracontabili, ossia dei fondi neri all'estero . Ebbene, quel dubbio viene confermato, secondo gli inquirenti, alla luce di una analisi delle operazioni di acquisto dei diritti televisivi che pervenivano alla società utilizzatrice - l'allora Fininvest, l'attuale Mediaset - attraverso una serie di passaggi per varie società, con sede nelle Isole Vergini Britanniche e Malta, tutte controllate dalla stessa Fininvest. Ad avviso degli inquirenti, quindi, i diritti televisivi passavano attraverso delle società che svolgevano solo una intermediazione fittizia, tale da fornire un'apparente giustificazione alla lievitazione dei costi e al conseguente esborso, da parte di Mediaset, di somme assai superiorei a quelle occorrenti per l'acquisto dei diritti televisivi stessi . Tutto ciò per indicare nelle dichiarazioni fiscali valori più bassi e soprattutto per giustificare esborsi di denaro assai maggiori rispetto a quelli necessari in realtà per l'acquisto dei diritti, e consentire quindi la costituzione e l'incremento di fondi extracontabili . In aula. Solo accuse non fondate? A dover sciogliere questo nodo son stati chiamati, ovviamente, i giudici, che, in ben tre gradi giudizio - di merito, i primi due, e di legittimità, il terzo -, hanno considerato acclarato il meccanismo fraudolento ipotizzato dagli inquirenti, e - ecco il passaggio più delicato, come si vedrà poi - valutato come responsabile Silvio Berlusconi, quale fondatore e proprietario di Mediaset, e riferimento diretto degli attuatori del giro dei diritti televisivi . Questa linea di pensiero è stata seguita in Tribunale, in Corte d'Appello e, infine, in Cassazione, confermando la legittimità della ricostruzione - fondata su numerosissime risultanze processuali, orali e documentali - secondo cui un meccanismo fraudolento di evasione fiscale è stato sistematicamente e scientificamente attuato, sin dalla seconda metà degli anni '80, nell'ambito del gruppo Fininvest per il giro dei diritti televisivi . Meccanismo che, documenti alla mano, è stato così ricostruito i diritti di trasmissione televisiva venivano acquistati da società del comparto estero e riservato di Fininvest e quindi venivano fatti oggetto di una serie di passaggi infragruppo, o con società apparentemente terze, per essere poi trasferiti ad una società maltese, che a sua volta li cedeva, a prezzi enormemente maggiorati rispetto all'acquisto iniziale alle società emittenti. Tutti questi passaggi erano palesemente privi di una qualche funzione commerciale, risolvendosi esclusivamente in una artificiosa lievitazione dei prezzi. E questo anche e soprattutto perchè le società acquirenti, tramite le quali il diritto transitava nell'area Fininvest-Mediaset, erano totalmente prive di una struttura commerciale effettiva . Ampio l'arco temporale preso in esame originariamente, ristretto, per varie ragioni, quello ancora meritevole d'interesse giudiziario, ossia 2000, 2001, 2002 e 2003, anni caratterizzati da una notevolissima evasione , con importi corposi, ossia oltre 17 miliardi di lire nel 2000, oltre 6 milioni di euro nel 2001, quasi 5 milioni di euro nel 2002 e quasi 3 milioni di euro nel 2003. Cifre notevoli, ricostruite in dettaglio, frutto di un sistema complesso e ben organizzato, rivisto solo a seguito dell'ammissione di Mediaset in Borsa. A conferma di questo castello accusatorio, come detto, diversi elementi. A mò di esempio basta citarne due la filosofia del 'picchiare giù sui prezzi, ossia procedere alla formazione di subcontratti, con prezzi significativamente in aumento rispetto a quelli originari, il che era finalizzato, da un lato all'incremento dei costi di Mediaset per evidenti fini di evasione fiscale e, dall'altro, alla costituzione di ingenti quanto illeciti capitali esteri il coinvolgimento di persone dalla competenza discutibile nel settore del mercato dei diritti televisivi, come il titolare di una società di passaggio, risultato essere commerciante di carne . Su quest'ultimo curioso aspetto si soffermano i giudici, definendo assolutamente inverosimile che un uomo privo di conoscenze nell'ambiente, riuscisse immediatamente a proporsi come interlocutore capace e affidabile, tale da poter realizzare consistenti volumi di fatturato , e ritenendo ancor più inverosimile che Mediaset, già società leader del settore con uomini di provatissima esperienza e introduzione, avesse bisogno di un pur affermato commerciante di carni per poter incrementare la sua library . Responsabile . Nessun dubbio, quindi, per i giudici, sulle caratteristiche del sistema allestito per 'gonfiarè i costi dei diritti televisivi. Ma altrettanta certezza viene espressa sul ruolo di Silvio Berlusconi, valutato, come doveroso, nella sua figura di proprietario di una delle principali realtà imprenditoriali italiane. E la posizione occupata come politico? Aspetto assolutamente irrilevante, pari allo zero assoluto. Perchè ciò che viene valutato con grandissima attenzione è la vicinanza tra l'azionista di riferimento di Mediaset, Silvio Berlusconi per l'appunto, e gli uomini collocati all'origine del 'giro dei diritti . Lapalissiano che Mediaset avrebbe potuto avere quei diritti al costo a cui le major li vendevano , ma ciò non era accaduto ad opera di personaggi così vicini, anche personalmente, al proprietario della società, a Berlusconi , il quale era a perfetta conoscenza di quel mondo, posto che anch'egli, nei primissimi anni di operatività, aveva personalmente acquistato i diritti poi utilizzati dalle sue società . Detto ancor più chiaramente, i diritti erano pervenuti a Mediaset con un differenziale di prezzo altissimo. E del tutto ingiustificato. Tale operatività era proseguita per anni. Sempre ad opera degli stessi uomini, che sempre avevano mantenuto la fiducia del proprietario . A questo punto, sostengono i giudici, unica alternativa era ritenere che la società fosse presidiata da amministratori e proprietari di straordinaria incompetenza, sia dal punto di vista commerciale, sia nella scelta degli uomini di cui circondarsi . Ma così non può essere Anche considerando la acquisita conoscenza , da parte del proprietario della società, del mercato dei diritti televisivi. Assolutamente non comprensibile, da un punto di vista imprenditoriale, il 'gioco di specchi che faceva rimbalzare la titolarità dei diritti dal fornitore Usa a un primo intermediario di comodo e da quest'ultimo a una società, e da questa, infine, a Mediaset, e che comportava una lievitazione dei costi imponente , con un prezzo finale, pagato da Mediaset, comprendente la sommatoria di tutti i ricarichi intermedi, enormemente superiore al costo originario . Percorso folle, quindi, applicando i criteri di impresa , ma, poi, bisogna tener presente che il prezzo infine fatturato era destinato ad essere portato in detrazione quale costo nelle denunce dei redditi . Tutto ciò per un importo consistente , ossia diversi milioni di euro, che comportavano minori imposte, pur esse di milioni di euro . Chiaro, quindi, l'obiettivo del 'giro dei diritti. Ma resta la domanda ultima cui rispondere a chi attribuire la responsabilità per queste azioni illegali? A una voce hanno risposto sia Tribunale che Corte d'Appello, indicando in Silvio Berlusconi il deus ex machina. E questa visione viene ora condivisa, e sigillata - checchè ne dica la politica - anche dai giudici della Cassazione, ultimo e definitivo grado di giudizio è pacifica la diretta riferibilità a Berlusconi della ideazione, creazione e sviluppo del sistema, che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest ed occulto Berlusconi rimane al vertice della gestione dei diritti il meccanismo delle società facenti capo a Silvio Berlusconi è l'impero di Berlusconi, che funziona come un elaborato shell hame, cioè 'gioco dei gusci vuotì, con la finalità di evadere le tasse italiane il 'giro dei dirittì è direttamente promanante in origine da Berlusconi, e avente, sin dal principio, valenza strategica per l'intero apparato dell'impresa a lui facente capo . Elemento fondamentale, per i giudici, è la accertata continuità dei rapporti di tutti i 'personaggi chiave della vicenda, personaggi mantenuti sostanzialmente nelle posizioni cruciali anche dopo la dismissione delle cariche sociali da parte di Berlusconi e in continuativo contatto diretto con lui . Per questo, la mancanza in capo a Berlusconi di poteri gestori e di posizione di garanzia nella società non è dato ostativo al riconoscimento della sua responsabilità . Per chiudere, e per non lasciare spazio a dubbi - o a maligne interpretazioni -, infine, i giudici ribadiscono due punti fermi primo, l'assoluta inverosimiglianza della ipotesi che vorrebbe tratteggiare una sorta di colossale truffa ordita per anni ai danni di Berlusconi proprio in quello che è il suo campo d'azione e nel contesto di un complesso meccanismo da lui stesso strutturato e consolidato da parte dei personaggi da lui scelti e mantenuti, nel corso degli anni, in posizioni strategiche, e nei cui confronti non risulta essere mai stata presentata denuncia alcuna secondo, il criterio dell'individuazione del destinatario principale dei benefici derivanti dall'illecito indica in Berlusconi ideatore del meccanismo del 'giro dei diritti, che a distanza di anni continuava a produrre effetti illeciti di riduzione fiscale per le aziende a lui facenti capo il soggetto che, in ultima analisi, anche dopo l'assunzione della veste di azionista di maggioranza, continuava a godere della ricaduta economica del sistema praticato . Nessun complotto, quindi, ma solo l'accertamento della responsabilità di Silvio Berlusconi.

Corte di Cassazione, sez. Feriale, sentenza 1 - 29 agosto 2013, n. 35729 Presidente Esposito – Relatore Franco