Problemi alla schiena per l’ex tassista: niente rendita dall’Inail

Oltre vent’anni passati alla guida della propria ‘quattro ruote’ tinta di giallo, con posture non proprio corrette e continua sottoposizione a vibrazioni. Ciò però non è sufficiente per ritenere le patologie lamentate dall’uomo, una volta appeso il volante al chiodo, come conseguenza della lunga attività professionale.

Tantissimi anni passati alla guida. Per il tassista, in fondo, la vita professionale è tutta colorata di giallo, e caratterizzata non solo dalla difficoltà del contatto diretto coi clienti – soprattutto in orari notturni – ma anche dai disagi provocati dallo stare seduto per ore, con posture spesso non corrette e subendo le vibrazioni della propria automobile. Tutto ciò, però, non è sufficiente per ritenere collegabili le patologie sofferte una volta appeso il volante al chiodo coi lunghi anni passati in giro col proprio taxi Cassazione, ordinanza numero 5794, sez. VI Civile - L, depositata oggi . Professione. Vittoria in primo grado per il tassista i giudici gli riconoscono il diritto alla «rendita da malattia professionale», contratta «nell’espletamento della sua attività» dal 1978 al 2002. Ma questa decisione viene completamente ribaltata in secondo grado, laddove è ritenuta corretta l’obiezione mossa dall’Inail, e finalizzata a minare il collegamento ipotizzato in primo grado tra gli anni da tassista e i problemi fisici subiti a chiusura della professione. In sostanza, in appello, viene affermato che, nella peggiore delle ipotesi, «l’attività di tassista aveva potuto svolgere un’efficacia causale di assai modesto rilievo nell’eziopatogenesi» della «spondilodiscoartrosi» lamentata dall’uomo. Malattia. E ora la visione tracciata in Corte d’appello viene ritenuta corretta, e quindi confermata, dai giudici della Cassazione. Respinte, quindi, le contestazioni mosse dall’ex tassista, il quale ha sottolineato il fatto che, comunque, «il consulente ha negato l’origine professionale della malattia» eppure ha riconosciuto «un ruolo concausale ai fattori di rischio», cioè «vibrazioni e posture incongrue», cui «era stato esposto» per anni. Per i giudici del ‘Palazzaccio’ è accettabile l’ipotesi che «l’attività di tassista» abbia potuto «svolgere un’efficacia causale di assai modesto rilievo nell’eziopatogenesi della spondilodiscoartrosi» lamentata dall’uomo, e invece «direttamente riferibile a fattori extralavorativi». E da ciò consegue, ovviamente, la cancellazione definitiva della possibilità, per l’uomo, di ottenere una «rendita» dall’Inail.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 12 febbraio – 23 marzo 2015, numero 5794 Presidente Curzio – Relatore Mancino Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell’articolo 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio. 2. La Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 7.11.2011, accoglieva il gravame svolto dall'INAIL contro la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto di B.F. 9119 rendita da malattia professionale contratta nell'espletamento dell'attività di tassista dal 1978 al 2002, e per l'effetto rigettava la domanda. 3. B.F.e propone ricorso per cassazione fondato su un articolato motivo di ricorso con il quale la sentenza impugnata è censurata per violazione di legge articolo 3 d.P.R. 112471965 in relazione all'articolo 41 c.p. e vizio di motivazione, in relazione all'accertamento del nesso causale della patologia denunciata spondiloartrosi a carico del rachide, protrusioni discali, radicolopatia moderata-grave con l'attività lavorativa di tassista per oltre trenta anni . 4. In sintesi il ricorrente si duole che le argomentazioni svolte dall'ausiliare officiato in giudizio non abbiano condotto a conclusioni diverse da quelle, illogicamente e contraddittoriamente, rassegnate dal CTU che ha negato l'origine professionale della malattia pur riconoscendo un ruolo concausale ai fattori di rischio vibrazioni e posture incongrue cui era stato esposto che la terminologia impiegata dal CT U evidenziava una devianza dai coretti principi relativi all'equivalenza delle cause che l'adesione della Corte territoriale alla CTU avrebbe dovuto altresì implicare l'adesione ai numerosi studi epidemiologici e contributi di letteratura dimostrativi, in modo inequivocabile, del diretto rapporto tra vibrazioni trasmesse al corpo e posture incongrue e la patologia a carico della colonna vertebrale. 5. L'INAIL ha resistito con controricorso eccependo inammissibilità ed infondatezza del ricorso. 6. Il ricorso è qualificabile come manifestamente infondato atteso che tende ad ottenere il riesame del merito della causa opponendo un diverso apprezzamento alle valutazioni del giudice di merito, fondate su adeguata e logica motivazione con riferimento al parere, articolato e diffuso, dell'ausiliare, officiato in sede di gravame, che ha concluso nel senso che l'attività di tassista del B.F.e aveva potuto svolgere, al più, un'efficacia causale di assai modesto rilievo nell'eziopatogenesi della spondilodiscoartrosi, direttamente riferibile a fattori extralavorativi. 7 Trattasi, in ogni caso, di valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità, come più volte ribadito da questa Corte che ha osservato che i lamentati errori e lacune della consulenza sono suscettibili di esame unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione dell'impugnata sentenza, quando siano riscontrabili carenze e deficienze diagnostiche o affermazioni scientificamente errate e non già quando si prospettino semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l'entità e l'incidenza del dato patologico e la valutazione della parte v., ex mu/tis, Cass., sesta sezione L, ord. 7738/2013 ed i precedenti ivi richiamati . 8. Va anche aggiunto che la decisione della Corte territoriale si è, in definitiva, uniformata alla costante elaborazione di questa Corte di legittimità secondo cui, ove la patologia denunciata presenti un'eziologia multifattoriale, il nesso causale relativo all'origine lavorativa della malattia, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell'esposizione a rischio v., Cass., SU, 11353/2004 Cass. 15080/2009 Cass. 12909/2000 e successive conformi v., inoltre, Cass. 17438/2012 . 9. Ne consegue il rigetto del ricorso. 10. Sebbene soccombente, la parte ricorrente resta esonerata dal pagamento delle spese del giudizio di cassazione, sussistendo le condizioni previste dall'ars 152 disp. att. c.p.c., nel testo applicabile racione iemporis P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso nulla spese.