Il Comune può sfrattare chi occupa, sine titulo, l’immobile confiscatogli dall’antimafia

Un uomo contesta la liceità della diffida del comune che gli ordinava lo sgombero di un suo bene che continuava ad occupare, pur se confiscato ai sensi delle norme sull’antimafia. È ribadita la legittimità degli atti con cui il comune dispone il sequestro, la nuova destinazione d’uso per finalità sociali ed ordina lo sfratto, così come imposto dall’art. 117 Cost. e dalla CEDU.

È quanto enunciato dalla sentenza del Tar Campania, sez. VII, n. 3060 dell’11 giugno 2013. Il caso. Un uomo continuava ad occupare abusivamente la villa ed il terreno sequestratigli ai sensi della legislazione antimafia decreto del Tribunale M.P. di Napoli nr. 551/2001, definitivo dal 16 aprile 2004 , sì che il comune emetteva l’ordinanza 28/13 con cui gli imponeva di provvedere allo sgombero dell'immobile confiscato entro 15 giorni dalla notifica dell'ordinanza stessa, con avvertenza che in mancanza di spontaneo rilascio, si procederà all'esecuzione coatta . Ricorreva al Tar contestando la regolarità del provvedimento e la carenza di legittimazione dell’ente nell’emetterlo. Nessun preavviso per la diffida allo sgombero. La giurisprudenza costante e recente esclude che la PA debba avvertire, ex art. 7 L. 241/90, l’interessato dell’avvio della procedura di rilascio forzoso dell’immobile Tar Latina 164/10 e Catania 901/08 . Ergo sia provvedimento con cui il Prefetto ordina lo sgombero di immobili oggetto di confisca ai sensi degli art. 2-ter e ss., l. 31 maggio 1965 n. 575 che l'atto di autotutela ex art. 823 c.c. con riguardo ai beni pubblici diffida allo sgombero , essendo atti dovuti per impedire l’indebita trasformazione d’uso del bene che appartiene definitivamente allo Stato , non necessitano di alcun preavviso, poiché qualunque affermazione circa la titolarità dell'immobile in questione non avrebbe potuto trovare ingresso in sede amministrativa . Incompetenza del comune nell’emettere il provvedimento. Come detto la destinazione d’uso dell’immobile è insindacabile, tanto più che il riferimento al Codice dell’antimafia del 2011, ratione temporis , non è opponibile. Inoltre il ricorrente quale occupante abusivo, non vanta una posizione qualificata di natura pretensiva” idonea cioè a sindacare, in comparazione con il suo interesse, la funzionalità dell’azione amministrativa in quanto dalla stessa egli è, per definizione, escluso, stante l’assenza di un suo titolo legittimante la consistenza della posizione qui azionata ha dunque solo natura oppositiva”, volta cioè al riscontro della sussistenza dei presupposti di legalità dell'azione amministrativa ablativa e della sua effettiva indirizzabilità al destinatario individuato . La legittimità di queste scelte della PA è in re ipsa , stante l’urgenza di devolvere i beni alle finalità di legge e, quindi, di rientrarne nel possesso e di ricondurre la gestione dei beni pubblici nell’alveo della legalità . Tutela della proprietà privata art. 117 Cost. e CEDU. Dall’art. 117 Cost. discende l’obbligo di dar seguito agli impegni internazionali assunti dallo Stato ed anche di dare attuazione alla normativa UE. L’art. 1 preleggi c.c., nell’elencare le fonti, indica l’ordinamento comunitario come fonte primaria. Orbene la tutela della proprietà privata, solo se lecita, deriva anche da questi accordi internazionali v. Programma operativo Sicurezza per lo sviluppo finanziato per il periodo 2007-2013 da fondi UE, Direttiva 2011/36/UE . Lo stesso Parlamento UE, lo scorso 11 giugno, ha ribadito la necessità di intensificare la lotta alla mafia, aumentando la protezione dei testimoni, incrementando le pene, la durata dell’interdizione dai pubblici uffici e dalle gare d’appalto 5 anni e l’abolizione del segreto bancario una strategia globale sarà adottata ad ottobre di questo anno. In ogni caso anche questa eccezione del ricorrente è stata ritenuta priva di pregio ed irrilevante, poiché già la recentissima Cass. pen. SS.UU. 10532/13 aveva rilevato che la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, chiamata più volte a pronunciarsi sulla compatibilità della confisca penale in generale, e della confisca 'antimafia' in particolare, ha affermato la confisca come misura di prevenzione, non solo non confligge con le norme della CEDU, ma anzi è una misura indispensabile per contrastare il crimine sentenza 22 febbraio 1994, Raimondo c. Italia, in causa 12954/87 Decisione 4 settembre 2001, Riela c. Italia, in causa 52439/09 .

TAR Campania, sez. VII, sentenza 6 - 11 giugno 2013, numero 3060 Presidente/Estensore Pagano Fatto e diritto I.- Letto il ricorso con il quale Carandente Francesco impugna l’intimazione di sgombero emessa nei suoi confronti dal Comune di Marano in relazione a beni allo stesso confiscati appezzamento di terreno sito in Marano alla contrada Salice , unitamente ad un edificio abitativo – villa”– di cui al foglio 4 mappale 286 ai sensi della legislazione antimafia decreto del Tribunale M.P. di Napoli nr. 551/2001, definitivo dal 16 aprile 2004 Esaminati i quattro motivi articoli con cui si denuncia la violazione di legge e l’eccesso di potere, sotto molteplici profili, concludendo per l’accoglimento Avvisate le parti presenti all’udienza camerale che la causa può essere decisa con sentenza sussistendo i presupposti di cui all’art. 60 CPA II.- Il Tribunale giudica il ricorso infondato. Con il primo mezzo si lamenta la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 L. 241/1990. Il motivo non può essere accolto. Come nota la giurisprudenza, Tar Lazio Latina 24 febbraio 2010 numero 164 Non deve essere preceduto dall'avviso di inizio del procedimento il provvedimento con cui il Prefetto ordina lo sgombero di immobili oggetto di confisca ai sensi degli art. 2-ter e ss., l. 31 maggio 1965 numero 575 avendo esso natura strettamente vincolata, e costituendo atto dovuto in conseguenza dell'avvenuta trasformazione della destinazione del bene e dell'esigenza di renderla effettiva, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, non si richiedono apporti partecipativi del soggetto destinatario, essendo applicabile l'art. 21 octies, l. 7 agosto 1990 numero 241.” Parimenti, Tar Catania 14 maggio 2008 numero 901 L'atto di autotutela ex art. 823 c.c. con riguardo ai beni pubblici diffida allo sgombero non necessita dell'avviso di avvio del procedimento anche in considerazione il fatto che, a seguito dell'ordinario svolgimento del procedimento di prevenzione, il bene appartiene definitivamente allo Stato e qualunque affermazione circa la titolarità dell'immobile in questione non avrebbe potuto trovare ingresso in sede amministrativa in tale ipotesi, infatti, non può ravvisarsi alcuno spazio utile per un'eventuale cooperazione da parte del privato all'adozione dell'atto in questione e, dunque, nessuna utilità avrebbe potuto avere l'avviso ex art. 7, l. numero 241 del 1990.” Con il secondo mezzo si lamenta l’incompetenza della amministrazione comunale alla emissione del provvedimento, sostenendosi che la stessa spetta all’Agenzia Nazionale antimafia si assume altresì che il Comune avrebbe agito in assenza di un formale provvedimento di immissione in possesso degli immobili da parte della Agenzia del Demanio. Il motivo non ha pregio. Come si evince dall’atto impugnato, i beni confiscati sono stati devoluti al Patrimonio del Comune di Marano per essere destinati a termine della legge numero 109/1996 a finalità sociali ed in particolare per realizzarvi un asilo nido per madri migranti con provvedimento numero 33634 del 14.12.2005 Agenzia del Demanio ”. Basta il richiamo a tale circostanza per evidenziare che, da un lato, è chiarita la cronistoria che abilita il Comune all’ordine di sgombero contestato e, d’altro canto, che si appalesa errato, ratione temporis, il richiamo al Codice antimafia del 2011. Con il terzo motivo si contesta la urgenza dell’amministrazione nel voler sgomberare il bene, non contemperando –si afferma– tale esigenza con quella degli occupanti attuali. Il motivo non merita accoglimento. La destinazione del bene non è sindacabile dall’attuale ricorrente né lo sono i tempi amministrativi di realizzazione del progetto indicato. Il ricorrente, infatti, quale occupante abusivo, non vanta una posizione qualificata di natura pretensiva ” idonea cioè a sindacare, in comparazione con il suo interesse, la funzionalità dell’azione amministrativa in quanto dalla stessa egli è, per definizione, escluso, stante l’assenza di un suo titolo legittimante la consistenza della posizione qui azionata ha dunque solo natura oppositiva ”, volta cioè al riscontro della sussistenza dei presupposti di legalità dell'azione amministrativa ablativa e della sua effettiva indirizzabilità al destinatario individuato. In ogni caso, è dirimente osservare l’infondatezza del mezzo, atteso che la finalità pubblicistica è chiaramente indicata e l’urgenza è in re ipsa dovendo l’amministrazione pubblica agire, per definizione, quanto prima al fine di ricondurre la gestione dei beni pubblici nell’alveo della legalità. Con il quarto motivo la difesa del ricorrente lamenta la violazione della normativa –anche CEDU– in tema di proprietà privata. L’argomento è suggestivo, ma privo di consistenza. La tutela, ora discendente anche da obblighi internazionali ex art. 117 Cost., si riferisce alla proprietà lecita quella colpita da confisca antimafia, non possiede, per definizione, tale caratteristica. Tanto è mutuabile dalla Cassazione penale Cass. SS.UU. penali sentenza 7 maggio 2013 – numero 10532 La giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, chiamata più volte a pronunciarsi sulla compatibilità della confisca penale in generale, e della confisca 'antimafia' in particolare, ha affermato la confisca come misura di prevenzione, non solo non confligge con le norme della CEDU, ma anzi è una misura indispensabile per contrastare il crimine sentenza 22 febbraio 1994, Raimondo c. Italia, in causa 12954/87 Decisione 4 settembre 2001, Riela c. Italia, in causa 52439/09 ”. Il ricorso è dunque infondato. Le spese di causa non si liquidano, stante la mancata costituzione della amministrazione. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Settima pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo RIGETTA. NULLA spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.