L’applicabilità dell’articolo 131-bis c.p. è esclusa laddove sia riscontrata l’abitualità del comportamento, concetto non coincide con la recidiva e nel quale assumono rilevanza gli illeciti della medesima indole commessi anche successivamente a quello per cui si procede.
E’ il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 21502/18, depositata il 15 maggio. Il caso. Il Tribunale di Brescia dichiarava la non punibilità per tenuità del fatto in relazione al reato di furto contestato all’imputato per aver sottratto 6 bottiglie di vino da un supermercato. Il Procuratore Generale ricorre per la cassazione della pronuncia per erronea applicazione dell’articolo 131-bis c.p. in relazione al requisito della non abitualità del comportamento avendo l’imputato riportato due condanne per fatti analoghi, seppure successivamente a quello contestato. Serialità non è recidiva. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 13681/16, hanno già avuto modo di esprimersi sul tema del presupposto ostativo all’applicazione dell’articolo 131-bis della non abitualità del comportamento. Il Supremo Collegio ha affermato in quell’occasione che il comportamento è abituale anche laddove l’autore abbia commesso almeno due illeciti, oltre quello in esame, anche successivamente a quest’ultimo. L’abitualità descritta dal legislatore al fine di escludere dall’ambito di applicabilità dell’istituto «comportamenti seriali», rievoca concetti già previsti dal codice come quello di delinquente abituale, professionale o per tendenza ma fa riferimento alla commissione di illeciti e non alla condanna per gli stessi, illeciti - deduce la Cassazione - della stessa specie di quello per cui si procede. In altre parole, «il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all’applicazione dell’istituto e non può dubitarsi del fatto che vadano considerati anche i fatti commessi successivamente a quello in esame» vertendo in un contesto diverso da quello della recidiva, nel quale assume rilevanza appunto la mera “serialità” dei comportamenti. In conclusione, la Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 febbraio – 15 maggio 2018, numero 21502 Presidente Lapalorcia – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Brescia, con sentenza del 24 maggio 2016, ha assolto F.N.C. per essere il reato a lui ascritto non punibile per particolare tenuità. Il predetto era chiamato a rispondere del reato di furto, per aver sottratto 6 bottiglie di vino, per il valore complessivo di Euro 163,10, sottraendole dagli scaffali di un supermercato Esselunga. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale di Brescia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’articolo 173 disp. att. cod. proc. penumero . Con un unico motivo di ricorso lamenta l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 131-bis del codice penale, per la non corretta valutazione dei presupposti di applicabilità della causa di non punibilità, in relazione al presupposto della non abitualità del comportamento, avendo l’imputato riportato due condanne per fatti analoghi, sia pure commessi successivamente a quello contestato. Si evidenzia, in proposito, che per la valutazione del requisito della non abitualità non si deve aver riguardo alla data di commissione del fatto, ma si devono considerare tutti gli elementi da cui possa risultare che l’imputato abbia commesso almeno altre due violazioni dello stesso genere, compresi i comportamenti successivi al fatto. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Come recentemente chiarito dalle Sezioni di questa Corte Sez. U, numero 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591 , ai fini del presupposto ostativo alla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis cod. penumero , il comportamento è abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame. Il legislatore ha infatti proceduto ad una tipizzazione dell’abitualità, allo scopo di escludere dall’ambito della particolare tenuità del fatto comportamenti seriali , rievocando istituti già conosciuti dal codice, come la nozione di delinquente abituale, professionale, per tendenza o la commissione di più reati della stessa indole e si è riferito ai reati e non alle condanne. Inoltre, il tenore letterale lascia intendere che l’abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole dunque almeno due diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell’applicabilità dell’articolo 131-bis. In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all’applicazione dell’istituto e non può dubitarsi del fatto che vadano considerati anche i fatti commessi successivamente a quello in esame, perché si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva ed è in questione un distinto apprezzamento in ordine, appunto, alla serialità dei comportamenti. Per le ragioni esposte la sentenza va annullata e deve disporsi il rinvio alla Corte d’appello di Brescia per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Brescia per nuovo giudizio.