Confermata definitivamente la scelta dell’adottabilità per una bambina. Ma, nonostante le rimostranze dei due genitori, il problema non è rappresentato dalla loro età avanzata, bensì dalla loro assoluta incapacità di rapportarsi adeguatamente alle esigenze della bambina.
Fino a quale età si può pensare seriamente di poter diventare genitori? Per rispondere non può bastare il richiamo all’evoluzione della scienza – pensiamo, ad esempio, alla fecondazione assistita –, serve, piuttosto, prendere in considerazione, caso per caso, la capacità e la consapevolezza dei ruoli di padre e di madre. Ciò perché la possibilità di essere buoni genitori non dipende certo dalla carta d’identità Cassazione, sentenza numero 25213, Prima sezione Civile, depositata oggi Padre in pensione. All’attenzione dei giudici della Cassazione la delicatissima vicenda di una coppia – parecchio in là con gli anni lui è diventato padre all’età di 70 anni e lei è diventata madre all’età di 57 anni –, e della loro figlia minore nodo da sciogliere è quello relativo alla «adottabilità» della bambina. Su questo punto, per la verità, nessun dubbio hanno espresso i giudici del Tribunale e della Corte d’Appello sancita la «adottabilità» della bambina, con «immediata collocazione in famiglia affidataria, avente i requisiti per una futura eventuale adozione». Solo questa l’unico strumento possibile, secondo i giudici, per tutelare il benessere e lo sviluppo della bambina Piccata la replica dei due genitori, che contestano duramente la decisione della Corte d’Appello, sostenendo che essa è motivata unicamente con un pregiudizio, legato alla loro «età avanzata», trascurando completamente «il diritto» della bambina «di vivere e crescere nella propria famiglia». Figlio über alles. Ma le fondamenta della contestazione mossa dai due genitori si rivelano assai fragili, per la semplice ragione che i giudici della Cassazione, rigettando il loro ricorso, evidenziano come la linea di pensiero seguita in primo e in secondo grado sia assolutamente scevra da ogni pregiudizio. Per essere più chiari, dai giudici del ‘Palazzaccio’ arriva la sottolineatura – assai importante – che «l’età dei genitori la bambina è nata a seguito di fecondazione assistita, quando i coniugi erano in età avanzata 70 anni il padre, 57 la madre non riveste rilevanza alcuna, ai fini della valutazione di mancanza di assistenza, presupposto dell’abbandono e della conseguente pronuncia di adottabilità». Ciò che, invece, è fondamentale, proprio come in questa vicenda, è la presa d’atto di «una situazione di mancanza di assistenza e dunque di abbandono da parte dei genitori», situazione che deve spingere a prevenire le «conseguenze del comportamento» omissivo del genitore, evitando così che «la situazione familiare» possa «compromettere in modo grave e irreversibile lo sviluppo psico-fisico della personalità del fanciullo». Unica soluzione, in questa ottica, è la scelta dell’«adozione». Ma, ribadiscono i giudici, il ricorso all’adottabilità è legato, in questa vicenda, non alla «età avanzata dei genitori» della bambina, bensì alle «inadeguatezze» da loro mostrate rispetto «alle esigenze di sviluppo della minore», inadeguatezze che «potrebbero essere tali anche in soggetti di assai più giovane età». Su questo piano, evidenziano ancora i giudici, in conclusione, uomo e donna hanno manifestato clamorose lacune per quanto riguarda lui, «il suo desiderio di paternità sembra soprattutto espressione di adeguamento ai desideri della moglie, piuttosto che una sua scelta personale e totalmente condivisa l’immaginario relativo al ruolo di padre appare particolarmente povero e legato a stereotipi vi è una totale sottovalutazione delle problematicità e delle difficoltà di crescita di un minore palesi difficoltà relativamente alla comprensione dei bisogni attuali della bambina» per quanto riguarda lei, «la nascita della bambina si configura coma la realizzazione di un processo narcisistico e limita la sua possibilità di percepire la figlia come elemento reale di ‘investimento affettivo’ si altera così il contatto necessario per comprendere i bisogni della bambina il mondo esterno è visto come una proiezione dei propri desideri e bisogni, indipendentemente dalla realtà». Complessivamente, quindi, emerge «una modalità particolarmente distonica dei genitori di rapportarsi con la bambina e di instaurare un rapporto con essa» ecco perché è legittima, quasi doverosa – per il bene della bambina – la scelta di ricorrere all’adozione.
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 settembre – 8 novembre 2013, numero 25213 Presidente Carnevale – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo A seguito di espletamento di consulenza tecnica di ufficio, con sentenza in data 16/08/2011, il Tribunale per i Minorenni di Torino dichiarava l'adottabilità della minore D.R., disponendone l'immediata collocazione in famiglia affidataria, avente i requisiti per una futura eventuale adozione, e autorizzando i genitori ad incontrare la minore stessa, in condizioni protette. Proponevano appello D.L. e C.G., genitori della minore. Costituitosi il contraddittorio, tutore e curatore speciale della minore chiedevano la conferma della sentenza impugnata. Veniva sentita a chiarimenti la consulente in primo grado, e successivamente rinnovata la consulenza tecnica, affidata ad una psicologa e ad uno psichiatra. La Corte d'Appello di Torino, con sentenza in data 22/10/2012, confermava la sentenza impugnata. Ricorrono per cassazione i genitori della minore. Resiste con controricorso il curatore speciale. I ricorrenti hanno depositato memoria per l'udienza. Motivi della decisione Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell'articolo 1 l. 184/83, affermando che il minore ha diritto di vivere e crescere nella propria famiglia di origine e che l'età avanzata dei genitori non è elemento di cui si debba tener conto ai fini della pronuncia sull'abbandono. Con il secondo, violazione dell'articolo 8 L. 184/83 ritenendosi illegittima la sentenza fondata su enunciazioni generiche e senza riferimenti specifici al presupposto dell'abbandono. Con il terzo, vizio di motivazione, con riguardo alla valutazione di varie risultanze istruttorie emerse nel giudizio. Va innanzi tutto premesso che la disciplina dell'adozione di minori, fin dalla originaria Legge del 1967, confermata da quella oggi vigente del 1983 e dalle sue successive modifiche, ha sempre considerato l'esclusivo interesse del minore, preminente su ogni altra posizione, ivi comprese le aspirazioni dei genitori di origine, pur talora umanamente comprensibili. Quanto all'articolo 8 L. 184 del 1983, esso, definendo l'abbandono di minore, come privazione di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi , costituisce sostanzialmente una norma in bianco, nella quale peraltro la giurisprudenza e segnatamente quella di questa Corte è pervenuta a risultati sostanzialmente univoci per tutte, Cass. numero 21917 del 2006 . Soccorre, in tal senso, il richiama ai principi costituzionali l'articolo 30 Cost. indica l'obbligo prima ancora che il diritto dei genitori di educare, istruire, mantenere i figli, e il principio costituzionale trova riscontro nell'articolo 14 c.c., là dove si precisa che i genitori hanno il dovere di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni dei figli. È necessario da un lato trasmettere al minore, con l'educazione e l'istruzione, i valori necessari per fargli progressivamente acquistare le capacità e posizioni proprie di ogni membro della collettività a svolgere tale alta e delicatissima funzione la famiglia non è lasciata sola, vi, sono altri soggetti istituzionali ad es. la scuola essa ha comunque un ruolo preminente ed insostituibile. Ma è pure indispensabile provvedere anche finanziariamente al soddisfacimento dei bisogni del minore e alle sue esigenze di crescita si tratta evidentemente di un compito assai complesso ed articolato, ben più ampio di quella minima prestazione di cure che serve a mantenere in vita il soggetto. È evidente peraltro che non ogni irregolarità o ritardo nell'adempimento dei doveri genitoriali potrebbe dar luogo ad adozione varie possono essere le misure previste, da quelle amministrative di aiuto e sostegno alla famiglia, all'affidamento familiare, dalla decadenza o limitazione della potestà, con o senza allontanamento del minore o del genitore, fino all'adozione legittimante. Ma allora le diverse formule generali che sembrano indicare situazioni qualitativamente diverse difficoltà temporanee della famiglia di origine, o - ciò che è lo stesso - privazione temporanea di un ambiente familiare idoneo, comportamento del genitore pregiudizievole al figlio, violazione o trascuratezza dei doveri inerenti alla potestà ovvero abuso dei relativi poteri, con grave pregiudizio del figlio, mancanza di assistenza morale e materiale sono soltanto indici di un più o meno grave o magari gravissimo inadempimento dei doveri educativi dei genitori. E va precisato che solo all'interesse del minore deve farsi comunque riferimento non si sanziona il comportamento del genitore, ma ci si deve preoccupare esclusivamente di eliminare le conseguenze che tale comportamento determina o potrebbe determinare sullo sviluppo della personalità del fanciullo. Va peraltro osservato che rispetto ad altre misure l'adozione comporta la conseguenza più grave, lo scioglimento di ogni legame con la famiglia di origine. Qual è dunque, per così dire, il punto di rottura, al di là del quale si procede necessariamente all'adozione? Ed è possibile individuarlo con sicurezza sempre e comunque? Non tanto e non solo ai comportamenti del genitore, ma alle conseguenze sulla personalità del minore dovrebbe farsi riferimento, e dunque, ove la situazione familiare fosse tale da compromettere in modo grave e irreversibile lo sviluppo psico-fisico della personalità del fanciullo, si dovrebbe far luogo ad adozione. Non alla figura di un minore astratto, né a tutti i minori di quell'età o di quell'ambiente sociale ci si dovrà peraltro richiamare, ma a quel minore particolare, con la sua storia, il suo vissuto , le sue caratteristiche fisiche e psicologiche, la sua età, il suo grado di sviluppo ma allora, in tal senso, la questione, talora dibattuta, se di sviluppo normale od ottimale debba trattarsi, non ha più senso è lo sviluppo riferito a quel minore precisamente individuato. L'esigenza è dunque sempre la medesima garantire una crescita armonica e compiuta del fanciullo. L'adozione, come si diceva, si distingue nettamente dalle altre figure perché presuppone una situazione grave ed irreversibile laddove il giudizio di gravità ed irreversibilità va fatto - lo si ribadisce - con riferimento alla posizione del singolo minore Tra le altre, Cass. numero 16795 del 2009 . Quanto all'articolo 1 L. numero 184, esso introduce una generale enunciazione di principio, per cui il minore ha diritto di crescere ed essere educato nella propria famiglia. Non è tuttavia accettabile un'interpretazione del principio in senso assoluto il minore dovrebbe essere educato sempre e comunque nella famiglia di origine ciò che contraddirebbe il contenuto stesso della L. numero 184 e i principi costîtuzionali l'articolo 30, comma 2, Cost. precisa che, anche in caso di incapacità dei genitori, devono essere comunque assicurati i compiti di educazione, mantenimento, istruzione dei figli . Il significato dell'enunciazione che apre la legge numero 184, anche alla luce dei commi successivi dell'articolo 1 per cui sono disposti a favore della famiglia interventi di sostegno ed aiuto, al fine di prevenire situazioni di abbandono è ben diverso il minore ha diritto ad essere educato nella propria famiglia di origine finché ciò sia possibile, ed è pertanto necessario individuare tutti gli strumenti di aiuto e sostegno ad esso, seguendo del resto le indicazioni dell'articolo 31 Cost., perché essa possa assolvere ai suoi compiti educativi ma quando questo programma non ottenga l'effetto sperato, si farà luogo all'adozione, sciogliendo ogni legame con la famiglia di origine. Cass. numero 1108 del 2010 . Da quanto finora osservato, emerge necessariamente che l'età dei genitori la bambina è nata nel 2010, a seguito di fecondazione assistita, quando i coniugi erano in età avanzata settanta, il padre, cinquantasette, la madre non riveste rilevanza alcuna, ai fini della valutazione di mancanza di assistenza, presupposto dell'abbandono e della conseguente pronuncia di adottabilità. Non si può evidentemente confondere l'accertamento di tale situazione con la valutazione, una volta accertato l'abbandono, della maggior idoneità dei coniugi richiedenti l'adozione nell'ambito della successiva fase processuale dell 'abbinamento , in considerazione, per di più, del ricordato articolo 1, Legge numero 184, ove comunque si precisa che il minore ha diritto a vivere e crescere nell'ambito della propria famiglia, seppur nell'interpretazione che si è sopra indicata potrà rilevare invece l'elemento dell'età, nella fase suindicata, nel raffronto tra i coniugi richiedenti stante, tra l'altro, la sproporzione tra minori in effettivo abbandono in Italia e le coppie richiedenti, appunto, assai più numerose , ma non, come si diceva, con riferimento ai genitori di origine. Va peraltro osservato che pure la stessa sentenza impugnata afferma, in sostanza, i principi suindicati. Il giudice a quo, con motivazione adeguata e non illogica, evidenzia una situazione di mancanza di assistenza e dunque di abbandono da parte dei genitori, fondata su presunzioni precise e concordanti il bambino non può essere sottoposto a rischi traumatici diretti ad incidere in modo grave e definitivo sul suo sviluppo tra le altre, Cass. numero 17198 del 2003 . La valutazione di fatto, effettuata dal giudice di merito, se, come nella specie, sorretta da motivazione approfondita ed articolata, non è suscettibile di controllo in questa sede Cass. numero 7961 del 2010 . Così le risultanze di una consulenza tecnica sono, ancora una volta, oggetto di valutazione da parte del giudice di merito, senza possibilità alcuna di controllo da parte della Corte di legittimità, se sussista, appunto, motivazione adeguata ed assenza di errori di diritto in generale, Cass. numero 5375 del 2013 . Individua appunto la sentenza impugnata una grave ed irreversibile inadeguatezza dei genitori, in relazione alle esigenze di sviluppo della minore, che finisce per configurarsi come mancanza di assistenza, giustificante la dichiarazione di adottabilità. Ciò - è necessario ribadirlo - del tutto indipendentemente dall'età dei genitori le inadeguatezze riscontrate potrebbero essere tali, anche in soggetti di assai più giovane età. La sentenza impugnata prende le mosse da un episodio di abbandono della bambina come precisa il giudice a quo, essa fu trovata dai vicini nell'auto posteggiata sotto casa, mentre stava piangendo questi bussarono alla porta dell'abitazione, venne ad aprire il padre, il quale affermò che la situazione era sotto controllo la piccola era in auto, ed egli stava raggiungendola per andare ad incontrare la madre che era presso una amica, tutti insieme sarebbero tornati a casa . Riguardo a tale episodio - è la stessa Corte di merito in sostanza ad affermarlo - non tanto o soltanto viene in considerazione il fatto in se stesso pur grave aver lasciato in automobile in orario quasi notturno una bambina nata di un mese e diciotto giorni, per una durata non istantanea, ma di una certa estensione , quanto il comportamento di genitori, caratterizzato da grave mancanza di attenzione nei confronti della bambina, da notevolissima sottovalutazione delle sue esigenze, essendo i genitori soltanto preoccupati di giustificarsi il padre in tale occasione, ed entrambi i genitori successivamente rispetto ai terzi. I ricorrenti, nella memoria difensiva, producono, al riguardo, una sentenza penale di assoluzione dal reato di cui all'articolo 591 c.p. documento che non è ricevibile nel giudizio davanti a questa Corte, ai sensi dell'articolo 372 c.p.c. è soltanto possibile la produzione di documenti che riguardino la nullità della sentenza impugnata o l'ammissibilità del ricorso o del controricorso. Dal contesto motivazionale della memoria, emerge comunque che si tratta di un'assoluzione per mancanza di dolo, ciò che non esclude certo la sussistenza di una colpa. Il giudice a quo non considera peraltro decisivo, esclusivamente, come sembrano affermare i ricorrenti, tale episodio, oggetto di considerazione insieme ad altri elementi. La sentenza impugnata si diffonde sulla valutazione di entrambi i genitori, effettuata dalla consulenza tecnica di secondo grado che, seppur con qualche differenza, conferma una valutazione estremamente negativa dei genitori. Quanto al padre, le capacità cognitive sono risultate nella norma e il livello intellettivo non è interessato da processi di deterioramento legati all'età il suo desiderio di paternità sembra comunque soprattutto espressione di adeguamento ai desideri della moglie, piuttosto che una sua scelta personale e totalmente condivisa l'immaginario relativo al ruolo di padre appare particolarmente povero e legato a stereotipi nessuna preoccupazione o paura di incertezze è presente vi è una totale sottovalutazione delle problematicità e delle difficoltà di crescita di un minore palesi sono le difficoltà relativamente alla comprensione dei bisogni attuali della bambina in conclusione una totale incapacità di rapportarsi concretamente all'esperienza della genitorialità. Quanto alla madre - continua il giudice a quo, ancora richiamando le risultanze della CTU essa pure appare adeguata nel rispondere alle domande, e sono assenti segni di disturbo psichiatrico clinicamente significativo vi è tuttavia una costante negazione di qualsiasi problema, che porta a vedere tutti gli interventi di terzi, preoccupati per la sua bambina, come interventi non motivati, inutili e dettati solamente dal pregiudizio per l'età, ciò in contrasto stridente con i dati della realtà la nascita della bambina si configura, per la madre, come la realizzazione di un processo narcisistico e limita la sua possibilità di percepire la figlia come elemento reale di investimento affettivo , si alterano così in modo grave e profondo il contatto necessario per comprendere i bisogni della bambina il mondo esterno visto come una proiezione dei propri desideri a bisogni, indipendentemente da un esame obbiettivo della realtà. In conclusione, si evidenzia una modalità particolarmente distonica dei genitori di rapportarsi con la bambina e di instaurare un rapporto con essa, ciò che si è ampiamente riscontrato - così precisa ancora la sentenza - anche negli incontri protetti . Quanto agli zii della minore, il fratello e la cognata della madre, essi sono stati sentiti dal giudice ed esaminati dai consulenti tecnici ed hanno affermato - come precisa la sentenza impugnata - una disponibilità assai limitata e circoscritta. Conclusivamente, la Corte territoriale afferma la sussistenza di una situazione di abbandono, escludendo ogni possibilità del rientro della minore in famiglia. Come si diceva, a fronte di una sentenza, caratterizzata da una motivazione ampia ed approfondita, adeguata e non illogica, immune da errori di diritto, questa Corte non può evidentemente effettuare ulteriori controlli, come in sostanza richiedono i ricorrenti, che atterrebbero necessariamente al merito della controversia. Sulla base di quanto finora osservato,vanno rigettati, in quanto infondati, i motivi del ricorso e, conseguentemente, il ricorso stesso. Sussistono giusti motivi, stante la natura della causa e la posizione delle parti, per dichiarare compensate le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso dichiara compensate le spese di giudizio tra le parti.