Eliminato in radice l’oggetto del contrasto vista l'incostituzionalità, dichiarata ex tunc, dell'articolo 274 c.c. inutile qualsiasi decisione giudiziale.
Il caso. Due gemelli avevano chiesto al Tribunale di dichiarare ammissibile ai sensi dell'articolo 274 c.c. l'azione di accertamento della paternità naturale nei confronti di un uomo, adducendo che all'epoca del loro concepimento questi aveva intrattenuto una relazione affettiva con la loro madre. Il ricorso veniva dichiarato ammissibile dai giudici di merito, ma il presunto padre propone ricorso per cassazione. È stata applicata una norma dichiarata incostituzionale Il ricorrente denuncia l'abnormità del decreto impugnato per avere la Corte d'appello fatto applicazione del disposto dell'articolo 274 c.c., norma dichiarata incostituzionale già all'epoca della decisione Corte Costituzionale numero 50/2006 . I resistenti, dal canto loro, deducono l'inammissibilità del ricorso, non sussistendo l'interesse del ricorrente ad ottenere la declaratoria di cessazione della materia del contendere, sulla quale insiste nelle sue difese. espunta dall’ordinamento con effetto ex tunc. La norma in questione – chiarisce la Cassazione con la sentenza numero 1238 depositata il 18 gennaio - «è stata espunta dall'ordinamento con effetto ex tunc» e, di conseguenza, non è applicabile neppure nei casi in cui la controversia sia sorta in epoca precedente alla pubblicazione della pronunzia. È inutile, quindi, porre un distinguo tra fattispecie precedenti o successive alla declaratoria d'incostituzionalità, visto che, in ogni caso, l'attività svoltasi sulla base di quella norma è illegittima, «con l'unico limite dei rapporti ormai esauriti in modo definitivo, in relazione a fattispecie in cui si sia già verificato l'effetto preclusivo del decreto di inammissibilità del ricorso proposto ex articolo 274 c.c., divenuto definitivo per non essere stato impugnato» Cass. numero 5051/2007 e numero 1739/2009 . Pertanto, nella specie, il ricorso viene dichiarato inammissibile in quanto «resta eliminato in radice l’oggetto del contrasto tra le parti, con il conseguente venir meno della necessità di qualsiasi decisione giudiziale e conseguente perdita d'efficacia dei provvedimenti emessi in relazione al detto procedimento preliminare» Cass. numero 15981/2006 .
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 novembre 2012 – 18 gennaio 2013, numero 1238 Presidente Luccioli – Relatore Cultrera Svolgimento del processo Con ricorso del 24.1.2003 i gemelli V.M. e G. L. chiesero al Tribunale di Locri di dichiarare ammissibile ai sensi dell'articolo 274 c.c. l'azione di accertamento della paternità naturale nei confronti di F.C., adducendo che all'epoca del loro concepimento questi aveva intrattenuto una relazione affettiva con la loro madre I. L Il Tribunale adito dichiarò ammissibile il ricorso con decreto depositato il 10 aprile 2003, che la Corte d'appello di Reggio Calabria, innanzi alla quale il C. propose reclamo, ha confermato con decreto depositato il 12 giugno 2008. Per la cassazione di tale decreto ricorre, ex articolo 111 Cost., comma 7, il C. sulla base di un solo articolato motivo, illustrato con memoria. Resistono gli intimati con controricorso. Motivi della decisione Con unico motivo il ricorrente denuncia l'abnormità del decreto impugnato per aver la Corte d'appello di Reggio Calabria fatto applicazione del disposto dell'articolo 274 c.c., norma già all'epoca della decisione dichiarata incostituzionale con precedente sentenza della Corte delle leggi del 10 febbraio 2006. I resistenti deducono l'inammissibilità del ricorso, non sussistendo l'interesse del ricorrente ad ottenere la declaratoria di cessazione della materia del contendere, sulla quale insiste nelle sue difese. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 50 del 2006 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 274 c.c., e perciò del procedimento volto ad accertare l'ammissibilità dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, l'anzidetta disposizione normativa, invalida ab origine per la sua contrarietà al dettato costituzionale, è stata espunta dall'ordinamento con effetto ex tunc e non è applicabile neppure nei casi in cui la controversia sia sorta in epoca precedente alla pubblicazione della pronunzia. Di qui l'inutilità di porre un distinguo tra fattispecie precedenti o successive alla declaratoria d'incostituzionalità, atteso che, in ogni caso, l'attività svoltasi sulla base di quella norma è illegittima, con l'unico limite dei rapporti ormai esauriti in modo definitiva, in relazione a fattispecie in cui si sia già verificato l'effetto preclusivo del decreto di inammissibilità del ricorso proposto ex articolo 274 c.c., divenuto definitivo per non essere stato impugnato Cass. 2004/113 2006/15981 2007/5051, 2009/1739 . Nella specie, la Corte del merito ha statuito con decreto del 12 giugno 2008 applicando il disposto dell'articolo 274 c.c. che, a quella data già dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza citata numero 50 del 2006, non si applicava al giudizio in corso. Ne discende la palese carenza di interesse del ricorrente ad ottenere pronuncia di nullità dell'impugnato decreto dal momento che l'azione nei suoi confronti introdotta dai fratelli L. per la dichiarazione della paternità naturale può e già alla data del decreto impugnato poteva essere proposta direttamente secondo le regole ordinarie, sì che resta eliminato in radice l’oggetto del contrasto tra le parti, con il conseguente venir meno della necessità di qualsiasi decisione giudiziale e conseguente perdita d'efficacia dei provvedimenti emessi in relazione al detto procedimento preliminare Cass. citata numero 15981/2006 . Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo. Si rigetta altresì la domanda dei resistenti di condanna di controparte al sensi dell'articolo 961 comma 1 c.p.c. non ravvisandosi gli estremi della colpa aggravata del ricorrente. P.Q.M. La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento in favore dei resistenti delle spese del presente giudizio liquidandole nella misura complessiva di € 2.700,00 di cui € 2.500,00 per il compenso, oltre accessori di legge.