Deve escludersi la sussistenza del delitto di appropriazione indebita allorquando la condotta del soggetto agente non consista né nella interversione del possesso del bene oggetto della stessa conseguente all’utilizzo uti dominus del medesimo, al di fuori della sfera di sorveglianza del titolare né nell’uso indebito di una res, qualora esso sia avvenuto eccedendo completamente i limiti del titolo in virtù del quale l’agente deteneva questa in custodia, di modo che l’atto comporti un impossessamento, seppur temporaneo, del bene.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza numero 20280, depositata il 15 maggio 2014. Il caso. La Corte d’Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano, confermando la precedente statuizione del Tribunale di Bolzano, riteneva il dipendente di un’agenzia di scommesse colpevole del delitto di appropriazione indebita, per essersi il medesimo appropriato della macchina per la registrazione delle scommesse stesse alla quale era addetto, avendo effettuato alcune giocate senza versare in cassa i relativi importi. Avverso la predetta sentenza l’imputato proponeva ricorso in Cassazione fondato su due motivi. Con il primo la difesa deduceva la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 646 c.p., in quanto la condotta ascritta al dipendente della suddetta agenzia non avrebbe potuto essere sussunta in quella descritta e punita dalla norma dedotta in imputazione, non avendo l’imputato posto in essere alcuna appropriazione della macchina a cui era addetto. Quanto contestato al dipendente dell’agenzia avrebbe integrato tutt’al più un illecito di natura civile, consistente nel mancato pagamento delle scommesse effettuate. Parimenti assente avrebbe dovuto ritenersi l’elemento soggettivo del delitto di appropriazione indebita, essendo mancata nell’imputato la coscienza e la volontà di appropriarsi della macchina de qua per procurarsi un ingiusto profitto, come reso evidente dall’immediata ammissione del medesimo all’atto della scoperta del suo comportamento da parte della titolare dell’agenzia, con conseguente sottoscrizione di una ricognizione di debito. La seconda doglianza poggiava le proprie basi sull’asserita manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla quantificazione della pena un anno di reclusione e € 1.600 di multa , considerata dalla difesa eccessiva rispetto all’intensità del dolo dell’imputato e ai suoi precedenti penali non specifici. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. Senza interversione non vi è appropriazione. La seconda sezione penale della Suprema Corte ritiene fondato il primo motivo di ricorso con conseguente assorbimento del secondo . In particolare, il Collegio di legittimità evidenzia come, nella vicenda oggetto di giudizio, non possano assolutamente ravvisarsi gli estremi del delitto di cui all’articolo 646 c.p Infatti, tale fattispecie penale viene in rilievo soltanto nei casi di interversione del possesso del bene oggetto della condotta del soggetto agente, interversione consistente nell’utilizzo, da parte dell’agente, della cosa mobile altrui uti dominus, al di fuori della sfera di sorveglianza del titolare della stessa. Allo stesso modo, il delitto de quo deve ravvisarsi nell’utilizzo indebito della res oggetto della condotta, qualora, tuttavia, l’utilizzo stesso ecceda completamente i limiti entro i quali il titolo di detenzione lo consentiva, in modo tale da considerare il comportamento del soggetto agente alla stregua di un impossessamento temporaneo si pensi all’utilizzo per scopi personali, da parte di un gommista, dell’autovettura altrui a lui affidata per la sostituzione dei pneumatici . Ebbene, secondo i giudici di Piazza Cavour la condotta dell’imputato non ha assunto né i connotati di una interversio possessionis della cosa mobile altrui la macchina per le scommesse , che è rimasta sempre nella disponibilità della legittima titolare l’agenzia , né quelli di un utilizzo della stessa completamente al di fuori dei limiti del titolo che ne legittimava la detenzione. Il dipendente dell’agenzia, infatti, ha semplicemente effettuato delle giocate per se stesso senza versarne il corrispettivo, non essendo la possibilità di effettuare giocate per proprio conto preclusa dal contratto di lavoro tra l’imputato e la società che gestisce l’agenzia. L’intera vicenda, pertanto, si caratterizza per la sua mera rilevanza civilistica, essendosi essa limitata ad un mancato adempimento di un’obbligazione il pagamento delle scommesse . Ne è derivato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 aprile – 15 maggio 2014, numero 20280 Presidente Gentile – Relatore Lombardo Ritenuto in fatto A.M. ricorre per cassazione - a mezzo del suo difensore - avverso la pronuncia di cui in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Trento - Sezione Distaccata di Bolzano ha confermato la sentenza del Tribunale di Bolzano, che lo aveva condannato alle pene di giustizia per il delitto di appropriazione indebita di una macchina per scommesse della società Isola del Tesoro s.a.s. di Cescato Barbara e C , riducendo l'entità della condanna al risarcimento del danno inflitta in primo grado l'imputato - quale dipendente della società Isola del Tesoro addetto a ricevere le scommesse degli avventori, ad inserirle nella macchina per le scommesse e ad incassare l'importo giocato -aveva effettuato alcune scommesse per proprio conto senza versare in cassa i relativi importi . Deduce 1 la violazione e falsa applicazione dell'articolo 646 cod. penumero deduce, in particolare, che, nella fattispecie, non sarebbe configurabile il delitto di appropriazione indebita, riducendosi il fatto al mero uso della macchina per le scommesse da parte di un dipendente ad essa addetto. Mancherebbe, infatti, la condotta tipica commissiva della appropriazione, così come mancherebbe l'elemento soggettivo del reato di cui all'articolo 646 cod. penumero , non avendo agito l'imputato con la coscienza e volontà di appropriarsi della cosa mobile altrui al fine di procurarsi un ingiusto profitto, come sarebbe dimostrato dalla immediata ammissione dei fatti da parte dell'A. alla legale rappresentate della società non appena i fatti furono da essa scoperti e dalla sottoscrizione di una ricognizione di debito per l'intero importo non versato. In realtà, a dire del ricorrente, i fatti contestati all'imputato si ridurrebbero al mancato pagamento delle giocate effettuate e, perciò, unicamente ad un illecito civile, privo di ogni rilievo penale 2 la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla quantificazione della pena determinata in anni 1 di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa , a suo dire eccessiva rispetto alla entità del dolo dell'imputato e ai suoi precedenti penali non specifici. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. Va premesso che l'imputato è chiamato a rispondere del delitto p. e p. dagli articolo 81 cpv., 646, 61 numero 7 e 11 , C.P., per essersi, al fine di procurare a sé un ingiusto profitto, appropriato della macchina per le scommesse toner della better della società Isola del Tesoro Sas di Cescato Barbara & amp Co., concessionaria della Lottomatica e della Sisal, di cui aveva il possesso in quanto dipendente della società predetta, facendo, in più occasioni, numerose giocate per un ammontare complessivo di 36.000,00 con le aggravati di aver abusato di un rapporto di prestazione d'opera e di aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità . Vanno poi richiamati i principi di diritto dettati da questa Corte suprema nella materia, secondo cui 1 integra il reato di appropriazione indebita la condotta consistente nella mera interversione del possesso, che sussiste anche nel caso di una detenzione qualificata , conseguente all'esercizio di un potere di fatto sulla cosa, al di fuori della sfera di sorveglianza del titolare in applicazione di tale principio, la S.C. ha ravvisato la condotta appropriativa nella ritenzione di un autoveicolo, utilizzato uti dominus nonostante la risoluzione del contratto di leasing e la richiesta di restituzione del bene Cass., Sez. 2, numero 13347 del 07/01/2011 Rv. 250026 analogamente, Sez. 2, numero 38604 del 20/09/2007 Rv. 238163 Sez. 5, numero 363 del 21/01/1999 Rv. 212528 2 il reato di appropriazione indebita è integrato anche dal mero uso indebito di una res , quando esso sia avvenuto eccedendo completamente i limiti del titolo in virtù del quale l'agente deteneva in custodia la stessa, di modo che l'atto compiuto comporti un impossessamento, sia pur temporaneo, del bene nella specie è stato ravvisato il reato nella condotta di un gommista che - avendo ricevuto in custodia una autovettura Ferrari per la sostituzione dei pneumatici - la aveva in più occasioni usata per ragioni personali, fino a provocare un incidente stradale che aveva danneggiato gravemente l'autovettura Cass., Sez. 2, numero 47665 del 27/11/2009 Rv. 245370 . Orbene, nel caso di specie, è da escludersi che l'imputato si sia appropriato della macchina per le scommesse toner della better della società Isola del Tesoro Sas di Cescato Barbara & amp Co., presso la quale svolgeva la sua attività lavorativa. La macchina in questione, infatti, è rimasta sempre nella disponibilità della ditta esercente l'attività commerciale e non è mai transitata sotto il controllo esclusivo dell'imputato. Deve escludersi anche che l'imputato abbia fatto uso indebito della macchina de qua eccedendo i limiti del titolo in virtù del quale la deteneva. Non risulta, infatti, che le condizioni di contratto, che legavano l'A. alla società della quale era dipendente, gli vietassero di effettuare scommesse per sé. Egli, perciò, mantenendosi nei limiti delle sue mansioni e facendo della macchina per le scommesse l'uso cui essa era destinata, ha semplicemente effettuato delle giocate per sé, omettendo di versare nella cassa l'importo relativo condotta questa assimilabile a quella del dipendente che riceva delle giocate da terzi senza esigere il contestuale pagamento della somma scommessa. Tale condotta non risulta sussumibile nella fattispecie di reato di cui all'articolo 646 cod. penumero . Manca, infatti, la appropriazione di alcunché, come manca la interversio possessionis, elemento costitutivo della fattispecie criminosa de qua. La vicenda, pertanto, assume rilievo giuridico solo sul piano civilistico, laddove ha dato vita ad un debito dell'imputato nei confronti della ditta della quale era dipendente, la quale ha dovuto versare per lui le somme scommesse. Pertanto, la sentenza impugnata va annullata in quanto il fatto - così come accertato dai giudici di merito - non è sussumibile nella fattispecie criminosa di cui all'articolo 646 cod. penumero , né è giuridicamente qualificabile con riferimento a diversa fattispecie di reato. 2. Il secondo motivo di ricorso rimane assorbito. 3. Rimangono ovviamente salvi i diritti della parte civile di far valere separatamente, dinanzi al giudice civile, le proprie pretese. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.