In tema di traffico e detenzione illegittima di droghe “leggere” e “pesanti”, può essere applicato l’aumento di pena, venendosi a configurare una pluralità di reati in continuazione o in concorso fra loro e non un unico reato
Ha così deciso la Corte di Cassazione nella sentenza numero 24376, depositata il 10 giugno 2014. Il caso. Il Tribunale di Roma condannava l’imputato per il delitto di cui all’articolo 73 d.p.r. numero 309/1990 Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope alla pena di anni 2 e mesi 10 di reclusione. Avverso tale sentenza, veniva proposto ricorso in Cassazione dal soccombente, che lamentava, con un unico motivo, l’erronea applicazione dell’aumento di pena ex articolo 81 c.p., ritenendo la continuazione di reato in relazione alla detenzione di cocaina e hashish. La contestuale detenzione di droghe, secondo la difesa, dava luogo ad un unico reato e non ad una pluralità di reati in continuazione tra loro. Unico reato? Secondo la Suprema Corte, il ricorrente correttamente sosteneva che, secondo la legge in vigore sia nel momento in cui reato era stato commesso, sia nel momento in cui la sentenza era stata emessa, la detenzione delle droghe “leggere” e “pesanti” integrava gli estremi di un unico reato. Tuttavia, successivamente, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del d.l. numero 272/2005, che avevano modificato l’articolo 73 d.p.r. numero 309/1990, determinando quindi il ripristino della normativa abrogata, in forza della quale le condotte inerenti alle sostanze stupefacenti configuravano reati distinti, eventualmente in continuazione o in concorso formale tra di loro. Perciò, secondo la normativa attuale, è corretto applicare l’aumento di pena, ex articolo 81 c.p., laddove si tratti, come nel caso di specie, di detenzione di cocaina ed hashish. Caducazione retroattiva Eliminare tale aumento significherebbe applicare la norma dichiarata incostituzionale, norma che, ex articolo 136 Cost., diviene inefficace dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La pronuncia di incostituzionalità produce la caducazione retroattiva della norma dichiarata illegittima, che impone la proiezione della declatoria di illegittimità sui rapporti giuridici pregressi, disciplinati dalla norma espunta dall’ordinamento S.U. numero 4/2002 . Dunque, nel caso in esame, il trattamento sanzionatorio applicato, sia pure sulla base di una determinazione che, alla stregua della normativa vigente all’epoca della sentenza, era erronea, rimane fermo, perché risulta conforme al regime giuridico derivante dalla pronuncia di illegittimità incostituzionale. La Corte, poi specifica, che, ove il trattamento sanzionatorio in bonam partem, derivante dalla normativa, poi dichiarata incostituzionale, non fosse stato applicato dal giudice, di questo l’imputato non poteva fruire successivamente alla pronuncia di incostituzionalità. Per i suddetti motivi la Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 marzo – 10 giugno 2014, numero 24376 Presidente Agrò – Relatore Di Salvo Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato. Correttamente infatti il ricorrente sostiene che, secondo la legge in vigore sia nel momento in cui il reato è stato commesso sia nel momento in cui la sentenza è stata emessa, la detenzione di droghe c.d. pesanti e di droghe c.d. leggere integrava gli estremi di un unico reato Sez. VI 14-1-2008, numero 1735 Sez. IV 5-11-2009, numero 42485 . Successivamente però la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'articolo 77 co. 2 Cost., degli articolo 4-bis e 4 vicies ter d.l. 30-12-2005 numero 272, conv. con modif. dall'articolo 1 L. 21-2-2006 numero 49, così rimuovendo le modifiche apportate all'articolo 73 DPR 309/90 e determinando il ripristino della normativa abrogata, in forza della quale le condotte inerenti alle sostanze stupefacenti di cui alla tabelle I e III e quelle relative alle sostanze di cui alla tabella II e IV configurano reati distinti, eventualmente in continuazione o in concorso formale fra loro C. Cost. 12-2-14 n 32 . Pertanto,secondo la normativa attuale, è corretto applicare l'aumento ex articolo 81 cp, laddove, come nel caso in disamina, si tratti di detenzione di cocaina ed hashish. Eliminare il predetto aumento significherebbe applicare la norma dichiarata incostituzionale, contrariamente al disposto degli articolo 136 Cost. e 30 L. 11 -3-53 n 87, che ne sanciscono l'inefficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Quest'ultima espressione designa infatti soltanto il dies a quo dell'operatività della declaratoria di illegittimità costituzionale e non anche l'ambito dei suoi effetti. Questi ultimi infatti si esplicano non ex nunc ma ex tunc poiché la pronuncia di incostituzionalità produce la caducazione retroattiva della norma dichiarata illegittima, in quanto quest'ultima, infirmata da una invalidità originaria, è, per così dire,nata morta, essendo affetta da un vizio genetico, che impone la proiezione della declaratoria di illegittimità costituzionale sui rapporti giuridici pregressi, disciplinati dalla norma espunta dall'ordinamento Sez. Unumero 27-2-2001 numero 4, Cass. penumero 2002, 2664 Sez. VI 16-2-2007 numero 9270, Cass. penumero 2007, 1957 . Dunque, ove, sia pure sulla base di una determinazione che, alla stregua della normativa vigente all'epoca della sentenza, era erronea, sia stato applicato un trattamento sanzionatorio conforme al regime giuridico derivante dalla pronuncia di illegittimità costituzionale, questo trattamento sanzionatorio non può essere modificato. Né potrebbe opinarsi diversamente sulla base del rilievo che l'applicazione della disposizione dichiarata incostituzionale produrrebbe, nel caso di specie, effetti più favorevoli al reo. Il principio del favor rei opera infatti nel senso di rendere intangibile un trattamento sanzionatorio in bonam partem che sia già stato applicato dal giudice, come, ad esempio, laddove sia stata irrogata, in applicazione della normativa poi dichiarata costituzionalmente illegittima, una pena più mite. In tal caso il predetto trattamento sanzionatorio rimane fermo, nonostante la pronuncia di incostituzionalità,non essendo certamente possibile infliggere una pena più grave in applicazione di una normativa conforme a costituzione ma comportante conseguenze in malam partem. Ma,ove il trattamento sanzionatorio in bonam partem, derivante dalla normativa poi dichiarata costituzionalmente illegittima, non sia stato applicato dal giudice, di esso l'imputato non può fruire successivamente alla pronuncia di incostituzionalità, in violazione degli articolo 136 Cost. e 30 L. numero 87/53. Infatti la sola circostanza che la norma incostituzionale produca, nel caso sub iudice, effetti più favorevoli al reo non può valere a sovvertire il principio per cui essa, una volta intervenuta la sentenza di accoglimento, si estingue ab origine e pertanto non può più disciplinare alcuna fattispecie concreta. Il ricorso va dunque rigettato, poiché basato su motivi infondati, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.