Ubi maior minor cessat l’interesse del minore a permanere nella casa familiare va comparato ad un eventuale interesse, attuale e concreto, del genitore con cui non convive.
In particolare, l’articolo 155 quater c.c. non prevede alcun obbligo di assegnazione della casa coniugale, né un’automatica attribuzione al coniuge affidatario del minore il cui interesse comunque deve essere per primo valutato, e salvo che non ricorrano nel caso concreto situazioni tali da favorire l’altro coniuge. Ad affermarlo è la Corte d’Appello di Venezia, che - con il decreto del 6 marzo 2013 - precisa anche che il reclamo avverso il provvedimento residenziale si presenta come uno strumento processuale atipico ed eccezionale, destinato a risolvere prudentemente situazioni contingenti e che merita accoglimento solo se il provvedimento provvisorio si presenti come abnorme ovvero come manifestamente errato sulla base degli atti e degli elementi acquisiti. Il caso. Il coniuge, non vedente, co-affidatario di una minore di undici anni, propone reclamo ai sensi dell’articolo 708, comma 4, c.p.c. avverso l’ordinanza presidenziale con cui la casa coniugale era stata assegnata alla moglie, presso la quale era stata stabilita la residenza prevalente della figlia. La Corte d’Appello di Venezia dopo una breve introduzione – sempre utile – circa la natura del procedimento di reclamo, modifica parzialmente l’ordinanza presidenziale reclamata, assegnando al genitore col quale la figlia non risiede la casa coniugale, e precisando che l’interesse, attuale e concreto, del genitore disabile, andava tutelato con urgenza, essendo prevalente rispetto ad un generico interesse della minore a conservare il proprio habitat. Non manca inoltre di aumentare il contributo al mantenimento della minore a carico del genitore non convivente in modo da consentire alla madre di reperire un’idonea abitazione per se e per la minore. Il caso in commento presenta una peculiarità fondamentale il genitore non convivente con la minore era affetto da una grave disabilità completamente cieco che rendeva il trasferimento in altra abitazione per lui oggettivamente molto gravoso. Il Presidente del Tribunale di Venezia a quanto pare non aveva considerato in alcun modo il concreto interesse del genitore non convivente a non cambiare casa in seguito alla separazione, ma aveva, come di regola, assegnato la casa coniugale all’altro genitore, apoditticamente richiamando un generico interesse della figlia minore. Natura del procedimento di reclamo. La Corte d’Appello premette che i provvedimenti emessi dal presidente del tribunale ex articolo 708, comma 4, c.p.c. hanno, per espressa definizione normativa, carattere temporaneo ed urgente. In ragione di detto carattere, e della inevitabile sommarietà dell’esame effettuabile in sede di comparizione personale dei coniugi, sulla base delle loro stesse dichiarazioni, e dei documenti prodotti, è prevista dall’ordinamento la possibilità che il giudice della causa, una volta acquisiti ulteriori e diversi elementi possa modificare i provvedimenti presidenziali anche prima della decisione finale in base al comma 4 dell’articolo 709 . Pertanto il reclamo avverso il provvedimento presidenziale modificabile dal giudice della causa di merito, «si presenta come uno strumento processuale atipico ed eccezionale, destinato a risolvere prudentemente situazioni contingenti e che merita accoglimento solo se il provvedimento provvisorio si presenti come abnorme ovvero come manifestamente errato sulla base degli atti e degli elementi acquisiti». La Corte si occupa della coesistenza nell’ordinamento giuridico, dopo l’introduzione del reclamo per mezzo della L. numero 54/2006, di due rimedi che le parti possono utilizzare in casi diversi per modificare le ordinanze presidenziali il reclamo appunto per correggere errori grossolani ed evidenti sulla base della stessa documentazione avuta a disposizione dal Presidente, , e la modifica dell’ordinanza presidenziale ad opera del giudice istruttore della causa di merito, ex articolo 709, comma 4. La giurisprudenza di merito post riforma del 2006, ha coordinato i due rimedi di cui sopra, ed è pervenuta all’unica soluzione ermeneutica possibile ove la parte lamenti errori di valutazione da parte del Presidente del Tribunale su fatti portati alla sua conoscenza dovrà proporre reclamo nel termine di cui all’articolo 708 cpc qualora invece affermi l’esistenza di circostanze sopravvenute o anche di fatti preesistenti di cui si sia acquisita conoscenza successivamente, ovvero fatti emergenti da una successiva attività istruttoria, dovrà chiedere al g.i. la revoca o la modifica del provvedimento presidenziale ex articolo 709, ult. comma, c.p.c. Trib. Modena 5 ottobre 2006 Trib. Mantova 23 maggio 2007 Trib. Palermo 6 marzo 2007 Trib. Varese 26 novembre 2010 . La sentenza in commento si pone nello stesso solco di quella precedente. L’interesse prevalente dei figli nell’assegnazione della casa coniugale. Risolta positivamente, almeno per la parte concernente l’assegnazione della casa coniugale, l’ammissibilità del reclamo, la corte parte dal dato testuale dell’articolo 155 quater c.c. «il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli». Osserva la Corte che «il giudice, pur tenendo, innanzi tutto, conto dell’interesse del minore a restare nella casa coniugale non possa trascurare di prendere in considerazione anche altri interessi ed in particolare quelli del coniuge non affidatario e da ciò desumere se vi sia un interesse prevalente rispetto a quello del minore». Infatti la norma non prevede alcun obbligo di assegnazione della casa coniugale al coniuge con cui il figlio convive ma solo l’obbligo di valutare prioritariamente l’interesse dei figli. Quindi, se nella generalità dei casi l’interesse del figlio a permanere nell’ambiente in cui è cresciuto si ritiene preminente e prevalente, cfr. Trib. Arezzo 22 novembre 2012 , rispetto addirittura al diritto di proprietà del genitore non convivente, che indubbiamente subisce una forte compressione, in casi particolari – come quello in commento – non si può escludere la comparazione dell’interesse del figlio con altro interesse. Nel caso in esame, la tutela del diritto alla salute del padre disabile che dice la Corte per la sua condizione di cecità assoluta avrebbe certamente avuto notevoli difficoltà a cambiare ambiente e a trovare un’abitazione idonea per se e per i cani guida, abituati ad un certo percorso casa-lavoro è prevalsa rispetto all’interesse genericamente affermato, osserva la Corte della minore a mantenere l’habitat in cui era cresciuta. Il sacrificio dell’interesse della figlia, è stato, si può dire, compensato in parte con l’aumento del contributo al mantenimento da parte del padre, onde consentire di far fronte alla spesa per il nuovo alloggio.
Corte d’Appello di Venezia, sez. III Civile, decreto 25 gennaio – 6 marzo 2013, numero 25 Presidente/Relatore Silvestre Fatto e diritto Con ricorso depositato il 18.01.2013, proponeva reclamo avverso il provvedimento provvisorio, emesso nel corso di giudizio di separazione giudiziale dalla moglie, con cui il presidente del tribunale di Venezia aveva affidato ad entrambi i genitori la figlia minore di anni undici con residenza prevalente presso la madre, regolamentando il regime delle visite, assegnando alla stessa la casa coniugale in applicazione dell'articolo 155 quater cod. civ. e ponendo a carico del un assegno di € 400,00 per il mantenimento della minore oltre al 50% delle spese straordinarie. Evidenzia, il reclamante, che la norma applicata dal tribunale non comporta l'obbligatoria ovvero automatica assegnazione della casa al coniuge presso cui venga collocato il figlio minore ma stabilisce solo che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto prioritariamente dell'interesse dei figli, onde sono ammesse deroghe. Lamenta che, nel caso, il presidente del tribunale non ha considerato che esso reclamante è cieco ed utilizza un cane per l’accompagnamento e quindi che un cambio della casa, in cui vive da quando è nato ed ove ha vissuto prima con i genitori e poi con la sorella e quindi con la moglie e con la figlia, gli avrebbe creato notevoli problemi di organizzazione della sua vita assolutamente insostenibili. Lamenta, anche, il reclamante che con il provvedimento si sia disposto che il padre passi a prendere la figlia dalla scuola dopo il lavoro accompagnandola a casa della madre alle ore 21.30 e durante il weekend andandola a prendere il venerdì all'uscita del doposcuola e riportandola a casa dalla madre la domenica sera alle 20 senza tener in alcun conto lo stato di esso reclamante e dell'impossibilità di girare autonomamente per la città. Denuncia, altresì, che il presidente del tribunale aveva disposto un assegno a favore della moglie, economicamente indipendente, che non era stato neppure richiesto e che per le spese straordinarie non era previsto un preventivo accordo. La ha resistito al reclamo. Evidenzia, innanzi tutto, la Corte che i provvedimenti emessi dal presidente del tribunale ex articolo 708, 4° comma, c.p.c., hanno per espressa definizione normativa, carattere temporaneo ed urgente e, quindi, cautelare mirando, nella pendenza del giudizio di merito, a dettare una regolamentazione, dei rapporti fra i coniugi e nei confronti della prole, fino all'eventuale diversa regolamentazione fissata nella sentenza. In ragione di detto carattere, e della inventabile sommarietà dell'esame effettuabile sugli elementi desumibili, in sede di comparizione personale, dai documenti prodotti e dalle dichiarazioni degli stessi coniugi, è prevista la possibilità che il giudice della causa, che si svolge a cognizione piena, una volta acquisiti altri elementi possa modificare i provvedimenti presidenziali anche prima della decisione finale. Pertanto il reclamo avverso il provvedimento presidenziale, modificabile dal giudice della causa di merito, si presenta come uno strumento processuale atipico ed eccezionale destinato a risolvere prudentemente situazioni contingenti create dalla disgregazione familiare e merita accoglimento solo ove il provvedimento provvisorio si presenti come abnorme ovvero come manifestamente errato sulla base degli atti e degli elementi acquisiti. Nel caso di specie la Corte ritiene che ricorrano ragioni di erroneità manifesta limitatamente all'assegnazione della casa coniugale cui consegue il problema dell'assegno riconosciuto alla moglie per il mantenimento della minore è evidente che l'assegno non sia stato riconosciuto alla moglie economicamente indipendente anche se non ben chiarito in motivazione apparendo non del tutto irragionevole la regolamentazione delle modalità di visita cui il può sopperire, seppur con qualche difficoltà, con ausilio di terzi e sul riesame della relativa determinazione può ben provvedere il giudice istruttore della causa di merito, una volta acquisiti tutti gli elementi necessari. Ed infatti l' articolo 155 quater cod. civ. prevede che il godimento della casa coniugale sia attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli. Il significato letterale e logico della norma consente tranquillamente di ritenere che il giudice, pur tenendo, innanzi tutto, conto dell'interesse del minore a restare nella casa coniugale non possa trascurare di prendere in considerazione anche altri interessi ed in particolare quelli del coniuge non affidatario e da ciò desumere se vi sia un interesse prevalente rispetto a quello del minore. In sostanza la norma non prevede alcun obbligo di assegnazione della casa coniugale né un'automatica attribuzione al coniuge affidatario del minore il cui interesse comunque deve essere per primo valutato e salvo che non ricorrano nel caso concreto situazioni tali da favorire l'altro coniuge. Tanto premesso in punto di diritto osserva la Corte che nel caso di specie il tribunale e la stessa parte reclamata parlano d'interesse della minore, che ha undici anni mantenendosi totalmente sul generico e senza dare un chiaro contenuto a tale interesse. Simile interesse può avere numerosi risvolti e può attenere a diversi aspetti materiali, psicologici, morali della vita della persona per cui andava puntualmente allegato e individuato in concreto dal tribunale. Neppure dall'eseguita indagine psicologica, che pur ha mostrato come il rapporto tra padre e figlia non sia dei migliori, è emerso quale possa essere un interesse fondamentale e concludente della minore che giustifichi l'impossibilità di far spostare dalla propria casa una bambina di undici anni ben in grado di comprendere quanto stia succedendo ai propri genitori e quindi gli effetti di una separazione e soprattutto di rendersi conto delle condizioni di cecità assoluta del padre e dei problemi che allo stesso deriverebbero dall'abbandono della casa ove da sempre ha vissuto. Non par dubbio che un cambiamento di abitazione potrebbe creare alla minore una qualche difficoltà derivante dal distacco affettivo dalla casa ove ha vissuto e dall'ambiente domestico ove ha trascorso undici anni con i genitori , ma è evidente che, allo stato, in assenza di elementi che inducano a ritenere che ciò possa comportare un grave pregiudizio alla stessa, appare estremamente più meritevole di tutela l'interesse del di restare nella propria abitazione che è concreto attuale e da garantirsi con urgenza. Il infatti, è affetto da totale cecità circostanza neppure posta in discussione nel corso dell'udienza dal difensore dalla moglie, nonostante le fotografie prodotte ed abita da sempre nella casa in Mirano che è anche di sua proprietà che ha anche un piccolo giardino si reca per lavoro giornalmente parte verso le ore 5 per rientrare verso le 15,30 a Venezia ed utilizza sia per i suoi normali bisogni di movimentazione sia per recarsi al lavoro di un cane guida che lo accompagna prima all'autobus che lo porta a Venezia, poi al traghetto e quindi al posto di lavoro. In tale situazione di invalidità appare estremamente ingiusto estrometterlo dalla casa coniugale posto che ciò gli creerebbe indiscutibili problemi di gestione della sua vita quotidiana richiedendosi un ragionevole periodo di ambientamento in una nuova casa ma soprattutto gli impedirebbe per un lunghissimo periodo di recarsi al lavoro autonomamente posto che il cane accompagnatore ha ormai appreso e memorizzato i percorsi da compiere per consentire al padrone di portarsi sul luogo di lavoro e, quindi, non sarebbe in grado di effettuare altri e non meglio prevedibili percorsi se non con un adeguato addestramento notoriamente di non breve durata. Per non considerare come la gestione dello stesso cane e dell'altro più vecchio del giustamente non ha ritenuto opportuno abbandonare, risulti nell'attuale abitazione abbastanza semplice stante la presenza del giardino che consente agli animali di soddisfare con semplicità i propri bisogni senza necessità di essere accompagnati fuori e come non sia né semplice né facile trovare un'abitazione al piano terra con giardino a prezzo ragionevole. In sostanza, a fronte di un interesse neppure ben allegato della minore, comunque riconducibile tutt'al più a mera difficoltà organizzativa, a restare nella casa coniugale e di altro preciso, concreto, apprezzabile e degno di tutela di un invalido di non vedere totalmente stravolta la sua vita e di continuare soprattutto a prestare la propria attività lavorativa che diversamente che gli consente di contribuire al mantenimento della minore la Corte ritiene di dare prevalenza a quest'ultimo, tanto più e ciò conferma che di fatto l'interesse della minore sia concretamente inconsistente che la reclamata sin dalle prime fasi del procedimento ha attribuito un prezzo a tale interesse dichiarandosi disposta a lasciare la casa dietro pagamento di una non modesta somma di danaro che il non ha inteso corrispondere. Il reclamo va perciò parzialmente accolto e la casa coniugale va assegnata al con termine di due mesi dalla comunicazione del provvedi mento per la per !asciarla libera. Nel contempo però tale decisione impone di adeguare l'assegno da versarsi dal per il mantenimento della figlia. Al riguardo va ribadito che il tribunale non ha attribuito assegni alla che non l’aveva richiesto, ma ha solo fissato in € 400,00 il contributo chiaramente destinato al mantenimento della figlia, oltre al 50% delle spese straordinarie. In considerazione della situazione economica complessiva delle parti e tenuto conto della richiesta della e dell'offerta del per vero non particolarmente distanti tra di loro e, che avrebbero permesso con un minimo di buon senso di definire bonariamente la questione e creare un'atmosfera più tranquilla attraverso cui costruire un civile rapporto tra i coniugi ed un, auspicabile, più sereno rapporto della minore con il padre la Corte ritiene conforme a giustizia e congruo, anche in onsiderazione della necessità di trovare altra adeguata casa soprattutto per la minore, porre a carico del reclamante il versamento, quale contributo al mantenimento della figlia, di € 1.000,00 omnicomprensivi a decorrere dal rilascio dell'immobile da rivalutarsi come previsto dal provvedimento impugnato. La particolarità della controversia e le raggiunte conclusioni fanno ritenere giusta la compensazione tra le parti delle spese del grado. P.Q.M. In parziale riforma del provvedimento impugnato, che nel resto conferma, assegna la casa coniugale a disponendo che la liberi entro due mesi dalla comunicazione del presente provvedimento. Fa carico al di versare alla entro i primi cinque giorni di ogni mese, a decorrere dal rilascio da parte della stessa dell'immobile, del la somma omnicomprensiva di € 1.000,00 da rivalutarsi come previsto dal provvedimento impugnato. Compensa tra le parti le spese del grado.