Per il reato di omesso versamento di ritenute certificate, ai sensi dell’articolo 10 bis d.lgs. numero 74/2000, la condotta è penalmente rilevante soltanto in caso di superamento effettivo della soglia di punibilità prevista. Non possono essere quindi ignorati, in senso favorevole all'imputato, dei versamenti, anche se avvenuti in ritardo.
Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 26493, depositata il 24 giugno 2015. Il caso. La Corte d’appello di Milano condannava il rappresentante legale di una società per aver omesso il versamento di ritenute certificate in relazione al 2007. Dal confronto tra la documentazione prodotta dall’imputato e quella proveniente dall’Agenzia delle Entrate, si desumeva il versamento di alcuni importi, anche se in ritardo, mentre risultava l’omesso versamento dell’ulteriore e diverso importo di una somma pari a 50.334 euro, di cui al capo di imputazione. L’imputato ricorreva in Cassazione, contestando l’esclusione dagli importi effettivamente versati di alcune somme di cui aveva invece dimostrato l’avvenuto pagamento. Considerando tali importi, il debito tributario sarebbe sceso al di sotto della soglia minima prevista per la rilevanza penale della condotta. Inoltre, lamentava che i giudici avessero incluso nella somma di 50.334 euro anche somme relative a tributi che non avevano a che fare con le ritenute alla fonte. Superamento effettivo della soglia di punibilità. La Corte di Cassazione ricorda che l’articolo 10 bis d.lgs. numero 74/2000 sanziona chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a 50.000 euro per ciascun periodo di imposta. Perciò, per la sussistenza dell’illecito penale, è necessario il superamento della soglia minima dell’omissione. Nel caso di specie, il ricorrente deduceva di aver pagato circa 760 euro a titolo di acconto IRPEF, come da modello di pagamento del luglio 2008, nonché l’importo di quasi 3.000 euro, documentato da quietanza di pagamento del gennaio 2008. Se queste somme fossero state detratte dai 50.334 euro contestati, la soglia minima non sarebbe stata raggiunta. Aspetti non considerati. I giudici di legittimità rilevano che anche con l’atto di appello l’imputato aveva sollevato la questione degli errori di calcolo, richiamando la quietanza di versamento. Di conseguenza, la Corte territoriale avrebbe dovuto svolgere il dovuto controllo analizzando la natura del documento e verificando se gli importi contenuti nella stessa dovessero essere detratti dall’ammontare dell’imposta dovuta, ai fini della determinazione della soglia di punibilità. Invece, i giudici di merito si erano limitati ad affermare che la quietanza non recava attestazione dell’incasso degli importi indicati e riportava codici di tributo diversi da quelli presenti sul prospetto delle ritenute non versate. Non avevano, però, considerato che alla somma riportata corrispondeva un codice tributo riferito alle ritenute su retribuzioni, pensioni, trasferte mensilità aggiuntive e relativo conguaglio. A causa di tale lacuna motivazionale, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito di Milano.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 gennaio – 24 giugno 2015, numero 26493 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano con sentenza 28.11.2013 ha confermato la colpevolezza di D.C.T. per avere omesso quale legale rappresentante Showfood srl, il versamento di ritenute certificate in relazione all'anno di imposta 2007 articolo 10 bis D.Lgs. numero 74/2000 rilevando - per quanto qui interessa - che dal confronto tra la documentazione prodotta dall'imputato con quella proveniente dall'Agenzia delle Entrate si desumeva il versamento di alcuni importi, sebbene in ritardo, mentre risultava l'omesso versamento dell'ulteriore e diverso importo di Euro. 50.334,00 di cui al capo di imputazione, non risultando prodotta altra documentazione a sostegno della tesi difensiva. 2. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato denunziando due motivi. 2.1 Col primo motivo denunzia mancata assunzione di prova decisiva e mancanza della motivazione, rimproverando ai giudici di merito di avere escluso dagli importi effettivamente versati alcune somme di cui invece egli aveva dimostrato l'avvenuto pagamento, come da all. 1 quietanza di versamento 8.1.2008 di Euro.2.825,37 di cui al punto E dell'imputazione, da estratto conto bancario e modello F 24 e da modello di pagamento unificato di Euro. 760,99 a titolo di acconto IRPEF del 7.7.2008 punto A dell'imputazione considerando tali importi versati, il debito tributario scende al di sotto della soglia minima prevista per la rilevanza penale della condotta. 2.2 Col secondo motivo denunzia la violazione dell'articolo 10 bis del D. Lvo numero 74/2000 rimproverando ai giudici di merito di avere incluso nei 50.334,00 Euro totali anche somme relative a tributi che non hanno nulla a che fare con le ritenute alla fonte, come si evince dal prospetto dell'Agenzia delle Entrate sul quale si basa la condanna e richiama a tal fine i vari codici tributo relativi ad addizionali comunali e regionali, ritenute su indennità per cessazione di rapporti di lavoro, ritenute sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Rileva in definitiva che nei complessivi Euro 50.334,00 sono state erroneamente incluse somme in realtà regolarmente versate e tributi differenti da quelli relativi alle ritenute di cui al capo di imputazione. Considerato in diritto Le due censure sono fondate. Con la L. 30 dicembre 2004, numero 311, articolo 1, comma 414, è stato inserito nel D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74, l'art, 10 bis, che ora sanziona chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo di imposta . La legge richiede dunque, ai fini della sussistenza dell'illecito penale, il superamento della soglia minima dell'omissione fissata in a cinquantamila Euro per ciascun periodo di imposta . Davanti alla Corte Costituzionale pende questione di legittimità della norma in esame nella parte in cui non prevede, con riferimento ai fatti commessi fino al 17 settembre 2011, una soglia di punibilità di Euro 103.291,38. Non risulta però intervenuta alcuna pronuncia da parte della Consulta e pertanto resta ferma la soglia dei 50.000 Euro prevista dalla norma in vigore. Nel caso di specie, all'imputato è stato contestata un'omissione di versamento per un importo di Euro.50.334,00 riportato nel capo di imputazione, ritenendosi invece provato il pagamento, sebbene in ritardo rispetto alla scadenza di legge, solo di alcune somme riportate nella documentazione prodotta e precisamente gli importi di cui ai capi B solo i nr. 1,2,4 5 , C e D. Il ricorrente afferma però di avere pagato anche l'importo di cui al capo A, pari a Euro. 760,99 a titolo di acconto IRPEF come da modello di pagamento unificato del 7.7.2008 , nonché l'importo di Euro. 2.895,37 riportato al capo E documentato da quietanza di versamento 8.1.2008 e rileva che se la Corte d'Appello avesse detratto detti importi dalla somma di Euro. 50.334,00 considerata come non versata, questa si sarebbe ridotta senza alcun dubbio al di sotto della soglia minima prevista per la rilevanza penale della condotta. Poiché anche con l'atto di appello il difensore del D.C. aveva sollevato la questione degli errori di calcolo richiamando la quietanza versamento dell'8.1.2008, la Corte d'Appello avrebbe dovuto svolgere il dovuto controllo analizzando la natura del documento e verificando se gli importi contenuti nella stessa dovessero essere detratti dall'ammontare dell'imposta dovuta, ai fini della determinazione della soglia di punibilità, mentre invece, si è limitata ad affermare che la quietanza allegata all'atto di appello è quella sub E, esaminata dal CIP e disattesa e che la stessa non recava attestazione dell'incasso degli importi indicati e riportava codici di tributo differenti da quelli presenti sul prospetto delle ritenute non versate , senza considerare però che si trattava di quietanza di versamento con numero di protocollo telematico redatta in applicazione del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate 2007/123376 e che alla somma di Euro 2.895,37 in essa riportata corrispondeva, nella sezione Erario, un codice tributo 1001 che si riferisce alle ritenute su retribuzioni, pensioni, trasferte mensilità' aggiuntive e relativo conguaglio . La lacuna motivazionale emerge in modo palese e pertanto la sentenza deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano per un nuovo esame che analizzi compiutamente la documentazione prodotta verificando il superamento della soglia di punibilità. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano.