Cliente ubriaco, e pericoloso? Non basta la paura del barista per giustificare «un altro giro» ...

Assolutamente non sufficiente il richiamo, da parte del barista, alla ipotesi di una reazione sopra le righe del cliente per il ‘no’ ad un’ulteriore consumazione. Ciò che conta non è la sensazione soggettiva di timore, ma una situazione oggettiva che faccia presumere un pericolo effettivo.

Cliente ubriaco, evidentemente ‘su di giri’, e potenzialmente pericoloso. Ma quest’ultimo elemento deve essere lapalissiano e concreto. Altrimenti il barista non può pensare di giustificare come obbligata la scelta di acconsentire alla richiesta di “un altro giro” da parte del cliente Cassazione, sentenza numero 22015, Quinta sezione Penale, depositata oggi . Pauroso. Nessun dubbio è stato espresso, già dal Giudice di pace, sulla condotta addebitata all’«addetto alla mescita» di un locale ecco spiegata la condanna per «somministrazione di bevande alcoliche a persona in stato di manifesta ubriachezza». E nessun dubbio, per la verità, viene proposto neanche dal barista, il quale riconosce di aver «servito una bevanda alcolica ad un avventore che presentava evidenti segni di ebbrezza». Per provare a modificare il quadro, però, il barista sostiene di aver temuto che «il diniego della somministrazione potesse determinare la reazione del cliente», e parla, per la precisione, di «gravi fatti di minaccia» che l’hanno indotto «a servire la consumazione», richiamandoli come «causa di giustificazione» rispetto al reato che gli viene contestato. Ma questo appiglio non è ritenuto credibile dai giudici della Cassazione, perché fondato solo su un «criterio di carattere meramente soggettivo», ossia il semplice «timore del barista». E invece, viene chiarito, per dare sostanza all’idea di «legittima difesa putativa» è necessaria «una situazione di pericolo supposta sulla base di un errore scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva, atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta». Non può bastare, quindi, l’eccessivo, e senza giustificazioni, timore del barista Ecco spiegata, perciò, la conferma della condanna emessa dal Giudice di pace.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 aprile – 22 maggio 2013, numero 22015 Presidente Ferrua – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, il Giudice di pace di Sant’Elpidio a Mare ha condannato H.X. alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato di cui all’articolo 691 cod. penumero , per avere, quale addetto alla mescita, servito una bevanda alcolica ad un avventore del bar che presentava evidenti segni di ebbrezza. Il giudice ha rilevato che il timore che il diniego della somministrazione potesse determinare la reazione del cliente non poteva assurgere a causa di giustificazione, “vertendosi peraltro in fattispecie contravvenzionale”. 2. Nell’interesse di H.X. è stato proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , in relazione all’articolo 420 ter, cod. proc. penumero , che il Giudice di pace non abbia mai dichiarato la sua contumacia. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pene, che, sebbene l’istanza di ammissione, al patrocinio a spese dello Stato fosse stata depositata in data anteriore alla prima udienza dibattimentale, essa era stata decisa e depositata in cancelleria dopo l’emissione della sentenza di primo grado, con conseguente menomazione del diritto di difesa. 2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lett. b , e , cod. proc. penumero , illogicità della motivazione, per avere il Giudice di pace escluso che i gravi fatti di minaccia che avevano indotto l’imputato a servire la consumazione potessero assurgere a causa di giustificazione del reato contestato. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, per l’assorbente ragione che l’imputato risulta essere stato presente alla prima udienza del processo, come dimostra il verbale del 03/04/2012, Ne discende che correttamente è stato qualificato come assente e non come contumace. 2. Anche il secondo motivo e inammissibile, dal momento che l’imputato è stato munito di assistenza difensiva per tutto il corso del processo. 3. Del pari manifestamente infondato è il terzo motivo. Al dì là del riferimento alla natura contravvenzionale del reato, la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza dell’invocata scriminante, sottolineando l’esistenza, nel caso di specie, di un mero soggettivo timore dell’imputato. Al riguardo va ribadito che, la legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente ma è supposta dall’agente sulla base di un errore scusabile nell’apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un’offesa ingiusta sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l’esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d’animo dell’agente Sez. 1, numero 3898 del 18/02/1997, Micheli, Rv. 207376 . Va aggiunto che il ricorso opera un riferimento a “gravi fatti di minaccia”, senza indicare da quali atti del processo essi emergerebbero. 4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex articolo 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1,000,00 in favore della Cassa delle Ammende.