L’aspirante avvocato deve essere messo in grado di comprendere quali passaggi delle proprie argomentazioni siano stati ritenuti adeguati e quali invece criticati o giudicati erronei.
La vicenda processuale. Nel mese di Agosto gli avv.ti Antonella Mascaro e Luigi Ciambrone, del foro libero di Catanzaro, interponevano ricorso avverso il verbale di correzione delle prove scritte del 27 marzo 2014 della I Sottocommissione di esami di Firenze con le relative valutazioni alfanumeriche adottate dalla Commissione di Esami di Firenze relative alla sessione 2013 degli esami di avvocato per cui il candidato non è stato ammesso alle prove orali. Si ponevano diverse censure nonché una questione di legittimità costituzionale delle norme impugnate laddove non prevedevano l'annotazione di una pur sommaria motivazione a margine dell'elaborato ritenuto insufficiente a cura del solo componente dissenziente della Commissione Giudicatrice di Firenze. Si è sostenuto, nell'articolato motivo di ricorso che la mancanza di motivazione del «voto numerico» dei provvedimenti di non ammissione alle prove orali dei candidati partecipanti agli esami di abilitazione alla professione forense comporterebbe un difetto di trasparenza in contrasto con il principio di imparzialità che postula la conoscibilità e pubblicità delle scelte amministrative anche tecniche (articolo 97 Cost.), nonché con il principio di uguaglianza e di pari dignità di tutti i cittadini di fronte all’esercizio del potere amministrativo (articolo 3 Cost.). “Braccio di ferro” fra TAR e Consiglio di Stato. Da anni (sin dal 2005) si contrappongono, com’è noto, due visioni diverse sull’autosufficienza o meno del voto alfanumerico in materia di esami di avvocati. A una visione innovativa sostenuta in via maggioritaria dagli On.li Tribunali Amministrativi Regionali (tendente a sentenziare l’insufficienza del solo voto con previsione di una sommaria motivazione) si contrappone una visione conservatrice dell’On.le Consiglio di Stato che, nella sua Sezione IV, ha più volte frustato le decisioni territoriali in esame precisando che «in base al suddetto indirizzo giurisprudenziale, la motivazione espressa numericamente rappresenterebbe in sé una “motivazione sintetica”, idonea a rendere palese la valutazione compiuta dalla commissione, esternata attraverso la graduazione del voto e la omogeneità del giudizio attribuito all’elaborato dai suoi componenti in base a criteri predeterminati». Nel “braccio di ferro” fra TAR e Consiglio di Stato si sono sempre ritrovati in mezzo candidati che hanno invocato e sostenuto la tesi innovatrice che possiamo sintetizzare in questo passo motivazionale del TAR Liguria, Sez. I, del 14 ottobre 2010 «Rilevato che la mancanza di correzioni o glosse e, soprattutto, l’assoluta identità del voto – finanche nelle valutazioni espresse su ogni singolo elaborato da ciascun commissario – conseguito in tre distinte e differenti prove, costituiscono spie dell’eccesso di potere, sotto il profilo della carenza di istruttoria». Com’è noto il punteggio espresso deve trovare specifici parametri di riferimento nei criteri di valutazione contemplati nell’articolo 22, comma 9, del regio decreto-legge n. 1578/1933 (Ordinamento della professione di avvocato), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 36/1934; ed è soggetto a controllo da parte del giudice amministrativo che, pur non potendo sostituire il proprio giudizio a quello della commissione esaminatrice, può tuttavia sindacarlo, nei casi in cui sussistano elementi in grado di porre in evidenza vizi logici, errori di fatto o profili di contraddizione ictu oculi rilevabili, previo accesso agli atti del procedimento. Ovviamente non si disconosce la Sentenza n. 175/2011 della Corte Costituzionale (confermativa della decisione n. 20/2009) con cui, sostanzialmente, si è sentenziato «si al voto numerico perché non c’è il tempo per fare di meglio». Oggi, però, il Tar Calabria, Sezione Seconda (Rel. dr. Nicola Durante), nell'accogliere l'incidente cautelare di sospensione, con ordinanza del 03.09.2014 depositata in data odierna, ha affermato, fra l'altro, «la sopravvenienza di cui all’articolo 46 permette di fondare un’interpretazione evolutiva costituzionalmente orientata della regola». Considerato che in tal senso può condividersi l’assunto in base al quale «con la riforma dell’ordinamento forense è stato quindi recepito il principio generale di origine comunitaria secondo cui l’accesso a una professione regolamentata deve essere subordinato a condizioni chiare e inequivocabili (articolo 15, comma 1-d, d.lgs. n. 59/2010). Il possesso di un’adeguata preparazione teorico-pratica è certamente una condizione chiara e inequivocabile, ma perché la norma raggiunga il suo effetto le medesime caratteristiche devono essere presenti nel provvedimento che accerta la mancanza di preparazione e nega l’accesso alla professione. L’articolo 46, comma 5, legge n. 247/2012, evidentemente per non rendere troppo gravoso il lavoro di correzione, prevede un obbligo di motivazione attenuato, in quanto non esige un vero e proprio giudizio analitico, ma richiede che il voto trovi giustificazione nelle annotazioni a margine degli elaborati (correzione parlante). In altri termini, l’aspirante avvocato deve essere messo in grado di comprendere quali passaggi delle proprie argomentazioni siano stati ritenuti adeguati e quali invece criticati o giudicati erronei». Il TAR calabrese ha poi chiuso la parte motivazionale del provvedimento: «Ritenuto sussistere, alla luce di quanto sopra, una ragionevole previsione circa l’esito positivo del ricorso e ravvisato l’allegato pregiudizio grave e irreparabile, con conseguente accoglimento della domanda cautelare, limitatamente all’obbligo dell’amministrazione di provvedere, nel rispetto dell’anonimato, alla motivata ripetizione della valutazione degli elaborati di parte ricorrente non aventi giudizio positivo, entro giorni cinquanta dalla notifica a cura di parte della presente ordinanza, apponendo le eventuali annotazioni, precisando che tali adempimenti non sono finalizzati a giustificare a posteriori il voto espresso, ma a rinnovare motivatamente la valutazione e dunque l’esito della correzione rimane aperto, come pure il giudizio finale sull’ammissione agli orali». In altre parole, il TAR Calabria Sez. II ha “anticipato”, legittimando la correzione parlante, l'entrata in vigore della legge 247/2012 che prevede, com’è noto, l'obbligo di annotazione a margine degli elaborati a far data dalla sessione esami 2015, attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata. Negli anni, nella materia in esame, abbiamo assistito come legali, a un’altalenante disputa in dottrina e in giurisprudenza circa la necessità o meno di motivare le decisioni alla base di un provvedimento amministrativo. Interesse alla celerità dell’atto rispetto alle motivazioni. Nel bilanciamento degli opposti interessi in gioco attinenti da una parte ai principi della trasparenza e dall’altra della celerità del provvedimento, si è a volte ritenuto prevalente, soprattutto in materia di esami professionali come quelli di Avvocato, l’interesse alla celerità dell’atto rispetto alle motivazioni che ne erano alla base. Lo stesso TAR Calabria, Sezione I, aveva nel recente passato, tra i primi accolto una visione innovativa proposta. In particolare si fa riferimento all’ordinanza, Sez. I, n. 539/2005 con ordinanza confermativa del Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 6212/06 a seguito del ricorso presentato dagli scriventi per una candidata agli esami di avvocato non ammessa agli orali per la sessione anno 2004 (con articolo pubblicato su questa rivista il 28.09.2005 e il 13.01.2006). Ora si afferma, finalmente, la necessità a che il candidato conosca le ragioni per cui il suo elaborato è stato giudicato insufficiente. C’è da chiedersi però se i criteri indicati hanno la medesima valenza. L’assenza di un solo dei requisiti determina l’automatica insufficienza o solo in assenza di più di un requisito è previsto l’abbassamento del voto? In quali ipotesi è possibile attribuire un voto pari o inferiore al cinque? Che cosa determina l’eccellenza rispetto alla sufficienza? Questi e altri sono i problemi di valutazione che sono venuti all’attenzione dell’odierno giudice amministrativo calabrese che ha così deciso: «la commissione esaminatrice per l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato non ha definito i concreti elementi di collegamento tra gli stessi ed il punteggio numerico attribuibile, donde quest’ultimo non è in grado di apparire da solo sufficiente alla esternazione motivazionale, in mancanza della specificazione, in termini letterali, delle concrete modalità di attribuzione del punteggio in relazione ai criteri predeterminati ed alla loro osservanza. Tale modus operandi , invero, oltre ad impedire al candidato un’idonea difesa delle proprie ragioni dinanzi al giudice – seppure nei limiti del sindacato che questi può esercitare sulla valutazione di merito espressa sulle prove di esame –, argomentando, ad esempio, su palesi vizi logici o giuridici in cui questa potrebbe essere incorsa nella correzione, impedisce al candidato di avere effettiva contezza degli asseriti errori in cui è incorso, conoscenza che potrebbe impedirgli di reiterarli in un successivo esame cui volesse partecipare». Una ordinanza di accoglimento del TAR calabrese che segna un passaggio importante di civiltà giuridica e la nascita di una nuova primavera!
TAR Calabria sede di Catanzaro, sez. II, ordinanza 3 – 4 settembre 2014, n. 404 Presidente Schillaci – Estensore Durante Fatto e diritto Ritenuto che, anche alla luce dell’orientamento seguito in materia da questa Sezione (da ultimo, cfr. sentenze n. 594 del 2014 e n. 1194 del 2014), sembra pertinente la censura di difetto di motivazione, tenuto conto del fatto che, nella predeterminazione dei criteri di correzione, la commissione esaminatrice per l’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato non ha definito i concreti elementi di collegamento tra gli stessi ed il punteggio numerico attribuibile, donde quest’ultimo non è in grado di apparire da solo sufficiente alla esternazione motivazionale, in mancanza della specificazione, in termini letterali, delle concrete modalità di attribuzione del punteggio in relazione ai criteri predeterminati ed alla loro osservanza. Tale modus operandi, invero, oltre ad impedire al candidato un’idonea difesa delle proprie ragioni dinanzi al giudice – seppure nei limiti del sindacato che questi può esercitare sulla valutazione di merito espressa sulle prove di esame –, argomentando, ad esempio, su palesi vizi logici o giuridici in cui questa potrebbe essere incorsa nella correzione, impedisce al candidato di avere effettiva contezza degli asseriti errori in cui è incorso, conoscenza che potrebbe impedirgli di reiterarli in un successivo esame cui volesse partecipare (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, ord. 4 agosto 2014 n. 3680 ed altre ivi citate, nonché Sez. I, ord. 18 luglio 2013 n. 7289); Rilevato che la necessità di assicurare che il risultato numerico di inidoneità, pur autorizzato dalla norma, rappresenti la logica e necessitata conseguenza dell’applicazione dei criteri legalmente dati e non sia invece espressivo di travisamento, contraddizione o dell’adozione di altri criteri irragionevolmente restrittivi è avvertita nella legislazione più recente ed in particolare nell’articolo 46, comma 5, della legge 31 dicembre 2012 n. 247, recante la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, secondo cui la commissione “annota le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti”; Precisato che, anche a volersi prescindere dalla questione dell’immediata applicabilità della detta disposizione, ex articolo 49 della legge – non vertendosi strinctu senso nella materia delle prove scritte e prove orali od in quella delle modalità di esame (oggetto di entrata in vigore differita), ma riguardando, più propriamente, la materia della valutazione delle prove medesime –, la sopravvenienza di cui all’articolo 46 permette di fondare un’interpretazione evolutiva costituzionalmente orientata della regola, per non discriminare fattispecie del tutto identiche, salvo che per il dato cronologico (perché verificatesi prima o dopo l’entrata in vigore della norma), rientrando nei poteri dell’interprete tener conto dello sviluppo storico degli istituti che egli è chiamato ad applicare, attribuendo ad essi il significato più consono alla struttura complessiva dell’ordinamento vigente, alla luce dei principi e dei valori espressi dalla Costituzione (cfr. C. cost. 23 aprile 1998 n. 140); Considerato che in tal senso può condividersi l’assunto in base al quale “con la riforma dell’ordinamento forense è stato quindi recepito il principio generale di origine comunitaria secondo cui l’accesso a una professione regolamentata deve essere subordinato a condizioni chiare e inequivocabili (v. articolo 15, comma 1-d, del D.lgs. 26 marzo 2010 n. 59). Il possesso di un’adeguata preparazione teorico-pratica è certamente una condizione chiara e inequivocabile, ma perché la norma raggiunga il suo effetto le medesime caratteristiche devono essere presenti nel provvedimento che accerta la mancanza di preparazione e nega l’accesso alla professione. L’articolo 46, comma 5, della legge 247/2012, evidentemente per non rendere troppo gravoso il lavoro di correzione, prevede un obbligo di motivazione attenuato, in quanto non esige un vero e proprio giudizio analitico, ma richiede che il voto trovi giustificazione nelle annotazioni a margine degli elaborati (correzione parlante). In altri termini, l’aspirante avvocato deve essere messo in grado di comprendere quali passaggi delle proprie argomentazioni siano stati ritenuti adeguati e quali invece criticati o giudicati erronei” (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, ord. 4 agosto 2014 n. 581); Ritenuto sussistere, alla luce di quanto sopra, una ragionevole previsione circa l’esito positivo del ricorso e ravvisato l’allegato pregiudizio grave e irreparabile, con conseguente accoglimento della domanda cautelare, limitatamente all’obbligo dell’amministrazione di provvedere, nel rispetto dell’anonimato, alla motivata ripetizione della valutazione degli elaborati di parte ricorrente non aventi giudizio positivo, entro giorni cinquanta dalla notifica a cura di parte della presente ordinanza, apponendo le eventuali annotazioni, precisando che tali adempimenti non sono finalizzati a giustificare a posteriori il voto espresso, ma a rinnovare motivatamente la valutazione e dunque l’esito della correzione rimane aperto, come pure il giudizio finale sull’ammissione agli orali. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) Accoglie la domanda cautelare nei termini e modi sopra indicati. Fissa, per la trattazione del merito, l’udienza pubblica dell’8 maggio 2015. Spese della fase cautelare compensate. La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.