Il controllo del giudice è solo formale: conta la contestualità della comunicazione alle OO.SS.

In materia di licenziamenti collettivi per riduzione del personale, il requisito della contestualità della comunicazione del recesso alle organizzazioni sindacali e alle indicate amministrazioni pubbliche – comunicazioni richieste a pena di inefficacia del licenziamento – deve essere valutato nel senso di una necessaria contemporaneità, la cui mancanza vale a escludere la predetta sanzione dell’inefficacia del licenziamento solo se dovuta a giustificati motivi di natura oggettiva.

A ribadire tale orientamento della Corte, è la sezione lavoro della Cassazione, nella sentenza n. 16448, depositata l’1 luglio 2013. Comunicazione in ritardo. La Corte d’appello aveva dichiarato inefficace il licenziamento con condanna alla reintegrazione della lavoratrice. Ciò, perché aveva ritenuto che la ritardata comunicazione alle organizzazioni sindacali - concernente i dati dei dipendenti licenziati, pervenuta oltre trenta giorni dopo la comunicazione dei singoli atti di recesso – costituiva vizio idoneo a inficiare la procedura, e non già mera irregolarità, come ritenuto invece dalla società. Infatti, quest’ultima ha presentato ricorso, lamentando un’accezione eccessivamente rigorosa del requisito della contestualità fra la comunicazione alle organizzazioni sindacali e la comunicazione del singolo licenziamento. Passaggio da un controllo sostanziale sul recesso a uno meramente formale. La Suprema Corte ha ritenuto non meritevole di accoglimento il ricorso, in adesione all’orientamento al quale il Collegio ha inteso dare continuità. Infatti, ha ribadito che in materia di licenziamenti collettivi, la L. n. 223/1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale e completa procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel controllo dell’iniziativa imprenditoriale – sul ridimensionamento dell’impresa - devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali. Pertanto, i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo ma la correttezza procedurale dell’operazione. No all’elasticità del requisito della contestualità. L’art. 4, comma 9, della legge in questione detta una delle regole prescritte per la validità della procedura e cioè la contestualità tra il recesso intimato al lavoratore e le comunicazioni da effettuare alle organizzazioni sindacali. A riguardo, gli Ermellini hanno precisato che tale comunicazione assolve la funzione di rendere visibile, e quindi controllabile dalle organizzazioni sindacali, la correttezza del datore di lavoro in relazione alle modalità di applicazione dei criteri di scelta. Quindi, per Piazza Cavour, non è possibile condividere impostazioni ermeneutiche elastiche della nozione di contestualità , che contraddirebbero la funzione di garanzia dei licenziati da attribuire alle comunicazioni.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 maggio – 1° luglio 2013, n. 16448 Presidente Stile – Relatore Mancino Svolgimento del processo 1. Con sentenza del 27 marzo 2007, la Corte d'Appello di Roma accoglieva il gravame svolto da N.R. contro la sentenza di primo grado che aveva rigettato le censure avverso il licenziamento intimatole da Poste italiane s.p.a. nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo e, per l'effetto, dichiarava inefficace il licenziamento con condanna alla reintegrazione della lavoratrice al risarcimento del danno. 2. La Corte territoriale riteneva che la ritardata comunicazione all'UPLMO e alle organizzazioni sindacali, concernente i dati dei dipendenti licenziati, fra i quali la N. , pervenuta oltre trenta giorni dopo la comunicazione dei singoli atti di recesso, costituiva vizio idoneo ad inficiare la procedura, e non già mera irregolarità, come ritenuto, invece, dalla società che l'inosservanza del termine comportava, pertanto, l'inefficacia del recesso, per essere il predetto termine preposto anche a tutela dell'interesse collettivo a verificare la legittimità dell'atto di licenziamento e al rispetto e alla razionalità dei criteri di scelta. 3. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, Poste italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo. L'intimata ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale condizionato affidato ad 11 motivi, cui ha resistito, con controricorso, la società. Motivi della decisione 4. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perché proposti avverso la medesima sentenza. 5. Con l'unico motivo di ricorso, la società ricorrente, denunciando violazione dell'art. 4, comma 9, della legge n. 223 del 1991, censura la sentenza impugnata con riferimento ai ritenuti effetti della mancata contestualità fra la comunicazione all'UPLMO e alle organizzazioni sindacali e la comunicazione del singolo licenziamento, giacché fondata su un'accezione eccessivamente rigorosa del predetto requisito. Assume, in particolare, che la comunicazione soddisfa il requisito della contestualità se informata ad una ragionevole immediatezza rispetto alle lettere di recesso, e che, pertanto, dovrebbe ritenersi illegittima solo la comunicazione intervenuta al di fuori dei tempi previsti per la procedura culminante con il licenziamento, vale a dire centoventi giorni. 6. Il ricorso non merita accoglimento in adesione all'orientamento già espresso da numerosi precedenti di questa Corte e, da ultimo, da Cass. n. 7490 del 2011, al quale il Collegio intende dare continuità. 7. Occorre prendere le mosse dalla giurisprudenza consolidata di legittimità tra le tante, Cass. 11455/1999 che si è espressa nel senso che In materia di licenziamenti collettivi per riduzione del personale, la L. n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell'iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell'impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinataria di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda. I residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più, quindi, gli specifici motivi della riduzione del personale a differenza di quanto accade in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo obiettivo ma la correttezza procedurale dell'operazione . 8. Si è, dunque, passati da un controllo sostanziale, sulla genuinità dell'operazione di recesso, ad un controllo meramente formale del rispetto di ciascuna delle procedure, cadenzate nel tempo, a cui la legge ha condizionato l'efficacia dei recessi collettivi. 9. Vi è, al riguardo, un dato testuale insuperabile, costituito dall'art. 5, comma 3, secondo cui il recesso di cui all'art. 4 è inefficace qualora sia intimato in violazione delle procedure richiamate dall'art. 4 comma 12 . Quest'ultima disposizione prevede, a sua volta, che Le comunicazioni di cui al comma 9 sono prive di efficacia ove siano state effettuate senza l'osservanza delle procedure previste dal presente articolo . 10. L'art. 4, comma 9 detta una delle regole prescritte per la validità delle procedure e cioè la contestualità tra il recesso intimato al lavoratore e le comunicazioni da effettuare alle organizzazioni sindacali. 11. Intervenute a composizione di contrasto di giurisprudenza, le Sezioni unite della Corte hanno enunciato il principio secondo il quale, nella materia dei licenziamenti regolati dalla L. n. 223 del 1991, finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto degli interessi dei singoli lavoratori coinvolti nella procedura, la sanzione dell'inefficacia del licenziamento, ai sensi dell'art. 5, comma 3, ricorre anche in caso di violazione della norma di cui all'art. 4, comma 9 che impone al datore di lavoro di dare comunicazione, ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali, delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Invero nessuna comunicazione dei motivi del recesso viene prescritta con riguardo al singolo lavoratore, essendo sufficiente che il recesso venga operato tramite atto scritto, di talché solo attraverso le comunicazioni di cui all'art. 4, comma 9 cit. è reso possibile, all'interessato, conoscere in via indiretta le ragioni della sua collocazione in mobilità. 12 . Risulta, evidente, pertanto, come la comunicazione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, assolva la funzione di rendere visibile e, quindi, controllabile dalle organizzazioni sindacali e tramite queste, dai singoli lavoratori , la correttezza del datore di lavoro in relazione alle modalità di applicazione dei criteri di scelta. 13. La possibilità del controllo si pone, pertanto, quale indispensabile presupposto per l'esercizio del potere, spettante al singolo lavoratore, di impugnare il licenziamento. 14. Entro queste linee di sistema va interpretata la prescrizione legislativa di contestualità tra atto di recesso e comunicazioni ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali si può ammettere, senza difficoltà, che le predette comunicazioni possano precedere l'intimazione dei licenziamenti, assolvendo così, pienamente e ancor più, la funzione di garanzia e controllo cosicché è da ritenere che la legge, proprio al fine di attenuare la rigidità degli oneri posti a carico del datore di lavoro, consente, al datore, di inviare le comunicazioni contestualmente ai recessi. 15. Ma non è possibile ritenere che, salvo l'intervento di cause di forza maggiore, il datore di lavoro, senza subire alcun effetto pregiudizievole, possa procedere ad intimare i licenziamenti ritardando il momento di invio delle prescritte comunicazioni. 16. Queste le ragioni fondanti l'orientamento prevalente della Corte, secondo cui il requisito della contestualità della comunicazione del recesso alle organizzazioni sindacali e alle indicate amministrazioni pubbliche, comunicazioni sicuramente richieste a pena di inefficacia del licenziamento, non può non essere valutato, in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido e analitico, e con termini decisamente ristretti, nel senso di una necessaria contemporaneità la cui mancanza vale ad escludere la predetta sanzione dell'inefficacia del licenziamento solo se dovuta a giustificati motivi di natura oggettiva, da comprovare dal datore di lavoro v., ex multis , Cass. 1722/2009 e numerose successive conformi . 17. Non è possibile, quindi, condividere altre impostazioni ermeneutiche che pure affiorano in qualche precedente della Corte, perché la proposta nozione elastica del requisito della contestualità per la quale v. Cass. nn. 4970/2006 e 5942/2004 contraddice la funzione di garanzia dei licenziati da attribuire alle comunicazioni, contenenti le motivazioni individuali dell'atto di gestione del rapporto di lavoro, e si rileva incoerente con il complessivo disegno legislativo. 18. Né assume rilievo, ai fini che interessano, il disposto del d.l. n. 148 del 1993, art. 8, comma 4 convertito nella legge n. 236 del 1993, perché questo prevede solo che la facoltà di porre in mobilità i lavoratori di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 deve essere esercitata entro un certo limite di tempo, ossia entro centoventi giorni dalla chiusura della procedura, perché nessuna modifica o novella si rinviene al requisito della contestualità tra recesso e comunicazione alle organizzazioni sindacali. 19. Il ricorso va, pertanto, rigettato, assorbito l'incidentale condizionato. 20. Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l'incidentale condizionato. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 50,00 per esborsi, oltre Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.