Le dimissioni del lavoratore costituiscono un atto a forma libera, salvo che per esse non sia stata convenzionalmente pattuita, individualmente, ovvero ad opera delle fonti collettive, la forma scritta ad substantiam. Il principio opera anche con riguardo alla comunicazione delle dimissioni quando per queste sia prevista una forma particolare quale la spedizione a mezzo raccomandata per evitare, nell’interesse del lavoratore, manifestazioni di volontà non adeguatamente ponderate.
Così stabilito dalla Corte di Cassazione sezione lavoro con ordinanza numero 7213, pubblicata il 22 marzo 2018. Il caso deciso. Un lavoratore adiva il Tribunale del lavoro al fine di far accertare l’illegittimità del licenziamento orale intimatogli, con utilizzazione di un atto di dimissioni fatto sottoscrivere al momento dell’assunzione e con data in bianco. Il Tribunale accoglieva la domanda. La Corte d’Appello, decidendo il gravame proposto dall’azienda, lo accoglieva, riformando la sentenza di primo grado e rigettando così la domanda del lavoratore, che ricorreva in Cassazione. Le modalità di dimissioni previste dal CCNL. La corte territoriale motiva la propria decisione affermando da un lato che il lavoratore non aveva fornito la prova in merito all’asserita sottoscrizione “in bianco” dell’atto di dimissioni. Dall’altro che le modalità di trasmissione della lettera di dimissioni, previste dalla contrattazione collettiva, non potevano essere considerate prescritte a pena di nullità. Il ricorso proposto dal lavoratore si incentra dunque su questi motivi di doglianza. Il Supremo Collegio ritiene fondato il motivo riguardante le modalità di spedizione delle dimissioni. Ricordiamo prima di tutto che la fattispecie decisa è riferita ad epoca precedente l’emanazione della l. numero 92/2012, che ha introdotto una serie di oneri formali per la validità delle dimissioni. Il CCNL settore Commercio del luglio 2004 articolo 233, applicato al caso esaminato, prevede sul punto che « le dimissioni devono essere rassegnate in ogni caso per iscritto con lettera raccomandata o altro mezzo idoneo a certificare la data di ricevimento e con rispetto dei termini di preavviso stabiliti dall’articolo 226». L’atto di recesso del lavoratore va così riportato nel contesto della generale libertà delle forme previste dal codice civile, considerato atto unilaterale a forma libera, che acquista efficacia nel momento in cui viene a conoscenza del soggetto cui è diretto. Fatto salvo che le parti non abbiano espressamente previsto nel contratto collettivo od individuale di lavoro una particolare forma convenzionale, quale la forma scritta in tal caso quest'ultima si presume che sia voluta per la validità dell'atto di dimissioni, a norma del disposto dell'articolo 1352 c.c. applicabile anche agli atti unilaterali , con la conseguenza che le dimissioni rassegnate oralmente, anziché per iscritto come richiesto dalla contrattazione collettiva applicabile, non possono essere considerate valide per difetto della forma richiesta ad substantiam . Anche le modalità di comunicazione sono requisito “ad substantiam”. Il principio sopra affermato va ritenuto operante anche qualora le parti abbiano previsto contrattualmente precise modalità di comunicazione dell’atto di dimissioni, quale ad esempio, la spedizione in forma raccomandata. Si ritiene, secondo gli Ermellini, che anche le forme di comunicazione delle dimissioni da parte del lavoratore, previste dalla contrattazione collettiva, sono stabilite a tutela del dichiarante per evitare manifestazioni di volontà non adeguatamente ponderate, e per questo motivo il requisito in parola è prescritto dal contratto collettivo. Conseguentemente, in difetto di forma idonea, avente carattere costitutivo, le dimissioni sono nulle. La Corte d’Appello non si è attenuta al predetto principio di diritto ritenendo erroneamente che le modalità di spedizione della lettera di dimissioni fossero prescritte unicamente “ad probationem”. Al contrario la forma della dichiarazione è posta a tutela del lavoratore, e, siccome nella specie il modo in cui debbono avvenire le dimissioni è predeterminato in tutti i passaggi successivi dal Contratto collettivo, anche il momento della comunicazione è a forma vincolata ad substatiam. La Suprema Corte ha così accolto il motivo di censura proposto, cassando la sentenza impugnata e rinviando ad altra corte di merito per la decisione in base ai principi di diritto affermati.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, ordinanza 22 dicembre 2017 – 22 marzo 2018, numero 7213 Presidente Manna – Relatore Marotta Fatto e diritto Rilevato che 1. con ricorso al Tribunale di Rimini E.H.K. conveniva in giudizio la Smoes s.r.l. per sentir accertare l’inefficacia del licenziamento orale intimatogli mediante l’utilizzazione, in data 8/11/2007, di un atto di dimissioni sottoscritto al momento dell’assunzione e con data in bianco il Tribunale, con sentenza parziale, dichiarava l’inefficacia del recesso con condanna della società al ripristino del rapporto ed al risarcimento del danno pari alle retribuzioni medio tempore non percepite, detratto l’aliunde perceptum e, con sentenza definitiva, quantificava tale risarcimento in complessivi Euro 23.438,71 decidendo sulle impugnazioni proposte da entrambe le parti, la Corte d’appello di Bologna, in accoglimento del gravame della società, respingeva l’azionata domanda secondo la Corte territoriale, il lavoratore non aveva adempiuto alla prova relativa alle deduzioni circa la sottoscrizione in bianco delle dimissioni all’atto dell’assunzione e affermava che le modalità di trasmissione previste dalla contrattazione collettiva non erano prescritte a pena di nullità 2. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, il lavoratore propone ricorso per cassazione fondato su quattro motivi 3. la Smoes s.r.l. resiste con controricorso 4. il ricorrente ha depositato memoria Considerato che 1.1. con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza ex articolo 132, co. 2, numero 4 cod. proc. civ. con riferimento all’articolo 360, co. 1, numero 4, cod. proc. civ., per assenza di motivazione sull’eccezione di nullità della lettera di dimissioni imputata al lavoratore ed indecifrabilità del percorso logico con il quale la Corte d’appello è pervenuta alla conclusione che le forme di cui all’articolo 233 del c.c.numero l. non fossero previste ad essentiam 1.2 con il secondo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’articolo 360, co. 1, numero 5, cod. proc. civ., in relazione alla mancata valutazione dei fatti da cui desumere che la contrattazione collettiva avesse preteso a pena di nullità le forme convenzionali 1.3. con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1324 e 1352 cod. civ. nonché dell’articolo 233 del c.c.numero l. settore commercio, con riferimento all’articolo 360, co. 1, numero 3, cod. proc. civ. in relazione alle modalità di spedizione della lettera di dimissioni ritenute prescritte solo ad probationem 1.4. con il quarto motivo il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che ha costituito oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’articolo 360, co. 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’insufficiente rilievo agli elementi di fatto e di diritto che rendevano inidonea la lettera di dimissioni a risolvere il rapporto ed alla mancata valutazione dell’anomala conformazione morfologica della lettera di apparenti dimissioni anche alla luce delle elusive difese proposte sul punto dalla difesa della società 2.1. va innanzitutto respinta l’eccezione di improcedibilità del ricorso formulata dalla società controricorrente sul presupposto che, trasversale essendo a tutte le doglianze l’errata o mancata applicazione dell’articolo 233 del c.c.numero l. del settore commercio del 2 luglio 2004 contenente l’indicazione delle modalità formali per le dimissioni, non sarebbe stato allegato il testo integrale del suddetto contratto né sarebbe stata individuata la fase di merito in cui tale produzione sarebbe avvenuta osserva la Corte che l’onere di depositare in copia integrale il c.c.numero l. o di indicarne la posizione nell’incarto processuale sussiste soltanto quando si tratti di ricorso ex articolo 420 bis cod. proc. civ. o di ricorso per cassazione ordinario che denunci la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’articolo 360, co. 1, numero 3, cod. proc. civ., nel testo sostituito dall’articolo 2 del d.lgs. numero 40 del 2006 espressamente in tal senso Cass., Sez. U., 23 settembre 2010, numero 20075 e successive conformi nella specie, oggetto di doglianza non è un vizio nell’interpretazione dell’esatto tenore della suddetta norma contrattuale richiamata dal ricorrente nel terzo motivo di ricorso, in cui è però principalmente e sostanzialmente denunciata la violazione degli articolo 1324 e 1352 cod. civ. ma, pacifica essendo la lettura di tale norma alla stregua di ricorso, controricorso e sentenza impugnata come prevedente determinate forme convenzionali, quello che è in discussione è il rispetto del disposto dell’articolo 1352 cod. civ. applicabile anche agli atti unilaterali di cui all’articolo 1324 cod. civ. per il quale vige il principio della libertà di forma, a meno che le parti non abbiano espressamente previsto nel contratto collettivo od individuale di lavoro una particolare forma convenzionale 3.1. tanto precisato, il primo motivo è infondato la Corte felsinea, contrariamente all’assunto del ricorrente, ha esaminato l’eccezione di nullità della lettera di dimissioni impugnata dal lavoratore laddove ha evidenziato che non era stata fornita la prova di una sottoscrizione in bianco della stessa e non piuttosto in occasione della risoluzione del rapporto, ovvero in data 8/11/2007 e che le ulteriori modalità di trasmissione di cui al disposto contrattuale indicato, non devono ritenersi prescritte a pena di nullità dunque, il fatto risulta essere stato esaminato 3.2. è, invece, fondato il terzo motivo, il che determina l’assorbimento del secondo e del quarto come detto, il motivo denuncia una violazione degli articolo 1324 e 1352 cod. civ. che effettivamente sussiste la fattispecie oggetto di disamina ricade in epoca precedente all’emanazione della l. numero 92/2012 che, dopo la breve esperienza della legge numero 188/2007, subordina l’efficacia delle dimissioni al rispetto di precisi oneri formali nel contesto della generale libertà delle forme previsto dal codice civile, le dimissioni sono considerate atto unilaterale a forma libera, che acquista efficacia nel momento in cui viene a conoscenza della parte alla quale è diretto cfr. Cass. 23 aprile 2004, numero 7735 v. anche Cass. 1 ottobre 2012, numero 16656 qualora una determinata forma sia stata prevista dai contratti collettivi, essa deve presumersi voluta ad substantiam, per la validità dell’atto, a norma dell’articolo 1352 cod. civ., applicabile anche agli atti unilaterali e quindi all’atto di dimissioni che è l’atto unilaterale recettizio con il quale il lavoratore recede dal contratto di lavoro subordinato v. Cass. 25 febbraio 1998, numero 2048 Cass. 13 luglio 2001, numero 9554, Cass. 9 agosto 2012, numero 14343 il patto sulla forma, dunque, comporta che l’invalidità che ne deriva è di tipo legale e non convenzionale nel senso che è ab initio predisposta una regola derogatoria del generale principio di libertà per l’accertamento del perfezionamento e quindi della sussistenza o meno del successivo contratto o atto unilaterale da compiersi quindi, se le parti collettive o individuali hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto ovvero per un atto unilaterale di recesso dal contratto, si deve presumere che tale forma sia stata voluta per la validità del contratto stesso presunzione che può essere superata solo nel caso in cui si pervenga, sulla base dei criteri ermeneutici di cui agli articolo 1362 e ss. cod. civ., ad una interpretazione certa di segno contrario v. Cass. 28 novembre 1994, numero 10121 Cass. 28 aprile 1998, numero 4347 Cass. 11 marzo 2004, numero 5024 il principio opera non solo per l’espressione dell’intenzione di recedere dal contratto, ma anche per la comunicazione di tale espressione quando per questa sia previsto un mezzo particolare per evitare, nell’interesse del lavoratore, manifestazioni di volontà non adeguatamente ponderate v. la già citata Cass. 25 febbraio 1998, numero 2048 con riferimento alle modalità, in cui debbono avvenire le dimissioni, prederminate in tutti i passaggi successivi dal contratto collettivo 4. in conclusione, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, dichiarati assorbiti il secondo e il quarto, con cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze affinché proceda ad un nuovo esame attenendosi ai sopra indicati principi. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo, rigetta il primo, dichiara assorbiti il secondo e il quarto cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Firenze.