Scontro condominiale, insulti reciproci. Irrilevante la priorità dell’offesa per l’applicazione dell’esimente della ritorsione

Scenario è un’assemblea di condominio, dove lo scontro tra due uomini si fa accesissimo. Condannato, sia in primo che in secondo grado, colui che è stato ritenuto autore delle prime parole ‘infuocate’. Ma questa visione è erronea l’ipotesi della non punibilità, a causa della reciprocità delle offese, non può essere esclusa a priori per un presunto criterio di priorità nell’insulto.

Contesto condominiale come campo di battaglia – Fantozzi docet – a volare, però, per fortuna, sono solo parole pesanti, pesantissime! Rapida l’escalation – tra due uomini –, che parte da critiche a sfondo professionale per arrivare a offese a livello personale Sul tavolo l’ipotesi – concreta – del delitto di lesione dell’onore. Ma il ‘ping pong’ di epiteti poco simpatici rende plausibile l’applicazione della non punibilità prevista in caso di ritorsione. E ciò vale anche per il primo offensore Cassazione, sentenza n. 45150, Quinta sezione Penale, depositata oggi ‘Botta e risposta’. Eppure, nei primi due gradi di giudizio – Giudice di pace e Tribunale –, viene sancita la responsabilità della persona che ha agito per primo ‘ferendo’ onore e decoro della persona offesa . Ciò perché, secondo i giudici, non è possibile applicare l’esimente della reciprocità delle offese , avendo l’uomo metaforicamente scagliato la prima pietra verbale. Assurda, secondo l’uomo – condannato anche a pagare un adeguato risarcimento dei danni –, la visione adottata dai giudici, perché non è stata presa in considerazione la stretta connessione temporale e psicologica tra la condotta offensiva a lui addebitata e l’azione lesiva esercitata in suo danno dalla persona offesa, che ne aveva messo in dubbio, nel corso di un’assemblea condominiale, le capacità professionali . Ebbene, di fronte a questa ricostruzione dei fatti, i giudici della Cassazione ‘azzerano’ la pronunzia emessa dal Tribunale, ritenendo plausibile l’applicazione della esimente della cosiddetta ritorsione , così come auspicato dall’uomo condannato per il delitto di ingiuria . Allo stesso tempo, prendendo spunto dalla vicenda, dal ‘Palazzaccio’ arriva una sottolineatura importante non è necessaria alcuna proporzione, né assume rilevanza l’aspetto cronologico rispetto a un contesto di reciproche offese. Ciò anche perché ciascuna offesa è considerata pena dell’altra e non è giusto punire colui che ha risposto all’ingiuria, in quanto egli, in luogo di offendere, ha punito, così come non è giusto punire colui che ha ingiuriato per primo, poiché, con la ingiuria ricevuta, ha già subito una pena . Assolutamente impensabile, quindi, concludono i giudici – riaffidando la vicenda al Tribunale –, escludere la causa di non punibilità della cosiddetta ritorsione sulla base di un presunto criterio di priorità dell’offesa .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 settembre - 8 novembre 2013, n. 45150 Presidente Oldi – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con sentenza pronunciata il 4.12.2012 il tribunale di Napoli, in composizione monocratica, sezione distaccata di Pozzuoli, confermava la sentenza con cui il giudice di pace di Pozzuoli, in data 17.2.2011, aveva condannato V.G. alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione al delitto di cui all’art. 594, c.p., commesso in danno di C.A. 2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento con rinvio, ha proposto tempestivo ricorso per Cassazione il V., lamentando violazione di legge e difetto di motivazione, in relazione agli artt. 599, 594, c.p. 495, co. 2, c.p.p. 3. In particolare il ricorrente evidenzia l’errore di diritto in cui è incorso il tribunale nell’affermare che la possibilità di applicare nel caso in esame l’esimente della reciprocità delle offese, di cui all’art. 599, co. 1, c.p., è preclusa dalla circostanza che l’imputato ha agito per primo, offendendo l’onore ed il decoro della persona offesa, in quanto siffatta affermazione risulta in contrasto con la previsione legislativa e con i principi elaborati al riguardo dalla giurisprudenza di legittimità. 3.1. Il giudice di appello, inoltre, non tiene conto della stretta connessione temporale e psicologica esistente tra la condotta offensiva dell’imputato e l’azione lesiva esercitata in suo danno dal C., il quale, avendo messo in dubbio, nel corso di un’assemblea condominiale, le capacità professionali del V., ne aveva offeso la reputazione, ponendo in essere le condizioni per applicare in favore del ricorrente anche l’esimente di cui all’art. 599, co. 2, c.p. 3.2. Sotto questo profilo, ad avviso del ricorrente, il tribunale è incorso anche nel vizio di motivazione, in ordine al rigetto della richiesta difensiva di ammissione della prova testimoniale a discarico, che avrebbe consentito di dimostrare come ad offendere per primo il V. sia stato in realtà proprio il C. 4. Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto per le seguenti ragioni. 5. Evidente l’errore di diritto commesso dal giudice di secondo grado, nell’escludere l’applicabilità nel caso in esame della causa di non punibilità di cui all’art. 599, co. 1, c.p., sul presupposto che l’imputato ha agito per primo, offendendo l’onore ed il decoro della parte lesa. Come da tempo affermato dalla giurisprudenza di legittimità assolutamente dominante, infatti, perché il giudice possa applicare l’esimente della c.d. ritorsione di cui al comma 1 dell’art. 599 c.p. è sufficiente che sussistano più ingiurie reciprocamente pronunziate, basta cioè che egli possa valutare come offesa il fatto reciproco. Non è necessaria alcuna proporzione, né assume rilevanza l’aspetto cronologico, oltre tutto perché può essere dichiarato non punibile uno o entrambi degli offensori, cioè non soltanto colui che ha pronunziato l’ingiuria seconda in ordine cronologico, ma anche colui che per primo ha ingiuriato, poiché deve ravvisarsi nella esimente in questione un caso eccezionale di rinunzia da parte dello Stato alla potestà punitiva, in quanto ciascuna offesa è considerata pena dell’altra e quindi non è più necessaria l’applicazione di una pena per ristabilire l’ordine violato. Infatti, non è giusto punire colui che ha risposto all’ingiuria in quanto egli in luogo di offendere ha punito così come non è giusto punire colui che ha ingiuriato per primo, poiché con la ingiuria ricevuta ha già subito una pena, ferma restando la discrezionalità rimessa al giudice. Deve, pertanto, ritenersi illegittima la decisione con cui il giudice escluda l’applicazione della menzionata causa di non punibilità di cui all’art. 599, co. 1, c.p., sulla base del criterio di priorità dell’offesa, in quanto essa può essere applicata anche a colui che abbia offeso per primo cfr. Cass., sez. V, 13/11/1991, Sirugo Cass., sez. V, 11/12/1987, Dell’Acqua Cass., sez. V, 10/07/2002, n. 34616, S. Cass., sez. V, 21/10/2009, n. 48650, S., rv. 245826 . 5. La fondatezza del primo motivo di ricorso assorbe in sé ogni ulteriore censura difensiva, per cui la sentenza impugnata va annullata, con rinvio al tribunale di Napoli per nuova esame, da svolgersi conformemente ai principi di diritto in precedenza indicati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Napoli per nuovo esame.