Il diritto dell’avvocato di astenersi dalle udienze non è assimilabile al legittimo impedimento

«L’astensione dalle udienze proclamata dalle associazioni di categoria, costituisce un diritto del difensore che vi aderisca che trova la sua base giuridica non nel codice di rito ma in una legge speciale combinato disposto della l. numero 146/1990 come modificata dalla l. numero 83/2000 e del Codice di autoregolamentazione ».

È quanto stabilito dalla Suprema Corte con la sentenza numero 23293/21, depositata il 15 giugno. La Corte d’Appello di Roma confermava la pronuncia del Tribunale di Latina che aveva condannato un’imputata ritenuta responsabile per truffa. L’accusata ricorre in Cassazione lamentandosi, tra i vari motivi, della violazione di legge e del vizio della motivazione in ordine al mancato rilievo della intervenuta prescrizione in quanto la Corte territoriale avrebbe indebitamente ed in contrasto con gli articolo 111 e 3 Cost. calcolato un periodo di sospensione del termine di oltre un anno dovuto all’astensione dei difensori. La doglianza è infondata in quanto la ricorrente non contesta la circostanza che il termine di sospensione sia rimato sospeso per un anno e tredici giorni a causa del rinvio dell’udienza per l’astensione degli avvocati. Lasso temporale idoneo, a prescindere dall’ulteriore sospensione dovuta all’emergenza COVID-19, a far maturare il termine di prescrizione oltre la data della sentenza di secondo grado. Ma ritiene che non sia conforme alla Costituzione in quanto verrebbero meno le esigenze della ragionevole durata del processo e perché trattandosi di impedimento del difensore non si comprenderebbe la differenza con i casi di legittimo impedimento idonei a sospendere il termine di sospensione per soli 60 giorni. La giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di sottolineare che «l’astensione dalle udienze dei difensori, a seguito di proclamazione delle associazioni di categoria, non è riconducibile nell’ambito dell’istituto del legittimo impedimento, in quanto costituisce espressione dell’esercizio di un diritto di libertà, e quindi di una libera scelta che nulla ha a che vedere con l’impedimento “fisico” di partecipare al processo» Cass. numero 26711/2013, numero 40187/2014 e che «se è vero che, attesa la qualifica di liberi professionisti, non potrebbe a rigore parlarsi di diritto di sciopero, è anche vero che si tratterebbe comunque di un diritto ad esso assimilabile, tanto che per tutte le astensioni collettive le limitazioni sono previste in relazione ai servizi pubblici ed ai diritti fondamentali su cui incidono e non alla norma costituzionale su cui si fondano» Cass. numero 15232/2015 . Inoltre si è avuto modo di affermare che «il giudice ha il potere di accertare la ritualità dell’astensione nonché di operare, se occorre, un’interpretazione anche in chiave sistematica o adeguatrice delle norme primarie e secondarie rilevanti, in modo che il risultato dell’interpretazione sia il più possibile conforme ai principi e valori costituzionali di cui si sta discutendo, sempre però che l’eventuale interpretazione adeguatrice non si ponga in contrasto con la lettera della disposizione, primaria o secondaria, o con la ratio della soluzione normativa. Un potere giudiziale di bilanciamento potrebbe riemergere solo in situazioni del tutto eccezionali, quali il venir meno della normativa secondaria o l’emersione di ulteriori valori costituzionali, non considerati nell’intervento normativo di bilanciamento» Cass. numero 1826/2013, numero 19856/2014, numero 4819/2016, numero 17269/2007 . Alla stregua dei suddetti principi la Suprema Corte afferma che «l’astensione dalle udienze proclamata dalle associazioni di categoria, costituisce un diritto del difensore che vi aderisca che trova la sua base giuridica non nel codice di rito ma in una legge speciale combinato disposto della l. numero 146/1990 come modificata dalla l. numero 83/2000 e del Codice di autoregolamentazione ». Ne consegue che il rinvio per astensione dei difensori «non può essere assimilabile quanto a durata con i rinvii dovuti a legittimo impedimento, non configurandosi come tale». Per questi motivi il Collegio dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 aprile – 15 giugno 2021, numero 16929 Presidente Cervadoro – Relatore Sgadari Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Latina del 17 giugno del 2019 che aveva condannato la ricorrente alle pene di giustizia ed al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, in relazione ai reati di cui all’articolo 642 c.p., comma 2 cosi diversamente qualificata dal Tribunale l’originaria imputazione di tentata truffa di cui al capo A e articolo 367 c.p. per avere simulato, anche con denuncia all’autorità giudiziaria, di aver subito un furto di parti interne della propria autovettura e di beni personali che ivi si trovavano, tentando di percepire delle somme a titolo di risarcimento del danno dalla compagnia assicuratrice Cattolica. 2. Ricorre per cassazione P.M. deducendo 1 vizio della motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità. Secondo la ricorrente, dalla falsa fattura presentata alla compagnia assicuratrice avente ad oggetto i pezzi di ricambio dell’autovettura non avrebbe potuto essere dedotta la mancata verificazione del furto denunciato, tenuto conto che era stata provata attraverso fotografie la circostanza che l’automobile aveva subito delle effrazioni consistite nella rottura del parabrezza, dato idoneo ad inficiare quanto rilevato dal perito dell’assicurazione 2 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato rilievo della intervenuta prescrizione, avendo la Corte calcolato indebitamente ed in contrasto con l’articolo 111 e 3 Cost., un periodo di sospensione del termine di oltre un anno dovuto all’astensione dei difensori. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile e i motivi manifestamente infondati e generici. 1. Quanto al primo motivo, la ricorrente non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di Appello ha sottolineato che la falsa rappresentazione in ordine alla effettiva verificazione del furto denunciato dalla ricorrente, emergeva non solo dalla fattura che la stessa ricorrente non smentisce essere stata falsificata con la quale era stato richiesto alla compagnia assicuratrice il pagamento dei danni asseritamente subiti , ma anche dalla circostanza che la ricorrente non aveva mai offerto alcun elemento per ricostruire le modalità di riparazione della autovettura, alcun pagamento ad essa relativo, nè il fatto che l’automobile non era stata messa a disposizione dei periti dell’assicurazione dopo la presunta sostituzione dei pezzi ed, inoltre, l’imputata non aveva dato prova di aver intentato alcunché nei confronti dei presunti falsificatori della fattura, non sapendo indicare il nome di colui che gliela aveva consegnata. Tali argomentazioni, alcune delle quali non richiamate in ricorso, superano ed assorbono le diverse argomentazioni difensive, delle quali pure la Corte si è fatta carico rilevandone l’illogicità fg. 2 della sentenza impugnata . 2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato e, con esso, i dubbi di costituzionalità dell’articolo 159 c.p., comma 1, numero 3. La ricorrente non contesta la circostanza che il termine di sospensione è rimasto sospeso per un anno e tredici giorni a causa del rinvio dell’udienza del 22.3.2017 per l’astensione degli avvocati, fino all’udienza del 4.4.2018, lasso temporale idoneo - a prescindere dalla ulteriore sospensione dovuta all’emergenza Covid-19 - a far maturare il termine di prescrizione oltre la data della sentenza di secondo grado. Ritiene che tanto non sia conforme alla Costituzione in quanto verrebbero frustrate le esigenze di ragionevole durata del processo e perché trattandosi di legittimo impedimento del difensore, non si comprenderebbe la differenza con i casi di legittimo impedimento idonei a sospendere il termine di sospensione per soli sessanta giorni. La ragionevole durata del processo non è frustrata dal rinvio accordato per la tutela di un interesse costituzionalmente garantito del difensore ad astenersi nè la ricorrente, genericamente richiamando l’articolo 111 Cost. ha indicato l’esistenza di ragioni di tipo organizzativo che avrebbero consentito al Tribunale un rinvio in tempi più brevi. Deve ricordarsi, inoltre, che l’astensione dall’udienze dei difensori, a seguito di proclamazione delle associazioni di categoria, non è riconducibile nell’ambito dell’istituto del legittimo impedimento, in quanto costituisce espressione dell’esercizio di un diritto di libertà e, quindi di una libera scelta che nulla ha a che vedere con l’impedimento fisico di partecipare al processo Sez. U, numero 26711/2013 Rv. 255346 Sez. U, numero 40187/2014 Rv. 259926 § 6 e segg. l’adesione all’astensione costituisce un legittimo motivo per chiedere ed ottenere di non trattare il processo, ma non costituisce un impedimento a comparire Sez. U numero 15232/2015 Rv. 263021 riassuntivamente in § 6 in cui si osserva che se è vero che, attesa la qualifica di liberi professionisti, non potrebbe a rigore parlarsi di diritto di sciopero, è anche vero che si tratterebbe comunque - almeno per i profili che qui rilevano - di un diritto ad esso assimilabile, tanto che per tutte le astensioni collettive le limitazioni sono previste in relazione ai servizi pubblici ed ai diritti fondamentali su cui incidono e non alla norma costituzionale sui cui si fondano articolo 40 o articolo 18 Cost. o altro Il giudice, ha il potere di accertare la ritualità dell’astensione nonché di operare, se occorre, un’interpretazione anche in chiave sistematica o adeguatrice delle norme primarie e secondarie rilevanti, in modo che il risultato della interpretazione sia il più possibile conforme ai principi e valori costituzionali di cui si sta discutendo , sempre però che l’eventuale interpretazione adeguatrice non si ponga in contrasto con la lettera della disposizione, primaria o secondaria, o con la ratio della soluzione normativa. Un potere giudiziale di bilanciamento potrebbe riemergere solo in situazioni del tutto eccezionali, quali il venir meno della normativa secondaria o l’emersione di ulteriori valori costituzionali, non considerati nell’intervento normativo di bilanciamento Cass., Sez VI, numero 1826 del 24/10/2013, S., Rv 258334 Sez III, numero 19856 del 19/03/2014, Rv 259439-40 Sez. 5, numero 4819/2016 Rv. 265928 Sez. 3, numero 17269/2007 Rv. 237322. L’astensione dall’attività defensionale proclamata dall’Unione delle Camere Penali Italiane non si configura come diritto di sciopero e non ricade sotto la specifica protezione dell’articolo 40 Cost. trattandosi invece di una libertà riconducibile al diverso ambito del diritto di associazione articolo 18 Cost. . Alla stregua dei suddetti principi, si può, quindi, affermare che l’astensione dalle udienze proclamata dalle associazioni di categoria, costituisce un diritto del difensore che vi aderisca che trova la sua base giuridica non nel codice di rito ma in una legge speciale combinato disposto della L. numero 146 del 1990 come modificata dalla L. numero 83 del 2000 e del codice di autoregolamentazione . Sul fatto che l’adesione alla astensione non è assimilabile ad un legittimo impedimento Sez. 6, numero 1826 del 24/10/2013, dep. 2014, Rv. 258334 Sez.3, numero 19856 del 19/03/2014, Sez. 1, numero 3113 del 09/12/2014, Rv. 261924 Sez. 5, numero 4819 del 17/11/2015, dep. 2016, Rv. 265928. Ne consegue che il rinvio per astensione dei difensori non può essere assimilabile quanto a durata con i rinvii dovuti a legittimo impedimento, non configurandosi come tale. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.