No al risarcimento del danno esistenziale per la morte dal padre tassista: è già compreso nel danno non patrimoniale

Nel nostro ordinamento non è ammissibile il danno esistenziale come categoria autonoma, inteso quale pregiudizio alle attività remunerative della persona.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 1299 del 22 gennaio 2014. Il fatto. Il giudice di secondo grado confermava la sentenza del Tribunale di Latina che aveva escluso il risarcimento del danno esistenziale chiesto dai figli di un tassista a seguito della morte, per un sinistro stradale, del loro padre. Questo perché veniva esclusa la configurabilità del danno esistenziale come categoria autonoma, dovendosi ricomprendere nel danno non patrimoniale morale , già liquidato in primo grado. I figli del defunto ricorrono in Cassazione. Danno esistenziale perché se ne esclude la risarcibilità. La principale censura dei ricorrenti è incentrata sulla mancato risarcimento del danno esistenziale, essendo stato liquidato il solo danno morale soggettivo. Il ricorso è manifestamente infondato nel nostro ordinamento non è ammissibile il danno esistenziale come categoria autonoma, inteso quale pregiudizio alle attività remunerative della persona. Ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., con la conseguenza che la liquidazione di un’ulteriore somma comporterebbe una duplicazione risarcitoria. Se, invece, nel danno esistenziale si includono pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili. Nel caso di specie, tale danno è già stato liquidato a titolo di danno morale. Funzioni della consulenza tecnica d’ufficio CTU . Secondo i ricorrenti, inoltre, non è stata ammessa la CTU medico-legale ai fini della dimostrazione del nesso di causalità relativo al sinistro verificatosi. La Suprema Corte tiene a specificare che essa non è un mezzo istruttorio in senso proprio ma, piuttosto, uno strumento per coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi e questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Non serve, quindi, a supplire una prova che la parte ha omesso di fornire o, più in generale, a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di fatti e circostanze non provati. Alla luce di tali conclusioni, il ricorso è manifestamente infondato e va, pertanto, respinto.

Corte di Cassazione, sez. VI – 3 Civile, sentenza 7 novembre 2013 – 22 gennaio 2014, numero 1299 Presidente Segreto – Relatore Giacalone In fatto e in diritto Nella causa indicata in premessa, é stata depositata la seguente relazione 1. - La sentenza impugnata Corte d'App. Roma, 12/07/2011 ha, per quanto qui rileva rigettato l'appello incidentale proposto da D.G.G. , Ma. e M. avverso la sentenza del Tribunale di Latina, nella parte in cui veniva richiesto il risarcimento del danno esistenziale subito a causa della morte del padre D.G.C. , conseguente al sinistro stradale che lo vedeva coinvolto alla guida della propria auto Fiat 125, in qualità di tassista. Il giudice di secondo grado concludeva per l'inconfigurabilità come categoria autonoma del danno esistenziale, dovendosi ricomprendere nell'ambito del danno non patrimoniale morale , già liquidato dal giudice di primo grado come perdita di congiunto con criteri determinativi, in sede d'appello, non contestati. 2. - Ricorre per Cassazione il D.G. con tre motivi di ricorso resiste con controricorso Consorzio per lo Sviluppo Industriale. Le censure lamentate dal ricorrente sono 2.1 - Falsa applicazione dell'art. 2059 c.c. art. 360, primo comma, numero 3 c.p.c . Contraddittorietà della motivazione art. 360, primo comma, numero 5 c.p.c. in relazione all'art. 2059 c.c., per non avere, sia il Tribunale che la Corte d'Appello, liquidato in favore dei D.G. l'intero danno non patrimoniale comprensivo di quello esistenziale come richiesto nelle loro conclusioni, discostandosi dai principi dettati dalle Sez. Unumero Di questa Corte con la sentenza 26972/2008 2.2 - Violazione dell'art. 112 c.p.c. art. 360, primo comma, numero 4 c.p.c . errata interpretazione della domanda e conseguente omessa pronuncia su alcuni capi della stessa, poiché a fronte della richiesta di liquidazione dell'intero danno non patrimoniale la Corte Territoriale, interpretando erroneamente la domanda, avrebbe liquidato il solo danno morale soggettivo 2.3. - Vizio di motivazione art. 360, primo comma, numero 5 c.p.c. mancata ammissione di un mezzo istruttorio, in quanto sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado, non avrebbero ammesso la CTU medico-legale ai fini della dimostrazione del nesso di causalità intercorrente tra l'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti da parte di Di.Gi.Ma. e la morte del padre, contraddicendo l'orientamento di questa S.C. in tema di danno non patrimoniale. 3. - Il ricorso è manifestamente privo di pregio. I primi due motivi di ricorso - che possono essere trattati congiuntamente data l'intima connessione - implicano accertamenti di fatto e valutazioni di merito. In particolare, la Corte Territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa S.C., secondo cui non è ammissibile nel nostro ordinamento l'autonoma categoria di danno esistenziale , inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria ove nel danno esistenziale si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all'art. 2059 cod. civ. Cass. Sez. Unumero 26972/2008 numero 4952/2010 numero 3280/2013 . Nel caso di specie, infatti, il giudice di merito ha ritenuto tale danno già compreso nell'ambito del danno liquidato dal giudice di primo grado a titolo di danno morale. Senza considerare che, in riferimento al secondo motivo di ricorso, l'interpretazione della domanda rientra nella valutazione del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità ove motivata in modo sufficiente e non contraddittorio Cass. numero 12944/2012 numero 21208/2005 . Nella sentenza impugnata non sono configurabili i predetti vizi, considerato che il motivo di ricorso è impropriamente formulato sul presupposto secondo cui i giudici di merito abbiano liquidato il solo danno morale soggettivo. Per queste ragioni non è configurabile l'omessa pronuncia dedotta col secondo motivo. 3.1 - Per quanto attiene al terzo motivo di ricorso, gli odierni ricorrenti non tengono conto dell'orientamento di questa S.C., secondo cui la consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati Cass. numero 3130/2011 numero 3191/2006 . Il giudice d'Appello ha ritenuto, in mancanza di precise indicazioni di carattere medico-legale in ordine al suddetto nesso di causalità, di non potersi surrogare al deficit probatorio della parte, disponendo una CTU di carattere sostanzialmente esplorativo. 4. - Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso”. La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti costituite. La parte ricorrente ha presentato memoria riproponendo il contenuto del ricorso. Le argomentazioni addotte con la memoria non inficiano i motivi in fatto e in diritto posti a base della relazione. La parte resistente ha presentato memoria insistendo per il rigetto del ricorso. Ritenuto che a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato le spese seguono la soccombenza visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3200,00=, di cui Euro 3000,00= per compensi, oltre accessori di legge.