Misura cautelare reale: no alle duplicazioni del valore dei beni da aggredire

Il giudizio di corrispondenza tra il valore dei beni oggetto della confisca e l’entità del profitto o del prezzo del reato dev’essere effettuato già nella fase cautelare, non potendosi ottenere con il provvedimento cautelare più di quanto si può conseguire con il provvedimento definitivo, in linea con i principi di adeguatezza e proporzionalità delle misure cautelari.

Lo ha stabilito la Sesta sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28264 depositata il 28 giugno 2013. Corruzione e sequestro . Nel caso di specie un imprenditore e l’allora capo del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono stati sottoposti a procedimento penale per il reato di corruzione nel corso del quale il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di alcuni beni mobili e immobili appartenente ai due indagati, per un valore complessivo di circa 16 milioni di Euro, pur a fronte dell’indicazione della procura che aveva quantificato il prezzo della corruzione in circa 8 milioni di euro. Nel dettaglio, il rimprovero mosso dalla procura nei confronti dei due è stato quello di aver costruito un sistema di scambio appalti pubblici contro corrispettivi in denaro, beni e altre utilità, finanche il finanziamento che avrebbe corrisposto l’imprenditore ad alcune aziende cinematografiche affinchè queste impiegassero il figlio del funzionario pubblico in alcuni films. An e quantum della misura. Entrambi gli imputati hanno chiesto la revoca del provvedimento di sequestro al G.i.p. il quale, ritenute infondate le argomentazioni difensive prospettate dai difensori, ha di contro negato siffatta domanda, confermando la giustezza della sua decisione. Della stessa opinione è stato, peraltro, il Tribunale - adito in sede di gravame avverso la decisione confermativa del G.i.p. - secondo cui il sequestro era stato correttamente disposto tanto sotto il profilo della fondatezza dell’accusa di reato contestato, quanto sotto il profilo del quantum dei valori aggrediti con la misura. Su quest’ultimo aspetto, in particolare, il Tribunale ha osservato come il sequestro possa riguardare l’intero ammontare del prezzo di reato per ciascun imputato, gli adempimenti estimatori in ordine alle responsabilità individuali attenendo alla fase della conversione del sequestro in confisca. Duplicazione dei valori dei beni. Alla Corte di Cassazione - adita in ultima istanza - è stato chiesto di accertare l’illegittimità del sequestro sotto il profilo dell’ammontare dei beni sequestrati. Più precisamente, nel richiamare l’orientamento giurisprudenziale in virtù del quale i beni sequestrati non possono mai eccedere l’importo effettivamente corrispondente al prezzo del reato, i difensori hanno evidenziato ai giudici capitolini l’ingiustizia della decisione del Tribunale nella parte in cui quest’ultimo ebbe a confermare la misura nonostante i beni aggrediti rappresentassero il doppio dell’asserito prezzo del reato. In altri termini, il G.i.p. avrebbe illegittimamente disposto il sequestro per il prezzo indicato dalla procura nei confronti di ciascuno degli indagati, con ciò duplicando il valore del sequestro in violazione a quanto disposto dall’art. 322- ter , c.p Quanto poi ai finanziamenti che sarebbero stati elargiti dall’imprenditore per favorire la carriera cinematografica del personaggio pubblico, il difensore del corruttore ha osservato come non si potesse parlare di prezzo” del reato ma, al più, di profitto” del reato, posto che il primo, oltre a non poter essere versato in favore di terzi, rappresenta il solo corrispettivo per l’esecuzione dell’illecito, con la conseguenza che la sua quantificazione non può essere estesa a qualsiasi utilità connessa al reato. Giudizio di corrispondenza in sede cautelare. I Giudici capitolini, nel pronunciarsi sulla vicenda, hanno in parte accolto i ricorsi dei due imputati, rinviando per un nuovo esame. Segnatamente, la Corte ha anzitutto smentito l’argomentazione avanzata dalla difesa dell’imprenditore secondo cui i finanziamenti alle aziende cinematografiche non avrebbero assunto gli estremi del prezzo del reato, osservando come la circostanza che le somme fossero state erogate a soggetti terzi e non già - direttamente - al funzionario pubblico non escludeva in alcun modo che potessero qualificarsi come prezzo della corruzione. Quanto, invece, alla paventata duplicazione dell’importo del prezzo del reato, la Corte ha ricordato come la giurisprudenza di legittimità ammetta che il sequestro possa essere applicato nei confronti di ciascun concorrente anche per l’intera entità del valore accertato come profitto o come prezzo, precisando, tuttavia, l’impossibilità a che si possa eccedere con riferimento alla globalità dei concorrenti rispetto l’ammontare complessivo del valore del prezzo o del profitto. Valorizzando i principi di proporzionalità e adeguatezza che ispirano il diritto processuale penale, i giudici romani hanno aggiunto, a conforto della decisione, come il sequestro preventivo non possa avere un ambito di applicazione più vasto della confisca e ciò anche in virtù della regola generale per la quale con il provvedimento cautelare non si può ottenere più di quello che è possibile conseguire con il provvedimento definitivo, per di più in un caso, come quello di specie, il secondo si traduceva in una confisca per equivalente, dalla natura marcatamente sanzionatoria, prescindendo la stessa dalla pericolosità intrinseca della cosa. Concludendo, la questione relativa alla quantificazione del valore dei beni da sottoporre a sequestro attiene già alla fase cautelare e non alla sola fase della confisca, di talchè il giudice deve, fin da subito, accertare la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto della futura ablazione e l’entità del profitto o del prezzo del reato .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 marzo - 28 giugno 2013, n. 28264 Presidente Milo – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con decreto del 14 maggio 2012 il G.i.p. del Tribunale di Roma ha disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca, nella forma per equivalente, di beni immobili, beni mobili registrati, conti correnti e rapporti bancari e societari per un importo complessivo di Euro 7.865.105,57, corrispondente al prezzo dei plurimi reati di corruzione contestati a A.D. , imprenditore, e a A B. , all'epoca capo del dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in concorso tra loro capo A e con Bl.Ga. capo B . Secondo l'ipotesi accusatoria B. avrebbe conferito numerosi e remunerativi appalti per opere pubbliche ad imprese riconducibili ad A. , ricevendo come corrispettivo denaro, beni e altre utilità anche attraverso finanziamenti a società cinematografiche perché impiegassero il figlio come attore in films prodotti dalle stesse società. 2. Con distinte istanze del 1 agosto 2012 A. e B. chiedevano la revoca del sequestro ovvero la riduzione del valore dei beni oggetto del provvedimento cautelare reale, allegando relazioni estimative del valore delle unità immobiliari e delle quote societarie per dimostrare che fossero superiori al valore dell'importo del sequestro. 3. Il G.i.p., con provvedimenti adottati il 7 agosto 2012, ha respinto le istanze e gli imputati hanno proposto distinti appelli davanti al Tribunale di Roma che, con ordinanza del 17 dicembre 2012, li ha rigettati, dopo averli riuniti. Il Tribunale ha, innanzitutto, ritenuto sussistente il fumus commissi delicti e ha sostenuto che dal complesso delle indagini è emerso un articolato intreccio di interessi tra B. e A. , che avrebbe dato luogo ad un accordo corruttivo in base al quale il primo avrebbe posto stabilmente la sua funzione pubblica a disposizione dell'imprenditore, facendogli conseguire appalti per opere pubbliche di ingente entità, e A. gli avrebbe assicurato, in modo continuativo, rilevanti utilità economiche, mediante acquisti di immobili e finanziamenti a società in vista di agevolare la carriera cinematografica del figlio Lorenzo o altre utilità in favore del nucleo familiare. Per quanto riguarda l'entità del sequestro i giudici dell'appello cautelare hanno ritenuto del tutto adeguato l'importo di Euro 7.865.105,57 al valore del prezzo dei reati di corruzione, rilevando che nella controprestazione offerta dal corruttore vi rientrano tutti quei vantaggi sociali le cui ricadute patrimoniali siano anche solo indirette, pertanto nella specie rientrerebbero nel corrispettivo della corruzione pure i finanziamenti diretti alle società cinematografiche, in quanto strumentali a favorire il figlio del B. . Sotto un diverso profilo il Tribunale ha escluso che possa essere ravvisata una illegittimità nel provvedimento che, per ogni singolo concorrente, abbia disposto il sequestro dell'intero ammontare del prezzo derivante dal reato, in quanto spetterà al definitivo provvedimento di confisca statuire in ordine alle responsabilità individuali. 4. Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione tramite i propri difensori. 4.1. Gli avvocati Franco Coppi e Roberto Borgogno, nell'interesse di A B. , hanno dedotto la violazione degli artt. 321 comma 1-bis c.p.p. e 322-ter c.p., in relazione alla richiesta di adeguamento del sequestro all'effettivo valore del prezzo del reato, rilevando una evidente sproporzione tra il valore dei beni sequestrati agli indagati e l'importo dell'asserito prezzo del reato di corruzione. Richiamando la più recente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il valore dei beni sequestrati non può eccedere l'importo effettivamente corrispondente al prezzo del reato, i ricorrenti rilevano che il compendio dei beni oggetto della misura cautelare reale è superiore al doppio dell'importo dell'asserito prezzo del reato, in quanto al B. risultano sequestrati beni per un valore di Euro 7.712.290,00 e ad A. beni per un valore di oltre diecimilioni di Euro. Viene, quindi, criticata l'applicazione erronea che il Tribunale ha fatto della giurisprudenza della Corte di cassazione, ritenendo che in caso di concorso nel reato il sequestro possa essere disposto nei confronti di ciascun concorrente per l'intero prezzo del reato, salvo poi provvedere alle necessarie riduzione e compensazioni in fase di esecuzione della confisca per equivalente si precisa, infatti, che se è vero che il sequestro preventivo può essere applicato nei confronti di ogni concorrente nel reato anche per l'intera entità del prezzo o del profitto accertato, tuttavia la giurisprudenza ritiene che non possa mai essere duplicato o eccedere, in relazione alla globalità dei soggetti ai quali è imposto, l'ammontare complessivo del profitto o del prezzo. In conclusione, si assume che il provvedimento impugnato si fondi su un'interpretazione errata dell'art. 322-ter c.p., che invece non consente, in caso di concorso di persone nel reato, che il sequestro per equivalente possa riguardare importi globalmente corrispondenti a multipli del prezzo di reato e si chiede l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale. Successivamente i difensori di B. hanno depositato una memoria, in cui rappresentano che il sequestro in questione riguarda anche una somma oggetto di una precedente misura cautelare reale emessa in un altro procedimento, trasmesso per competenza alla Procura di Roma, dopo che la Corte di cassazione aveva annullato l'ordinanza del Tribunale del riesame di Perugia, al quale aveva rinviato gli atti affinché verificasse l'effettività del prezzo del reato su cui applicare la confisca per equivalente. 4.2. L'avvocato Giovanni Aricò, nell'interesse di A.D. , ha dedotto, con il primo motivo, l'erronea applicazione degli artt. 319, 322-ter, 240 c.p. e 321 c.p.p., censurando l'ordinanza del Tribunale per avere respinto l'appello con cui si ribadiva la richiesta di revoca parziale del sequestro nella misura di Euro 1.500.000,00, corrispondenti a finanziamenti a società di produzione cinematografica riconducibili a persone diverse dal B. Euro 300.000 pari al finanziamento fatto dalla Meda Progetti alla A-Movie Production ed Euro 1.200.000 pari al finanziamento fatto da Stefano Gazzani Comunication alla Blu International . Il ricorrente non ritiene corretta l'affermazione del Tribunale secondo cui l'utilità ricevuta dal B. sarebbe costituita dalla carriera cinematografica del figlio e che tale utilità costituisca il prezzo del reato di corruzione ovvero che costituiscano tale prezzo anche tutte le dazioni asseritamente date da A. alle società di produzione cinematografiche per favorire la carriera di B.L. . Per prezzo del reato deve intendersi, in senso tecnico, il compenso dato ad una persona come corrispettivo dell'esecuzione dell'illecito e la sua quantificazione non è estensibile a qualsiasi utilità connessa al reato, sicché non può considerarsi prezzo del reato la carriera cinematografica del figlio di B. , al quale i giudici hanno dato una valutazione patrimoniale corrispondente al complesso dei finanziamenti ricevuti da società di produzione cinematografica, rientrando semmai nel diverso concetto di profitto del reato. Una volta escluso che i finanziamenti possano costituire il prezzo del reato deve, conseguentemente, essere ridotto l'importo del sequestro preventivo per equivalente. Con il secondo motivo si censura l'ordinanza per violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità, nonché per vizio di motivazione, in rapporto al sequestro delle quote della Società Sportiva Romana s.r.l. il cui valore nominale è pari ad Euro 8.750.000,00, di cui A. ha l'esclusiva titolarità. Secondo il ricorrente né il G.i.p., né il Tribunale hanno compreso la richiesta avanzata dalla difesa che non chiedeva una ripartizione pro quota tra i concorrenti, ma una riduzione del sequestro in presenza di una evidente sproporzione tra il valore dei beni di proprietà di A. e la somma individuata come prezzo percepito da B. per il compimento del reato di corruzione, sottolineando l'avvenuta produzione in giudizio di due consulenze che hanno stimato un valore reale di Euro 78.000.000 del circolo Salaria Sport Village di proprietà della Società Sportiva Romana. Il Tribunale ha omesso ogni verifica sulla proporzione del sequestro, sostenendo che spetti alla fase di merito evitare ogni duplicazione o superamento del limite entro cui è possibile la confisca. Anche in questo caso viene richiamata dal ricorrente la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la verifica dell'adeguatezza e della proporzionalità deve essere fatta anche nel momento in cui si dispone il sequestro preventivo per equivalente. Nella specie, la sproporzione tra la somma da sottoporre a sequestro, pari ad Euro 7.856.052,00 e il valore reale delle quote della Società Sportiva Romana, pari ad Euro 78 milioni, appare evidente. Sotto un diverso, ma collegato profilo, il ricorrente denuncia l'inesistente motivazione proprio in relazione alle consulenze prodotte e relative alla Società Sportiva Romana, nemmeno considerate dai giudici di merito, mentre avrebbero dovuto essere prese in esame come prova documentale, in quanto formate addirittura prima del procedimento. Considerato in diritto Per quanto riguarda il primo motivo del ricorso presentato nell'interesse di D A. , si osserva che per prezzo del reato di corruzione deve intendersi, nella specie, il solo finanziamento fatto da A. alle società di produzione cinematografica, in quanto è con tale finanziamento che sarebbe stato, indirettamente, remunerato il pubblico funzionario in vista della concessione degli appalti in favore dell'imprenditore. Infatti, secondo l'ipotesi accusatola, B. , quale pubblico ufficiale, si sarebbe lasciato corrompere anche per favorire la carriera di attore del figlio in questo caso il prezzo della corruzione è consistito, appunto, nel finanziamento, da parte di A. , di alcune società cinematografiche perché impiegassero il figlio di B. come attore nei films in produzione. La circostanza che le somme sono state erogate a soggetti terzi e non al funzionario pubblico non esclude che possano essere qualificate come prezzo della corruzione. 5. Nel resto i ricorsi sono fondati. 5.1. Entrambi i ricorrenti non contestano la sussistenza del fumus commissi delicti , concentrando le censure sull'entità del sequestro e sulla sua sproporzione rispetto al valore del prezzo del reato oggetto dell'imputazione provvisoria. Nella specie, a fronte del valore di Euro 7.865.105,57 corrispondente al prezzo del reato di corruzione contestato ad A. e B. , è stato disposto un sequestro preventivo per equivalente in funzione della confisca ai sensi dell'art. 322-ter c.p. per valori superiori, realizzando una duplicazione dei beni oggetto del provvedimento cautelare infatti, in base a quanto riportato nell'ordinanza del Tribunale di Roma risultano sequestrati a B. beni per un valore complessivo di Euro 7.712.290 e ad A. beni per un valore complessivo di Euro 8.750.000. Nel confermare il provvedimento cautelare il Tribunale ha sostenuto, richiamando anche alcune sentenza della Corte di cassazione, che il sequestro può riguardare l'intero ammontare del prezzo di reato per ciascuno imputato e che gli adempimenti estimatori in ordine alle responsabilità individuali sono rimessi alla fase della confisca. Invero, si tratta di una interpretazione e applicazione delle norme in materia di sequestro per equivalente, funzionale alla confisca, che non può essere condivisa, probabilmente determinata da una lettura difficoltosa della giurisprudenza di questa Corte, che su questi temi non si è espressa in modo sempre lineare, prestandosi ad interpretazioni difformi. In particolare, con riferimento al caso di una pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali può disporsi la confisca per equivalente di beni per un importo corrispondente al prezzo o al profitto del reato, la giurisprudenza ha ritenuto che il sequestro preventivo può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del prezzo o del profitto accertato, con l'unico limite per cui il vincolo cautelare non può eccedere il valore complessivo come determinato. In altri termini, si ammette che il sequestro preventivo possa essere applicato nei confronti di ciascun concorrente del reato anche per l'intera entità del valore accettato come profitto o come prezzo, ma allo stesso tempo si sostiene che non può mai eccedere, con riferimento alla globalità dei concorrenti, l'ammontare complessivo del valore del prezzo o del profitto Sez. VI, 5 marzo 2009, n. 26611, Betteo Sez. VI, 6 marzo 2009, n. 18536, Passantino Sez. V, 3 febbraio 2010, n. 10810, Perrottelli Sez. Ili, 7 ottobre 2010, n. 41731, Giordano Sez. V, 9 ottobre 2009, n. 2110, Sortino . Il medesimo principio è stato affermato anche dalle Sezioni unite Sez. un., 27 marzo 2008, n. 26654, Fisia Italimpianti . Non appare sostenibile una diversa lettura di tali sentenze, dovendo escludersi, ad esempio, che il sequestro preventivo possa avere un ambito di applicazione più vasto della confisca, nel senso che il divieto di eccedere o di duplicare il valore relativo al profitto o al prezzo del reato, in presenza di una pluralità di concorrenti, scatti solo con il provvedimento definitivo di confisca, al quale viene riconosciuta natura sanzionatola. A questa tesi, che sembra avere ispirato l'ordinanza impugnata, è possibile opporre un principio generale del diritto processuale secondo cui con il provvedimento cautelare non si può ottenere più di quello che sarà conseguibile con il provvedimento definitivo. In altri termini, se la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, che non è commisurata alla colpevolezza del reo, né alla gravità dell'illecito e che prescinde dalla pericolosità in sé della cosa, impedisce l'ablazione di beni, appartenenti ai concorrenti nel reato, che superino il valore del prezzo o del profitto ricavato dal reato, non vi è ragione per cui un tale limite non debba valere anche per la misura cautelare che anticipa il provvedimento definitivo diversamente si avrebbe non solo una evidente violazione dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, ma risulterebbe messa in crisi anche la funzione strumentale del sequestro preventivo. Peraltro, la giurisprudenza ha valorizzato l'applicazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza, assieme a quello di gradualità, anche sul versante delle misure cautelari reali, affermando che nel sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è necessaria da parte del giudice una valutazione relativa all'equivalenza tra il valore dei beni e l'entità del profitto, così come avviene in sede esecutiva della confisca, non essendovi ragioni per cui durante la fase cautelare possa giustificarsi un sequestro avente ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto o il prezzo del reato Sez. V, 9 ottobre 2009, n. 2110, Sortino Sez. III, 7 ottobre 2010, n. 41731, Giordano Sez. V, 21 gennaio 2010, n. 8152, Magnano Sez. VI, 23 novembre 2010, n. 45504, Marini . Il legislatore ha voluto limitare il sequestro per equivalente, funzionale alla confisca, solo al tandundem , cioè alla somma corrispondente al profitto o al prezzo conseguito dall'illecito, sicché non appare coerente sostenere, come ha fatto il Tribunale, che la questione relativa al quantum dei beni da sequestrare sia problema da affrontare nella fase esecutiva della confisca, in quanto uno degli aspetti che il giudice deve valutare ai fini dell'emissione della misura cautelare è costituito proprio dalla corrispondenza tra il valore dei beni oggetto della futura ablazione e l'entità del profitto o del prezzo del reato. 5.2. Sulla base di quanto precede deve riconoscersi che il Tribunale di Roma ha illegittimamente confermato il sequestro preventivo per equivalente dei beni nonostante fosse eccedente, oltre il doppio, all'accertato valore del prezzo del reato di corruzione contestato ai due imputati, peraltro omettendo ogni valutazione in ordine alle deduzioni avanzate dalle difese sulla sproporzione del provvedimento, supportate dalla documentazione prodotta relativa al valore effettivo della Società Sportiva Romana. Ne consegue che l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Roma, che nel nuovo giudizio si atterrà ai principi di diritto sopra indicati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.