In pratica, ha sbagliato l'Ispettorato del lavoro a contestare all’Azienda sanitaria locale l’evasione contributiva relativamente ad alcuni prestatori d’opera addetti all’assistenza di soggetti portatori di handicap ospitati in una casa albergo.
Ciò in quanto non era stata provata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l’Azienda, perchè non sono risultati i atti dai quali emerga che gli assistenti operanti nella casa albergo scelti e contattati dai soggetti assistiti fossero stati assunti dall’ente sanitario attraverso una qualsiasi procedura ii l’esistenza di un potere disciplinare da parte del responsabile della struttura iii una regolamentazione dell’orario di lavoro approvata dall’ente o comunque sottoposta al controllo del responsabile della struttura iv l’esclusività della prestazione resa in favore dell’azienda v l’erogazione da parte dell’amministrazione di un compenso orario , in quanto l’azienda si limitava ad erogare un contributo economico, variabile a seconda della loro disponibilità, ai soggetti ospitati nella struttura i quali, in alcuni casi, provvedevano a riscuoterlo mediante delega a taluni operatori . Inoltre, aveva affermato il giudice i primo grado, gli stessi operatori provvedevano, autonomamente, all’organizzazione del servizio di assistenza, attraverso modalità e tempi dai medesimi stabiliti, senza alcuna mediazione da parte dell’ente sanitario e con totale responsabilità a carico dei medesimi . Del resto, tali risultanze non potevano essere confutate in ragione dell’attività di controllo e vigilanza esercitata dal responsabile della struttura , in quanto tale attività si esauriva in una mera attività di collegamento tra operatori ed assistiti, senza condizionare direttamente modalità e tempi delle prestazioni fornite dal personale che si limitava ad informare il responsabile circa l’organizzazione del servizio . Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali aveva, quindi, proposto appello deducendo l’erroneità della sentenza in quanto, pur mancando un formale atto di assunzione, esisteva un rapporto di lavoro subordinato di fatto, atteso che dalle dichiarazioni rese all’Ispettorato provinciale del lavoro di Firenze dagli assistenti emergeva che l’inserimento degli stessi nella struttura avveniva previo colloquio con il responsabile, funzionario dell’USL , che si occupava delle assunzioni, con un periodo di prova di sei mesi, e dei licenziamenti. I fatti. Chiarito ciò, la Sezione si è soffermata sugli elementi utilizzati al fine di valutare oggettivamente la situazione. In sostanza, è stato affermato che, con riferimento al potere disciplinare, diversi operatori avevano chiarito che il funzionario Asl era titolare del potere direttivo e di controllo, fornendo le necessarie indicazioni sui compiti e le attività da svolgere e che in talune occasioni aveva richiamato alcuni degli addetti all’assistenza e provveduto al relativo allontanamento in caso di gravi e ripetute inadempienze. Inoltre, con riferimento agli orari di lavoro, tutti gli operatori avevano dichiarato di avere svolto mensilmente turni antimeridiani, pomeridiani e notturni per un totale di circa centoventi ore e che erano, inoltre, tenuti ad apporre giornalmente, in entrata ed in uscita, la propria firma su una scheda di servizio del giorno. Infine, con riferimento alla retribuzione, era previsto un compenso orario, peraltro variato negli anni , variabile essendo calcolato sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente svolte . Sul punto la sentenza precisa che non avrebbero rilevanza le modalità di pagamento , ben potendo la scelta di corrispondere indirettamente la retribuzione prestarsi a favorire la dissimulazione di un rapporto di lavoro subordinato effettivamente sussistente . Gli elementi necessari. La giurisprudenza del Consiglio di Stato è constante nel ritenere che in tema di qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, gli indici sostanziali che possono considerarsi rivelatori di un vero e proprio rapporto di pubblico impiego consistono nella natura pubblica dell’ente datore di lavoro, nella diretta correlazione dell’attività lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, nell’effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’ente, nell’orario predeterminato e assoggettato a controllo, nella retribuzione prefissata e a cadenza mensile, nel carattere continuativo, professionale e in via prevalente, se non esclusiva, delle prestazioni lavorative effettuate tra gli altri, Cons. Stato n. 5594/2012 e n. 2249/2012 . La stessa giurisprudenza ha affermato che in relazione agli indici rivelatori del rapporto di pubblico impiego incombe su chi ne invoca la sussistenza l’onere di dimostrare i relativi principi di prova Cons. Stato n. 5594/2012 e n. 2718/2008 . Nella fattispecie in esame tale prova non era stata fornita, in quanto Il Ministero, come risulta dalla stessa lettura dei motivi di gravame, si era limitato a generiche asserzioni, con richiami indeterminati a dichiarazioni rese dalle parti. Ma anche qualora si volesse ritenere che l’appellante, mediante il materiale probatorio acquisito al processo, abbia assolto all’onere di provare i fatti dedotti, ugualmente la domanda sarebbe infondata per inidoneità dei fatti stessi addotti ad assurgere al rango di elementi rilevatori dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente. Ciò in quanto, con riferimento al potere disciplinare, i fatti rilevanti sono quelli in grado di dimostrare l’esistenza di un controllo del datore lavoro del tutto equivalente a quello esercitato sui propri dipendenti es. timbratura, strumenti di rilevazione dell’orario e non, come nella specie, quelli riferibili a forme generiche di controllo. Con riferimento agli orari di lavoro, gli stessi devono essere predeterminati e fissi e non, come nella specie, di natura variabile. Infine, con riferimento alla retribuzione, la stessa deve essere predefinita e a cadenza mensile e non, come nella specie, dipendente dal lavoro effettivamente prestato e corrisposto non dall’amministrazione ma direttamente dagli assistiti la simulazione delle modalità di pagamento non è stata anch’essa provata .
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 15 ottobre - 5 dicembre 2013, n. 5799 Presidente Baccarini Estensore Lopilato Fatto e diritto 1. L’Ispettorato del lavoro ha contestato all’Azienda sanitaria locale numero 10 di Firenze l’evasione contributiva relativamente ad alcuni prestatori d’opera addetti all’assistenza di soggetti portatori di handicap ospitati nella casa albergo, sita in Firenze, via Modigliani 123 di Firenze. La predetta azienda ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana al fine di ottenere l’accertamento dell’inesistenza del rapporto di pubblico impiego con i predetti prestatori d’opera e, conseguentemente, l’accertamento dell’inesistenza dell’obbligo di corrispondere all’Istituto nazionale della previdenza sociale le somme derivanti dalla pretesa violazione degli obblighi contrattuali. 1.1. Si è costituito in giudizio il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, chiedendo il rigetto del ricorso. 2. Il Tribunale amministrativo, con sentenza 11 settembre 2008, n. 1910, ha accolto il ricorso, rilevando che, all’esito dell’istruttoria e della documentazione acquisita, non era stata provata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l’Azienda, in quanto non sono risultati i atti dai quali emerga che gli assistenti operanti nella casa albergo scelti e contattati dai soggetti assistiti fossero stati assunti dall’ente sanitario attraverso una qualsiasi procedura ii l’esistenza di un potere disciplinare da parte del responsabile della struttura iii una regolamentazione dell’orario di lavoro approvata dall’ente o comunque sottoposta al controllo del responsabile della struttura iv l’esclusività della prestazione resa in favore dell’azienda v l’erogazione da parte dell’amministrazione di un compenso orario , in quanto l’azienda si limitava ad erogare un contributo economico, variabile a seconda della loro disponibilità, ai soggetti ospitati nella struttura i quali, in alcuni casi, provvedevano a riscuoterlo mediante delega a taluni operatori . Inoltre, si afferma sempre nella sentenza, gli stessi operatori provvedevano, autonomamente, all’organizzazione del servizio di assistenza, attraverso modalità e tempi dai medesimi stabiliti, senza alcuna mediazione da parte dell’ente sanitario e con totale responsabilità a carico dei medesimi . Il primo giudice ha dedotto, infine, che tali risultanze non possono essere confutate in ragione dell’attività di controllo e vigilanza esercitata dal responsabile della struttura sig. Donati , in quanto tale attività si esauriva in una mera attività di collegamento tra operatori ed assistiti, senza condizionare direttamente modalità e tempi delle prestazioni fornite dal personale che si limitava ad informare il responsabile circa l’organizzazione del servizio . 3. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha proposto appello. In particolare, si è dedotta l’erroneità della sentenza in quanto, pur mancando un formale atto di assunzione, esisteva un rapporto di lavoro subordinato di fatto, atteso che dalle dichiarazioni rese all’Ispettorato provinciale del lavoro di Firenze dagli assistenti emerge che l’inserimento degli stessi nella struttura avveniva previo colloquio con il responsabile sig. Donati, funzionario dell’USL , che si occupava delle assunzioni, con un periodo di prova di sei mesi, e dei licenziamenti. Chiarito ciò, si è affermato a con riferimento al potere disciplinare , che diversi operatori hanno affermato che il sig. Donati era titolare del potere direttivo e di controllo, fornendo le necessarie indicazioni sui compiti e le attività da svolgere e che in talune occasioni aveva richiamato alcuni degli addetti all’assistenza e provveduto al relativo allontanamento in caso di gravi e ripetute inadempienze b con riferimento agli orari di lavoro , tutti gli operatori hanno dichiarato di avere svolto mensilmente turni antimeridiani, pomeridiani e notturni per un totale di circa centoventi ore e che erano, inoltre, tenuti ad apporre giornalmente, in entrata ed in uscita, la propria firma su una scheda di servizio del giorno c con riferimento alla retribuzione , era previsto un compenso orario, peraltro variato negli anni , variabile essendo calcolato sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente svolte sul punto si aggiunge che non avrebbero rilevanza le modalità di pagamento , ben potendo la scelta di corrispondere indirettamente la retribuzione prestarsi a favorire la dissimulazione di un rapporto di lavoro subordinato effettivamente sussistente . 4. L’appello non è fondato. 4.1. La giurisprudenza del Consiglio di Stato è constante nel ritenere che in tema di qualificazione di un rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, gli indici sostanziali che possono considerarsi rivelatori di un vero e proprio rapporto di pubblico impiego consistono nella natura pubblica dell’ente datore di lavoro, nella diretta correlazione dell’attività lavorativa prestata con i fini istituzionali perseguiti, nell’effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’ente, nell’orario predeterminato e assoggettato a controllo, nella retribuzione prefissata e a cadenza mensile, nel carattere continuativo, professionale e in via prevalente, se non esclusiva, delle prestazioni lavorative effettuate tra gli altri, Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2012, n. 5594 id.,18 aprile 2012, n. 2249 . La stessa giurisprudenza ha affermato che in relazione agli indici rivelatori del rapporto di pubblico impiego incombe su chi ne invoca la sussistenza l’onere di dimostrare i relativi principi di prova Cons. Stato, sez. V, n. 5594 del 2012, cit. id., sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2718 . 4.2. Nella fattispecie in esame tale prova non è stata fornita, in quanto l’appellante, come risulta dalla stessa lettura dei motivi di gravame, si è limitato a generiche asserzioni, con richiami indeterminati a dichiarazioni rese dalle parti. Ma anche qualora si volesse ritenere che l’appellante, mediante il materiale probatorio acquisito al processo, abbia assolto all’onere di provare i fatti dedotti, ugualmente la domanda sarebbe infondata per inidoneità dei fatti stessi addotti ad assurgere al rango di elementi rilevatori dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente. Ciò in quanto a con riferimento al potere disciplinare , i fatti rilevanti sono quelli in grado di dimostrare l’esistenza di un controllo del datore lavoro del tutto equivalente a quello esercitato sui propri dipendenti es. timbratura, strumenti di rilevazione dell’orario e non, come nella specie, quelli riferibili a forme generiche di controllo b con riferimento agli orari di lavoro , gli stessi devono essere predeterminati e fissi e non, come nella specie, di natura variabile c con riferimento alla retribuzione , la stessa deve essere predefinita e a cadenza mensile e non, come nella specie, dipendente dal lavoro effettivamente prestato e corrisposto non dall’amministrazione ma direttamente dagli assistiti la simulazione delle modalità di pagamento non è stata anch’essa provata . Nessuna censura è stata rivolta nei confronti del capo della sentenza che ha ritenuto non provata l’esclusività del rapporto di lavoro. 5. Alla luce di quanto sin qui esposto deve escludersi che gli operatori in esame fossero dipendenti legati da un rapporto di lavoro alle dipendenze della struttura sanitaria. 6. L’appellante è condannato al pagamento, in favore dell’Azienda Usl 10 di Firenze, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che si determinano in euro 3.000,00 tremila , oltre accessori. P.Q.M. Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando a rigetta l’appello proposto con il ricorso n. 3188 del 2009, indicato in epigrafe b condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’azienda Usl 10 di Firenze, delle spese processuali del presente grado di giudizio, che si determinano in euro 3.000,00 tremila , oltre accessori. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.