Il principio di obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall’articolo 122 c.p.c., si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti esibiti dalle parti. Il giudice non può quindi rifiutarsi di esaminare una prova documentale soltanto perché questa non è stata tradotta.
Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 10125, depositata il 18 maggio 2015. Il caso. Una società di assicurazioni, con sede in Svizzera, conveniva in giudizio il responsabile di un incidente stradale e la sua compagnia assicurativa. Deduceva di aver stipulato con il datore di lavoro una società di diritto svizzero della vittima del sinistro un’assicurazione contro gli infortuni a favore della propria dipendente. L’attrice aveva quindi versato all’infortunata la retribuzione dovutale durante il periodo di assenza dal lavoro ed aveva pagato le spese per gli accertamenti peritali sulla durata dell’invalidità. Perciò, chiedeva, a titolo di surrogazione, la rifusione di queste spese da parte del responsabile dell’incidente e del suo assicuratore della r.c.a In conferma della decisione del gdp, il tribunale di Milano rigettava la domanda, ritenendola non provata. La compagnia svizzera ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver ritenuto che l’attrice non avesse provato né di avere effettivamente pagato le somme richieste, né l’esatto ammontare di tali somme. Il tribunale aveva ritenuto inutilizzabili i documenti in lingua tedesca prodotti dalla società e irrilevante la prova per testi da quest’ultima richiesta. In questo modo, però, il tribunale sarebbe incorso in un error in procedendo, in quanto l’esistenza del pagamento e dell’ammontare non erano stati contestati dalla società convenuta, la quale aveva contestato solamente la sussistenza di un nesso di causa tra quanto pagato dalla ricorrente e l’infortunio subito dall’assicurata. Inoltre, a giudizio della società svizzera, avrebbe adottato una motivazione contraddittoria nella parte in cui non aveva esaminato i documenti di lingua italiana da cui comunque emergeva l’esistenza del pagamento, nella parte in cui non aveva disposto la traduzione dell’unico documento in lingua tedesca e nella parte in cui non aveva ammesso la prova per testi a supporto dell’esistenza del pagamento. Principio di non contestazione. La Corte di Cassazione ritiene che i giudici di merito siano incorsi in diversi errori. Il primo è stato di aver ritenuto inapplicabile il principio di non contestazione, in quanto esso era stato elevato a rango normativo solo dalla l. numero 69/2009 quando c’era già stata la sentenza di primo grado del 2005 e pendeva il giudizio di appello . Tuttavia, tale principio era già stato desunto in via interpretativa dall’articolo 167 c.p.c. comparsa di risposta . Perciò, i giudici di legittimità affermano che «la mancata specifica contestazione di un fatto costitutivo della domanda dedotto da uno dei contendenti lo rende incontroverso e non più bisognoso di prova, anche nei giudizi iniziati prima dell’entrata in vigore della l. numero 69/2009». Prova documentale in lingua straniera. Il secondo errore è stato di aver ritenuto inutilizzabili le prove documentali redatte in lingua tedesca, senza disporne d’ufficio la traduzione. Tuttavia, il principio di obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall’articolo 122 c.p.c., si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti esibiti dalle parti. Perciò, quando le prove documentali offerte dalle parti risultino redatte in lingua straniera, il giudice o ricorre alle proprie conoscenze linguistiche per tradurre il documento e valutarne la rilevanza e l’attendibilità o nomina un traduttore ai sensi dell’articolo 123 c.p.c Invece, il giudice non può rifiutarsi di esaminare una prova documentale soltanto perché questa non è stata tradotta. Contraddizione del giudice. Infine, i giudici di merito, da una parte, avevano rigettato la domanda per difetto di prova sul quantum e, dall’altro, avevano rigettato la richiesta di prova per testi con cui si intendeva provare proprio il quantum. Richiamando il proprio precedente numero 789/1963, la Cassazione ricorda che «il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all’onere di provare i fatti costitutivi della domanda e poi negarle la prova offerta». Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione al tribunale di Milano.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 17 febbraio – 18 maggio 2015, numero 10125 Presidente Berruti – Relatore Rossetti Svolgimento del processo 1. Nel 2003 la società Zurich Compagnia di Assicurazioni SA - Sede regionale per il Ticino d'ora innanzi, per brevità, la Zurich convenne in giudizio dinanzi al Giudice di pace di Milano il sig. F.F. e la società Winterthur Assicurazioni s.p.a. che in seguito muterà ragione sociale in Unipol Assicurazioni s.p.a. d'ora innanzi, per brevità, la Unipol , allegando che - nel 2002 la signora C.B. rimase vittima di un sinistro stradale, subendo lesioni personali - il sinistro era ascrivibile a responsabilità di F.F., e per lui al suo assicuratore della responsabilità civile obbligatoria, la Unipol - il datore di lavoro della vittima, una società di diritto svizzero, in adempimento degli obblighi di legge previsti dall'ordinamento di quel Paese aveva stipulato con la società Zurich una assicurazione contro gli infortuni a favore della propria dipendente - in esecuzione di questo contratto la Zurich aveva versato all'infortunata la retribuzione dovutale durante il periodo di assenza dal lavoro, e si era altresì accollata l'onere delle spese per gli accertamenti peritali sulla durata dell'invalidità - per effetto del pagamento suddetto, la Zurich si era surrogata alla danneggiata nei confronti dei responsabili. Concludeva pertanto chiedendo, a titolo di surrogazione, la rifusione di tali spese da parte del responsabile del sinistro del suo assicuratore della r.c.a 2. Con sentenza 11 marzo 2005 il Giudice di pace di Milano rigettò la domanda, ritenendola non provata. La sentenza, appellata dalla soccombente, venne confermata dal Tribunale di Milano con sentenza 11 maggio 2011 numero 6296. La sentenza d'appello è stata impugnata per cassazione dalla Zurich, sulla base di un motivo. Resiste con controricorso la Unipol. Motivi della decisione 1. II motivo unico di ricorso. 1.1. Con l'unico motivo di ricorso la Zurich sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una violazione di legge, ai sensi all'articolo 360, numero 3, c.p.c. si assumono violati gli articolo 2697 c.c. 61, 115, 123, 167, 183 c.p.c. sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360, numero 5, c.p.c Espone al riguardo che il Tribunale, nel rigettare la domanda, ha ritenuto che l'attrice non avesse provato né di avere effettivamente pagato le somme di cui chiedeva il rimborso, ne l'esatto ammontare di queste somme. Per pervenire a tale conclusione il Tribunale ha ritenuto inutilizzabili i documenti in lingua tedesca prodotti dalla società attrice, e irrilevante la prova per testi da quest'ultima richiesta. Lamenta la ricorrente che, così decidendo, il Tribunale - da un lato è incorso in un error in procedendo, perché l'esistenza dei pagamento e dei suo ammontare non erano stati contestati dalla società convenuta, la quale si era limitata a contestare la sussistenza di un valido nesso di causa tra le somme sborsate dalla Zurich e l'infortunio patito dall'assicurata - dall'altro lato ha adottato una motivazione contraddittoria sia nella parte in cui non ha rilevato che sui documenti prodotti era apposto il timbro con la dicitura pagato sia nella parte in cui ha omesso di esaminare i documenti in lingua italiana dai quali pure emergeva l'esistenza del pagamento sia nella parte in cui non ha disposto la traduzione dell'unico documento in lingua tedesca, ex articolo 123 c.p.c. sia nella parte in cui non ha ammesso la prova per testi con la quale la Zurich chiedeva di provare t'esistenza dei pagamento. 1.2. Prima di esaminare il merito del ricorso deve rilevarsi come la ricorrente, pur formalmente invocando un vizio di violazione di legge articolo 360, numero 3, c.p.c. , ha nella sostanza dedotto un tipico error in procedendo, da far valere ai sensi dell'articolo 360, numero 4, c.p.c Questa circostanza tuttavia non incide sull'ammissibilità del ricorso, Infatti, nel caso in cui il ricorrente incorra nel c.d. vizio di sussunzione e cioè erri nell'inquadrare l'errore commesso dal giudice di merito in una delle cinque categorie previste dall'articolo 360 c.p.c. , le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che il ricorso non possa per questa sola ragione essere dichiarato inammissibile, quando dal complesso della motivazione adottata dal ricorrente sia chiaramente individuabile l'errore di cui si duole. Depongono in tal senso sia il generale principio di validità degli atti processuali idonei al conseguimento dello scopo articolo 156 c.p.c. sia il generale principio jura novit curia, in virtù del quale è compito del giudice individuare la norma applicabile alla fattispecie anche processuale , a nulla rilevando l'eventuale erronea indicazione compiuta dalla parte sia, soprattutto, i princìpi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, le quali - componendo i precedenti contrasti - hanno stabilito che l'erronea indicazione del motivo di ricorso resta ininfluente, quando la motivazione dei ricorso contenga comunque un inequivoco riferimento al vizio di cui la parte intende effettivamente dolersi Sez. U, Sentenza numero 17931 del 24/07/2013 . 1.3. Nel merito, il motivo è fondato in tutti e due i profili in cui si articola. 1.4. Sussistono, in primo luogo, gli errores in procedendo lamentati dalla Zurich. Essi sono stati due. Il primo è consistito nel ritenere inapplicabile nel presente giudizio il principio di non contestazione. Infatti, sebbene tale principio sia stato elevato a rango normativo soltanto dalla 1. -18.6.2009-numero 69, 'esso già in precedenza era stato da qúesta' Corte desunto in via interpretativa dall'articolo 167 c.p.c. Sez. U, Sentenza numero 761 del 23/01/2002, Rv. 551789 Sez. 1, Sentenza numero 6936 del 08/04/2004, Rv. 571977 Sez. 3, Sentenza numero 2299 del 06/02/2004, Rv. 569937 . Vi è solo da aggiungere come i precedenti di segno contrario, invocati dalla Unipol a pag. 10 del proprio controricorso, sono citati del tutto a sproposito. Infatti a Sez. 3, Sentenza numero 18399 del 19/08/2009, Rv. 609135, ha affermato un principio opposto a quello invocato dalla Unipol, e cioè la regola secondo cui l'onere di specifica contestazione, introdotto, per i giudizi instaurati dopo l'entrata in vigore della legge numero 353 del 1990, dall'articolo 167, primo comma, cod. proc. civ., imponendo al convenuto di prendere posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, comporta che i suddetti fatti, qualora non siano contestati dal convenuto stesso, debbono essere considerati incontroversi e non richiedenti una specifica dimostrazione b Sez. 3, Sentenza numero 12231 del 25/05/2007, Rv. 598108, ha affermato un principio identico a quello appena ricordato c Sez. 3, Sentenza numero 2273 del 04/02/2005, Rv. 579531, pur affermando che in linea teorica la non contestazione non equivale ad ammissione dei fatti non contestati, ha soggiunto che essa può comunque essere valutata ai sensi dell'articolo 116 c.p.c., come condotta processuale concludente e dunque la sentenza in esame non costituisce una dissenting opinion quanto alla decisione, ma solo quanto alla motivazione. 1.5. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata su questo punto e rinviata al Tribunale di Milano, il quale nell'esaminare la domanda della Zurich si atterrà al seguente principio di diritto La mancata specifica contestazione di un fatto costitutivo della domanda dedotto da uno dei contendenti lo rende incontroverso e non più bisognoso di prova, anche nei giudizi iniziati prima dell'entrata in vigore della I. 8.6.2009 numero 59. 2. II secondo error in procedendo in cui è incorso il Tribunale è consistito nell'avere ritenuto tout court inutilizzabili le prove documentali redatte in lingua tedesca, senza disporne d'ufficio la traduzione. Così statuendo, il Tribunale ha violato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il principio della obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall'articolo 122 cod. proc. civ., si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti esibiti dalle parti. Da questo principio discende che, quando le prove documentali offerte dalle parti risultino redatte in lingua straniera, il giudice ha due possibilità a o ricorrere alle proprie conoscenze linguistiche per tradurre il documento e valutarne la rilevanza e l'attendibilità b oppure nominare un traduttore ai sensi dell'articolo 123 c.p.c Deve, invece, recisamente escludersi che il giudice possa rifiutarsi di esaminare una prova documentale sol perché non tradotta da ultimo, in tal senso, Sez. 6 - 1, Ordinanza numero 4416 del 23/02/2011, Rv. 616926 . 3. Il ricorso è, infine, fondato, nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione. Il Tribunale, infatti, ha da un lato rigettato la domanda per difetto di prova sul quantum, e dall'altro rigettato la richiesta di prova per testi con la quale si intendeva provare il quantum stesso. In questo modo il giudice d'appello ha violato il principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui il giudice non può, senza contraddirsi, imputare alla parte di non assolvere all'onere di provare i fatti costitutivi della domanda, e poi negarle la prova offerta sono parole di Sez. U, Sentenza numero 789 del 29/03/1963, Rv. 261080 nello stesso senso si vedano anche Sez. 3, Sentenza numero 2631 del 20/10/1964, Rv. 303958, e Sez. 3, Sentenza numero 2505 del 05/10/1964, Rv. 303753 in seguito il principio è stato costantemente ribadito, sino a divenire jus receptum . 4. La sentenza va dunque cassata anche sotto questo profilo, e rinviata al Tribunale di Milano il quale, nell'emendare il vizio motivazionale sopra rilevato, deciderà la controversia previa assunzione delle prove - se ammissibili e rilevanti - chieste dalle parti ovvero indicando le ragioni della inammissibilità od irrilevanza delle suddette prove. 5. Le spese. Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell'articolo 385, comma 3, c.p.c In tale liquidazione il giudice del rinvio terrà conto dei fatto che nel presente grado di giudizio il controricorso della Unipol non risulta tempestivamente notificato alla Zurich. P.Q.M. la Corte di Cassazione, visto l'articolo 380 c.p.c. - accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Milano nella persona di diverso magistrato - rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quelle dei gradi di merito.