Il Giudice autentica direttamente la richiesta dell’amministrazione: violate le garanzie difensive dello straniero

Al procedimento giurisdizionale di decisione sulla richiesta di proroga del trattenimento dello straniero in un centro di identificazione e espulsione Cie devono essere applicate le stesse garanzie del contraddittorio partecipazione necessaria del difensore e audizione dell’interessato che sono previste al momento dell’ingresso nella struttura.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 15223, depositata il 18 giugno 2013. Omessa convocazione dello straniero all’udienza. Un cittadino extracomunitario ha presentato ricorso contro il decreto di proroga del suo trattenimento presso un centro di identificazione e espulsione, emesso de plano dal Giudice di Pace. Il ricorrente ha lamentato, dunque, l’adozione del provvedimento impugnato senza previa instaurazione del contraddittorio. La Suprema Corte, seguendo un’interpretazione secundum constitutionem, ha cassato senza rinvio il decreto impugnato, non potendo più essere prorogata la misura di trattenimento a suo tempo disposta. Carattere di eccezionalità della proroga del trattenimento. Ai sensi dell’articolo 14 d.lgs. numero 286/1998 T.U. Imm. , il trattenimento in un Cie è consentito per il tempo strettamente necessario, e comunque per 30 giorni, prorogabile, da parte del giudice, di 30 giorni, in presenza di gravi difficoltà di accertamento dell’identità e della nazionalità o per l’acquisizione di documenti per il viaggio. Il Testo Unico sull’immigrazione, inoltre, prevede la possibilità di due ulteriori proroghe, di 60 giorni ciascuna, in presenza di due condizioni alternative mancata cooperazione al rimpatrio o ritardo nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi, per un periodo massimo che non dovrebbe superare i 180 giorni. Obbligo di seguire la “procedura garantita”, nel rispetto del contraddittorio. Pertanto, per gli Ermellini, il provvedimento del Giudice di Pace va congruamente motivato e tale valutazione non può prescindere dalla partecipazione dello straniero all’udienza camerale per la verifica delle condizioni legittimanti la proroga della detenzione amministrativa.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 26 febbraio - 18 giugno 2013, numero 15223 Presidente Di Palma – Relatore De Chiara Premesso che nella relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c. si legge quanto segue “Il sig. O.O.M. ricorre per cassazione avverso decreto di proroga del suo trattenimento presso un centro di identificazione ed espulsione emesso de plano dal Giudice di pace di Roma. L'amministrazione intimata non svolge difese. È fondata l'assorbente censura dell'adozione del provvedimento impugnato senza previa instaurazione del contraddittorio con l'interessato. Al procedimento giurisdizionale di decisione sulla richiesta di proroga del trattenimento dello straniero, già sottoposto a tale misura per il primo segmento temporale previsto dalla legge, devono essere applicate, infatti, le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell'audizione dell'interessato, che sono previste esplicitamente, ai sensi dell'articolo 14, comma 4, d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286 del 1998, nel procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento, essendo tale applicazione estensiva imposta da un'interpretazione costituzionalmente orientata del successivo comma 5, relativo all'istituto della proroga, tenuto conto che un'opposta lettura delle norme sarebbe in contrasto con gli articolo 3 e 24 Cost. Cass. 4544/2010 e successive conformi.”. Considerato che detta relazione è stata ritualmente comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite, i quali non hanno presentato conclusioni o memorie che il Collegio condivide quanto osservato nella relazione sopra trascritta che pertanto il ricorso va accolto e il decreto impugnato va cassato senza rinvio, più non potendo essere prorogata la misura di trattenimento a suo tempo disposta che non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di merito, cui non ha partecipato l'attuale ricorrente, mentre le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato e condanna l'amministrazione resistente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.400,00, di cui 1.300,00 per compensi di avvocato, oltre accessori di legge, distratte in favore dell'antistatario avv. Silvio Ferrara.