di Alessandro Gallucci
di Alessandro Gallucci *La Cassazione torna ad occuparsi della legittimazione attiva e passiva a stare in giudizio dell'amministratore di condominio e lo fa con una sentenza, la numero 2179 del 31 gennaio 2011 che si uniforma ai principi espressi dalle Sezioni Unite nel mese di agosto 2010 sent. nnumero 18331 e 18332 . Non è la prima volta che la Corte di legittimità si pronuncia su questo specifico tema dopo quell'arresto. L'adesione a quell'interpretazione suona, però, come una novità visto e considerato che per ciò che concerne la legittimazione passiva le stesse Sezioni semplici, pronunciatesi successivamente, non avevano inteso accostarvisi si veda Cass. 10 novembre 2010, numero 22886 . Tanto detto è utile entrare nel cuore della vicenda e capire che cosa abbia detto di così significativo la Corte nomofilattica.Il condominio può essere parte al processo per il tramite del suo amministratore. Il condominio, non è una novità, può prendere parte ad un processo civile sia come attore che come convenuto. In presenza della figura dell'amministratore, è a quest'ultimo che spetta rappresentare la compagine in seno al contenzioso. Dalla rappresentanza processuale, sulla quale non vi sono dubbi, va tenuta distinta la legittimazione a stare in giudizio, vale a dire la capacità del mandatario dei condomini di agire proponendo un'azione a tutela del condominio o di resistere alle altrui domande rivolte contro i suoi mandanti. Quanto alla legittimazione attiva, oggetto dell'intervento giurisprudenziale citato all'inizio, il primo comma dell'articolo 1131 c.c. specifica chiaramente che nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo precedente articolo 1130 c.c. numero d.A. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi . Si pensi al recupero del credito verso un condomino inadempiente articolo 63 disp. att. c.c. . L'amministratore, senza necessità di ottenere l'autorizzazione o la successiva ratifica del proprio operato, può iniziare d'ufficio un'azione giudiziale tesa ad ottenere quanto dovuto. Che cosa accade se, invece, dopo aver resistito in un'azione esperita contro il condominio l'amministratore intenda impugnare la sentenza sfavorevole ai suoi rappresentati? Proprio in relazione agli effetti della carenza di legittimazione attiva e passiva, le Sezioni Unite hanno specificato che, al di fuori delle ipotesi in cui il mandatario risulti legittimato ad agire d'ufficio, qualora l'assemblea di condominio non abbia autorizzato preventivamente l'amministratore ad impugnare una sentenza per il condominio sfavorevole, l'amministratore potrà comunque agire per la tutela degli interessi dei condomini ma dovrà opportunamente ottenere la ratifica al suo operato onde evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione o di impugnazione cfr. Cass. SS.UU. nnumero 18331-18332/10 . Il fatto. Nel caso di specie, l'ex amministratore di un condominio faceva causa alla compagine medesima per ottenere il rimborso delle anticipazioni di somme di denaro effettuate durante il suo mandato. Al giudizio di primo grado seguiva l'appello e quindi, su proposta del condominio il ricorso per Cassazione. Da qui l'eccezione di inammissibilità del ricorso principale quello del condominio poiché si riteneva che l'amministratore non avesse il potere di proporlo senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea o la successiva ratifica . Il 9 febbraio 2010 la Corte rinviava la causa a ruolo per attendere l'esito del giudizio, sui limiti della legittimazione attiva e passiva, pendente davanti alle Sezioni Unite quello reso con le sentenze nnumero 18331-18332 succitate . L'amministratore impugna la sentenza solo se autorizzato dall'assemblea. La Seconda sezione del Supremo Collegio decideva quindi, in camera di consiglio, il 15 dicembre 2010, con la sentenza numero 2179 depositata in cancelleria lo scorso 31 gennaio. Secondo gli ermellini è palese che la controversia non concerne l'uso di cose comuni o il recupero di contributi dovuti dai condomini. Non si può neppure far rientrare l'oggetto del contendere tra gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, giacchè non è in gioco la conservazione dell'edificio condominiale, ma solo una controversia su somme di danaro che l'amministratore assume di aver pagato a terzi nell'interesse del condominio e di cui ha chiesto il rimborso, contestato dal debitore convenuto Cass. 31 gennaio 2011 numero 2179 . Ciò chiarito la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso. In sintesi nelle vertenze aventi ad oggetto crediti vantati da terzi verso il condominio, l'amministratore che voglia impugnare la sentenza sfavorevole alla compagine sarà legittimato farlo solo se autorizzato dall'assemblea o se a seguito dell'impugnazione abbia ottenuto la ratifica del suo operato.* Avvocato