Nell’ipotesi di patto di prova, legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla l. numero 482/1968, il recesso dell’imprenditore durante il periodo di prova è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale per quanto riguarda l’onere dell’adozione della forma scritta e non richiede, pertanto, una formale comunicazione delle ragioni del recesso. Infatti, la manifestazione di volontà del datore di lavoro riferita all’esperimento in corso, si qualifica come valutazione negativa dello stesso e comporta l’identificazione della ragione che giustifica l’esercizio del potere di recesso.
Questo il principio giurisprudenziale confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 469, depositata il 14 gennaio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto da una donna per sentir accertare l’illegittimità del licenziamento. La stessa era stata selezionata come appartenente a categoria protetta per un corso di tirocinio di sei mesi, all’esito del quale era stata assunta con contratto a tempo indeterminato con patto di prova di sei mesi. Durante lo svolgimento del periodo di prova, il datore di lavoro recedeva dal rapporto di lavoro per mancato superamento della prova. La donna ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione. Patto di prova con soggetti protetti. L’assunto con cui la ricorrente denuncia la necessità di una esplicita motivazione nel caso di mancato superamento del periodo di prova, non trova fondamento. Infatti, osserva il Collegio, il Giudice di merito nel decidere si è correttamente attenuto ai principi giurisprudenziali in base ai quali «nell’ipotesi di patto di prova, legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla l. numero 482/1968, il recesso dell’imprenditore durante il periodo di prova è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale per quanto riguarda l’onere dell’adozione della forma scritta e non richiede pertanto una formale comunicazione delle ragioni del recesso». Valutazione negativa del periodo di prova. Questo perché la manifestazione di volontà del datore di lavoro riferita all’esperimento in corso, si qualifica come valutazione negativa dello stesso e comporta, senza necessità di ulteriori indicazioni, la definitiva e vincolante identificazione della ragione che giustifica l’esercizio del potere di recesso. Tale valutazione può essere contestata dal lavoratore con la deduzione dell’illegittimità dell’atto, che attribuisce al giudice il potere – dovere di accertare la nullità o meno del recesso, in esito alla prova che risulti determinata o influenzata dalle condizioni cui la l. numero 482/1968 collega l’obbligo di assunzione. Alla luce di tali principi, afferma il Collegio, la sentenza impugnata risulta essere conforme agli stessi e fondata su un iter argomentativo congruo, privo di salti logici e, pertanto, merita piena conferma. Per tali ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Corte di cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 novembre 2014 – 14 gennaio 2015, numero 469 Presidente Vidiri – Relatore De Renzis Svolgimento del processo I. Con ricorso, ritualmente depositato, M.F.P. esponeva -di essere stata selezionata come appartenente a categoria protetta per un corso di tirocinio di sei mesi dal 7 aprile 2003 al 6 ottobre 2003 presso l'Ospedale Policlinico Ge melli di Roma come addetta alle pulizie, a rifare i letti e a servire i pasti ai malati -di essere stata assunta -all'esito del tirocinio come ausi liario specializzato con contratto a tempo indeterminato con patto di prove di sei mesi -che con lettera del 21 luglio 2004 l'Università Cattolica del Sacro Cuore recedeva dal rapporto di lavoro per mancato superamento della prova. Ciò premesso, conveniva in giudizio l'anzidetta Università Cattolica per sentir accertare l'illegittimità del licenziamen to, con le conseguenti previste dall'articolo 18 Stat Lav., oltre accessori. li. Il Tribunale di Roma con sentenza del 2.04.2009 rigetta va il ricorso. Tale decisone, impugnata dalla Pozone, è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma con sentenza numero 5977 del 2011. Nel pervenire a tale conclusione la Corte territoriale ha os servato che la ricorremte, ammessa al tirocinio con qualifica di ausiliario specializzato come da convenzione con la Provincia di Roma e che i suoi tutori esterni, destinati al controllo del regolare svolgimento del tirocinio, non aveva no formulato alcun rilievo sul lavoro della Pozone di natura esecutiva, per cui doveva ritenersi che il rapporto di tiroci nio doveva considerarsi regolare sia sotto il profilo della sia costituzione che con riguardo al rispetto della normati va in materia. La stessa Corte ha aggiunto che la Pozone di seguito ave va stipulato un contratto a tempo indeterminato con il patto di prova di sei mesi nel rispetto della legge numero 68 del 1989, che per la sua specialità prevaleva sulla normativa genera le di cui al RDL numero 1825 del 1924. L'Università, ha concluso la Corte, aveva posto fine alla prova senza indicare i moti vo, che però non venivano richiesti dalla lavoratrice. III. La Pozone ricorre per cassazione affidandosi a tre mo tivi. L'Università Cattolica del Sacro Cuore resiste con contro ricorso. Motivi della decisione 1. Le numerose censure dedotte dalla ricorrente non pos sono trovare ingresso in questa sede perché non risultano in buona misura conferenti con il contenuto della sentenza impugnata, né appaiono dotate del requisito della specifici tà né supportate da documentazione e da risultanze processuali aventi decisorio, perché in violazione del requisito dell'inammissibilità non risultano essere state ri tualmente e tempestivamente allegate al ricorso per cassa zione, né riportate nel loro contenuto. Ed invero l'eccezione, sollevata in relazione alla conven zione con la Provincia di Roma e alla mancanza di autoriz zazione amministrativa, non può essere presa in esame, dal momento che a fronte del silenzio sul punto dell'impugnata sentenza in violazione del principio di au tosufficienza del ricorso per cassazione non è stata in al cun modo accertata una rituale e tempestiva deduzione in tali sensi da parte della ricorrente. Per di più non risulta che agli atti, che supportano le censure della ricorrente contratto collettivo aziendale, convenzione del 26 gennaio 2003, contratto di lavoro del 2003 , siano riportate inte gralmente nel loro contenuto nel ricorso per cassazione al fine di un loro esame ed una loro lettura ed interpretazione capaci di attestare la validità delle stesse censure. Consi derazioni queste riferibili in particolare alle clausole della convenzione relative al periodo di prova da mettere in rela zione con quelle del contratto collettivo nazionale di lavoro. 2. Né rilievo ai fini decisori può assegnarsi all'assunto con cui si denuncia in particolare nel secondo motivo del ricor so la necessità di una esplicita motivazione nel caso di mancato superamento del periodo di prova, avendo il giudice condiviso i principi giurisprudenziali secondo cui nell'ipotesi di patto di prova, legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla legge 2 aprile 1968 numero 482, il recesso dell'imprenditore durante il periodo di prova è sottratto alla disciplina limitativa del licenzia mento individuale per quanto riguarda l'onere dell'adozione della forma scritta e non richiede pertanto una formale co municazione delle ragioni dl recesso. In sostanza la mani festazione di volontà del datore di lavoro, in quanto riferita all'esperimento in corso, si qualifica come valutazione ne gativa dello stesso e comporta, senza necessità di ulteriori indicazioni, la definitiva e vincolante identificazione della ragione che giustifica l'esercizio del potere di recesso. Tale valutazione può essere direttamene contestata dal lavora tore con la deduzione dell'illegittimità dell'atto, che attri buisce al giudice il potere-dovere di accertare, anche d'ufficio, la nullità o meno del recesso, in esito alla prova che risulti determinata o comunque influenzata dalle condi zioni cui la legge numero 482 del 1968 collega l'obbligo di as sunzione in tali sensi Cass. 29 maggio 1999 numero 5290, cui adde più di recente Cass. 14 ottobre 2009 numero 21784 Cass. Sez, Unumero 2 agosto 2002 numero 11633 e Cass. 16 agosto 2000 numero 10834 . 3. In definitiva la sentenza impugnata, essendo fondata su un iter argomentativo congruo, privo di salti logici e conforme ai principi giurisprudenziali enunciati nella materia scrutinata, si sottrae a tutte le censure mosse e merita pie na conferma. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccom benza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pa gamento delle spese del preseng giudizio di cassazione, che liquida in e 100,00 per esborsi ed € 3000,00 per com pensi, oltre accessori di legge.