Il nonno raggirato muore, ma è solo la successione testamentaria che consente il sequestro preventivo dell’eredità

L’istanza di dissequestro formulata da un soggetto terzo rivendicante in relazione ad un bene sottoposto a vincolo preventivo ex art. 321 c.p.p. obbliga il giudice del merito a verificare la sussistenza sia del titolo di proprietà vantato sia la buona fede dell’istante. L’omessa disamina delle circostanze determina una carenza assoluta di motivazione che integra, sua volta, violazione dell’art. 125 c.p.p. rilevante ex art. 325 c.p.p

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 38659, depositata il 19 settembre 2013. Ai fini di disporre provvedimento cautelare reale in relazione ai beni oggetto di successione di proprietà di un soggetto vittima di circonvenzione di incapace occorre valutare il regime di successione. Solo nel caso in cui detto regime sia costituito da successione testamentaria potrà farsi luogo a disamina dei requisiti sufficienti e necessari a disporre la cautela. Il caso. Il GIP del Tribunale di Messina disponeva il sequestro preventivo di tutti i beni mobili ed immobili di proprietà della presunta vittima in relazione al disposto degli artt. 643 e 572 c.p., essendo emerso un disegno di spoliazione del medesimo posto in essere da parte di alcuni parenti e soggetti terzi. Nominato amministratore di sostegno, ed a questi consegnati i beni ai fini di provvedere alle esigenze della vittima ed alle spese della procedura, si verificava il decesso del proprietario dei beni con conseguente apertura della successione. Il Pubblico Ministero richiedeva provvedimento di sequestro preventivo dei beni, caduti in successione ereditaria al Tribunale di Messina che lo concedeva considerandolo profitto dell’azione criminosa e indicando come la libera disponibilità dello stesso avrebbe consentito agli imputati di disporre dei beni ereditari, così aggravando le conseguenze del reato e disperdendo definitivamente il patrimonio ereditario. Proponevano istanza di dissequestro parziale delle somme giacenti sui conti correnti due coeredi chiamati a succedere in forza di testamento. Il Tribunale respingeva l’istanza. Formulato ricorso al Tribunale del riesame da parte degli eredi suddetti, il Giudice del gravame respingeva l’appello cautelare sulla base di alcune valutazioni permanenza delle condizioni per le quali i sequestro era stato disposto impossibilità di procedere a dissequestro di quanto richiesto poiché si sarebbe dovuta stabilire la quota di spettanza degli istanti non commisurabile sulla base dei beni singoli impossibilità di stabilire l’esistenza di una quota di legittima non potendosi determinare neppure l’ammontare di eventuali pesi gravanti sul patrimonio ereditario permanenza delle esigenze cautelari volte ad impedire che il reato possa pervenire ad ulteriori conseguenze attraverso la libera disponibilità dei beni. Avverso detto provvedimento veniva frapposto ricorso per cassazione. La Corte accoglieva il ricorso. L’istituto del sequestro preventivo. La Corte osserva come in tema di sequestro preventivo la sussistenza del fumus commisi delicti e del periculum in mora , presupposti fondamentali per la concessione della cautela, non possa pregiudicare l’eventuale diritto del terzo in buona fede. Si tratta di principio ormai solidamente stabilito nell’ordinamento e che pare, invero, del tutto condivisibile. Se così è, ai fini di decidere in relazione alla istanza di dissequestro occorrerà che il Giudice abbia a valutare, oltre alla permanenza dei requisiti sufficienti e necessari per l’adozione della misura, anche la predetta qualità del terzo. Ovvero se esso sia effettivamente terzo rispetto alla ipotesi delittuosa che ha dato origine alla misura cautelare reale e, una volta accertata la terzietà, che detta terzietà sia sorretta da buona fede . Ovvero che il soggetto terzo sia non solo estraneo al progetto o all’azione delittuosa, ma che di detta azione delittuosa egli non abbia avuto alcuna conoscenza nel momento di divenire proprietario o possessore del bene sul quale la cautela ha esperito e manifestato i propri effetti. Ciò è imposto dal tenore letterale dell’art. 125 c.p.p. dettato in tema di motivazione dei provvedimenti resi dal Giudice che, per effetto del disposto dell’art. 325 c.p.p., assume diretta ed immediata efficacia precettiva nel caso di specie. Ma quando il terzo è in buona fede? L’istante in ordine al dissequestro può dirsi terzo quando, e non paia mera tautologica espressione, non ha assunto processualmente la veste di indagato od imputato. Ancora egli è terzo quando il diritto di disporre su quei beni gli sarebbe comunque spettato anche in assenza di qualsivoglia azione criminosa. Dal che si può e deve dedurre che in caso di successione legittima la qualifica di terzo rispetto ai beni caduti in eredità spetti a tutti i soggetti successibili a prescindere dalla commissione del reato di circonvenzione di incapace. Nel caso di successione testamentaria? In caso di successione testamentaria, sulla scorta delle considerazioni fin qui svolte e tratte dalla lettura della pronuncia della Suprema Corte, il Giudice chiamato a pronunciarsi sulla cautela reale dovrà accertare la legittimità della richiesta formulata, ovvero analizzare nel dettaglio e concretamente se i beni di cui venga richiesta la restituzione sono davvero appartenenti a terzi e se essi terzi appaiano essere, alla luce delle osservazioni appena effettuate, in buona fede. Motivando compiutamente sul punto pena la cassazione del provvedimento.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 giugno - 19 settembre 2013, n. 38659 Presidente Petti – Relatore De Crescienzo Motivi della decisione B.G. e B.M. , quali persone offese nel procedimento penale n. 9708/08 Rgnr a carico di A.G. e altri imputati del delitto di cui agli artt. 110, 643 cp, ricorrono per Cassazione avverso l'ordinanza 10.1.2013 con la quale il Tribunale del Riesame di Messina ha rigettato ex art. 324 cpp l'appello proposto avverso l'ordinanza 25.6.2012 del Tribunale di Messina che, a sua volta aveva negato il dissequestro delle somme giacenti sul conto corrente bancario n. acceso presso la agenzia di della Banca popolare del Mezzogiorno ed intestato a B.G. , nonché sul c/c bancario n. acceso presso l'agenzia di sella Banca per lo sviluppo del Credito. La difesa richiede l'annullamento del provvedimento deducendo p.1. Erronea applicazione degli artt. 757, 457, 476 e 572 c.c. e vizio di motivazione, perché il Tribunale del riesame, respingendo la richiesta di dissequestro pro quota delle sole somme giacenti sui conti correnti in epigrafe indicati, non ha tenuto nella dovuta considerazione il fatto che a gli istanti, persone danneggiate dal reato, sono coeredi del patrimonio già appartenuto in vita a BU.Gi. b gli istanti hanno accettato l'eredità senza il beneficio dell'inventario c gli istanti si sono limitati a richiedere il dissequestro in misura rientrante nella sola quota di legittima relativa alle sole somme di denaro depositate nei richiamati conti correnti. La difesa inoltre sostiene essere illogica la motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui si afferma che non sia possibile procedere alla determinazione di quanto spettante agli eredi del de cuius BU.Gi. . p.2. erronea applicazione dell'art. 321 cpp ex art. 606, 1^ comma lett. B cpp poiché il Tribunale ha errato nell'affermare che la libera disponibilità delle somme sequestrate potrebbe aggravare o protrarre le conseguenze dell'attività illecita o agevolare la commissione di altri reati, posto che la istanza di dissequestro è stata formulata dalle persone danneggiate dal reato, cioè da persone che non hanno commesso il reato né possono commetterne altri per effetto di un dissequestro parziale. Premessa in fatto e svolgimento del processo Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince quanto segue. Con decreto del 19.1.2009 il GIP del Tribunale di Messina ha disposto il sequestro preventivo di tutti i beni mobili ed immobili di proprietà di BU.Gi. compresi i conti correnti allo stesso intestati in relazione agli artt. 643 e 572 cp, essendo emerso un disegno di spoliazione del BU.Gi. posto in essere ai suoi danni da parte di alcuni parenti e di soggetti terzi. Con decreto del 16.4.2009 il Pubblico ministero disponeva il dissequestro del conto corrente 10537 della Banca Popolare del Mezzogiorno e la restituzione dello stesso al legittimo proprietario in persona dell'amministratore di sostegno nominato nell'interesse della persona offesa BU.Gi. , al fine di provvedere alle primarie esigenze del BU. e alle spese della procedura civile. A seguito del decesso del BU.Gi. , il Tribunale di Messina con decreto del 3.11.2011, su richiesta del Pubblico ministero sottoponeva nuovamente a sequestro preventivo il suddetto conto corrente giustificando il provvedimento con la considerazione che il compendio ereditario del BU. costituirebbe il profitto dell'azione delittuosa asseritamele perpetrata dagli imputati e che la libera disponibilità del conto suddetto e delle somme depositate consentirebbe agli imputati di disporre beni ereditali, cosi da aggravare le conseguenze del reato e disperdere definitivamente il patrimonio ereditario. In data successiva gli odierni ricorrenti proponevano istanza di dissequestro parziale delle somme giacenti sui conti correnti in epigrafe indicati, assumendo di essere persone danneggiate dal reato che vede imputati A.G. e P.S.R. a loro volta chiamate alla successione testamentaria per taluni immobili. Il Tribunale respingeva l'istanza affermando che a dalla documentazione allegata dai ricorrenti, non emergeva con adeguata certezza l'esistenza di altri familiari, riconducibili alla categoria dei successibili b nel provvedere alla divisione del compendio ereditario si doveva tenere conto dei crediti residui vantati da terzi nei confronti del deceduto. La difesa impugnava il suddetto provvedimento con appello deducendo che 1 gli istanti erano eredi puri e semplici con la conseguenza che nessun pregiudizio poteva profilarsi per eventuali creditori del de cuis, che avrebbero potuto trovare soddisfazione sul patrimonio personale degli eredi 2 dalla documentazione prodotta emergeva che gli unici successibili erano gli istanti oltre all'imputata A. , con la conseguenza che l'eventuale dissequestro delle somme di cui ai conti correnti nella misura di 2/3 complessivi un terzo per ciascuno degli istanti non poteva costituire pregiudizio per alcuno, potendosi profilare, per effetto del procedimento penale, l’ indegnità della sola A. con conseguente accrescimento della quota già spettante ai fratelli B. . Il Tribunale del riesame rigettava l'appello cautelare affermando 1 la permanenza delle condizioni per le quali era stato disposto il sequestro 2 l'impossibilità a procedere al dissequestro di quanto richiesto poiché si sarebbe dovuta stabilire la quota di spettanza agli istanti non commisurabile sulla base di singoli beni 3 non sarebbe stato possibile stabilire neppure la spettanza di eventuale quota di legittima, non potendosi determinare neppure l'ammontare di eventuali pesi gravanti sul patrimonio ereditario 4 la permanenza delle esigenze cautelari volte ad impedire che il reato possa pervenire ad ulteriori conseguenze attraverso la compromissione delle ragioni dei terzi creditori. Ritenuto in diritto Il ricorso è fondato e va accolto per le seguenti dirimenti ragioni. Va in primis osservato che in tema di sequestro preventivo, la sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora non può pregiudicare l'eventuale diritto del terzo in buona fede [v. Cass. Sez. n 30.11.2011 n. 47411] che rivendichi la proprietà del bene sequestrato. Nel caso di specie gli istanti B.G. e B.M. , devono essere considerati soggetti terzi rispetto al BU.Gi. , persona offesa del reato e agli imputati. Pertanto il giudice di merito, a fronte di un'istanza di dissequestro formulata da un soggetto terzo rivendicante in relazione ad un bene sottoposto a vincolo preventivo ex art. 321 cpp, deve verificare la sussistenza sia del titolo di proprietà vantato dal terzo sia la sua buona fede in caso contrario, l'omessa disamina delle suddette circostanze determina una carenza assoluta di motivazione che integra, a sua volta, la violazione dell'art. 125 cpp rilevante in questa sede ex art. 325 cpp. Nel caso sottoposto all'esame di questo Collegio, dalla lettura del provvedimento impugnato si evince che il Tribunale non ha preso in considerazione e valutato il fondamento del diritto iure successionis vantato dagli istanti e ha rigettato l'istanza di dissequestro sulla base di motivazione che si appalesa del tutto incongrua sì da essere apparente infatti il Tribunale, nel respingere l'istanza, ha fatto un generico richiamo al rischio di un possibile aggravamento del reato commesso derivante da un eventuale dissequestro in favore degli istanti che non rivestono la qualità di indagati o di imputati e ha evocato un generico rischio di possibili danni a soggetti terzi eventuali creditori del de cuius BU.Gi. . Peraltro il Tribunale non ha affrontato la questione pregiudiziale della sussistenza del diritto vantato da B.G. e da B.M. , verificando se gli stessi hanno accettato l'eredità lasciata dal BU.Gi. ex art. 459 c.c E se tale successione sia a titolo testamentario o meno. Solo il definitivo accertamento della suddetta situazione di diritto consente al Tribunale, chiamato a decidere sulla cautela reale, di assumere determinazioni in merito alla sorte dei beni rivendicati da soggetti terzi, tenuto altresì conto del regime di successione legittima o testamentaria da applicare solo in tale ipotesi il Tribunale potrà e dovrà accertare la legittimità di quanto richiesto dai ricorrenti. Pertanto, ritenuta assorbita ogni diversa questione dedotta, rilevato il vizio di motivazione apparente come tale integrante la violazione dell'art. 125 cpp, annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Messina per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina per nuovo esame.