Conta anche il reddito del coniuge per il calcolo dei limiti reddituali

di Maria Flaminia Ferrari

di Maria Flaminia Ferrari *Nella sentenza numero 4677/11, sezione Lavoro, la Corte Suprema di Cassazione si è espressa relativamente alla legittimità di una domanda per l'ottenimento di una pensione di inabilità civile.La vicenda. Una signora si era vista respingere la domanda di fronte al Tribunale di Roma, davanti al quale aveva citato l'Inps ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze, per rivendicare un suo presunto diritto.A seguito di impugnazione presso la Corte di Roma, la signora era di nuovo soccombente, in quanto la sentenza emessa nel 2007 non prevedeva che avesse diritto alla pensione perché superava i limiti economici previsti, calcolati a seguito del cumulo dei redditi il suo e quello del coniuge .La signora propose ricorso per la cassazione di suddetta sentenza, sostenendo che dovesse darsi rilievo solamente al reddito personale dell'invalido ai fini del beneficio della pensione di inabilità sollevava inoltre la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 14-septies della legge numero 33/80.Quadro normativo. Nella motivazione della sentenza, la Suprema Corte procede con un excursus delle leggi che si sono succedute in materia di pensione di inabilità ed assegno mensile, tenendo distinte le due prestazioni.- La legge numero 118 del 1971 prevedeva la concessione di una pensione di inabilità per i soggetti maggiorenni nei cui confronti fosse stata accertata una totale inabilità lavorativa e la corresponsione di un assegno mensile, per i periodi di incollocamento al lavoro, ai soggetti tra i 18 e 64 anni con capacità lavorativa ridotta in misura superiore ai due terzi.- La precedente legge numero 153 del 1969 aveva stabilito le condizioni economiche richieste per la corresponsione della pensione sociale ed aveva altresì definito che un invalido, per avere diritto alla pensione di inabilità, come pure all'assegno mensile, non doveva essere titolare di redditi di importo pari o superiore a 156.000 lire annue .- Successivamente la legge numero 114 del 1974 alzava l'importo annuo per la pensione di inabilità e mensile per l'assegno e relativamente alle condizioni economiche prevedeva il possesso di redditi propri per un ammontare massimo di 336.050 lire annue oppure, se il soggetto fosse stato coniugato, il reddito cumulato non avrebbe dovuto superare le 1.320.000 lire annue. - Con la legge numero 29 del 1977 i limiti di reddito furono aumentati a 3.120.000 lire annui, solo per la pensione di inabilità, con riferimento agli invalidi civili assoluti, non menzionando invece gli invalidi parziali. Tale legge confermava che andava applicato il limite reddituale, tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi.Il legislatore è intervenuto nuovamente in materia con la legge numero 33/80 che, all'articolo 14-septies, ha aggiornato il limite, ma introducendo al comma 5 un concetto innovativo e, cioè, che il suddetto limite di reddito era da calcolare con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte , solo per i mutilati e gli invalidi civili, mentre per le pensioni di inabilità rimaneva in vigore la regola del cumulo del reddito.Limite di reddito per mutilati e invalidi civili e pensione di inabilità. La signora, inabile civile, riteneva questa diversità di trattamento illegittima dal punto di vista costituzionale.La Corte, nell'interpretare questa norma, si è discostata dall'orientamento seguito da alcune recenti sentenze, condividendo invece un più risalente indirizzo della Cassazione, secondo il quale per verificare l'erogabilità o meno della pensione di inabilità si deve tenere conto anche della posizione reddituale del coniuge dell'invalido , non potendosi invece applicare la regola prevista dall'articolo 14-septies, 5° c., dell'esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell'interessato. La norma della legge del 1980 rappresenta quindi una deroga all'orientamento generale della legislazione in materia di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo dei redditi dei coniugi.D'altronde la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte sull'argomento, facendo rientrare nella discrezionalità del legislatore il procedere o meno per l'omogeneizzazione tra i livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno di soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettività.In ultimo la Corte ha anche ricordato l'avvento dell'articolo 1, 35° c., della legge numero 247 del 2007, che ha voluto ribadire di nuovo la distinzione tra le due prestazioni.La regola generale è il cumulo dei redditi. Alla luce di quanto detto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso della signora, ritenendo corretto l'orientamento ermeneutico seguito dalla sentenza della Corte d'Appello di Roma. Non è stato quindi condiviso l'avviso della ricorrente che negava dovesse essere applicata la regola del cumulo dei redditi per la pensione di inabilità, in quanto, invece, ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l'assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, assume rilievo non solamente il reddito personale dell'invalido, ma anche quello eventuale del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l'importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato dalla legge .*Praticante legale, iscritta al Consiglio dell'Ordine dei Praticanti di Roma

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 gennaio 25 febbraio 2011, numero 4677Presidente Lamorgese Relatore BandiniSvolgimento del processoCon sentenza del 17.10.2007 28.4.2008 la Corte d'Appello di Roma, ha respinto l'impugnazione proposta da nei confronti dell'lnps e del Ministero dell'Economia e delle Finanze avverso la pronuncia di prime cure che aveva rigettato la sua domanda di pensione di inabilità civile.A sostegno del decisum la Corte territoriale ha rilevato che l'appellante, cumulando i redditi del proprio coniuge, superava i limiti previsti per il requisito economico.Avverso l'anzidetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico articolato motivo e illustrato con memoria.L'intimato Inps ha resistito con controricorso.L'intimato Ministero dell'Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.Motivi della decisione1. Sotto un primo profilo la ricorrente sostiene che, in forza di un'interpretazione costituzionalmente orientata della normativa di riferimento, deve ritenersi che, anche ai fini del beneficio della pensione di inabilità, va dato rilievo soltanto al reddito personale dell'invalido in via gradata, la ricorrente solleva poi questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 14 septies legge numero 33/80.2. La questione portata all'esame della Corte va risolta tenendo presente la vicenda legislativa delle due prestazioni di assistenza pensione di inabilità e assegno mensile che vengono in considerazione nella presente controversia.Nel dettare una nuova disciplina delle provvidenze a favore dei mutilati e invalidi civili, la legge 30 marzo 1971 numero 118 previde la concessione a carico dello Stato e a cura del Ministero dell'Interno di una pensione di inabilità per i soggetti maggiori di 18 anni nei cui confronti fosse stata accertata una totale inabilità lavorativa articolo 12 e la corresponsione, per i periodi di in collocamento al lavoro, dì un assegno mensile ai soggetti di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno, con capacità lavorativa ridotta in misura superiore a due terzi articolo 13 .Le condizioni economiche richieste dalla legge per l'assegnazione di entrambe le descritte prestazioni erano le medesime l'articolo 12, comma 2, facendo riferimento a quelle stabilite dall'articolo 26 della legge numero 153 del 1969 e, a sua volta, l'articolo 13, comma 1, prevedendo la concessione dell'assegno mensile con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo precedente .Pertanto, considerando quanto previsto dall'articolo 26 della legge numero 153 del 1969 norma, quest'ultima che stabilisce le condizioni economiche richieste per la pensione sociale , l'invalido, per aver diritto alla pensione di inabilità, come pure all'assegno mensile, non doveva essere titolare di redditi, a qualsiasi titolo, di importo pari o superiore a lire 156.000 annue così il testo originario dell'articolo 26 della legge citata .Successivamente il decreto legge 2 marzo 1974 numero 30 convertito nella legge 16 aprile 1974 numero 114 , intervenne per elevare l'importo annuo della pensione di inabilità e quello mensile dell'assegno articolo 7 , ribadendo articolo 8 che le condizioni economiche per le provvidenze ai mutilati e invalidi civili e, quindi, tanto per la pensione di inabilità che per l'assegno mensile sono quelle previste nel precedente art, 3 per la concessione della pensione sociale e, nel contempo, stabilendo appunto nell'articolo 3, dettato in parziale sostituzione dell'articolo 26 della legge numero 153/69 cit. che le condizioni economiche necessarie per la concessione della pensione sociale consistevano nel possesso di redditi propri per un ammontare non superiore a lire 336.050 annue, ovvero, in caso di soggetto coniugato, di un reddito, cumulato con quello del coniuge, non superiore a lire 1.320.000 annue.Con il successivo intervento di cui all'articolo unico della legge 21 febbraio 1977 numero 29 di conversione, con modificazioni, del decreto legge 23 dicembre 1976 numero 850 i limiti di reddito di cui all'articolo 8 del decreto legge numero 30/74 che, come già detto, richiamava quelli previsti dall'articolo 3 dello stesso decreto legge per la concessione della pensione sociale, a loro volta aumentati, per effetto dell'articolo 3 della legge 3 giugno 1975 numero 160, a lire 1.560.000 per il reddito cumulato e a lire 505.050 per il reddito personale furono elevati a lire 3.120.000 annui, ma esclusivamente per quanto qui interessa per la pensione di inabilità testuale è, invero, il riferimento fatto dal legislatore agli invalidi civili assoluti di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971 numero 118 mentre nessuna menzione era contenuta nella norma per gli invalidi parziali dì cui al successivo articolo 13. Per questi ultimi dovevano quindi, per il momento, ritenersi ancora vigenti i limiti reddituali previsti dall'articolo 3 del ripetuto decreto legge numero 30/74, come modificati dall'articolo 3 della legge numero 160/75 e, nel contempo, in difetto di una qualsiasi esplicita previsione in tal senso, o, quantomeno, di un sia pure implicito riferimento all'articolo 3 del di. numero 30/74, non vi era neppure spazio per una interpretazione del testo normativo che portasse ad argomentarne l'intento del legislatore di modificare, per la pensione di inabilità, la disciplina previgente, adottando come parametro di verifica del superamento del limite reddituale il solo reddito personale dell'invalido assoluto, ancorché coniugato.In definitiva, anche l'intervento legislativo in parola non incideva sul principio di sistema, per cui il limite reddituale andava determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi sia per la pensione che per l'assegno, mutando soltanto ed esclusivamente per la pensione di inabilità l'importo massimo da considerare ai fini della verifica del superamento o meno del suddetto limite. Evidentemente resosi conto dei limiti di ragionevolezza di una scelta che portava a raddoppiare, per la sola pensione di inabilità, il limite di reddito da prendere a riferimento, il legislatore, nel convertire il decreto legge 30 dicembre 1979 numero 663 con la legge 29 febbraio 1980 numero 33, aggiunse la disposizione dell'articolo 14 septies, con la quale, nel mentre vennero ancor più elevati i limiti di reddito di cui all'articolo 8 del di. numero 30/74, portati a lire 5.200.000 annui rivalutabili annualmente comma 4 , contestualmente comma 5 venne stabilito che, per l'assegno mensile in favore dei mutilati e invalidi civili di cui agli articolo 13 e 17 della legge numero 118/71 l'articolo 17, poi abrogato dall'articolo 6 della legge 21 novembre 1988 numero 508, disciplinava l'assegno di accompagnamento per gli invalidi minori di 18 anni , il limite di reddito da considerare era fissato nell'importo di lire 2.500.000 annue, anch'esso rivalutabile annualmente e da calcolare con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte . 3. Ritiene questa Corte che la norma in parola non possa essere interpretata nei sensi di cui alle sue recenti pronunce nnumero 18825/2008, 7259/2009 e 20426/2010 al cui orientamento è stato fatto richiamo nella memoria della odierna ricorrente , con le quali si è affermato che, dopo la introduzione dell'articolo 14 septies citato, anche per la pensione di inabilità deve farsi esclusivo riferimento al reddito personale dell'assistito, ma debba, invece, condividersi il principio, espresso da un più risalente indirizzo cfr, in particolare, Cass. nnumero 16363/2002, 16311/2002, 12266/2003, 14126/2006, 13261/2007 , secondo cui Ai fini dell'accertamento del requisito reddituale previsto per l'attribuzione della pensione di inabilità prevista dalla L 30 marzo 1971, numero 118, articolo 12, deve tenersi conto anche della posizione reddituale del coniuge dell'invalido, secondo quanto stabilito dalla L 29 febbraio 1980, numero 33, articolo 14 septies, comma 4, in conformità con i generali criteri del sistema di sicurezza sociale, che riconoscono alla solidarietà familiare una funzione integrativa dell'intervento assistenziale pubblico, non potendo invece trovare applicazione la regola stabilita dal successivo comma 5 dello stesso art 14 septies solo per l'assegno mensile di cui alla L numero 118 del 1971 citata della esclusione dal computo dei redditi percepiti da altri componenti del nucleo familiare dell'interessato . Ciò per le seguenti ragioni.Come sopra accennato, l'intervento attuato dal legislatore con il comma 5 dell'articolo 14 septies è chiaramente inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell'innalzamento del limite reddituale previsto ma esclusivamente per gii invalidi civili assoluti dalla legge numero 29 del 1977 significativo di tale intento è che per l'attribuzione dell'assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell'assistito, ma l'importo da non superare per la pensione di inabilità comma 4 corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l'assegno, ossia lire 5.200.000 annue a fronte di lire 2.500.000 annue attualmente la divaricazione si è notevolmente ampliata in quanto, secondo le tabelle Inps, il limite reddituale stabilito per la pensione agli invalidi civili totali è quasi tre volte superiore a quello indicato per l'assegno mensile agli invalidi civili parziali a parità di importo mensile della prestazione . La norma, inoltre, rappresenta una deroga all'orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi cfr Corte Cost., sent. nnumero 769/1988 e 75/1991 cfr, altresì, Corte Cosi, numero 454/1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65° anno e, di conseguenza, non esprime un principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti le disposizioni particolari. Del resto la sua stessa formulazione letterale, che fa menzione del solo assegno fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniuge ~ non può che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti sia rimasta assoggettata alla ridetta regola del cumulo.E difatti, anche successivamente, nell'articolo 12 della legge 30 dicembre 1991 numero 412 dal titolo requisiti reddituali delle prestazioni ai minorati civili la distinzione tra le due prestazioni continua ad essere mantenuta, disponendo la norma che, con effetto dal 1° gennaio 1992, ai fini dell'accertamento, da parte del Ministero dell'Interno, della condizione reddituale per la concessione delle pensioni assistenziali agli invalidi civili si applica il limite di reddito individuale stabilito per la pensione sociale, con esclusione, tuttavia, degli invalidi totali.Non può dunque condividersi l'avviso della ricorrente secondo cui l'abrogazione delle disposizioni legislative incompatibili, stabilita dal ricordato articolo 14 septies, comma 7, legge numero 33/80, impedirebbe la sopravvivenza, per la sola pensione, della disposizione concernente il cumulo disposta dall'articolo 26 legge numero 153/69 infatti l'abrogazione non riguarda direttamente quest'ultima norma, bensì le disposizioni legislative che vi avevano fatto richiamo ai fini dell'assegno mensile e che, come tali, risultavano in contrasto con l'espressa esclusione di tale cumulo.Sostanzialmente irrilevante risulta poi il richiamo ai lavori preparatori della legge numero 33/80, atteso che gli ordini del giorno accettati come raccomandazione dal Governo non si sono poi tradotti in provvedimenti legislativi di contenuto contrario a quello esplicitato dalla normativa di riferimento ed anzi, come detto, il successivo intervento di cui al ricordato articolo 12 della legge 30 dicembre 1991 numero 412 si pose nel senso di quest'ultima ed a fortiori privi di decisività -anche a prescindere dalle pur evidenti violazioni del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione risultano i richiami alle difformi prassi applicative adottate in sede amministrativa. 4. Si aggiunga così dovendosi ritenere manifestamente infondati i dubbi dì legittimità costituzionale sollevati dalla odierna ricorrente che il Giudice delle leggi cfr, in particolare, le citate sent. nnumero 769/88 e 75/91 ha, in più occasioni, affermato che il realizzare l'omogeneizzazione tra i livelli reddituali idonei ad individuare lo stato di bisogno dì soggetti aventi diritto a prestazioni assistenziali a carico della collettività, così come il por mano all'opportuno adeguamento dei livelli di prestazione, appartiene alla discrezionalità del legislatore. Del pari, al paradigma del principio di uguaglianza non può farsi ricorso quando le disposizioni della legge ordinaria, dalle quali si pretende di trarre il tertium comparationis, si rivelino derogatorie rispetto alla regola desumibile dal sistema normativo e perciò insuscettibili di estensione ad altri casi, pena l'aggravamento, anziché l'eliminazione, dei difetti di coerenza con esso. E, sempre sul piano del sistema costituzionale, mette conto rilevare come l'attribuzione al reddito del coniuge e dei vari componenti il nucleo familiare tenuti all'assistenza dell'invalido di un rilievo preclusivo dell'intervento di sostegno a carico della collettività discende dal riconoscimento, nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi di solidarietà particolari, concorrenti con quello pubblico e ugualmente intesi alla tutela dell'uguaglianza e della libertà dal bisogno, in attuazione dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione.Non possono considerarsi ostative alla suesposta interpretazione le affermazioni contenute nella motivazione di alcune sentenze della Corte Costituzionale cfr, in particolare, Corte Cost., nnumero 88/1992 e 400/1999, citate nelle sentenze di questa Corte più sopra indicate e qui non condivise , secondo le quali gli interventi legislativi succedutisi nei tempo avrebbero equiparato le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità e per l'assegno mensile, eliminando, per entrambe, la capacità ostativa del reddito del coniuge quale che ne fosse il livello trattasi, infatti, di affermazioni fatte incidentalmente in sentenze riguardanti il requisito reddituale di accesso dell'ultrasessantacinquenne alla pensione sociale ovvero all'assegno sociale sostitutivo della prima ex articolo 3, comma 6, legge numero 335/95 , ossia una questione del tutto diversa da quella all'esame di questa Corte e che, d'altronde, presuppongono proprio il cumulo dei redditi, tanto da sollecitare il legislatore alla creazione sempre per la pensione sociale di un meccanismo differenziato in considerazione delle differenti esigenze di assistenza dell'invalido e della necessità, pertanto, di una valutazione differenziata del ragionevole punto di equilibrio circa il concorso tra la solidarietà coniugale e quella collettiva.Nessuna violazione dei diritti della famiglia articolo 29 e 31 Costituzione è poi ravvisabile nella valorizzazione dei principi di solidarietà che informano l'istituto e che, come già detto, concorrono con gli strumenti di sostegno pubblico a tutela dell'invalidità del tutto inconferente è poi il riferimento, peraltro assolutamente generico, alla tutela del diritto alla salute articolo 32 Costituzione . 5. Infine, non può non rilevarsi che l'articolo 13 della legge numero 118 del 1971 che come sopra ricordato, disciplina l'assegno mensile di invalidità è stato recentemente sostituito ad opera dell'articolo 1, comma 35, della legge 24 dicembre 2007 numero 247 disposizione non tenuta presente nelle citate decisioni di questa Corte , il quale, testualmente, stabilisce che agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato ed erogato dall'INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo 12 .Si tratta, all'evidenza, di un intervento con il quale viene ripristinato il collegamento tra le due prestazioni assistenziali quanto alle condizioni comprese, quindi, quelle economiche richieste per la loro assegnazione ma il prendere a riferimento, a tal fine, le 'condizioni stabilite per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo 72 , determinare cioè una equiparazione che si vuole modulata sulla disciplina propria della prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti, è, di per sé, indicativo del fatto che tale disciplina, anche per quanto riguarda le condizioni reddituali rilevanti, è diversa da quella nel frattempo dettata si ripete, con l'articolo 14 septies, comma 5, della legge numero 33/80 per l'assegno mensile, non avendo altrimenti senso, invero, una simile formulazione normativa qualora le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità fossero le stesse previste per l'assegno e, dunque, si dovesse dar rilievo al solo reddito personale dell'invalido, ancorché coniugato, piuttosto che al reddito di entrambi i coniugi.5. Deve, in conclusione, ritenersi giuridicamente corretto l'orientamento ermeneutico seguito dalla sentenza impugnata, in base al quale, ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l'assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui all'articolo 12 della legge numero 118 del 1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell'invalido, ma anche quello eventuale del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando come accertato dai Giudici del merito nella concreta fattispecie l'importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma in parola.Il ricorso va pertanto rigettato.I ricordati contrasti giurisprudenziali consigliano la compensazione delle spese fra la ricorrente e l'Inps.Non è invece luogo a provvedere al riguardo quanto al Ministero dell'Economia e delle Finanze, che non ha svolto attività difensiva.P.Q.M.Rigetta il ricorso, compensa le spese fra la ricorrente e l'Inps nulla per le spese quanto al Ministero dell'Economia e delle Finanze.