Invasione di un fondo altrui: un permesso di transito esclude la fattispecie

Il reato di violazione di domicilio viene assorbito nella fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni se la condotta si concretizza nel solo ingresso, o permanenza, nel fondo altrui, invito domino.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8383, depositata il 21 febbraio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Ancona confermava la sentenza di primo grado, che condannava l’imputato per i reati di violazione di domicilio, di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone e sulle cose e di lezioni volontarie. Il reo proponeva ricorso in Cassazione. Lamentava il mancato assorbimento del reato di violazione di domicilio in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Infatti, nel caso specifico, lo scopo della condotta perseguita è stato individuato, dal giudice di merito, nella sua finalità di introdursi nella proprietà della persona offesa, sul presupposto di godere di una servitù di passaggio gravante sul fondo di quest’ultima. In più, aveva il diritto di percorrere una strada pubblica che attraversava lo stesso terreno. Inoltre, riteneva non ci fossero prove o motivazione del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, mancando una motivazione sulla tesi proposta, di natura colposa, degli eventi di danno. Mancherebbe anche l’elemento soggettivo necessario per lo stesso reato, essendo l’imputato già transitato più volte sul fondo, con un trattore, senza distruggere nulla. Sarebbe quindi contraddittoria la conclusione del giudice, che ha dato valore solo alle dichiarazioni della persona offesa, secondo cui era impossibile passare col trattore senza fare danni. La sua azione non poteva neanche essere considerata una minaccia, altrimenti non avrebbe desistito dalla propria iniziativa. Un semplice passaggio. Analizzando la questione, la Cassazione sottolineava come l’ingresso dell’imputato sul fondo era effettivamente finalizzato al solo transito. Ciò era dimostrato dai ripetuti passaggi effettuati senza danni. Nessuna motivazione veniva fornita dai giudici di merito sull’elemento psicologico del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni o sul possibile assorbimento, da parte di questo reato, di quello di violazione di domicilio. Un elemento necessario. La prima fattispecie ha, infatti, natura dolosa e ricorre quando sia provato il carattere volontario del comportamento violento su cose o persone, non bastando l’attestazione di una situazione che vedrebbe l’agente nella posizione di chi rivendichi un diritto azionabile dinanzi al giudice . Il chiarimento delle effettive modalità d’ingresso è fondamentale per valutare l’atteggiamento psicologico della condotta dell’imputato ed affrontare, quindi, la tesi difensiva sulla natura colposa. Uno o due reati? In più, la Corte di legittimità sottolineava che il reato di violazione di domicilio viene assorbito in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando l’esercizio del diritto preteso si concretizza nel solo ingresso e permanenza, invito domino , nel fondo altrui. Invece, se l’agente ricorre a comportamenti violenti per le cose o le persone, per realizzare l’ingresso contro la volontà altrui, eventualmente anche al fine di prendere dei beni su cui vanta un diritto, viola entrambe le ipotesi di reato. Infine, il delitto di violazione di domicilio non risultava contestato nella forma aggravata costituita dal ricorso alla violenza per realizzare l’accesso invito domino . Per queste ragioni, la Corte di Cassazione annullava la sentenza e la rinviava alla Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 27 settembre 2013 – 21 febbraio 2014, n. 8383 Presidente Oldi – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione C.A. , avverso la sentenza della Corte d'appello di Ancona, in data 9 luglio 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine ai reati di violazione di domicilio, esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone e sulle cose - così riqualificati i fatti contestati ai capi b e c - nonché al reato di lesioni volontarie, delitti commessi tutti in danno di G.G. , il omissis . La sentenza contiene anche statuizione civili in favore della parte civile costituita. Deduce 1 - 2 la erronea applicazione dell'articolo 84 c.p. e il vizio di motivazione. L'assorbimento del reato di violazione di domicilio in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni avrebbe dovuto essere riconosciuto proprio nel caso di specie, nel quale lo scopo essenziale della condotta perseguita, qualificata come ragion fattasi, è stato individuato, dal giudice di merito, nella finalità dell'imputato di introdursi nella proprietà della persona offesa, sul presupposto di godere di una servitù di passaggio gravante sul fondo di quella e comunque di avere il diritto di percorrere una strada pubblica il cui tracciato ricadeva sul medesimo fondo 3 la inosservanza dell'articolo 393 cp, non essendovi prova e tantomeno motivazione, in ordine al preteso uso di violenza sulle cose o sulle persone. Le testimonianze valorizzate non consentivano di ritenere che il danneggiamento al marciapiede e alla panchina fossero stati volontari, così come la deposizione della persona offesa aveva lasciato emergere la desistenza dell'imputato quando la prima si era posta sul suo percorso. In altri termini mancava quanto meno la motivazione sulla tesi alternativa, della natura colposa degli eventi di danno. 4 il vizio della motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato di cui all'articolo 393 cp. La difesa cita le deposizioni dei testi Ca. e D. dalle quali era emerso che l'imputato era già transitato quattro volte sul fondo della persona offesa, col trattore, senza distruggere nulla. Sulla base di tale emergenze, la conclusione del giudice doveva considerarsi contraddittoria poiché aveva valorizzato le sole dichiarazioni della persona offesa a proposito della impossibilità di passare sulla sua proprietà col trattore, senza provocare danni. Dalla deposizione del teste Clementi si ricavava infatti che la distruzione della panchina era il frutto della concitazione dovuta al litigio con il querelante mentre la moglie di quest'ultimo, Cu.Gi. , era sopraggiunta dopo la commissione dei fatti. Inoltre doveva ritenersi manifestamente illogico il percorso argomentativo del giudice laddove aveva presunto che l'azione dell'imputato si fosse risolta in una minaccia alla persona offesa se così fosse stato, l'imputato non avrebbe desistito dalla propria iniziativa 4 la mancata assunzione di prova decisiva rappresentata dall'espletamento di una perizia sullo stato dei luoghi 5 il vizio della motivazione sull'attendibilità dei testimoni dell'accusa, pure sollecitata nei motivi d'appello 6 l'inosservanza della legge penale sulla determinazione della pena. Risultava enunciata la concessione delle attenuanti generiche prevalenti ma non effettuato relativo computo. Il ricorso è fondato. Risulta anche dalla sentenza impugnata, dalla pag. 2 a pag. 12, che assai articolati motivi di appello erano stati redatti per sostenere e segnalare al giudice di secondo grado che l'ingresso dell'imputato sulla proprietà della persona offesa era finalizzato al solo transito per raggiungere la sua stessa, confinante, proprietà e non, al contrario, alla violenza sulle cose o alle persone e ciò sarebbe rimasto dimostrato dal fatto che tale accesso si era realizzato, in precedenza, altre volte, senza conseguenze a carico delle persone o dei beni altrui e che il transito era stato esercitato sostenendosi che la strada che passava nella proprietà del querelante fosse pubblica. A tal fine era stata assunta la deposizione del tecnico comunale Torelli, era stata richiesta perizia ed era stata prodotta documentazione notarile attestante che l'imputato, comunque, godeva anche di una servitù di passaggio sulla proprietà della persona offesa. A fronte di tali doglianze, deve rilevarsi che nessuna replica o motivazione è stata fornita dal giudice, nonostante la centralità del punto, anche ai fini di una rassicurante delineazione dell'elemento psicologico concernente il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e della risoluzione della questione del possibile assorbimento, da parte di tale reato, di quello ex art. 614 cp. Il primo reato, infatti, ha natura dolosa e ricorre quando vi sia la prova certa del carattere volontario del comportamento consistito nella violenza sulle cose e sulle persone, non essendo viceversa sufficiente la attestazione, da parte del giudice, di una situazione che vedrebbe l'agente nella posizione di chi rivendichi un diritto azionabile dinanzi al giudice. E sotto tale profilo, è indubbio che il chiarimento delle effettive modalità di ingresso, col mezzo pesante, sulla proprietà del denunciante, anche tenendo conto dei precorsi rapporti tra le parti e delle prassi instaurate, è indispensabile per potere convenientemente passare alla valutazione dell'atteggiamento psicologico che ha connotato la condotta dell'imputato, in riferimento al contestato danneggiamento del marciapiede e della panchina presenti nel giardino del denunciante, dovendosi motivatamente affrontare la tesi della difesa riguardo la natura, invece, solo colposa dei detti atti. Ma anche in ordine al reato di violazione di domicilio, ugualmente addebitato al ricorrente nelle sole forme del primo e secondo comma, va osservato che, in base alla costante giurisprudenza, non sussiste autonomamente ed anzi rimane assorbito da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando l'esercizio del preteso diritto si concreti nel semplice ingresso e nella sola permanenza invito domino nell'altrui abitazione, ovvero negli altri luoghi indicati nell'art. 614 cod. pen., mentre se l'agente faccia ricorso a comportamenti violenti per le cose o le persone, per realizzare l'ingresso contro la volontà del titolare del diritto di esclusione, eventualmente anche al fine di asportare cose su cui egli vanta un diritto, viola entrambe le ipotesi delittuose su menzionate vedi, analogamente, rv 244285 . Ebbene, il vizio di motivazione rilevato produce i propri effetti anche in relazione alla verifica della praticabilità di tale principio di diritto, dovendosi osservare che il reato di violazione di domicilio non risulta contestato nella forma aggravata costituita dal ricorso alla violenza per realizzare l'accesso invito domino comma 4 . Il giudice del rinvio provvederà a colmare le rilevate lacune argomentative uniformandosi ai principi di diritto enunciati. Gli ulteriori motivi restano assorbiti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo esame.