La sostanza coltivata deve essere idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile

E’ il giudice a dover verificare in concreto l’offensività della condotta ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 32057 della S.C., depositata il 24 luglio 2013. La fattispecie. La Cassazione torna ad occuparsi del reato di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope art. 73, comma 1 bis , d.p.r. n. 309/1990 dopo che un 26enne, oltre che per i reati di resistenza a pubblico ufficiale art. 337 c.p. e lesioni personali art. 582 c.p. , veniva condannato per il reato suddetto a 4 anni e 4 mesi di reclusione e 18mila euro di multa. L’imputato, con il ricorso per cassazione, si lamenta perché la Corte di secondo grado - pare - non abbia specificato se la sostanza stupefacente rinvenuta sia stata idonea o meno a produrre un rilevante effetto drogante e quindi abbia avuto una concreta effettività. Penalmente rilevante la coltivazione anche se destinata all’uso personale. Premesso che - secondo un consolidato principio delle Sezioni Unite Cass., SSUU, nn. 28605/2008 e 28606/2008 - è penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale , gli Ermellini hanno fatto ulteriori precisazioni. La sostanza è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile? Nello specifico viene affermato che la condotta è da ritenersi inoffensiva soltanto se il bene tutelato non è stato leso o messo in pericolo anche in grado minimo , di conseguenza la offensività non ricorre soltanto se la sostanza ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile . Deve valutarlo il giudice. Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata – conclude la S.C. - spetta al giudice verificare in concreto l’offensività della condotta ovvero l’idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 febbraio – 24 luglio 2013, n. 32057 Presidente Teresi – Relatore Franco Svolgimento del processo Con la sentenza in epigrafe la corte d'appello di Catania confermò la sentenza emessa il 24 giugno 2011 dal Gup del tribunale di Catania, che aveva dichiarato O.F. colpevole dei reati di cui agli artt. 73, comma 1 bis, d.p.R. 309 del 1990, 337 cod. pen., 582 cod. pen., 4 l. n. 110/75, e, con l'attenuante di cui all'art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990 ritenuta equivalente alla recidiva, lo aveva condannato alla pena di anni 4 e mesi 4 di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa. L'imputato, a mezzo dell'avv. Massimo D'Urso, propone ricorso per cassazione deducendo violazione degli artt. 125, comma 3, 546, comma 1, 111 Cost,. per mancanza di motivazione. Lamenta che la corte d'appello, invece di statuire sulla concreta offensività della condotta afferente la coltivazione di sostanza stupefacente per uso esclusivamente personale, si è limitata a richiamare la pronuncia delle Sezioni Unite del 2008, senza specificare per quale motivo la condotta dell'imputato possa essere considerata offensiva e rientrare quindi nella fattispecie incriminatrice. In sostanza la sentenza si adagia su considerazioni teoriche e di principio, ma non spiega se la sostanza stupefacente nella specie sia stata idonea o meno a produrre un rilevante effetto drogante e quindi abbia avuto una concreta effettività. Motivi della decisione Il ricorso è fondato essendo effettivamente la sentenza impugnata affetta da carenza di motivazione o da motivazione meramente apparente. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 24.4.2008, n. 28605, Di Salvia, m. 239920 e 239921, e con la sentenza 24.4.2008, n. 28606, Valletto, dopo aver affermato il principio che Costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale” m. 239920 , hanno anche enunciato il principio che Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile” m. 239921 . In particolare, hanno sottolineato la necessità, in ogni caso, della verifica - demandata al giudice del merito - dell'offensività specifica della singola condotta in concreto accertata. Il principio di offensività - in forza del quale non è concepibile un reato senza offesa nullum crimen sine iniuria - secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, opera su due piani, rispettivamente, della previsione normativa, sotto forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo, di un bene o interesse oggetto della tutela penale offensività in astratto , e dell'applicazione giurisprudenziale offensività in concreto , quale criterio interpretativo - applicativo affidato al giudice, tenuto ad accertare che il fatto di reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l'interesse tutelato così testualmente Corte Cost. n. 265/05 e, in senso conforme, vedi pure le decisioni nn. 360/95, 263/00, 519/00, 354/02 . Nella specie la Corte Costituzionale con la sentenza n. 360 del 1995, ha ritenuto che la condotta di coltivazione di piante da cui sono estraibili i principi attivi di sostanze stupefacenti integra un tipico reato di pericolo presunto, connotato dalla necessaria offensività della fattispecie criminosa astratta. In ossequio, però, al principio di offensività inteso nella sua accezione concreta, spetterà al giudice verificare se la condotta, di volta in volta contestata all'agente ed accertata, sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto, risultando in concreto inoffensiva. La condotta è inoffensiva soltanto se il bene tutelato non è stato leso o messo in pericolo anche in grado minimo irrilevante, infatti, è a tal fine il grado dell'offesa , sicché, con riferimento allo specifico caso in esame, la offensività non ricorre soltanto se la sostanza ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile”. In applicazione di questi principi, successivamente, è stato, tra l'altro, affermato che La coltivazione domestica di una piantina di canapa indiana contenente principio attivo pari a mg. 16, posta in un piccolo vaso sul terrazzo di casa, costituisce condotta inoffensiva ex art. 49 cod. pen., che non integra il reato di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990” Sez. IV, 17.2.2011, n. 25674, Marino, m. 250721 che Ai fini della configurabilità del reato di coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, è necessario accertare la concreta offensività della condotta e cioè l'effettiva capacità della stessa a ledere i beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice. Fattispecie in cui la Corte ha escluso la concreta offensività della condotta in un caso in cui le piante non avevano ancora completato il ciclo di maturazione e non avevano ancora prodotto sostanza idonea a costituire oggetto del concreto accertamento della presenza del principio attivo della sostanza stupefacente ” Sez. IV, 28.10.2008, n. 1222 del 2009, Nicoletti, m. 242371 e che Ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l'offensività della condotta ovvero l'idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile” Sez. IV, 8.10.2008, n. 44287, Taormina, m. 241991 . Nella specie la difesa, con l'atto di appello, aveva espressamente eccepito che non sussisteva il requisito della offensività in concreto della condotta, sicché non era ravvisabile il reato. La corte d'appello ha però in sostanza omesso del tutto di rispondere a questa eccezione statuendo in ordine alla offensività in concreto della condotta dell'imputato, ma si è limitata a citare genericamente la giurisprudenza di legittimità, senza assolutamente specificare per quale motivo la condotta dell'imputato dovesse essere considerata offensiva e rientrasse, quindi, nell'ambito della fattispecie incriminatrice. Non viene infatti spiegato se la sostanza ricavata fosse o meno idonea a produrre un effetto drogante rilevante. Esattamente il ricorrente osserva che la corte d'appello fa anche riferimento alla mancata maturazione delle piantine di marijuana, mentre questa ipotesi non riguarda il caso di specie, tanto che ad essa non si fa alcun riferimento né nella sentenza di primo grado né nei motivi di appello. La giurisprudenza di legittimità dianzi richiamata richiede che in casi come quello in esame il giudice debba compiere una approfondita ed ampia analisi della idoneità in concreto della condotta ad offendere il bene giuridico tutelato, e questa analisi non è riscontrabile nella motivazione della sentenza impugnata, la quale si è ancorata a considerazioni teoriche e di mero principio, senza specificare se, ed in che modo, nell'ipotesi concreta, la condotta dell'imputato fosse rilevante sul piano della offensività penale e violasse, di conseguenza, le finalità di prevenzione ed i presidi di repressione nella diffusione della droga. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Catania per nuovo esame. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Catania.