In tema di patteggiamento per il delitto di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990, il giudice può con adeguata motivazione sottoporre a confisca facoltativa il denaro – che rappresenta il profitto ricavato dalla cessione dello stupefacente e non il prezzo del reato – trattandosi di cose riferibili direttamente al reato.
Sul tema la sentenza numero 20714/18, depositata il 10 maggio. La vicenda. A seguito di patteggiamento, il Tribunale di Foggia applicava all’imputato la pena concordata per il reato di detenzione di stupefacenti articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990 , disponendo anche la confisca e la distruzione dello stupefacente e del denaro sequestrato. Avverso la decisione ricorre per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge con riferimento alla disposta confisca del denaro non risultando dimostrato che tale somma fosse il provento di attività delittuosa avendo agli dimostrato la provenienza da regolare attività lavorativa. Confisca. La Corte ricorda che, in caso di patteggiamento, l’applicabilità della confisca è stata estesa, da parte della legge numero 134/2003, a tutte le ipotesi previste dall’articolo 240 c.p. e non più solo a quelle previste dal secondo comma. Precisa inoltre il Collegio che l’articolo 12-sexies d.l. numero 306/1992, conv. in l. numero 356/1992, prevedendo l’obbligatorietà della confisca del denaro o di altri beni di cui l’imputato non possa giustificare la provenienza in relazione determinate fattispecie, esclude il caso del fatto di lieve entità di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990, per il quale può essere disposta solo la confisca facoltativa delle cose che servirono o erano destinate a commettere il reato, oltre che del prodotto o profitto dello stesso. La giurisprudenza ha già avuto modo di intervenire sul punto precisando che la confisca facoltativa di cui al comma 1 dell’articolo 240 c.p. può essere disposta solo laddove sia dimostrata una relazione tra cosa e reato, non di mera occasionalità ma in termini di nesso strumentale. Su tale premessa è stato dunque affermato che «in tema di patteggiamento per il delitto di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309/1990, il giudice può con adeguata motivazione sottoporre a confisca facoltativa il denaro – che rappresenta il profitto ricavato dalla cessione dello stupefacente e non il prezzo del reato – trattandosi di cose riferibili direttamente al reato». L’ablazione è dunque giustificata dalla sussistenza di un «nesso pertinenziale con l’illecito che impone la sottrazione dei beni alla disponibilità del colpevole per impedire l’agevolazione di nuovi fatti criminosi». Nel caso di specie però, essendo stato contestato al ricorrente esclusivamente il reato di detenzione di stupefacenti, il denaro sequestrato non poteva essere sottoposto a confisca in quanto la correlazione del possesso dello stesso rispetto alla fattispecie contestato era del tutto estranea al procedimento. In conclusione, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del denaro.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 febbraio – 10 maggio 2018, numero 20714/18 Presidente Andreazza – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza ex articolo 444 cod. proc. penumero del 31.5.2017, il Tribunale di Foggia applicava a D.C.V. la pena di anni due di reclusione ed Euro 4.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’articolo 73 comma 5 d.P.R. numero 309/1990, disponendo la confisca e distruzione della sostanza stupefacente e del denaro in sequestro. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.C.V. , per il tramite del difensore di fiducia, articolando due motivi a con il primo motivo censura la decisione nella parte in cui il Giudice aveva disposto la confisca facoltativa del denaro in sequestro, nonostante non risultasse dimostrato che la somma fosse provento di attività delittuose ed avendo l’imputato ampiamento giustificato il possesso della somma quale provento di attività lavorativa b con il secondo motivo censura la decisione nella parte in cui il Giudice non aveva motivato sul perché l’accordo sulla pena era accoglibile in quanto certa la responsabilità dell’imputato. Considerato in diritto 1. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Deve richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli articolo 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc. penumero per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. In particolare, la motivazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti contiene una valutazione positiva ed una negativa. Quella positiva consiste nella verifica della sussistenza dell’accordo delle parti, nonché della correttezza della qualificazione giuridica del fatto e delle circostanze. Quella negativa si risolve nell’escludere l’applicazione dell’articolo 129 cod. proc. penumero per quest’ultima sussiste l’obbligo di motivazione solo quando dagli atti emergano concreti elementi sull’applicabilità di detta norma, essendo altrimenti sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di avere effettuato, con esito negativo, la richiesta verifica. Nel caso di specie, il relativo obbligo deve essere ritenuto assolto da parte del giudice in quanto egli ha dato atto di avere effettuato positivamente la valutazione della correttezza della qualificazione giuridica del fatto e della congruità della pena nonché, richiamando gli atti di indagine, quella negativa in ordine alla inesistenza di elementi valutabili in base all’articolo 129 cod.proc.penumero in favore dell’imputato risultando, dunque, effettuata, dal testo della gravata sentenza, una tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione è stato rispettato ex plurimis, sez. 5, 25 gennaio 2000, numero 489, Rrv. 215489 . 2. È, invece, fondato il primo motivo di ricorso. Al ricorrente è stata applicata la pena ai sensi dell’articolo 444 cod.proc.penumero , per il reato di detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. numero 309 del 1990, disponendosi la confisca della sostanza stupefacente e, per quanto qui rileva, del denaro in sequestro. Va ricordato che, in tema di patteggiamento, l’applicabilità della confisca, per effetto della legge 12 giugno 2003 numero 134, è stata estesa a tutte le ipotesi previste dall’articolo 240 cod. pen, e non più solo a quelle previste dal secondo comma di tale articolo. Il d.l. 8 giugno 1992, numero 306, articolo 12 sexies, convertito nella legge numero 356 del 1992, nel prevedere come obbligatoria la confisca del danaro o di altri beni di cui l’imputato non possa giustificare la provenienza in relazione a determinate fattispecie criminose espressamente, esclude da queste ultime l’ipotesi del fatto di lieve entità previsto dall’articolo 73, comma 5. d.P.R. numero 309 del 1990. In tale ipotesi, pertanto, può essere disposta solo la confisca facoltativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto, ai sensi dell’articolo 240, comma 1, cod. penumero , con il conseguente obbligo di motivazione sul punto. Va ricordato che a norma dell’articolo 240, comma 1, cod. penumero sono suscettibili di confisca facoltativa solo le cose che abbiano una speciale qualità i c.d. mezzi di esecuzione del reato ossia le cose servite o destinate a commettere il reato e quelle che costituiscono il prodotto o il profitto del reato . Questa Corte ha, inoltre, precisato che la confisca facoltativa prevista dall’articolo 240 comma 1 cod. penumero è legittima quando sia dimostrata una relazione di asservimento tra cosa e reato, dovendo la prima essere collegata al secondo non da un rapporto di mera occasionalità, ma da uno stretto nesso strumentale, rivelatore dell’effettiva probabilità del ripetersi di un’attività punibile sez. 6 numero 13049 del 5/3/2013, Rv. 254881 . Deve, cioè, trattarsi di cose che siano direttamente riferibili al fatto di reato, potendo essere oggetto di confisca solo quelle che siano eziologicamente collegate, in maniera diretta ed essenziale, con il reato commesso, fermo restando che il Giudice deve dare conto, nella confisca facoltativa, dell’uso del potere discrezionale, che va esercitato in vista di considerazioni di prevenzione speciale fondate sull’esigenza di prevenire la commissione di altri reati, sottraendo alla disponibilità del colpevole cose connesse al reato che potrebbero costituire stimolo alla perpetrazione di nuovi reati Sez. 4, numero 11982 del 14/02/2007, Indelicato, Rv. 236282 . In linea con il predetto principio, è stato, quindi, affermato che, in tema di patteggiamento, per il delitto di cui all’articolo 73 comma 5 d.p.r. numero 309 del 1990, il giudice può, con adeguata motivazione, sottoporre a confisca facoltativa il denaro - che rappresenta il profitto ricavato dalla cessione di sostanze stupefacenti e non il prezzo del reato Sez. 6, numero 26728 del 04/04/2003, Cannata, Rv. 226987 -trattandosi di cose riferibili direttamente al reato, la cui ablazione deve essere giustificata con l’esistenza di un nesso pertinenziale con l’illecito, che impone la sottrazione dei beni alla disponibilità del colpevole per impedire l’agevolazione di nuovi fatti criminosi sez. 3 numero 2444 del 23/10/2014, Rv. 262399 Sez. 3, numero 8312 del 19/01/2010, dep. 03/03/2010, Adii Abid, non mass. Alla luce dei principi di diritto suesposti, ritiene il Collegio che il denaro sequestrato all’imputato non possa essere sottoposto a confisca facoltativa ai sensi dell’articolo 240, comma 1, cod. penumero Infatti, la somma di danaro di cui era in possesso il D.C. non può essere ritenuta profitto dell’attività illecita da lui posta in essere, essendogli stato contestato esclusivamente il reato di detenzione di sostanze stupefacenti sez. 3 numero 7074 del 23/1/2013, Rv. 253768 Sez.2,numero 41778 del 30/09/2015,Rv.265247 . L’imputazione di cessione di sostanza stupefacente, cui sarebbe correlabile il possesso della somma sequestrata all’imputato, è dunque del tutto estranea alla regiudicanda. Ne deriva che la somma rinvenuta nella disponibilità dell’imputato, anche ad ammettere che sia provento di spaccio di sostanze stupefacenti, non costituisce il profitto del reato in contestazione ma di altre e pregresse condotte illecite di cessione di droga, con l’introito del relativo corrispettivo. Viene, quindi, a mancare il nesso tra il reato ascritto all’imputato e la somma di danaro rinvenuta nella sua disponibilità, che non può, pertanto, essere confiscata, potendo costituire oggetto della statuizione ablatoria esclusivamente il provento del reato per il quale l’imputato è stato condannato e non di altre condotte illecite, estranee alla declaratoria di responsabilità. 3. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla disposta confisca della somma di denaro in sequestro, confisca che va eliminata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla disposta confisca del denaro, confisca che elimina.