Il «diritto alla speranza» non si nega a nessuno

Affinché siano rispettate le prescrizioni della CEDU, la possibilità del riesame dell’ergastolo deve esistere, in diritto e in pratica, al momento della pronuncia della pena.

Lo ha dichiarato la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo - 16 voti favorevoli e uno contrario - con la sentenza depositata il 9 luglio 2013 caso Vinter e altri c. Regno Unito . Detenuti denunciano l’equiparazione della loro prigionia a vita a un trattamento inumano e degradante. La Corte di Strasburgo si è pronunciata, infatti, a proposito della compatibilità della pena dell’ergastolo con l’art. 3 CEDU, in base al quale nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o a trattamenti inumani degradanti. Alcuni detenuti avevano denunciato la contrarietà all’articolo in questione delle loro pene a vita. A riguardo, i giudici hanno affermato che una persona in stato di detenzione a vita senza alcuna possibilità di far esaminare la propria pena perpetua, rischia di non potersi mai riscattare qualunque cosa faccia in prigione, non importa quanto eccezionali possano essere i suoi progressi, la sua pena resterà immutabile e insuscettibile di controllo. Essi, d’altronde, hanno fanno notare che la pena, rischia di appesantirsi maggiormente con il tempo più a lungo vivrà il detenuto, più lunga sarà la pena. Così, seppure l’ergastolo è una punizione meritata al momento della sua imposizione, con il passar del tempo, non garantirà più tanto una sanzione giusta e proporzionata. Pertanto, la Corte ha considerato che, in tema di pene perpetue, l’art 3 deve essere interpretato nel senso che l’ergastolo deve essere sottoposto a un riesame, il quale permetta alle autorità nazionali di verificare se, durante l’esecuzione della pena, il detenuto ha fatto dei progressi tali per cui nessun motivo legittimo di natura penalistica permette più di giustificare il protrarsi della detenzione. Un detenuto ha il diritto di sapere quando la sua pena sarà riesaminata. Inoltre, è stato specificato che anche se il riesame richiesto è un evento che per definizione non può aver luogo che a posteriori, una persona condannata all’ergastolo non deve essere obbligata ad aspettare il trascorrere di un numero indeterminato di anni in prigione prima di potersi lamentare di un difetto di conformità delle condizioni legali della propria pena con le esigenze dell’art. 3 in questione. Quindi, fin dall’inizio della condanna, un ergastolano deve sapere cosa deve fare affinché la sua messa in libertà sia vagliata e quelle che sono le condizioni. Di conseguenza, nel caso in cui il diritto nazionale non prevede alcun meccanismo né alcuna possibilità di riesame della detenzione a vita, l’incompatibilità con la Convenzione ha luogo fin dalla data in cui la pena è comminata, e non a partire da uno stadio più avanzato della detenzione. Pene lunghe e meritate, ma con la speranza di riscattarsi. Come ha affermato uno dei giudici la speranza è un aspetto importante e costitutivo dell’uomo. Coloro che commettono gli atti più brutali e estremi e infliggono agli altri sofferenze indescrivibili conservano nondimeno la loro umanità fondamentale e portano dentro di sé la capacità di cambiare. [] Impedirgli di nutrire tale speranza giungerebbe a negare un aspetto fondamentale della loro umanità e, così, sarebbe degradante .

TP_INT_13Cedu3896_10