Indispensabili per la revoca della custodia cautelare in carcere l’attualità dello stato di tossicodipendenza ed un uso abituale di sostanze stupefacenti.
Con la sentenza numero 1386 depositata il 15 gennaio 2016, la terza sezione penale della Corte di Cassazione interviene in materia di sostituzione delle misure cautelari in ordine alla mancata sussistenza dei presupposti per accedervi. Sostituzione della misura cautelare. In particolare, con riferimento all’applicazione del regime previsto dall’articolo 89, comma 2, del d.P.R. numero 309/90 di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, uno dei presupposti è che la persona tossicodipendente interessata intenda sottoporsi ad un programma di recupero. Al riguardo, la stessa Corte di Cassazione, in passato, ha affermato che l’insufficienza per inadeguatezza, genericità e non personalizzazione del programma di riabilitazione dell’indagato tossicodipendente legittima il rigetto della richiesta di revoca della misura cautelare ovvero che risulta legittimo il rigetto della richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare con quella degli arresti domiciliari presso struttura di recupero quando alla relativa istanza non sia allegata la prescritta documentazione ovvero quando risulti accertato che il programma di riabilitazione proposto sia del tutto inadeguato, generico o non personalizzato. Stato di tossicodipendenza. Nel caso di specie il Tribunale del riesame territoriale aveva rigettato la richiesta di appello avverso l’ordinanza della Corte d’Assise d’appello di rigetto della istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari per il reato di cui all’articolo 73 del d.P.R. numero 309/90 in relazione alla detenzione presso la propria abitazione a fini di cessione di sostanza stupefacente. La difesa dell’imputato contesta il rigetto operato dal Tribunale del riesame sia sotto il profilo della negazione dello stato di tossicodipendenza dello stesso in assenza di giustificazione scientifica e in contrasto con la certificazione rilasciata dal Servizio dipendenza del carcere da cui tale stato risultava presente. Programma di recupero. Inoltre, la difesa del ricorrente lamenta la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione del Tribunale nel punto in cui aveva condiviso la negativa valorizzazione da parte della Corte d’Assise d’appello del fatto che la richiesta di sostituzione sia intervenuta a distanza di oltre tre anni dall’esecuzione della carcerazione. In realtà, i ritardi erano dovuti esclusivamente dalla struttura sanitaria del carcere, la cui attività aveva richiesto tre anni per il rilascio della certificazione richiesta. Come si è visto, gli Ermellini preliminarmente evidenziano che già elemento ostativo all’accoglimento della richiesta del ricorrente risulta essere la mancanza in atti di un programma terapeutico definito, non potendo considerarsi allo stesso equivalente una mera dichiarazione di intenti. Inoltre, secondo i Giudici del Palazzaccio, da un lato, l’ordinanza impugnata aveva già motivatamente ritenuto come non dimostrata una condizione di tossicodipendenza in atto, dato lo stato di carcerazione ormai perdurante da anni, di per sé impeditivo dell’uso di sostanze stupefacenti, e, dall’altro lato, dell’oggettiva impossibilità di far luogo ad una analisi delle matrici pilifere essendosi il detenuto rasato completamente. Ciò che la Corte riteneva al contrario indispensabile, in quanto, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di autorizzazione alla frequentazione di un programma di recupero da parte del detenuto agli arresti domiciliari, all’attualità dello stato di tossicodipendenza deve corrispondere un uso abituale di sostanze stupefacenti. Da ciò la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 dicembre 2015 – 15 gennaio 2016, numero 1386 Presidente Mannino – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. G.F. ha proposto ricorso nei confronti dell'ordinanza del 26/10/15 con cui il Tribunale del riesame di Milano ha rigettato la richiesta di appello avverso l'ordinanza della Corte di Assise di Appello di Milano di rigetto della istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari ex articolo 89, comma 2, del d.P.R. numero 309 del 1990 per il reato di cui all'articolo 73 dello stesso d.P.R. in relazione alla detenzione presso la propria abitazione a fini di cessione di sostanza stupefacente - cocaina per grammi 159,35 giacché nel frattempo scarcerato per espiazione di pena quanto al reato di associazione di stampo mafioso . 2. Lamenta con un primo motivo la violazione dell'articolo 89 del d.P.R. numero 309 del 1990 avendo il Tribunale negato lo stato di tossicodipendenza di G. in assenza di giustificazione scientifica ed anzi in contrasto con la certificazione pubblica del 04/09/2015 rilasciata dal Servizio dipendenze del carcere di Opera da cui tale stato è risultato. 3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell'articolo 89, comma 2, del d.P.R. numero 309 del 1990 avendo il Tribunale ritenuto quale presupposto di applicazione della misura attenuata la sussistenza di un programma definito del Sert invece non richiesto per legge. 4. Con un terzo motivo lamenta la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ove il Tribunale ha condiviso la negativa valorizzazione da parte della Corte d'Assise di Appello del fatto che la richiesta di sostituzione sia intervenuta a distanza di oltre tre anni dall'esecuzione della carcerazione. Così facendo non ha però considerato che i ritardi sono dipesi esclusivamente dalla struttura sanitaria del carcere di Opera come emergente dal diario clinico del carcere a fronte della dichiarazione circa il proprio stato di tossicodipendenza del 11/9/2012 il Sert ebbe ad effettuare il colloquio con lo stesso solo in data 10/04/2013 dichiarando che non era più possibile effettuare l'esame della matrice pilifera e neppure del capello, sicché solo nel gennaio 2015 era stata effettuata una visita presso il reparto di otorinolaringoiatria dell'ospedale San Paolo decretante nel tempo l'abuso di cocaina, e l'iter valutativo si era quindi concluso in data 15/4/2015 con la formazione del certificato di tossicodipendenza. 5. Con un quarto motivo, deducendo contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, lamenta che, in relazione alle ravvisate esigenze, l'affermazione del Tribunale circa una spiccatissima recidivanza contrasta con lo stato d'incensuratezza e con la figura di un partecipe collaterale che mai ha avuto alcun ruolo o partecipato ad azioni delittuose contro la persona o contro il patrimonio. Anche l'elemento di accumulo del patrimonio valorizzato negativamente si pone in contrasto con l'annullamento da parte della Corte di cassazione della sentenza con riferimento oltre che alla mancata concessione delle attenuanti generiche anche alla confisca di detto patrimonio, lecitamente guadagnato in venti anni di lavoro. Anche il rilievo della mancata dissociazione contrasta con il dato testuale delle dichiarazioni manoscritte dello stesso. Considerato in diritto 6. Il ricorso è manifestamente infondato. Va anzitutto premesso che non può porsi in dubbio che presupposto di applicazione del regime previsto dall'articolo 89, comma 2, del d.P.R. numero 309 del 1990 di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, è che la persona tossicodipendente interessata intenda sottoporsi ad un programma di recupero tanto che questa Corte ha affermato che l'insufficienza per inadeguatezza, genericità e non personalizzazione del programma di riabilitazione dell'indagato tossicodipendente legittima il rigetto della richiesta di revoca della misura cautelare Sez. 2, numero 30039 del 25/06/2009, Bottazzo, Rv. 244661 ovvero che è legittimo il rigetto della richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia carceraria con quella degli arresti domiciliari presso struttura di recupero quando alla relativa istanza non sia allegata la prescritta documentazione ovvero quando risulti accertato che il programma di riabilitazione proposto sia del tutto inadeguato, generico o non personalizzato Sez. 4, numero 21080 del 23/04/2013, Novellino, Rv. 256198 . Ne deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, correttamente l'ordinanza impugnata ha posto tra l'altro in rilievo, quale elemento ostativo all'accoglimento della richiesta, la mancanza in atti di un programma terapeutico definito, non potendo considerarsi allo stesso equivalente una mera dichiarazione di intenti. Già tale considerazione, per vero addirittura di carattere preliminare, sarebbe sufficiente a far ritenere manifestamente infondato il ricorso. Va però aggiunto che, anche con riguardo agli altri profili, attinenti al merito della valutazione dello stato di tossicodipendenza e delle esigenze cautelari, il provvedimento impugnato non incorre affatto nelle censure mosse dal ricorrente. Premesso che costituisce giudizio di fatto, non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, la valutazione che determina il rigetto dell'istanza dell'imputato tossicodipendente di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari presso una struttura dove svolgere un programma di recupero Sez. 6, numero 17314 del 20/04/2011, Sonato, Rv. 250093 , l'ordinanza impugnata ha motivatamente ritenuto anzitutto come non dimostrata una condizione di tossicodipendenza in atto atteso, da un lato, lo stato di carcerazione ormai perdurante da anni, di per sé impeditivo dell'uso di sostanze stupefacenti come anche riconosciuto dalla certificazione del 15/04/2015 del S.e.r.t. e, preso atto, dall'altro, dell'oggettiva impossibilità di far luogo ad una analisi delle matrici pilifere essendosi il detenuto rasato completamente e ciò tanto più avendo questa Corte già precisato come ai fini dell'accoglimento dell'istanza di autorizzazione alla frequentazione di un programma di recupero da parte del detenuto agli arresti domiciliari, all'attualità dello stato di tossicodipendenza deva corrispondere un uso abituale di sostanze stupefacenti cfr. Sez. 5, numero 20082 del 21/02/2013, Titola, Rv. 255638 proprio con riferimento a lunga astensione dall'assunzione di sostanze stupefacenti dovuto alla detenzione in carcere . In secondo luogo l'ordinanza ha argomentato anche sulla ostatività all'accoglimento della richiesta delle esigenze cautelari di specie, da reputarsi di eccezionale rilevanza in ragione del rinvenimento in possesso dell'imputato, al momento dell'arresto, di un patrimonio depositato presso le banche di circa 240.000 Euro e di un rilevante quantitativo di stupefacente con un grado di purezza sintomatico dell'accesso a canali di rifornimento di elevata pericolosità di qui la non illogica conclusione del conseguente inserimento in un vasto circuito criminale essendosi in particolare accertata l’appartenenza dell'interessato alla 'ndrina di Seregno come procacciatore di armi per l'associazione attraverso il commercio di cocaina senza che a ciò abbia mai fatto seguito una esplicita dissociazione. Sicché in definitiva, non può certo dirsi mancante la necessaria valutazione comparativa richiesta sul punto da questa Corte tra le altre, da ultimo, Sez. 6, numero 1694 del 20/12/2013, Tancona, Rv. 258350 tra l'obiettivo sociale della tutela della collettività e l'obiettivo individuale del recupero della persona dipendente. 7. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.