Assegno divorzile all’ex moglie, legittimo l’aumento per fronteggiare futuri oneri locativi

Nessun dubbio sull’obbligo, per l’uomo, di provvedere al mantenimento della donna, alla luce del tenore di vita mantenuto durante il matrimonio. Rilevante anche la sproporzione reddituale tra i due ex coniugi. Da non sottovalutare, infine, anche la prospettiva, per la donna, di abbandonare la casa familiare, dove vive attualmente, e di dover trovare un appartamento da prendere in affitto.

Assegno corposo a favore dell’ex moglie l’uomo dovrà, per forza di cose, aprire i ‘cordoni della borsa’. Decisivo, innanzitutto, il richiamo alle sue disponibilità economiche, che gli hanno consentito, durante il matrimonio, di garantire un elevato tenore di vita alla moglie. Altrettanto rilevante la prospettiva certa, per la donna, di dover abbandonare la casa familiare, e dover quindi sostenere maggiori spese per la locazione di un appartamento Cass., ord. numero 13565/2014, Sesta Sezione Civile, depositata oggi . Assegno. Strade divise ufficialmente, addio definitivo per la coppia. La parola ‘Fine’ arriva con l’ufficializzazione, in Tribunale, della «cessazione degli effetti civili del matrimonio». Capitolo ulteriore, e delicato, quello dei rapporti economici fra i due ex coniugi. Su questo punto, in particolare, in primo grado, viene revocato «il provvedimento di assegnazione della casa familiare» alla donna, ma a quest’ultima, allo stesso tempo, viene riconosciuto un «assegno di mantenimento» pari a 1.200 euro mensili, a carico dell’uomo. A modificare ulteriormente gli equilibri provvedono, poi, i giudici di secondo grado, stabilendo che «la misura di tale assegno aumenti a 1.500 euro mensili» dal momento in cui la donna «lascerà l’abitazione». Passato e futuro Riferimento decisivo, per i giudici, le «capacità reddituali» della donna, «notevolmente inferiori a quelle dell’ex coniuge». E tale valutazione, nonostante le obiezioni mosse dall’uomo, viene condivisa anche dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali sottolineano il ‘peso specifico’ di «elementi istruttori» – come «dichiarazioni fiscali» e «disponibilità» per l’uomo «di titoli e fondi di investimento» – che consentono di dedurre le «elevate capacità reddituali» dell’uomo, e che, allo stesso tempo, permettono di affermare che «il tenore di vita goduto» dalla donna «in costanza di matrimonio fosse caratterizzato da benessere ed agiatezza». Ciò è sufficiente, chiariscono i giudici, per «giustificare il riconoscimento di un assegno divorzile tendenzialmente idoneo a consentire» alla donna – «i cui redditi da lavoro dipendente, oltre ad essere decisamente inferiori a quelli dell’ex marito, sono oggettivamente poco elevati» – di «mantenere un tenore di vita» analogo a quello matrimoniale. Per chiudere definitivamente la vicenda, poi, i giudici ritengono legittimo anche l’aumento deciso in Appello. Corretta, in sostanza, la decisione di stabilire un quantum più alto «in vista dei futuri oneri locativi» che la donna dovrà «sostenere qualora si trovi obbligata a lasciare la casa familiare, nella quale attualmente abita senza corrispondere alcun canone».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 28 gennaio – 13 giugno 2014, numero 13565 Presidente Bernabai – Relatore Cristiano Fatto e diritto E' stata depositata la seguente relazione, ritualmente comunicata alle parti 1 I1 Tribunale di Roma - dichiarata, con sentenza non definitiva, la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato fra S.D.T. ed A.C.- con la sentenza definitiva revocò, fra l'altro, il provvedimento di assegnazione della casa familiare alla D.T. e fissò in € l200 mensili l'assegno di mantenimento dovutole dal C. a partire dal marzo del 2008. 2 La Corte d'Appello di Roma, in parziale accoglimento dell'appello proposto da Sonia D.T. contro la decisione, ha stabilito che la misura di tale assegno aumenti ad € 1.500 mensili dal momento in cui la D.T. lascerà l'abitazione. La sentenza è stata impugnata da A.C. con ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui Sonia D.T. ha resistito con controricorso. 3 Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del principio, costante e consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice del divorzio, per giungere all'affermazione della sussistenza dell'obbligo di mantenimento a carico di uno dei coniugi ed in favore dell'altro, deve accertare l'inadeguatezza dei mezzi economici del coniuge richiedente a mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. Rileva in proposito che la corte di merito, senza valutare quale fosse in concreto il tenore di vita antecedente al divorzio, si è limitata ad affermare che le attuali capacità reddituali della D.T., notevolmente inferiori a quelle dell'ex coniuge, non le consentivano di mantenerne uno analogo. 4 Col secondo motivo il ricorrente svolge la medesima doglianza sotto il profilo del vizio di motivazione. 5 I motivi, che sono fra loro, connessi e che possono essere congiuntamente esaminati, appaiono manifestamente infondati, se non inammissibili. Infatti, contrariamente a quanto in essi sostenuto, il giudice del merito ha ritenuto in via presuntiva, sulla scorta di plurimi elementi istruttori dichiarazioni fiscali in atti, ammissioni dello stesso ricorrente circa la disponibilità di titoli e la titolarità di fondi di investimento, misura dell'assegno di mantenimento posto a suo carico in sede di separazione , che, grazie alle elevate capacità reddituali del C., il tenore di vita goduto da D.T. in costanza di matrimonio fosse caratterizzato da benessere ed agiatezza e tale accertamento, che il ricorrente non ha specificamente censurato in quanto si è limitato a dedurne l'apoditticità, senza però contestare le circostanze di fatto dalle quali la corte territoriale ha tratto il proprio convincimento é di per sé sufficiente a giustificare il riconoscimento di un assegno divorzile tendenzialmente idoneo a consentire alla D.T. i cui redditi da lavoro dipendente, oltre ad essere decisamente inferiori a quelli dell'ex marito, sono oggettivamente poco elevati di mantenere un analogo tenore di vita anche dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio. 6 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, in via subordinata, che la corte territoriale abbia disposto un aumento della misura dell'assegno di mantenimento in via anticipata rispetto alla data in cui la ex moglie lascerà, eventualmente, la casa familiare. 7 II motivo appare inammissibile, atteso l'attuale difetto di interesse del ricorrente a dolersi di una statuizione che non potrà avere efficacia fra le parti sino a quando la D.T. risiederà nella casa adibita ad abitazione familiare e che, come egli stesso ammette, potrà essere modificata sia nell'ipotesi in cui l'eventuale cambio di residenza non comporti alcun pregiudizio economico per la signora, sia nell'ipotesi in cui il pregiudizio si produca, ma in misura maggiore o minore di quella stimata dalla corte di merito. A parere di questo giudice ricorrono pertanto gli estremi per una pronuncia di rigetto del ricorso in sede camerale, ai sensi dell'articolo 375 numero 1 e 5 c.p.c. Il Collegio ha letto la relazione e condivide la conclusione di manifesta infondatezza dei primi due motivi del ricorso. Quanto al terzo motivo, va riconosciuto l'interesse del ricorrente a rimuovere un capo della decisione già idoneo a far stato fra le parti. Il motivo, tuttavia, è infondato una volta accertata l'attuale congruità della misura dell'assegno divorzile, il giudice del merito ne ha, del tutto coerentemente, stabilito un aumento in vista dei futuri oneri locativi che la D.T. dovrà sostenere qualora si trovi obbligata a lasciare la casa familiare, nella quale attualmente abita senza corrispondere alcun canone. Il ricorso deve pertanto essere respinto. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 3.500,00,di cui € 100 per esborsi, oltre accessori di legge.