Antitrust UE e Google Shopping. I danni di consumatori e pmi salvati dalle Authorities

La multa di 2,4 miliardi comminata a Google dall’Antitrust UE Caso COMP/AT/39740 per abuso di posizione dominante del servizio di acquisti comparativi “Google Shopping” tutela non solo l’interesse pubblico al buon andamento del mercato e alla correttezza nella concorrenza ma tutela anche i consumatori utenti e piccole-medie imprese danneggiati da tale condotta.

L’Antitrust ha sanzionato i gestori delle grandi piattaforme online anche in altri casi pensiamo a Apple, a Facebook e a Tripadvisor. I poteri ispettivi di un’Authority riescono a penetrare le strutture segrete interne dei gestori web e a svelarne gli abusi. Il singolo cittadino o la singola piccola-media impresa sono impotenti di fronte alle asimmetrie informative prodotte dalle piattaforme web e sono costretti a subirne tutti i danni senza possibilità di reagire. L’unica via di tutela si prefigura solo quando la situazione pregiudizievole del singolo coincide con la fattispecie affrontata dall’istruttoria di qualche Authority. In tale circostanza il singolo – attore di un’azione risarcitoria - può chiedere al giudice di ottenere la divulgazione delle prove incluse nel fascicolo dell’Authority e superare così la “probatio diabolica” della responsabilità del gestore della piattaforma. Alla luce di tutto questo, sorge un affliggente interrogativo cosa succede quando non esiste nessuna indagine di una qualche Authority sulla situazione pregiudizievole subita dall’utente della piattaforma web? Dobbiamo forse concludere che in queste ipotesi non sia possibile difendersi? Il caso. La Decisione 27 giugno 2017 della Commissione Ue in materia antitrust relativa al caso del servizio di “Google Shopping” Caso COMP/AT/39740 ha comminato una multa di 2,4 miliardi a Big G http //ec.europa.eu/competition/elojade/isef/case_details.cfm?proc_code=1_39740 . Si tratta dell’abuso di posizione dominante del motore di ricerca Google nel mercato dei servizi di acquisti comparativi. In pratica, la società americana aveva costruito degli algoritmi che ponevano all’inizio della prima pagina dei risultati di ricerca il proprio servizio di acquisti comparativi relegando i competitors nella pagina in basso o perfino in quarta pagina come si evince dall’infografica rappresentata di seguito. http //europa.eu/rapid/press-release_IP-17-1784_enumero htm . “Detenere una posizione dominante non è di per sé illegale ai sensi delle norme antitrust dell'UE – osserva la Commissione Ue nella decisione 27.06.17 - Tuttavia, le imprese dominanti hanno la particolare responsabilità di non abusare di tale potere limitando la concorrenza nel mercato in cui sono dominanti o in mercati distinti”. La Commissione UE ha avviato una procedura di accertamento e istruttoria il 14 luglio 2016 a seguito di numerose segnalazioni da parte degli altri operatori del settore pervenute fin dal 2010. In tutti questi anni gli ispettori europei hanno vagliato le prove sulla responsabilità di Google assumendo sia quelle in sfavore sia quelle in favore. Al termine di tutte queste attività ispettive e istruttorie, la condotta del motore di ricerca è stata valutata illegale a partire dal 2008 perché il proprio servizio appariva sempre primo non per effettivi meriti di traffico ma grazie alla propria posizione dominante nella ricerca generica su Internet. Questo comportamento ha condizionato tutto il settore dei servizi di acquisti comparativi sia lato-competitors sia lato-consumatori. I competitors hanno subito forti perdite e i consumatori sono stati privati di un'effettiva possibilità di scelta e innovazione. Dall'inizio di ciascun abuso, il servizio di Google “ha registrato un incremento del traffico di 45 volte nel Regno Unito, 35 in Germania, 19 in Francia, 29 nei Paesi Bassi, 17 in Spagna e 14 in Italia” Caso Google Shopping COMP/AT/39740 . A fronte dei vantaggi maturati dalla società americana si sono registrate forti riduzioni di traffico verso i concorrenti. “Ad esempio, la Commissione ha riscontrato prove specifiche di brusche riduzioni del traffico verso taluni siti concorrenti dell'85% nel Regno Unito, dell'80% in Francia e fino al 92% in Germania” Caso Google Shopping COMP/AT/39740 . Antitrust a tutela del mercato e del consumatore. Il caso Antitrust/Google Shopping appartiene indiscutibilmente all’area del Public Antitrust Enforcement tuttavia ha effetti importanti non solo sull’interesse pubblico al rispetto delle leggi sul mercato e sulla concorrenza ma anche sull’interesse dei consumatori comprensivi delle piccole-medie imprese ad ottenere una qualche forma di tutela contro i danni derivanti dallo strapotere delle piattaforme. Il Public Antitrust Enforcement in casi come questo si coniuga perfettamente con il Private Antitrust Enforcement prodotto dalla giurisprudenza delle Corti chiamate a pronunciarsi sull’eventuale diritto al risarcimento danni dei soggetti marginalizzati e/o dei consumatori privati di una consapevole libertà di scelta. Nelle due fondanti pronunzie Courage 453/1999 e Manfredi 298/2004 la Corte di Giustizia UE ha sancito che i principi del diritto antitrust comunitario “producono effetti diretti nei rapporti fra i singoli ed attribuiscono a questi dei diritti che i giudici nazionali devono tutelare”. In recepimento di questa interpretazione i nostri Ermellini hanno affermato il principio che il mercato riguarda non solo gli imprenditori ma anche i consumatori. In questo senso si sono pronunziate le Sezioni Unite nel 2005 Cass. S.U. 4 febbraio 2005, numero 2007 asserendo che in ipotesi di intese anti-concorrenziali “il consumatore finale vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva fra prodotti in concorrenza ed ha a disposizione l’azione di risarcimento del danno” Cass. S.U. 4 febbraio 2005, numero 2007 . Il principio ha trovato poi applicazione pratica nel settore assicurativo in un’azione follow on in coda a un provvedimento AGCM che sanzionava la condotta anti-competitiva tenuta da diverse compagnie assicurative cartello RCA “l’assicurato ha diritto al risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore sottoposto a sanzione dall’Autorità Garante” Cass. civ. sez. III, 2 febbraio 2007, numero 2303 . Responsabilità dei Signori della Rete. La “probatio diabolica” nel fascicolo dell’Antitrust. Nella disciplina antitrust la dimensione pubblica nazionale e/o transfrontaliera risulta trainante della dimensione privata Private Antitrust Enforcement . Questa dinamica - necessaria nel mondo delle grandi imprese nazionali e/o transfrontaliere - costituisce un fondamento imprescindibile nell’ambiente delle grandi piattaforme digitali. Una delle poche possibilità di tutela dell’utente o della piccola-media impresa contro i pregiudizi arrecati dai gestori dei servizi web si individua proprio nell’azione congiunta del Public Antitrust Enforcement con il Private Antitrust Enforcement. L’azione dell’Authority nazionale o Commissione UE riesce a fronteggiare i Signori della Rete grazie ai poteri ispettivi di cui dispone che consentono di evincere prove che il singolo non avrebbe mai potuto ottenere. La Direttiva 2014/104/UE recepita nel nostro sistema interno con Decreto legislativo numero 3/2017 costituisce un valido grimaldello per espugnare le fortezze digitali che si beano dell’asimmetria informativa esistente tra loro e gli utenti. In particolare l’articolo 6 della Dir. 2014/104/UE rappresenta il cuore della tutela disponendo la possibilità per i giudici di ordinare la divulgazione delle prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza. In questo modo il soggetto debole viene sgravato dalla probatio diabolica della responsabilità del gestore della piattaforma. Antitrust contro lo strapotere dei Signori della Rete. I casi. Nello stesso orientamento del provvedimento Antitrust UE/Google shopping si pongono altre decisioni antitrust. Pensiamo all’Authority nazionale contro Apple nel 2011 per attività confusoria e pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori acquirenti dei prodotti della casa di Cupertino in merito alla garanzia di due anni e all’assistenza aggiuntiva a pagamento http //www.agcm.it/stampa/news/5829-sanzioni-per-complessivi-900mila-euro-al-gruppo-apple-per-pratiche-commerciali-scorrette.html . Pensiamo all’Antitrust UE contro Facebook 2017 nel caso della fusione con Whatsapp in quanto avrebbe violato l’obbligo delle società di dare tutte le informazioni richieste dalla Commissione UE e in particolare sulla possibilità di costituire legami diretti tra gli account di Facebook e quelli di Whatsapp con tutte le conseguenze derivanti in termini di monopolio del mercato e delle scelte dei consumatori nonché in materia di privacy http //www.ansa.it/sito/notizie/tecnologia/internet_social/2016/12/20/antitrust-ue-fb-ha-mentito-su-whatsapp_60d42539-4130-40b6-ae79-4ebff8db7b89.html Pensiamo all’Antitrust nazionale contro Tripadvisor 2014 provvedimento annullato dal TAR Lazio nel 2015 in cui si censurava la condotta confusoria e ingannevole inerente alle recensioni on line non verificate né verificabili “idonee a indurre in errore una vasta platea di consumatori in ordine alla natura e alle caratteristiche principali del prodotto e ad alterarne il comportamento economico” http //www.agcm.it/stampa/comunicati/7365-ps9345-mezzo-milione-di-multa-a-tripadvisor.html . CONCLUSIONI. La riflessione sui casi affrontati dall’Antitrust europea e da quella nazionale conduce verso un’amara conclusione sullo stato generale della tutela fruibile nell’ambiente digitale l’utente da solo non è in grado di difendersi di fronte alle piattaforme-feudo dei Signori della Rete. Quali possibilità di ristoro economico per le perdite subite può avere la piccola-media impresa bannata da Google in quanto il proprio sito risulta ospitante contenuti pornografici che in realtà sono figure di statue neoclassiche? Quali possibilità di esprimere il proprio pensiero può avere il gestore della pagina bannata da Facebook in quanto ospitante commenti di odio nei confronti dei ricercatori vivisettori che in realtà sono solo segnalazioni di abusi da parte di un’associazione animalista? Quali possibilità di indennità economica può avere il ristoratore recensito negativamente su Tripadvisor per un coniglio alla cacciatora schifoso quando è un ristorante di solo pesce? Esiste un’Authority che avvia un’istruttoria per questi casi?