Tra il dire e il fare … ci sono di mezzo le dichiarazioni delle vittime

Non sono emersi elementi per dubitare della genuinità e della veridicità del racconto delle persone offese, quindi la condanna deve essere confermata in toto.

Questo è l’esito del giudizio della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, sentenza numero 7065 depositata il 13 febbraio 2013. La fattispecie. Un uomo veniva condannato per aver offerto alloggio a giovanissime coppie, anche in orario scolastico, per consentire loro di praticare sesso e fumare spinelli, il tutto finalizzato ad «indurre i ragazzi ad accettare una situazione di promiscuità sessuale, soggiacendo alle sue morbose, invadenti, sistematiche attenzioni sessuali». Solo consigli su come fare sesso? Contro la condanna l’uomo propone ricorso per cassazione, affermando di essersi limitato ad offrire a coppie di ragazzi la possibilità di frequentare la sua casa per potersi incontrare e fare sesso tra loro, senza aver mai costretto alcuna delle ragazze a compiere o subire atti sessuali, ma di aver dato “solo” dei semplici consigli spingendosi, al massimo, ad atti di autoerotismo. Nulla fa dubitare della veridicità delle dichiarazioni. Ma la Cassazione conferma la lettura degli elementi probatori fatta dai giudici di merito, che hanno espressamente citato il tenore delle «conversazioni intercettate e le dichiarazioni ritenute rilevanti in chiave accusatoria», evidenziando, inoltre, come non fossero emersi elementi per dubitare della «genuinità e della veridicità del racconto delle persone offese». Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso fa seguito quindi la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 dicembre 2012 – 13 febbraio 2013, numero 7065 Presidente Mannino – Relatore Sarno Osserva M.G.C. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Roma, in riforma di quella dei gip presso il tribunale di Civitavecchia in data 20 luglio 2011, assolveva l'imputato dal reato di cui all'articolo 56, 609bis cod. penumero in danno di D.R. capo f perché il fatto non costituisce reato e confermava nel resto d'impugnata sentenza rideterminando la pena inflitta. Il ricorrente era stato ritenuto responsabile in primo grado, oltre che per il reato in relazione al quale è successivamente intervenuta la sentenza assolutoria, anche per quelli di cui agli articoli 81, 609 quater del codice penale commessi ai danni delle minori degli anni 14 P.S. capo a e A G. capo b 609 bis del codice penale ai danni di R.M. capo d e P F. capo e 81 del codice penale, 73 e 80 d.p.r. 309/90 per avere ceduto a P.S. , Pi.Al. , e per avere offerto a Pa.Fe. , tutti minori degli anni 18, sostanza stupefacente tipo hashish o marijuana. Avverso la sentenza di primo grado, motivata sulla base di intercettazioni ambientali e video effettuate all'interno dell'abitazione dell'imputato, di quanto dichiarato dal fidanzato della P. , Pi.Al. , nonché dalle altre persone offese, il M. ha proposto appello sostenendo l'equivocità del contenuto delle intercettazioni, sostenendo che per quanto riguarda i fatti commessi ai danni di P.S. , lo stesso fidanzato di quest'ultima Pi.Al. avesse riferito che l'imputato era solito sdraiarsi sul letto accanto alla coppia di giovani e che perciò era in realtà a volte anche vittima delle reazioni della ragazza, che per quanto concerne i fatti commessi ai danni di G.A. le intercettazioni dimostravano esclusivamente i consigli di natura sessuale rivolti dall'imputato alla ragazza e al fidanzato che quanto ai fatti commessi ai danni di R.M. , tratta vasi di contatti meramente accidentali e di manifestazioni di affetto e per quanto riguarda la contestata attività di cessione di sostanza stupefacente ai minori frequentatori dell'abitazione si sarebbe trattato di un solo episodio citato dal Pi. il quale avrebbe anche ammesso di aver portato con sé nell'occasione la sostanza stupefacente nell'abitazione del M. all'insaputa di quest'ultimo. I giudici di appello, escludevano la responsabilità dell'imputato in relazione all'episodio in danno della D. assumendo che la richiesta di un bacio non poteva integrare l'ipotesi del reato contestato neanche nella forma del tentativo. Confermavano invece la condanna per gli altri episodi evidenziando che le dichiarazioni difensive dell'imputato erano smentite dal contenuto delle intercettazioni per i fatti in danno di P.S. e G.A. . La contestazione di cui al capo c concernente la cessione di stupefacenti veniva ritenuta anch'essa fondata in relazione al contenuto delle intercettazioni nonché delle dichiarazioni della Pa. alla quale era stato offerta la sostanza e del Pi. . Quanto ai fatti commessi ai danni della R. e della F. il giudizio di responsabilità si fondava sulle dichiarazioni delle stesse persone offese ritenute attendibili e credibili. Veniva anche esclusa la possibilità di configurare nella specie l'attenuante della minore gravità per l'articolo 609 bis e quater cod. penumero nonché quella dell'articolo 73 co. 5 DPR 309/90 in considerazione delle modalità del fatto consistite nell'offerta di alloggio a giovanissime coppie, anche in orario scolastico, per consentire loro di praticare sesso e fumare spinelli, il tutto finalizzato ad indurre i ragazzi ad accettare una situazione di promiscuità sessuale, soggiacendo alle sue morbose, invadenti sistematiche attenzioni sessuali. Deduce in questa sede il ricorrente la contraddittorietà ed illogicità della motivazione sulle responsabilità per i reati contestati, assumendo in particolare l'estraneità ad ogni forma di violenza nei confronti delle ragazze ed alla cessione di stupefacente nonché sul diniego della ipotesi attenuata per entrambe le tipologie di reato contestate. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Con il primo motivo di ricorso il M. , sottolinea espressamente di essersi limitato a favorire i rapporti tra coppie di ragazzi garantendo loro la possibilità di frequentare la sua casa per incontrarsi ed anche fare sesso tra di loro, di avere sicuramente dato in alcuni casi consigli spingendosi anche ad atti di autoerotismo ma di non avere mai costretto alcuna delle ragazze coinvolte a compiere o subire atti sessuali ed assume anche che la diversa ricostruzione operata dalla corte di merito è in realtà frutto di sostanziale travisamento del contenuto delle intercettazioni e delle dichiarazioni in atti. In relazione al capo a afferma che erroneamente sarebbero state ritenute prive di credibilità le ricostruzioni difensive avendo la stessa parte offesa dichiarato di avere frequentato la casa dell'imputato per stare con il proprio ragazzo e che non risultano documentati rapporti sessuali. Analoghe considerazioni vengono fatte per il capo b rilevandosi che anche in questo caso la parte offesa aveva dichiarato di avere frequentato la casa dell'imputato per stare con il proprio ragazzo. Per quanto concerne invece il capo c relativo alla cessione di hashish e marijuana, si evidenzia che nella perquisizione non è stato rinvenuto stupefacente né altri elementi indicativi dell'attività di spaccio quali ad esempio bustine, bilancini eccetera. Si afferma inoltre che la dichiarazione della Pa. sono sbrigative sulla canna e che potrebbero essere stati altri a portare lo stupefacente nella casa del M. . Per gli ultimi due capi di imputazione si afferma tra l'altro che l'ipotesi di accusa sarebbe fondata solo sulle dichiarazioni delle persone offese e si sottolinea la singolarità del fatto che nella valutazione sarebbero state ritenute inattendibili le deduzioni difensive ancorché corroborate dal contenuto delle intercettazioni mentre sarebbero state ritenute attendibili quelle delle persone offese benché prive di qualsiasi riscontro. Si aggiunge anche che la F. , non sembrerebbe nemmeno essere rimasta particolarmente toccata dall'episodio richiamato avendo sporto querela nei confronti dell'imputato solo a distanza di circa un anno dai fatti e solo perché convocata dagli investigatori. Ora, premesso che la corte di appello ha già esaminato tutte le doglianze proposte in questa sede ed ha confermato la lettura degli elementi probatori fatta dal primo giudice espressamente citando il tenore delle conversazioni intercettate e le dichiarazioni ritenute rilevanti in chiave accusatoria, evidenziando al contempo come non fossero emersi elementi per dubitare della genuinità e della veridicità del racconto delle persone offese, è agevole rilevare che vengono sostanzialmente riproposte in questa sede le medesime censure per le quali vi è già stata adeguata risposta nelle fasi di merito. Correttamente valutando il materiale probatorio i giudici di merito hanno peraltro escluso, con motivazione logica e congruente, la possibilità di letture alternative degli elementi di prova nel senso prospettato dalla difesa ritenendola non supportata da alcun riscontro. Né è ravvisabile alcun profilo di incoerenza motivazionale nella valorizzazione delle sole dichiarazioni delle persone offese per quanto concerne in particolare i capi d ed e posto che non solo i giudici di appello hanno fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte sul valore probatorio di esse ma, come sin qui detto, hanno escluso la possibilità di diversa lettura degli atti in mancanza di riscontri rispetto a quanto affermato dal ricorrente. Ed è pacifico che una volta soddisfatta la fondamentale esigenza dell'imputato di far valere una diversa lettura dei fatti prospettati dall'accusa, sia per quel che concerne il loro accertamento sia in ordine al loro apprezzamento, ove il giudice, esaminate le risultanze processuali, abbia evidenziato, attraverso adeguata e logica motivazione, quali circostanze storiche e quali elementi logici si sono dimostrati determinanti per la formazione del suo convincimento, in modo che sia chiaro l'iter logico seguito per addivenire alla decisione adottata e questa non lasci spazio per altra valida alternativa, anche con riguardo a quelle deduzioni difensive con le quali si prospetti una diversa ricostruzione e valutazione del fatto, tale decisione non può essere investita dalla censura di mancanza o di contraddittorietà della motivazione ovvero di omesso esame di circostanze decisive ai fini del giudizio o di travisamento del fatto. Né in sede di legittimità è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata Sez. 2, Sentenza numero 29434 del 19/05/2004 Rv. 229220 . Correttamente escluse appaiono anche le ipotesi della minore gravità in relazione ai reati di natura sessuale contestati e l'attenuante di cui al comma 5 del reato di cui all'articolo 73 d.p.r. 309/90 in relazione alle motivazioni addotte, né in questa sede è possibile operare valutazioni sul merito delle considerazioni svolte dal giudice di appello. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.