Lesione della servitù di passaggio e rimessione in pristino: serve la proporzionalità

L’inosservanza della normativa di settore che importi una deroga alla pendenza massima dei percorsi non comporta, per ciò stesso, un vulnus al diritto di passaggio pedonale, specie in relazione a soggetti che non hanno allegato situazioni di disagio motorio o in genere fisico.

L’intervento ripristinatorio dello stato dei luoghi deve essere rapportato, in termini di proporzionalità, al disagio per il fondo servente nel porre in essere tale intervento, tenendo in particolare in considerazione la possibilità di esercitare in concreto il transito carrabile. Lesione della servitù di passaggio e tutela dei titolari del fondo dominante. Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione si pronuncia in tema di servitù di passaggio e tutela ripristinatoria, affermando interessanti principi sul punto. Nel fattispecie portata all’esame dei giudici di legittimità, i titolari del fondo dominante agiscono nei confronti di alcuni soggetti lamentando che in seguito alla costruzione di una rampa di accesso al garage seminterrato avevano mutato il percorso della servitù di passaggio rendendola di conseguenza di disagevole utilizzo, rilevando altresì che la rampa non aveva rispettato le prescrizioni normative e urbanistico locali in tema di pendenza massima, e chiedendo quindi la rimessine in pristino dello stato dei luoghi ed il risarcimento dei danni. I convenuti, nel costituirsi si opposero alle domande. In primo grado, il Tribunale accolse la domanda e condannò i convenuti alla rimessione in pristino. Nel successivo grado di appello, la Corte confermò la decisione di primo grado disponendo la rimessione in pristino dello stato dei luoghi. Immutazione del percorso, lesione del diritto di passaggio e normativa di settore. Per quanto qui interessa, la Corte accoglie il motivo di ricorso con cui i ricorrenti hanno censurato la pronuncia di secondo grado nella parte in cui ha ritenuto che l’immutazione del percorso della servitù di passaggio determinasse per ciò solo la lesione del diritto al passaggio, non tenendo conto della soluzioni alternative prospettate. In particolare, i ricorrenti rilevavano l’erronea interpretazione della normativa di settore c.d. legge Tognoli assumendo che questa non avrebbe limitato in modo assoluto il transito su percorsi con pendenza superiore al 10% ma lo avrebbe ammesso se adattato con opportuni accorgimenti, mentre il giudice di seconde cure avrebbe ritenuto impraticabile ogni passaggio pedonale per il mancato rispetto delle norme che, per favorire l’accessibilità dei soggetti svantaggiati, ponevano dei vincoli costruttivi. La Corte, dopo aver escluso che nel caso di specie possa trovare applicazione la pronuncia della Corte Costituzionale numero 167/1999, con cui fu dichiarata l’illegittimità dell’articolo 1052, comma 2, c.c. nella parte in cui non precedeva che il passaggio coattivo potesse essere riconosciuto dal giudice quando questo avesse riconosciuto che la domanda rispondeva alle esigenze di accessibilità di un’abitazione sita nel fondo dominante, rileva che nel caso sotteso alla fattispecie in esame la servitù era di fonte negoziale e non riguardava un soggetto disabile come nel caso portato all’attenzione del giudice delle leggi nella pronuncia citata. Secondo la Corte, infatti, solo in tale ipotesi la Corte Costituzionale riconobbe alla normativa in materia di portatori di handicap un effetto conformativo della proprietà privata, estendendo alle persone una tutela originariamente accordata per le esigenze dei fondi. Contemperamento del diritto alla libera deambulazione e diritto di proprietà e proporzionalità della tutela. Ciò posto la Corte richiama alcuni precedenti in cui il giudici di legittimità hanno messo in rilievo la necessaria proporzionalità tra l’intervento richiesto e la concreta incidenza sul diritto dominicale della condominio Cass. numero 18334/2012 , affermando che la modifica al sistema normativo intervenuta per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale dinnanzi citata si pone in un ottica di equilibrio del sistema, con la conseguenza che l’eventuale domanda può essere accolta dove sia praticabile in concreto e ove il passaggio imposto non comporti sacrificio del fondo servente maggiore al beneficio per il fondo dominante Cass. numero 14103/2012 . Su tali basi la Corte cassa la sentenza impugnata che ha riscontrato esclusivamente nella deroga alla pendenza prevista, un vulnus al diritto di passaggio pedonale in relazione a soggetti che non avevano allegato situazioni di disagio motorio o in genere fisico, incompatibili con l’inosservanza delle prescrizioni riportate nella normativa di settore e, in ogni caso, non ha rapportato, in termini di proporzionalità rispetto al disagio per il fondo servente, l’intervento ripristinatorio che andava a confermare, tenendo conto della, comunque sussistente, possibilità di transito carrabile.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 4 aprile – 9 giugno 2014, numero 12963 Presidente Piccialli – Relatore Bianchini Svolgimento del processo 1 D.C.E. citò innanzi al Tribunale di Treviso, sezione distaccata di Conegliano, M.E. e S.P. , lamentando che gli stessi, nella edificazione di una rampa di accesso al garage seminterrato della propria abitazione, avessero immutato l'altimetria e quindi il percorso di una servitù di passaggio costituita dal comune dante causa in favore del proprio lotto, retrostante quello dei convenuti rispetto alla pubblica via rendendola, per il traffico pedonale, di disagevole utilizzo rilevarono inoltre che la detta rampa non avrebbe rispettato le prescrizioni di pendenza massima contenute nella legge statale la c.d. Legge Tognoli prescriveva un angolo dell'8% e nello strumento urbanistico locale che fissava la pendenza nel 20%-. Chiese quindi che i convenuti fossero condannati al ripristino dello stato dei luoghi ed all'emenda dei danni subiti. 2 I coniugi M. /S. si costituirono contestando la domanda, sostenendo innanzi tutto che il titolo costitutivo della servitù non aveva disciplinato le modalità del passaggio, limitandosi a prescrivere che il transito avesse una larghezza di quattro metri ciò avrebbe comportato la impossibilità di riconoscimento di una tutela quale quella descritta dall'articolo 1067, II comma, cod. civ. che presupponeva una lesione di un ben determinato esercizio del diritto reale sostennero che parte attrice non avrebbe mai esercitato il passaggio pedonale prima dello sbancamento, essendo stato l'originario transito anteriore cioè all'alterazione del piano di campagna utilizzato dalle maestranze che avevano curato la costruzione della retrostante casa di abitazione misero poi in evidenza che la rampa a servizio del loro edificio era stata progettata e realizzata a seguito di incontri tra il proprio ed il tecnico di controparte. 3 Chiesero la chiamata in causa dei due professionisti che per conto dell'attore e di essi esponenti rispettivamente l'arch. G.L. e l'arch. D.C.B. avevano curato la sistemazione delle aree di accesso ai rispettivi garages, ritenendo che, se fossero state riscontrate delle divergente rispetto alle prescrizioni urbanistiche ed alla descrizione della servitù contenuta nei rogiti di provenienza, gli stessi ne avrebbero dovuto rispondere il G. a titolo di maliziosa prospettazione al tecnico di essi convenuti il D.C. per inadempimento degli obblighi nascenti dal contratto d'opera professionale . 4 I due architetti si costituirono ciascuno per proprio conto, chiedendo il rigetto delle domande contro di essi formulate instarono a loro volta per la chiamata delle società che garantivano la responsabilità professionale la spa Toro Assicurazioni e la Unipol assicurazioni dette società si costituirono a loro volta e negarono la sussistenza dei presupposti per copertura assicurativa, concludendo comunque per il rigetto delle domande di garanzia. 5 Il Tribunale accolse la domanda ed ordinò la rimessione in pristino del focus servitutis, ritenendo provato che la innovazione introdotta dai M. /S. avrebbe reso meno agevole il transito, soprattutto pedonale. 6 I coniugi M. /S. impugnarono tale decisione la Corte di appello di Venezia la confermò, ricostruendo l'oggetto della servitù in termini anche di passo pedonale, e riscontrando che la profonda immutazione del piano di campagna ove essa era destinata a esercitarsi, meritava una tutela ripristinatoria negò altresì che vi fosse traccia di un accordo tra i professionisti delle parti per far tollerare siffatta amplia incisione sul detto esercizio che rinvenne altresì nella notevole pendenza della rampa carrabile pari al 28% e nella constatazione che detta immutazione sarebbe andata ad esclusivo vantaggio del fondo servente costituendo un aggravio per l'esercizio del diritto, con contestuale violazione delle norme urbanistiche dettate a tutela anche degli svantaggiati motori. 7 Negò infine la Corte territoriale che potesse ravvisarsi una qualsiasi responsabilità dei due professionisti incaricati, dacché il loro operato diretto a ricercare soluzioni condivise per mantenere il passaggio nonostante la quota variata sarebbe stato conforme alla volontà dei rispettivi committenti. 8 Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i M. /S. , sulla base di dodici motivi hanno notificato controricorso D.C.E. gli architetti D.C.B. e G.L. la spa UGF Assicurazioni già Unipol Assicurazioni la Toro Assicurazioni non ha svolto difese tutte le parti costituite, ad eccezione dell'architetto D.C. , hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo viene denunziata la violazione o la falsa applicazione delle norme sull'ermeneutica contrattuale 1362 e seguenti cod. civ. e quelle sulla determinazione delle condizioni di esercizio delle servitù nonché sulla loro tutela richiamandosi gli articolo 1058 1063 1064 e 1065 cod. civ. laddove la Corte del merito in presenza di un testo negoziale completamente silente in ordine alle modalità di esercizio di una servitù di passaggio aveva ammesso una tutela ripristinatoria della situazione anteatta, basandosi su un'interpretazione che, invece, logicamente avrebbe dovuto presupporre già chiari i limiti di esercizio della servitù stessa non essendo questi ultimi esplicitati nel titolo, il giudice del merito avrebbe dovuto farsi guidare, secondo quanto stabilito dall'articolo 1065 cod. civ., nella valutazione della fattispecie, solo dai criteri di bilanciamento delle esigenze di cui i proprietari del fondo dominante e servente erano rispettivamente latori avrebbe poi dovuto rapportare tale valutazione all'epoca in cui la servitù era stata costituita, allorché il fondo dominante era ancora inedificato. 1.a.1 Analoghe censure vengono formulate con il quarto e quinto motivo. 1.a.2 Con il terzo motivo viene denunziata la violazione dell'articolo 1350 numero 4 cod. civ., prevista per la costituzione delle servitù, laddove si ritenne sussistente una servitù di transito pedonale pur in assenza di una pattuizione scritta. 1.b I motivi non sono fondati perché non vi è una contraddizione logica nell'opera ermeneutica compiuta dai giudici del merito che rendeva irrilevante la censura di violazione della forma ad substantiam e sulla base della quale si ritenne esistente sia una servitù di passo carraio sia una di passo pedonale ed i suoi aspetti applicativi – che indussero la Corte veneziana a ritenere immutato l'iter originario atteso che il profondo sbancamento operato dagli attuali ricorrenti sul sedime della servitù di passaggio era destinato secundum rerum natura ad influire sul relativo esercizio diverso è invece il contestare e questo appare essere il vero punto controverso contenuto nel ricorso che ogni immutazione dovesse dare origine ad una condanna ripristinatoria senza tener conto delle utilità che la servitù era diretta a garantire al fondo dominante e del contemperamento delle esigenze del fondo servente su cui vedi appena sotto . 2 Con il secondo motivo si assume la carenza nella motivazione della Corte del merito, laddove ritenne che l'immutazione del percorso determinasse per ciò solo la lesione del diritto al passaggio, non tenendo quindi conto delle soluzioni alternative pur prospettate. 2.a La censura è fondata. 2.a.1 Va innanzi tutto messo in rilievo che la Corte del merito non ha motivato l'asserzione del pregresso utilizzo più agevole del transito pedonale prima cioè dello sbancamento da parte del D.C. , nonostante che nel terzo motivo dell'appello riportato ai foll 10 ed 11 del ricorso si censurasse l'analoga statuizione contenuta nella sentenza del Tribunale ne deriva che l'incontestato utilizzo dell'originario iter – in leggera pendenza verso la strada pubblica da parte degli operai che stavano costruendo la casa di abitazione del D.C. non rivestiva, ai fini qui in iscrutinio, alcun valore determinante in secondo luogo nel ragionamento della Corte ha assunto valore esclusivo l'immutazione della sede del transito deducendosene per ciò stesso la maggiore incomodità dell'esercizio del diritto al passaggio esclusivamente pedonale puntualizzazione contenuta a fol 13, secondo capoverso, della gravata decisione ma non è stato dato rilievo al fatto che il traffico veicolare dall'abitazione di quest'ultimo, lungo la suddetta rampa, non ne è risultato ostacolato o reso più difficoltoso, come è dimostrato dalla circostanza che anche il proprietario del fondo dominante successivamente edificò un garage interrato, alla stessa profondità di quello dei ricorrenti, e collegato alla prosecuzione della servitù profilo esaminato nel settimo motivo in terzo luogo non ha ricevuto adeguato risalto il fatto che i M. /S. aventi causa dalla medesima proprietaria edificarono per primi e che, in mancanza di motivazione sulla esistenza di un anteriore transito pedonale da parte del D.C. per arrivare alla propria magione, tale situazione avrebbe rivestito determinante rilievo circa la incidenza della ricordata immutazione altimetrica profilo poi sviluppato nel sesto motivo in quarto luogo non appare valutata con quella centralità che la materia avrebbe imposto la dedotta impraticabilità del transito a piedi, avendo invece ritenuto, la Corte del merito,risolutivo in tal senso il solo rilievo della pendenza 28% che l'ipotetico pedone avrebbe dovuto superare in un breve tratto del transito. 2.a.2 Quanto a questo specifico punto, parti ricorrenti si dolgono della erronea interpretazione della normativa di settore la c.d. legge Tognoli diretta, tra l'altro, al superamento delle barriere architettoniche assumendo che la stessa non avrebbe vietato in modo assoluto il transito su percorsi con pendenza superiore al 10% ma lo avrebbe ammesso se adattato con opportuni accorgimenti la Corte veneziana avrebbe invece ritenuto tout court impraticabile e quindi non esonerativo dell'ordine di ripristino della originaria quota altimetrica ogni passaggio pedonale per il mancato rispetto delle norme che, per favorire l'accessibilità dei soggetti svantaggiati, ponevano dei vincoli costruttivi. 2.a.3 Sul punto va innanzi tutto messo in rilievo che non si verte in un'ipotesi in cui possa trovare diretta applicazione la sentenza numero 167/1999 della Corte delle Leggi con la quale fu dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1052, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevedeva che il passaggio coattivo, di cui al primo comma, potesse essere concesso dall'autorità giudiziaria quando questa avesse riconosciuto che la domanda rispondeva alle esigenze di accessibilità di un'abitazione sita nel fondo dominante atteso che la servitù di transito, oggetto di esame in questa sede, ripeteva il suo titolo da una volontà negoziale dell'originario unico proprietario e presupponeva, di fatto, il pacifico accesso alla via pubblica con mezzi carrabili pur dopo l'abbassamento del piano di campagna , così che, pur essendo legittimo ritenere esistente come visto, in via di interpretazione , nell'ambito di un iter di maggiore contenuto, un diritto anche al passaggio pedonale, quest'ultimo, per le conseguenze che la richiesta ripristinatoria avrebbe comportato per il fondo servente, e per la non immediatamente percepibile utilità per il fondo dominante, doveva rispondere a criteri di concreta necessità di difficile valutazione, tenuto conto che il richiesto ripristino impedirebbe ad entrambi i proprietari l'accesso ai rispettivi garages seminterrati nella fattispecie invece posta all'attenzione della Corte Costituzionale si discuteva della concreta tutela da riconoscere ad una persona inabile al 100% che aveva chiesto in via di urgenza di poter accedere alla via pubblica attraverso un orto di proprietà di terzi, perché altrimenti, non avrebbe avuto la possibilità di utilizzare il proprio appartamento sito in uno stabile condominiale. 2.a.4 È indubbio che la richiamata decisione della Corte Costituzionale, traendo spunto dalla normativa in materia di portatori di handicap così allora si esprimeva la Corte delle Leggi , rappresentata all'epoca dalla legge 13/1989 con il connesso regolamento di attuazione contenuto nel decreto ministeriale numero 236/1989 e dalla legge 104/1992, riconobbe a detto complesso normativo un effetto conformativo della proprietà privata dunque a prescindere dalla effettiva utilizzazione degli edifici da parte delle persone svantaggiate va però rimarcato che l'affermazione era condizionata al fine di estendere una tutela che, nell’allora vigente interpretazione dell'articolo 1052 cod. civ., aveva riguardo esclusivamente alle esigenze dei fondi e non dei proprietari dunque si andava comunque a sottolineare la centralità della tutela personale e, per altro verso, la residualità della medesima mediante il riconoscimento del passaggio coattivo v. par 5 della citata decisione È peraltro evidente come la citata normativa possa in concreto risultare del tutto insufficiente rispetto al fine perseguito, ove le innovazioni necessarie alla piena accessibilità dell'immobile risultino in concreto impossibili o, come nella specie, eccessivamente onerose o comunque di difficile realizzazione. Ed è appunto in relazione a tali ipotesi che la non inclusione dell'accessibilità dell'immobile tra le esigenze che, a' sensi dell'articolo 1052, secondo comma, cod. civ., possono legittimare la costituzione della servitù coattiva di passaggio, risulta lesiva di quei principi costituzionali che, come si è accennato, l'accessibilità dell'abitazione è intesa a realizzare” ciò stava a significare che, anche nell'ottica della Corte delle Leggi, il favor del portatore di disabilità non si poneva in astratto ma trovava un limite nella praticabilità della soluzione normativamente prevista non a caso nei primi commenti non del tutto favorevoli alla succitata decisione si pose in evidenza che, non potendosi riconoscere il diritto di esercizio di un'azione popolare al proprietario del fondo preteso dominante a prescindere dunque dalle sue condizioni personali di disagio fisico si sarebbe dovuta negare la legittimazione in quel caso di chiedere un passaggio coattivo a chi non avesse fatto parte delle c.d. categorie svantaggiate. 2.a.5 Di tale necessario contemperamento tra diritto alla libera deambulazione e diritto di proprietà più volte si è occupata questa Corte in materia di Condominio negli edifici, mettendo in rilievo il nesso di necessaria proporzionalità tra l'intervento richiesto e la concreta incidenza su diritto dominicale della comunità condominiale v ex multis Cass. Sez. II numero 18334/2012 in materia poi di costituzione di una servitù coattiva di passaggio, pur adeguandosi formalmente all'enunciata tutela oggettiva della disabilità suggerita nella citata pronunzia della Corte Costituzionale, questa Corte ha nuovamente rinnovato l'attenzione sul citato bilanciamento v. Cass. Sez. II numero 14103/2012 che espressamente sottolinea Mette conto a questo punto precisare che la modifica normativa va inquadrata nell'equilibrato sistema dell'istituto, che comporta l'accoglibilità della domanda di ampliamento non solo ove essa sia praticabile in concreto previo consenso quindi dell'autorità di vigilanza del territorio , ma anche a condizione che il passaggio imposto non comporti sacrificio del fondo servente maggiore del beneficio per il dominante l'accesso alla casa del richiedente non può risolversi in impedimento significativo dell'accesso al fondo servente” introducendo pertanto una relativizzazione della tutela della disabilità in astratto, mediante lo spostamento dell'ottica interpretativa su un aspetto non esaminato perché non rilevante nella fattispecie colà considerata dalla Corte delle Leggi. 2.b Ciò porta a concludere che se la normativa sopra richiamata costituisce un limite all'esplicazione del diritto dominicale in relazione alle caratteristiche delle nuove costruzioni ed incide fortemente sulla regolarizzazione di quelle esistenti, tuttavia non fa nascere, per ciò solo, un diritto alla sua osservanza, facendo leva esclusivamente sul diritto dominicale, se non si accompagni la qualitas hominis a tutela della quale è stata emanata o non si prospetti comunque la concreta incidenza del lamentato ostacolo sulla propria sfera personale attuale o di prevedibile e prossima modifica peggiorativa . 2.c Ne consegue che la Corte di Appello è venuta meno al suo onere motivazionale laddove ha riscontrato esclusivamente nella deroga alla pendenza prevista, un vulnus al diritto di passaggio pedonale in relazione a soggetti che non avevano allegato situazioni di disagio motorio o in genere fisico, incompatibili con l'inosservanza delle prescrizioni riportate nella normativa di settore e, in ogni caso, non ha rapportato, in termini di proporzionalità rispetto al disagio per il fondo servente, l'intervento ripristinatorio che andava a confermare, tenendo conto della, comunque sussistente, possibilità di transito carrabile. 3 Risultano assorbiti gli altri motivi dall'ottavo al dodicesimo attinenti alla responsabilità degli architetti ed alla disciplina della ripartizione delle spese di lite relative alla posizione delle compagnie di assicurazione. 4 La sentenza va dunque cassata in relazione ai motivi accolti e di conseguenza va commesso alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione un nuovo esame alla luce dei principi sopra enunziati nonché la ripartizione dell'onere delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il 1 il 3 il 4 ed il 5 motivo accoglie nei termini esposti in motivazione il 2 il 6 ed il 7 motivo dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.