Dipendente pubblico indagato per falsità ideologica: anche in caso di spostamento, per la P.A. rimane un pericolo!

Riguardo alle misure cautelari personali, il precedente trasferimento dell’indagato, dipendente pubblico, ad un ufficio diverso non più funzionale alla commissione del delitto di cui è accusato, non è sufficiente ad escludere l’esigenza di misure cautelari. La prosecuzione del rapporto di pubblico impiego, infatti, consente comunque al soggetto di avvalersi delle relazioni instaurate nel tempo all’interno della P.A

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7440, depositata il 17 febbraio 2014. Il fatto. Una dirigente dell’ufficio tecnico comunale di Pomezia viene sottoposta ad indagine e agli arresti domiciliari per concorso in falsità ideologica ed in soppressione o occultamento di atti veri. Il Tribunale del riesame di Roma rigetta l’istanza del difensore e conferma l’ordinanza cautelare. La ricorrente deduce la violazione dell’art. 274 c.p.p., il quale dispone le condizioni necessarie per la sottoposizione ad una misura cautelare personale. Una di queste condizioni riguarda il pericolo concreto di reiterazione del reato il difensore ritiene che il collegio cautelare abbia posto a fondamento della decisione mere congetture, non supportate da fatti tangibili. Infatti, anche se il Tribunale ha dato importanza al fatto che la dirigente sarebbe coinvolta in numerosi procedimenti penali, anche recenti per falsità ideologica, questi o sono ancora nella fase di indagini o, se giunti all’udienza preliminare, si sono chiusi con una sentenza di non luogo a procedere. in più, secondo il difensore, non sarebbe stata valutata sufficientemente la circostanza che la dirigente è stata destinata ad altro incarico. Un nemico pubblico. Secondo la Corte di Cassazione, il pericolo di reiterazione della condotta criminosa può essere logicamente ravvisato nella circostanza che a carico della dirigente esistono altri procedimenti per altre ipotesi di falso in atto pubblico. Questi sono elementi utili per ipotizzare non solo che la ricorrente abbia tenuto più volte condotte delittuose analoghe a quelle contestate, bensì anche che ciò sia sintomo di un radicato habitus di devianza, collegato al suo ruolo professionale . Il trasferimento non esclude l’esigenza cautelare. Per quanto riguarda invece il trasferimento ad altro ufficio di un indagato, la Corte ritiene che questo fatto, in tema di misure cautelari personali, non sia un elemento tale da escludere l’esigenza cautelare. La prosecuzione del rapporto di pubblico impiego, anche se in un ufficio diverso, consente infatti lo stesso il mantenimento delle relazioni creatisi all’interno della Pubblica Amministrazione. Questo principio, valido per i delitti associativi, lo è ancora di più per i delitti commessi con abuso delle funzioni autoritative e certificative, proprie del pubblico funzionario. Per questi motivi, la Corte ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 2 ottobre 2013 – 17 febbraio 2014, n. 7440 Presidente Oldi – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. F.A., già dirigente dell'ufficio tecnico comunale UTC di Pomezia, è sottoposta a indagine e destinataria di misura cautelare personale arresti domiciliari con riferimento al concorso in falsità ideologica, riguardante la falsa attestazione della conformità della proposta di variante del piano particolareggiato esecutivo PPE relativo alla zona di Torvajanica alta capo A , nonché del documento costituente la proposta di piano particolareggiato esecutivo in variante del piano regolatore generale PRG del comune di Pomezia, zona centro capo B e di concorso in soppressione o occultamento di atti veri, riguardanti la medesima proposta capo C . 2. Il tribunale del riesame di Roma, con il provvedimento di cui in epigrafe, ha rigettato l'istanza presentata nell'interesse della sopraindicata e ha confermato l'impugnata ordinanza cautelare. 3. Con il ricorso, il difensore deduce violazione dell'articolo 274 [erroneamente indicato come 247] comma primo lett. c cpp, atteso che il collegio cautelare ha indicato quale unico fondamento per la sua decisione in merito alla sussistenza di esigenze cautelari, mere congetture, non supportate da riscontri fattuali concreti. Il pericolo di reiterazione nel reato, in realtà, acquista rilievo unicamente quando concerne la probabile futura commissione, non di qualsiasi illecito, bensì di particolari fattispecie criminose e, tra queste, i delitti della stessa specie di quello per il quale si procede. Ebbene, non è stato sufficientemente valutata la circostanza che la F. è stata destinata ad altro incarico. Né vale osservare che si tratta comunque di incarico dirigenziale. Sta di fatto che tale nuovo incarico nulla ha a che fare con le precedenti competenze della ricorrente. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, perché sussista l'esigenza cautelare di cui all'articolo 274 lett. c cpp, si deve manifestare la possibilità di un pericolo concreto, e di tale concretezza il collegio cautelare non ha dato alcuna dimostrazione. Scrive il tribunale romano che la ricorrente sarebbe coinvolta in numerosi procedimenti penali, anche recenti per falsità ideologica. E', al proposito, da notare che si tratta di procedimenti nella fase di indagine. Quelli che sono giunti all'udienza preliminare, si sono chiusi tutti con sentenza di non luogo a procedere. Si deve dunque concludere che il provvedimento impugnato è caratterizzato da motivazione incoerente, incompiuta monca e parziale. Considerato in diritto 1. Premesso e ribadito che il ricorso per cassazione è stato proposto unicamente con riferimento alle esigenze cautelari, esso merita rigetto. Nè, nel caso in esame, può farsi luogo all'effetto estensivo di cui all'art. 587 cpp con riferimento alla posizione dei coindagati ciò in quanto i ricorsi di P. e A. attengono a profili personali dei due predetti, che sono professionisti esterni all'amministrazione comunale. La posizione degli stessi, dunque, è ben differente, da quella della F., funzionaria del comune di Pomezia in posizione dirigenziale e, conseguentemente, apicale. 2. Invero il pericolo di reiterazione della condotta criminosa è stato non illogicamente ravvisato nella circostanza - ammessa dalla stessa ricorrente - che a suo carico pendono sia pure, come si sostiene, in fase di indagine altri procedimenti per altrettante ipotesi di falso in atto pubblico di talché sussistono evidentemente almeno nella provvisoria ricostruzione fattuale tipica della fase delle indagini preliminari elementi per ipotizzare che la ricorrente abbia, non solo, già in passato, tenuto più volte condotte delittuose analoghe a quelle che le sono state contestate nel presente procedimento, ma che ciò sia sintomo di un radicato habitus di devianza, collegato al suo ruolo professionale. 3. Quanto al fatto che la F. sia stata trasferita ad altro ufficio, va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte ASN 200828780-RV 240830 , in tema di misure cautelari personali, non costituisce elemento tale da escludere la sussistenza delle esigenze cautelari, l'avvenuto trasferimento dell'indagato, pubblico dipendente, ad un ufficio diverso non più funzionale alla commissione di tale delitto, in quanto la prosecuzione del rapporto di pubblico impiego consente pur sempre al medesimo di avvalersi delle relazioni allacciate nel tempo all'interno della P.A. Il principio, dettato con riferimento ai delitti associativi, vige, a maggior ragione, con riferimento ai delitti commessi con abuso, delle funzioni autoritative e certificative, proprie del pubblico funzionario. 4. Consegue condanna alle spese del grado. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.