Completamente ribaltata la linea di pensiero adottata in primo e in secondo grado, e che aveva portato alla condanna del conducente che aveva provocato l’incidente. Minato dalle fondamenta, ora, il castello accusatorio assolutamente non dimostrata la consapevolezza del sinistro.
Dinamica veloce, con due furgoni in fila che provano il sorpasso quasi in contemporanea il conducente del veicolo che segue è colto alla sprovvista dalla manovra, e per evitare lo scontro finisce fuori strada, impattando contro un palo della luce. Fortunatamente l’uomo riporta solo alcune lesioni, mentre il conducente dell’altro veicolo prosegue la propria corsa. Evidente la responsabilità del conducente del primo veicolo, ma è assolutamente azzardato dedurne anche l’addebito dell’omissione di soccorso. Perché è illogico dare per scontata, anche alla luce della fragorosità dell’impatto, la percezione dell’incidente attraverso lo specchietto retrovisore Cassazione, sentenza numero 46427/2012, Quarta Sezione Penale, depositata oggi . Paraocchi Eppure, sia in primo che in secondo grado, l’uomo viene riconosciuto colpevole, tanto da essere condannato alla pena di 5 mesi di reclusione, con annessa sospensione della patente di guida per ben 30 mesi. Secondo i giudici, nessun dubbio è possibile sulla ricostruzione dei fatti, e tantomeno sull’azione compiuta, anzi non compiuta, dal conducente del veicolo che ha dato il ‘la’ all’incidente. Per una ragione semplicissima non è verosimile che l’uomo «non si fosse accorto dell’incidente», posto che egli «doveva ben aver guardato nello specchietto retrovisore» e «doveva avere udito il rumore della frenata dell’altro furgone e dell’urto contro il palo». Di conseguenza, non è ipotizzabile, sempre secondo i giudici, che l’uomo – alla guida non certo col paraocchi – abbia proseguito la propria corsa senza rendersi conto minimamente di quanto accaduto Nulla è scontato. Ma il castello accusatorio non regge, almeno secondo l’uomo, che, ricorrendo per cassazione, si appiglia all’idea del «ragionevole dubbio» e sottolinea come il quadro probatorio delineato in Appello sia quantomeno «incerto». E tale tesi trova pieno accoglimento, da parte dei giudici di terzo grado. Perché non è condivisibile la linea di ragionamento seguita in Corte d’Appello, laddove vengono «date per certe» determinate circostanze per poter stabilire la «responsabilità» dell’uomo. Ma proprio quei fatti, «dati per ammessi in premessa», avrebbero dovuto «essere oggetto di verifica», sottolineano i giudici di Cassazione. Per giunta, anche i comportamenti dedotti in secondo grado vengono messi in discussione. Per quale motivo «il conducente di un furgone che, viaggiando a 90 chilometri orari, eseguiva una manovra di sorpasso di altro veicolo, ed era quindi evidentemente intento a portare a termine tale manovra» avrebbe dovuto «necessariamente sentire il rumore, per quanto forte, di un incidente avvenuto dietro di lui» a una distanza di almeno 130 metri? Eppoi, è da ritenere irrazionale, secondo i giudici, il comportamento di una persona indotta a «guardare nello specchietto retrovisore da un semplice rumore, e non dall’apprestarsi ad eseguire una manovra di sorpasso». E, per chiudere, come ‘ciliegina sulla torta’, è assolutamente non dimostrata la «consapevolezza» dell’uomo di aver provocato l’incidente. Tutti i dubbi e tutte le perplessità dei giudici di Cassazione minano alle fondamenta non solo la pronunzia di colpevolezza emessa in Appello, ma addirittura la stessa accusa così, non a caso, la vicenda si chiude, ora, l’azzeramento di ogni contestazione nei confronti dell’uomo.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 aprile – 30 novembre 2012, numero 46427 Presidente Sirena – Relatore Foti Ritenuto in fatto 1. – L.M., imputato ex articolo 189 co. 6 e 7 del codice della strada, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste, del 22 giugno 2011, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Gorizia, del 13 novembre 2008, che lo ha dichiarato colpevole dei reati contestati e lo ha condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ritenuta la continuazione, con i doppi benefici, alla pena di cinque mesi di reclusione, con sospensione della patente di guida per due anni e sei mesi. L’imputato è stato coinvolto, mentre si trovava alla guida di un furgone, in un incidente stradale a causa del quale K.H., che si trovava alla guida di altro furgone, è andato a impattare contro un palo della luce, riportando varie lesioni. Secondo l’accusa, mentre K.H. stava eseguendo un sorpasso, il L., che lo precedeva, al fine di effettuare a propria volta un sorpasso, gli aveva tagliato la strada il K., per evitare lo scontro con l’altro furgone, era finito fuori strada ed aveva urtato un palo della luce con conseguente ribaltamento del veicolo. Malgrado l’accaduto, l’imputato aveva proseguito la propria marcia senza fermarsi e senza prestare assistenza al ferito. Nel ribadire la responsabilità dell’imputato, la corte territoriale ha sostenuto non essere verosimile che lo stesso non si fosse accorto dell’incidente, posto che lo stesso doveva ben aver guardato nello specchietto retrovisore e doveva avere udito il rumore della frenata dell’altro furgone o dell’urto contro il palo. Se, quindi, ha soggiunto la stessa corte, l’imputato si è accorto di quanto accaduto, ha visto il furgone del K. ribaltato e sì è allontanato senza fermarsi e senza prestare soccorso al ferito, ha evidentemente tenuto condotta che pienamente integra le fattispecie di reato contestate. 2. - Avverso detta sentenza ricorre, dunque, il L., che deduce a Violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata. Si invoca, in particolare, nel ricorso il “ragionevole dubbio” circa la responsabilità dell’imputato, a fronte di un quadro probatorio incerto nel delineare i presupposti giuridico-fattuali dei reati ascritti. In specie, circa l’effettiva consapevolezza dell’occorso da parte dello stesso, dedotta dai giudici del merito in maniera apodittica ed illogica b Erronea applicazione della legge e vizio di motivazione, in relazione al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria, formulata al fine di acquisire informazioni testimoniali in ordine alla dinamica del sinistro. Con memoria pervenuta presso la cancelleria di questa Corte, l’imputato ripropone i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento. Considerato in diritto Il ricorso è fondato, per il primo, assorbente, motivo. L’iter argomentativo che caratterizza la sentenza impugnata giustifica, invero, le censure svolte dal ricorrente. In realtà, la corte territoriale è partita dal presupposto che l’imputato avesse guardato dietro di sè attraverso lo specchietto retrovisore, avesse udito il rumore della frenata del furgone che lo precedeva nonché il rumore dell’urto dello stesso contro il palo della luce, avesse anche notato il furgone ribaltato ed avesse, malgrado ciò, continuato la propria corsa serva fermarsi e senza soccorrere il conducente del veicolo incidentato. La stessa corte, quindi, date per certe tali circostanze, è pervenuta all’affermazione di responsabilità dell’imputato. Orbene, sembra evidente l’illogicità di tale approccio argomentativo, atteso che erano proprio i fatti dati per ammessi in premessa che avrebbero dovuto essere oggetto di verifica e che solo una volta risolta positivamente detta verifica, avrebbe potuto essere affermata la responsabilità dell’imputato. Il percorso argomentativo articolato dalla corte territoriale è, quindi, del tutto opposto rispetto a quello che avrebbe dovuto attendersi, oltre che caratterizzato da giudizi di “inverosimiglianza” espressi in maniera apodittica e talvolta contraddittoria. Così, è stato ritenuto “inverosimile” che l’imputato non si fosse accorto dell’incidente, avvenuto alle sue spalle, perché egli avrebbe dovuto essere attirato almeno dal “fracasso” prodotto dall’impatto del fugone del K. con il palo della luce. Osservazione con la quale il giudice del gravame ha dato apoditticamente per certo, non solo che il “fracasso” vi sia stato, né solo l’intensità dello stesso, ma anche, ed in maniera illogica, la percezione di esso da parte dell’imputato. Non è stato spiegato, invero, perché il conducente di un furgone che, viaggiando a 90 km orari, eseguiva una manovra di sorpasso di altro veicolo, ed era quindi evidentemente intento a portare a termine tale manovra, avesse dovuto necessariamente sentire il rumore, per quanto forte, di un incidente avvenuto dietro di lui ad una distanza, secondo quanto precisato nella sentenza impugnata, di 130, 150 metri. Mentre sembra difficile ritenere razionale il comportamento di chi sarebbe stato indotto a guardare nello specchietto retrovisore da un semplice rumore e non dall’apprestarsi ad eseguire una manovra di sorpasso, come pure sostenuto nella sentenza impugnata. Un salto logico evidente, poi, caratterizza il successivo passaggio motivazionale, laddove il giudice del gravame, dopo avere dato per certo che l’imputato si era accorto dell’incidente, ha dato per scontata anche la consapevolezza dello stesso di averlo provocato affermazione ancora una volta non accompagnata dall’indicazione delle ragioni di un tal convincimento. La verità è che, in assenza di elementi in contrario, nulla consente di affermare, con la necessaria certezza, che l’imputato si fosse reso conto di quanto accaduto ed avesse consapevolmente continuato la propria corsa, a tale conclusione il giudice del gravame essendo pervenuto attraverso una motivazione del tutto generica e priva della necessaria coerenza logica. Giustificate sono quindi le censure articolate dal ricorrente nel primo dei motivi proposti, non potendosi desumere, alla stregua degli elementi probatori acquisiti, oltre ogni ragionevole dubbio, la sussistenza del fatto contestato all’imputato. La sentenza impugnata deve essere, quindi annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.