Omissione di soccorso e fuga per l’automobilista che fa perdere le proprie tracce dopo il sinistro

La Corte di Cassazione ripercorre la struttura delle fattispecie di cui all’art. 189, comma 6 e 7, c.d.s. che puniscono, rispettivamente, il reato di fuga dal luogo del sinistro stradale e quello di omissione di soccorso stradale.

Lo ha affermato la Suprema Corte con la sentenza n. 47269/17 depositata il 13 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello di Salerno confermava la sentenza di prime cure con cui l’imputato veniva riconosciuto responsabile del reato di omissione di soccorso per essersi allontanato dal luogo del sinistro stradale da lui causato e dal quale derivavano lesioni personali all’altro soggetto coinvolto. Secondo la ricostruzione del fatto, l’imputato dopo aver causato l’incidente è effettivamente sceso dall’auto ma è subito ripartito senza prestare soccorso alla vittima e senza accertarsi dell’intervento di altri soggetti. La difesa ricorre avverso la pronuncia d’appello deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del reato, nell’elemento materiale e soggettivo. Comportamento in caso di incidente. L’art. 189 c.d.s. descrive il comportamento che l’utente della strada è tenuto ad osservare in caso di sinistro ricollegabile alla sua condotta, sancendo in primo luogo l’obbligo di fermarsi in ogni caso, al quale si aggiunge poi l’obbligo di prestare assistenza ad eventuali feriti. All’inottemperanza all’obbligo di fermarsi corrisponde la sanzione amministrativa se si tratta di incidente con danno alle sole cose, mentre si incorre nella reclusione da 6 mesi a 3 anni in caso di incidente con danni alle persone. In tal caso, la fuga dell’agente può essere punita con l’arresto in flagranza e la sanzione accessoria della sospensione della patente, mentre la sanzione penale della reclusione subisce un incremento da 1 a 3 anni . Fattispecie. In tale contesto vengono dunque configurati comportamenti diversi che ledono beni giuridici diversi e che delineano altrettante fattispecie delittuose. Il reato di fuga art. 189, comma 6, c.d.s. è reato omissivo di pericolo il cui elemento materiale consiste nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento in modo da impedire od ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione della dinamica. La fattispecie è integrata, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, anche dal comportamento di chi effettui una sosta momentanea sul luogo del sinistro sottraendosi poi all’identificazione. Il fermarsi sul posto deve infatti avere una durata congrua rispetto all’espletamento delle prime indagini volte appunto ad identificare sia il conducente che il veicolo coinvolto. Anche la fattispecie di cui al comma 7 dell’art. 189 c.d.s., relativa all’omissione di soccorso, configura un reato omissivo di pericolo. L’agente infatti è obbligato a fermarsi in presenza di un sinistro, da lui percepito, riconducibile al suo comportamento e concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, essendo irrilevante l’effettivo riscontro di un danno alle persone. La consapevolezza che la persona coinvolta nel sinistro abbia bisogno di soccorso può infatti sussistere anche come dolo eventuale. Avendo il giudice di merito correttamente applicato tali principi alla vicenda concreta, il provvedimento impugnato si sottrae ad ogni censura e il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 settembre – 13 ottobre 2017, n. 47269 Presidente Romis – Relatore Gianniti Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. La Corte di appello di Salerno con la sentenza impugnata ha integralmente confermato la sentenza 5/03/2014 con la quale il Tribunale di quella città aveva dichiarato F.R. responsabile del reato p. e p. dall’art. 189 commi 6 e 7 C.d.S., in quanto, in Salerno, in data 5/04/2011 - dopo aver determinato, con la sua condotta di guida, un incidente stradale dal quale derivavano lesioni personali a V.G. , conducente del motociclo coinvolto nell’impatto - si era allontanato dal luogo del sinistro, sottraendosi così all’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza al V. . 2. Avverso la sentenza della Corte territoriale, tramite difensore di fiducia, propone ricorso il F. , articolando tre motivi di doglianza. 2.1 Nel primo e nel secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza del reato. Il ricorrente fa presente che nell’atto di appello aveva dedotto l’insussistenza della materialità e dell’elemento soggettivo del reato sotto il primo profilo, rileva che il reato postula l’effettività di bisogno dell’investito e che l’obbligo di prestare assistenza non si risolve nel mero obbligo di prestare soccorso sanitario quanto poi al profilo soggettivo, fa presente che lui si era fermato sul luogo del sinistro e, soltanto dopo essersi accertato delle buone condizioni di salute del conducente del motociclo che non aveva riportato lesioni e che restava comunque affidato alle cure dei presenti occorsi , si era allontanato. In definitiva, sul punto, il ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello si sarebbe limitata a fornire un’interpretazione conforme alla ricostruzione operata dal primo Giudice, omettendo di esplicitare le ragioni per le quali non ha accolto la versione alternativa da lui fornita. 2.2 Nel terzo motivo denuncia mancanza di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale, ignorando il motivo di appello nel quale lui aveva chiesto la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ha negato tale beneficio sul solo presupposto dell’esistenza di precedenti penali a suo carico. 3. Il ricorso non è fondato. 3.1. Non fondati sono i primi due motivi, concernenti l’affermazione di penale responsabilità per il reato in contestazione. 3.1.1. In punto di fatto, secondo la ricostruzione operata dal giudice di primo grado cfr. relativa sentenza, pp. 3 e 4 e confermata dal giudice di appello, è risultato provato che il F. , dopo l’incidente, è sì sceso dall’auto, ma, subito dopo, è ripartito senza prestare alcun soccorso alla vittima e senza neppure accertarsi che altri lo facessero . 3.1.2. In punto di diritto, l’art. 189 C.d.S. descrive in maniera dettagliata il comportamento che l’utente della strada deve tenere in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un crescendo di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare. Così è previsto, per quanto qui interessa, l’obbligo di fermarsi in ogni caso, cui si aggiunge, allorché vi siano persone ferite, quello di prestare loro assistenza. L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi è punita con la sanzione amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose comma 5 e con quella penale della reclusione da 6 mesi a 3 anni in caso di incidente con danno alle persone comma 6 . In tale seconda ipotesi se il conducente si è dato alla fuga la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza nonché la sanzione accessoria della sospensione della patente. La sanzione penale è più grave reclusione da 1 a 3 anni per chi non ottempera all’obbligo di prestare assistenza. Si tratta di comportamenti diversi, lesivi di beni giuridici diversi ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che rimangono coinvolti in incidenti stradali e, nel caso di omissione di soccorso, a principi di comune solidarietà. Nella specie il giudice ha correttamente ravvisato, anche sotto il profilo soggettivo, l’omessa ottemperanza all’obbligo di fermarsi a prestare assistenza. Il reato di fuga, previsto dall’art. 189 comma 6 C.d.S. è reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque, ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente. E questa Corte ha già avuto modo di precisare che integra il reato di cui all’art. 189 C.d.S. comma 6, la condotta di colui che - in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone - effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo. Infatti il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire né l’identificazione del conducente, né quella del veicolo, né lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica Sez. 4, sent. n. 20235 del 25/01/2001, Mischiatti Rv. 234581 . Reato omissivo di pericolo è pure il reato previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 7, che impone all’agente di fermarsi in presenza di un incidente, da lui percepito, che sia riconducibile al suo comportamento e che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza. Sotto il profilo soggettivo, la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che, in entrambe le forme del reato di fuga previste dall’art. 189 C.d.S. ai commi 6 e 7, il dolo deve investire non solo l’evento dell’incidente, ma anche il danno alle persone e, conseguentemente, la necessità del soccorso che non costituisce una condizione di punibilità tuttavia, la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso l’esistenza Sez. 4, sent. n. 8103 del 19/02/2003, rv. 223966 . 3.1.3. Pienamente conforme ai suddetti principi di diritto è stata la valutazione di entrambi i giudici di merito, che a hanno ritenuto integrato il reato di cui all’art. 189 comma 6 c.d. reato di fuga nel fatto il F. si è fermato per un lasso temporale brevissimo, assolutamente insufficiente a consentire la propria identificazione, né quella del veicolo e, pur essendosi avveduto che a seguito dell’urto violento il conducente del motociclo il V. per l’appunto era rovinato a terra, si è allontanato repentinamente dal luogo del sinistro b ed hanno ritenuto integrato il reato di cui all’art. 189 comma 7 c.d. reato di omesso soccorso stradale nel fatto che il F. - per le modalità del sinistro, a seguito del quale il V. era stato sbalzato in terra e si lamentava per il trauma subito poi diagnosticato - si era sicuramente reso conto della serietà del fatto e delle conseguenze di esso tanto è vero che, dopo essere sceso dall’auto, preferì allontanarsi dal luogo del sinistro, facendo perdere le proprie tracce . 3.2. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso, concernente la mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo il giudice di primo grado congruamente motivato p. 8 , argomentando non soltanto sui precedenti penali e in particolare del precedente specifico di guida in stato di ebbrezza commesso in data prossima ai fatti , ma anche sul comportamento complessivo serbato dal F. , come stigmatizzato in sentenza. 3.3. Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere pertanto rigettato ed il ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.