Il lavoratore che ha a carico una persona da assistere deve poter scegliere la sede di lavoro più vicina e non può essere trasferito senza il suo consenso, neppure se lo spostamento viene effettuato nell’ambito della medesima attività produttiva.
Lo stabilisce la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza numero 24015/17, depositata il 12 ottobre. Licenziato! Un lavoratore veniva licenziato per assenza ingiustificata dal servizio. Secondo la Corte d’Appello di Napoli, a differenza di quanto sostenuto dall’uomo, il provvedimento di trasferimento gli era stato regolarmente comunicato e la nuova sede di lavoro si trovava a pochi chilometri di distanza da quella originaria e, comunque, vicina alla sua abitazione. Le mansioni, inoltre, erano equivalenti a quelle originariamente svolte e l’orario di lavoro gli permetteva di assistere il familiare disabile. Il lavoratore ricorre per cassazione. Il trasferimento può essere comunicato con un telegramma. Il lavoratore afferma che il trasferimento era stato portato a sua conoscenza tramite un telegramma, prova non idonea – a suo dire – ai fini di una valida comunicazione. La Corte di Cassazione non condivide questa tesi e, anzi, afferma che un telegramma costituisce prova certa della spedizione da cui si può presumere la conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Assistenza familiari disabili sì al trasferimento, ma Il ricorrente, inoltre, afferma che, fruendo dei benefici previsti dalla l. numero 104/1992 per assistere il padre convivente affetto da handicap grave, non aveva prestato consenso al trasferimento. Piazza Cavour gli dà ragione il lavoratore che ha a carico una persona da assistere deve poter scegliere la sede di lavoro più vicina e non può essere trasferito senza il suo consenso, neppure se lo spostamento viene effettuato nell’ambito della medesima attività produttiva. Ciò in quanto il riconoscimento di diritti in capo al lavoratore si pone in stretta correlazione con il diritto del congiunto disabile a poter contare su immutate condizioni di assistenza. Ciò significa che l’esigenza che va sempre salvaguardata è quella di tutelare la persona con disabilità evitando che possa subire conseguenza negative dal trasferimento del congiunto, soprattutto se questo non è giustificato da effettive esigenze tecniche, organizzative e produttive del datore. Valutazioni – queste – che la Corte d’Appello non ha minimamente considerato. Per tutti questi motivi, il ricorso merita accoglimento e la sentenza va cassata.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 maggio – 12 ottobre 2017, numero 24015 Presidente Napoletano – Relatore Torrice Fatto e motivi 1. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza numero 11 in data 8.1.2015, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Napoli aveva rigettato il ricorso proposto da C.G.M. , volto all’accertamento della illegittimità e/o inefficacia del licenziamento in data 28.10.2011, intimato dalla società Sogart Service srl per assenza ingiustificata dal servizio a decorrere dal 7.10.2011, e alla pronuncia dei provvedimenti reintegratori, economici e reali. 2. La Corte territoriale ha ritenuto che la prova testimoniale aveva dimostrato che il provvedimento relativo al trasferimento dalla mensa del carcere omissis a quella del carcere di era stato comunicato a mezzo di lettera raccomandata e, il 17.9.2011, oralmente lo stesso C. nell’atto di querela aveva riferito che il trasferimento gli era stato comunicato telefonicamente prima del 17.9.2011 il telegramma contenente la comunicazione del trasferimento inviato il 28.9.2011 era stato regolarmente consegnato al lavoratore il rifiuto del C. di svolgere la prestazione lavorativa presso la mensa di era ingiustificato perché la nuova sede di lavoro si trovava a pochi chilometri di distanza dalla originaria sede di lavoro e dalla abitazione del lavoro del medesimo, le mansioni erano equivalenti a quelle già affidate presso il carcere di omissis , l’orario di lavoro assegnato non era incompatibile con le esigenze del lavoratore di assicurare l’assistenza la familiare disabile la sanzione risolutiva era proporzionata alla condotta addebitata perché costituiva violazione dei doveri fondamentali che incombono sul lavoratore, il quale avrebbe potuto contestare la legittimità del trasferimento nelle more dell’adempimento della prestazione lavorativa presso la nuova sede di lavoro. 3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione C.G.M. affidato a tre motivi, al quale ha resistito con tempestivo controricorso la Sogarticolo Service srl. 4. La controricorrente in data 20.4.2016 ha depositato comparsa di costituzione di nuovo difensore, all’esito del decesso dell’Avvocato Riccardo Cirillo, originario difensore. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c Sintesi dei motivi. 5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’articolo 13 della L. numero 300 del 1970 e/o dell’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992, e delle disposizioni della contrattazione collettiva, per avere la Corte territoriale ritenuto che il provvedimento di trasferimento fosse stato comunicato ad esso ricorrente attraverso la consegna del telegramma in data 28.9.2011. Asserisce che il telegramma non costituirebbe prova idonea a provare l’avvenuta comunicazione del provvedimento di trasferimento. 6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione delle parti e violazione della L. numero 604 del 1966, degli articolo 2118, 2119, e 2087 c.comma e dei contratti e degli accordi nazionali di lavoro. In sostanza il ricorrente lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la questione relativa alla qualificazione del trasferimento ai sensi e per gli effetti dell’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992, oggetto di esplicita censura formulata nei confronti della relativa statuizione contenuta nella sentenza di primo grado. Condizionando il motivo di ricorso alla eventualità che siffatta questione sia ritenuta rilevante, deduce che la mensa presso il Carcere di omissis e quella presso il carcere di costituiscono, ai sensi dell’articolo 2103 c.comma due autonome e distinte unità produttive poste in Comuni diversi. 7. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione della L. numero 604 del 1966 e successive modifiche, degli articolo 2118, 2119, 2087 e 1460 comma 2 c.comma e dell’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992 c.comma Deduce che era incontestato che esso ricorrente fruiva dei benefici di cui alla L. numero 104 del 1992 per assistere il padre convivente affetto da handicap grave, non aveva prestato il consenso al trasferimento presso la mensa di . Sostiene che il licenziamento è illegittimo in quanto il rifiuto di esso ricorrente di prestare servizio presso la sede di nuova destinazione conseguiva alla illegittimità del trasferimento disposto in violazione dell’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992. Esame dei motivi. 8. Il primo motivo è inammissibile. 9. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, al quale va data continuità qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione Cass. SS.UU 7931/2013 Cass. 19183/2016 . 10. Ebbene, il ricorrente non ha formulato alcuna censura nei confronti della affermazione della Corte territoriale, affermazione idonea da sé sola a fondare la statuizione di rigetto dell’eccezione di mancata comunicazione del provvedimento di trasferimento, secondo cui dalla prova testimoniale era emerso che detto provvedimento era stato comunicato al C. sia con lettera raccomandata sia oralmente e che di siffatta comunicazione il ricorrente aveva dato atto in occasione della presentazione di una querela, rappresentando di esserne stato informato telefonicamente prima del 17.9.2011. 11. In ogni caso, va rilevato che l’affermazione della Corte territoriale sulla ritenuta idoneità del telegramma a far sorgere nel lavoratore la conoscenza del provvedimento di trasferimento è conforme ai principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui un telegramma cosi come una lettera raccomandata , anche in mancanza di avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall’ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione anzidetta e dell’ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo al destinatario e di conoscenza dell’atto Cass.12954/2007, 86492006, 758/2006, 22133/2004 . 12. Va rilevato che la Corte territoriale con accertamento di fatto che non può essere oggetto di riesame in sede di legittimità Cass. SSU 24148/ 2013, 8054/2014 Cass. 1541/2016, 15208/2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007 ha rilevato che il telegramma in data 28.9.2011 era stato consegnato al lavoratore. 13. Il secondo ed il terzo motivo da esaminarsi congiuntamente, sono ammissibili diversamente da quanto opina la resistente, che nel controricorso ha invocato le disposizioni contenute nei novellati articolo 360, 360 bis, 366 e 348 ter comma 5 c.p.c 14. I motivi in esame risultano conformi alle prescrizioni contenute nell’articolo 366 c.p.c. il ricorrente non si è limitato alla mera indicazione delle norme di legge che assume violate, ma ha svolto specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, con le quali si confrontato in maniera critica e puntuale, debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza Cass. SSUU. 17931/2011 Cass. 24298/2016, 5337/2007 . 15. I motivi non sono inammissibili ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., disposizione che, nella lettura datane nella recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte numero 7155 del 2017, condivisa da questo Collegio, esonera la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi inconsistenti . Inconsistenza non sussistente nella fattispecie in esame per quanto si osserva di seguito. 16. I motivi sono ammissibili ai sensi dell’articolo 348 ter comma 5 c.p.comma in quanto le censure formulate denunciano vizio di violazione e di falsa applicazione di norme di diritto terzo motivo e non investono l’adesione del giudice di appello al giudizio di fatto contenuto nella sentenza di primo grado, che secondo motivo si assume mancato quanto alla qualificazione, giuridica, del trasferimento ai sensi dell’articolo 2103 c.comma e dell’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992. 17. Nel merito le censure sono fondate. 18. La L. 5 febbraio 1992, numero 104 legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate ha introdotto, all’articolo 33, agevolazioni per i lavoratori che assistono soggetti portatori di handicap. 19. Va rilevato, pur omettendone per brevità il testuale richiamo, che dalla lettura di tutte le agevolazioni disciplinate dal dettato originario dell’articolo 33, si evince che il legislatore del 1992 ha espressamente connotato della gravità la situazione del familiare del lavoratore, minorenne o maggiorenne, necessitato dell’accudimento sotteso alle agevolazioni introdotte in tutti i commi del menzionato articolo 33, fatta eccezione proprio del comma 5 ove il legislatore ha piuttosto fatto riferimento alla correlazione, tra lavoratore e familiare, fondata sull’assistenza con continuità e sulla convivenza. 20. L’articolo 33 comma 5, nel testo applicabile ratione temporis alla vicenda dedotta in giudizio dispone che Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede . 21. I requisiti indicati dal comma 3, pur contestualmente novellato dalla cit. L. numero 183, articolo 24, comma 1, lett. a , che accomunano ora la disciplina dei permessi retribuiti a quella del trasferimento, risultano i seguenti A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa . . La fruizione di tali agevolazioni presuppone che la condizione di disabilità sia accertata mediante le Commissioni mediche previste dalla L. numero 104 del 1992, articolo 4 cfr., ex plurimis, Cass. 8436/2003 . 22. Sul piano sistematico, come già affermato da questa Corte Cass. SSUU 16102/2009 Cass. 25379/2016, 22421/2015, 9201/2012 , la configurazione giuridica delle posizioni soggettive riconosciute dalla norma, e i limiti del relativo esercizio all’interno del rapporto di lavoro, devono essere individuati alla luce dei numerosi interventi della Corte costituzionale che - collocando le agevolazioni in esame all’interno di un’ampia sfera di applicazione della L. numero 104 del 1992, diretta ad assicurare, in termini quanto più possibile soddisfacente, la tutela dei soggetti con disabilità - destinata a incidere sul settore sanitario e assistenziale, sulla formazione professionale, sulle condizioni di lavoro, sull’integrazione scolastica - ha precisato la discrezionalità del legislatore nell’individuare le diverse misure operative finalizzate a garantire la condizione del portatore di handicap mediante l’interrelazione e l’integrazione dei valori espressi dal disegno costituzionale Corte Cost. numero 406 del 1992, 325 del 1996 ha più volte evidenziato la centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza del disabile da ultimo, Corte Cost. 329/2011 e, in precedenza, Corte Cost. 233/2005 e, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale fattore di sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia si vedano, fra le altre, sent. nnumero 158 del 2007, numero 350 del 2003, e numero 19 del 2009 . 23. Le misure previste dall’articolo 33, comma 5, devono, dunque, intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo - riconducibile al principio sancito dall’articolo 3 Cost., comma 2 - che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l’assistenza familiare e, dall’altro, devono coesistere e bilanciarsi con altri valori costituzionali. 24. Va, inoltre, osservato che questa Corte Cass. 9201/2012, 25379/2016, 22421/2015 ha affermato il principio secondo cui la disposizione dell’articolo 33, comma 5, della legge numero 104 del 1992, laddove vieta di trasferire, senza consenso, il lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente, deve essere interpretata in termini costituzionalmente orientati - alla luce dell’articolo 3, secondo comma, Cost., e della Carta di Nizza che, al capo 3 - rubricato Uguaglianza - riconosce e rispetta i diritti dei disabili di beneficiare di misure intese a garantire l’autonomia, l’inserimento sociale e la partecipazione alla vita della comunità articolo 26 e al capo 4 rubricato Solidarietà - tratta della protezione della salute, per la quale si afferma che nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un alto livello di protezione della salute umana. 25. Va anche osservato che la lettura dell’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992 nei termini sopra ricostruiti è conforme alla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 dei disabili, ratificata con legge numero 18 del 2009 dall’Italia C. Cost. numero 275 del 2016 e dall’Unione Europea con decisione numero 2010/48/CE Cass. 12911/2017, 25379/2016, 2210/2016 . 26. L’efficacia della tutela della persona con disabilità si realizza, per quanto rileva nella fattispecie in esame, anche mediante la regolamentazione del contratto di lavoro in cui è parte il familiare della persona tutelata, in quanto il riconoscimento di diritti in capo al lavoratore è in funzione del diritto del congiunto con disabilità alle immutate condizioni di assistenza. 27. È, nondimeno, innegabile che l’applicazione dell’articolo 33, comma 5, cit., postula, di volta in volta, un bilanciamento di interessi, bilanciamento necessario, per vero, in via generale, per tutti i trasferimenti, atteso il disposto dell’articolo 2103 c.c., che, nel periodo finale del primo comma, statuisce che il lavoratore non può essere trasferito da una unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive . 28. L’onere probatorio rafforzato posto dall’articolo 2103 c.comma sul datore di lavoro con riferimento all’esigenza dell’impresa di variare la sede lavorativa ex multis, Cass. 11984/2010 dimostra la preoccupazione del legislatore nei confronti dei provvedimenti destinati ad avere, nella generalità dei casi, ricadute sovente pregiudizievoli per il lavoratore sotto diversi versanti, incidenti non di rado oltre che sul piano economico anche su quello familiare per interrompere, per tempi non limitati, quei rapporti di affetti e di solidarietà quotidiana fondanti la comunità familiare 29. A questi ultimi particolare attenzione è stata dedicata, come innanzi osservato, dal legislatore italiano che, con l’articolo 33 comma 5 della legge numero 104 del 1992, nel contesto normativo sovranazionale sopra richiamato, ha inteso regolare più incisivamente i poteri del datore di lavoro nei casi nei quali il lavoratore sia parte di una comunità familiare nella quale vi siano persone con disabilità che richiedano un impegno più pregnante e gravoso da parte del familiare lavoratore, impegno che anche l’inamovibilità di quest’ultimo può garantire. 30. La ricostruzione del quadro normativo nazionale e sovranazionale e dei principi giurisprudenziali sopra richiamati induce a ritenere che nel necessario bilanciamento di interessi e di diritti del lavoratore e del datore di lavoro, aventi ciascuno copertura costituzionale, dovranno essere valorizzate le esigenze di assistenza e di cura del familiare disabile del lavoratore, occorrendo salvaguardare condizioni di vita accettabili per il contesto familiare in cui la persona con disabilità si trova inserita ed evitando riflessi pregiudizievoli dal trasferimento del congiunto ogni volta che le esigenze tecniche, organizzative e produttive non risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte Cass. 25379/2016, 9201/2012 . 31. In questa prospettiva applicativa, deve ritenersi che il trasferimento del lavoratore di cui al comma 5 dell’articolo 33 L numero 104 del 1992 è configurabile anche nell’ipotesi in cui lo spostamento venga attuato nell’ambito della medesima unità produttiva, quando questa comprenda uffici dislocati in luoghi diversi. Il dato testuale contenuto nella norma, che fa riferimento alla sede di lavoro, non consente, infatti, di ritenere che questa corrisponda alla unità produttiva alla quale fa, invece, riferimento l’articolo 2103 c.comma Cass. 24775/2013 . 32. Tanto precisato, e ritornando all’esame dei motivi di ricorso, deve ritenersi che la Corte territoriale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del trasferimento dell’odierno ricorrente dalla sede di omissis a quella di , e sulla legittimità del rifiuto di questi di rendere la prestazione nella nuova sede di lavoro ha disatteso i principi sopra richiamati. 33. Essa, infatti, ha ritenuto illegittimo tale rifiuto sul duplice rilievo che la nuova sede di lavoro si trovava a pochissimi chilometri di distanza da quella originaria sede e dalla abitazione del C. e che il trasferimento avrebbe potuto essere oggetto di contestazioni nella continuità della prestazione di lavoro. Su tale premessa ha, poi, formulato il giudizio valoriale di gravità dell’inadempimento e di proporzionalità della sanzione espulsiva. 34. In tal modo la Corte territoriale ha omesso di svolgere qualsiasi accertamento in ordine alla compatibilità della nuova sede di lavoro con gli obblighi di assistenza del familiare pacificamente affetto da handicap, di indagare se il mutamento della sede di lavoro del lavoratore alterasse le condizioni di vita del contesto familiare in cui la persona con disabilità si trovava inserita e il livello di assistenza assicurabile dal C. all’esito del mutamento della sede di lavoro. Essa, soprattutto, non ha verificato se sussistessero effettive ragioni organizzative e produttive, insuscettibili di essere in altro modo soddisfatte, legittimanti il trasferimento e che, in una situazione di contrapposizione di interessi tutti a copertura costituzionale, potessero valere, alla stregua di un corretto bilanciamento di interessi, a legittimare il trasferimento disposto dalla società e rendere nel concreto più difficoltoso il sostegno del familiare disabile. 35. In altri termini, la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare se vi fossero e quale importanza rivestissero le esigenze produttive sottese al trasferimento, procedere alla valutazione della concreta possibilità del C. di assicurare, mutato il luogo di lavoro, la dovuta assistenza al familiare portatore di handicap al fine di operare il bilanciamento tra gli opposti interessi, indispensabili per la formulazione del giudizio di proporzionalità, ai sensi dell’articolo 1460 comma 2 c.comma Cass. 3469/2017, 3959/2016, 4474/2015, 11430/2006 . 36. Si deve, conseguentemente, cassare la sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione che, sulla scorta delle allegazioni contenute nella memoria di costituzione nel giudizio di primo grado della società dovrà fare applicazione dei seguenti principio di diritto 37. Ai sensi dell’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992, nel testo modificato dall’articolo 24 comma 1 lett. b della L. 24.11.2010 numero 183, il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente opera ogni volta che muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione anche se lo spostamento venga attuato nell’ambito della medesima unità produttiva . 38. Ai sensi dell’articolo 33 comma 5 della L. 5 febbraio 1992, numero 104, come modificato dall’articolo 24 comma 1 lett. b della legge 24.11.2010 numero 183, il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può subire limitazioni risultando la inamovibilità giustificata dal dovere di cura e di assistenza da parte del lavoratore al familiare disabile, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro specifiche esigenze tecniche, organizzative e produttive che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte . 39. Il trasferimento del lavoratore legittima il rifiuto del dipendente che ha diritto alla tutela di cui all’articolo 33 comma 5 della L. numero 104 del 1992 di assumere servizio nella sede diversa cui sia stato destinato ove il trasferimento sia idoneo a pregiudicare gli interessi di assistenza familiare del dipendente e ove il datore di lavoro non provi che il trasferimento è stato disposto per effettive ragioni tecniche, organizzative e produttive insuscettibili di essere diversamente soddisfatte . P.Q.M. La Corte Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.